Riuscite a ricordare cosa stava succedendo nella vostra vita nel lontano settembre del 1992?
Io vedo un ragazzo che compiva il 17mo anno di età, cominciava la IV ragioneria, ascoltava musica e seguiva avidamente tutti gli eventi di sport americano che la vecchia TELEPIU’ 2 (da pochissimo criptata) trasmetteva con continuità encomiabile, anche grazie alla striscia quotidiana di Coast To Coast delle 14.30, il nostro imperdibile Sportcenter.
In quei giorni nella tundra di Green Bay debuttava un ragazzone bianco col numero 4, nuovo QB in maglia gialloverde.
Da quel 27 settembre 1992 fino a tre giorni fa, non abbiamo avuto tante certezze nella vita. Si sono avvicendati diversi presidenti e governi in tutto il mondo, son cambiati scenari politici, geografici, sociali…
L’unica cosa certa era che dietro ad un centro NFL a raccogliere il primo snap della partita, da settembre a gennaio di ognuno di questi ultimi 18 anni, c’era Brett Favre.
Il vecchio leone di Gulfport ha deciso, qualche mese fa, che poteva dire ancora la sua in questa lega, che il suo ruggito faceva ancora paura. Il 7 novembre scorso tutto il mondo ha avuto modo di comprendere quanto avesse ragione: contro i Cardinals è infatti arrivata la prestazione incredibile di 446 yards lanciate, record in carriera, e chissenefrega della carta d’identità.
Se parliamo di record NFL, il 41enne d’acciaio ne ha battuti parecchi, di certo sono meno quelli che non detiene, nel suo ruolo: maggior numero di TD passes (oltre 500), completi, yds lanciate (oltre 70000), intercetti e, soprattutto, vittorie conseguite. Ma c’è un ennesimo record-carriera che Favre ha recentemente strappato a John Elway: quello dei sacks subiti. Elway si era fermato a 516; il 24 ottobre scorso Brett l’ha superato.
Chiedete ad ogni Quarterback che abbia calcato i campi della NFL quante botte si prendono a fare quel mestiere, che tu abbia o meno una linea forte e quasi invalicabile che ti guarda le spalle.
Tante, troppe. Vita dura, soprattutto se sei uno che lascia andare i palloni dalla tasca: se questa collassa son dolori e non fa differenza se il terreno è quello gelato del Lambeau Field o il turf caldo del Metrodome di Minneapolis.
Quello che abbiamo imparato lunedì sera è che anche l’acciaio, a forza di picchiarlo, si scalfisce. Favre ha sì subito oltre 520 sacks in carriera, ma innumerevoli altre volte è stato buttato a terra e maltrattato. Il suo fisico possente gli ha permesso di giocare più di un match infortunato e, almeno un paio di altre volte, è entrato in campo per qualche snap al fine di non interrompere la fantastica striscia da ironman, arrivata a quota 297 partenze consecutive in stagione regolare (321 includendo i playoffs).
La scorsa settimana i Vikings ospitavano i Bills e Favre si è presentato come da 19 stagioni a questa parte alla guida del suo attacco. Alla prima azione di passaggio della partita il QB in maglia viola, al momento del rilascio dell’ovale, viene pesantemente placcato dal lato cieco e cade male sulla spalla destra: intercetto e infortunio. Il numero 4 è rientrato quindi malconcio negli spogliatoi dopo pochissimi minuti per non tornare più in partita. Da subito si è capito che quella spalla avrebbe potuto mettere in seri dubbi la sua presenza in campo contro i NY Giants. E’ stato così, infatti. La lunga “corsa” come l’ha chiamata in conferenza stampa lo stesso Favre, si è interrotta l’altro ieri, con Jackson in uniforme e il titolare del ruolo in borghese sulla sideline, ad assistere alla sconfitta dei suoi contro degli spietati Giants, trascinati da Eli Manning e Brandon Jacobs.
A riprova che la quattordicesima sarebbe stata una settimana a dir poco straordinaria nella storia recente della National Football League, persino gli eventi atmosferici avevano cercato di boicottare il match, schierandosi a fianco dell’ex Packer. Dopo una delle intense nevicate che a “Minny” in questo periodo dell’anno sono all’ordine del giorno, infatti, il tetto gonfiabile dell’impianto dei Vikings ha ceduto di schianto rendendo il terreno di gioco impraticabile per diverse settimane. Singolare metafora di ciò che stava accadendo al condottiero vichingo, in tanti hanno pensato che il crollo del Metrodome non fosse altro che un presagio. Thor, Odino o chi per loro lassù nel Valhalla hanno veramente fatto di tutto per far slittare il fatidico momento e dare ancora un po’ di tempo a Favre di rimettersi dall’infortunio, ma questo non è bastato. Come teatro estemporaneo del match è stato scelto il Ford Field di Detroit e il kick off è stato semplicemente spostato dalla domenica a pranzo al lunedì sera, aggiungendo a quello già in programma un secondo inaspettato Monday night nella giornata.
Soluzione allo studio in occasione del prossimo impegno interno dei Vikings contro i Chicago Bears è il TCF Bank Stadium, sede delle partite interne dell’ University of Minnesota. Piccolo problema non trascurabile: l’arena in questione è all’aperto, dunque i Vikes già certi di non rientrare tra i candidati alla postseason, domenica se la dovranno vedere anche con le intemperie del rigido clima di Minneapolis.
E’ notizia di oggi che lo staff dei Vikings per il momento non ha voluto inserire Favre in IR list, sottintendendo con questo che esiste la speranza di rivederlo in campo in una delle prossime partite per quelle che, ormai è certo, saranno le sue ultime chiamate dietro a una linea NFL.
Una delle carriere più straordinarie di tutto lo sport professionistico mondiale sta davvero giungendo al termine e, quantomeno, ci auguriamo che finisca in campo, tra la standing ovation di pubblico, compagni ed avversari e non su una sideline in giacca a vento e berretto, membro illustre di una lista infortunati.
Parmigiano del sasso, innamorato dello sport americano da bambino, a 4 anni sugli spalti del diamante “Europeo” del Ducato, a 6 anni per le telecronache NBA di Dan Peterson e alcuni anni dopo per quelle NFL di Flavio Tranquillo su Tele+2. Sportivamente parlando la mia seconda città è Philadelphia. In oltre 30 anni di passione sono stati più i giorni bui di quelli sereni, ma da quando sono atterrato un giorno di luglio nella City Of Brotherly Love, ho capito che nulla al mondo avrebbe nel mio cuore preso il posto di quelle 4 franchigie.
Favre ci ha accompagnati dai primi anni di esperienze NFL ad oggi, con lui lche ascia si chiude veramente un’epoca ma sarebbe anche bello che lui si potesse riconciliare con la sua vera casa, Green Bay, perchè sarà anche un vichingo nell’aspetto ma dentro rimarrà sempre un Packer!