Partita strana, quella della notte a Philadelphia, come ormai siamo abituati a vederne ogni maledetta domenica, nel bel mezzo della seconda carriera di Michael Vick. E il giovedì notte non ha fatto eccezione.
Il QB in maglia verde, infatti, sembra sempre avere il match sotto controllo: macina yards, scatena i suoi ricevitori sul profondo, si toglie dai guai con apparente freddezza convertendo un terzo-e-lungo, tiene il pallone per drive che durano anche 6-7 minuti. Insomma, ti illude.
E anche ieri notte ha illuso l’intero Lincoln Financial Field (e tutti noi via satellite) che non sarebbe stato necessario ricorrere a farmaci per tenere a bada le coronarie.
Non è stato così, e forse non solo per sua responsabilità, perchè gli Eagles, che alla fine sono usciti vittoriosi, in partita, gli avversari, li fanno sempre rientrare.
Hanno fatto così gli Houston Texans, nonstante un finale di primo tempo che ha fatto a tutti pensare ad un Matt Schaub non in serata tale da sovvertire il pronostico iniziale. In un breve attimo di follia, infatti, durante il drive che avrebbe dovuto chiudere la prima metà di partita, il two minutes warning già amministrato, il QB texano, nel tentativo di affidarsi alla valvola di sicurezza Foster, regala al possente uomo di linea Laws l’opportunità di far rientrare l’attacco di casa all’interno della red zone avversaria.
Anche in questo caso gli Eagles hanno dimostrato che l’istinto da killer non appartiene proprio al loro DNA.
Solo field goal, ma +10 convincente all’intervallo.
Obiettivamente, però, l’attacco di Houston che rientra in campo 15 minuti dopo è un’altra cosa. Concreto, Schaub non sbaglia più nulla e porta i suoi addirittura avanti 24-20, anche grazie al secondo intercetto stagionale lanciato da Vick a metà terzo quarto che ha fatto da prologo al drive del sorpasso.
L’ultima frazione di gioco, invece, ha riportato l’inerzia del match nelle mani della squadra di casa, con due drives convincenti di Vick che ha messo in campo la sua maggiore esperienza, in confronto al numero 8 avversario. Schaub, dal canto suo, ha collezionato negli ultimi due attacchi, quelli del tentativo di rimonta, un’alta percentuale di incompleti che, unitamente al sack+fumble subito a ridosso degli ultimi minuti e a plateali e polemiche richieste di penalità, hanno evidenziato un eccessivo nervosismo nei momenti cruciali.
Le statistiche, a fine partita, restano sempre un’interessante, anche se incompleta, lettura dell’incontro. Balza all’occhio, ma anche in questo gli Eagles ci hanno abituato, la tendenza degli uomini di Reid di regalare yards su penalità: una di queste ha anche vanificato un 7-0 su ritorno di kick off iniziale del “sostituto ritornatore” Calvin che ha galoppato inutilmente per 102 yds.
Alla fine sono 85-25 le yards regalate, che in una partita equilibrata possono fare la differenza. I due QB hanno commesso un errore a testa e lanciato 2 TD, Vick aggiunge a questi anche la solita sgambata personale in end zone. Il totale lanciato premia di poco il nativo di Pittsburgh, anche se la percentuale completi è leggermente inferiore al pariruolo avversario, dimostrazione ulteriore dell’equilibrio in campo.
Andre Johnson rimane sempre il principale terminale offensivo texano, nonostante non sia lui a ricevere i passaggi decisivi. Foster è sempre più utile per correre la palla, più che a ricevere tra i tackles, a differenza del collega avversario McCoy che supera le 120 yds totali delle quali due terzi in ricezione, a dimostrare l’importanza per Reid di avere un uomo che si faccia costantemente vedere nelle tracce brevi da Vick, come con grande profitto fece per anni Westbrook.
DeSean Jackson dà il solito apporto alla causa. Tre sole ricezioni ma alla fine sono 84 le yds percorse. Da queste ultime statistiche si evince dunque la costanza di una buona e ferrea copertura texana sul più pericoloso WR avversario, strategia che ha portato Vick a chiamare più i numeri del suo running back e di Maclin che il 10 di Jackson.
Chiudiamo l’analisi parlando dei reparti difensivi, dove anche qui abbiamo assistito ad una partita equilibrata senza particolari giocate di rilievo. Houston non ha di certo fatto vedere i sorci verdi a Vick (un sack subito) che, dal canto suo, ha forzato sull’out di destra in un terzo-e-3 un lancio profondo per Maclin che era più facile da intercettare che da trasformare in primo down. In generale anche la scorsa notte i Texans hanno confermato di essere una squadra che punta più sul suo attacco che sul contenimento difensivo; a riprova di questo c’è che, pur segnando 24 punti a partita (media perfetta), hanno un differenziale punti fatti/subiti tra i peggiori della AFC, dimostrando a nostro avviso maggiori tratti di debolezza più nelle zone coperte dai linebackers che dalle secondarie. Parlando invece di Philadelphia sorgono spontanei alcuni interrogativi, il più importante dei quali è: la difesa degli Eagles è all’altezza di una squadra da titolo? Ci verrebbe da rispondere no, e questo se non altro perchè… non vince le partite! Due sack (uno a babbo defunto), un fumble forzato, 27 primi down concessi, soprattutto per via aerea, e in generale poca intimidazione. Abbiamo visto una serie di blitz inutili nel bel mezzo della riuscita rimonta dei Texans nel terzo quarto e anche l’intercetto è da conciderarsi, come detto, più un erroraccio del QB che un’ottima azione difensiva. Gli Eagles devono esere più cattivi in difesa, questo è certo, perchè Gennaio si avvicina e allora si dovrà davvero vedere se la squadra tutta potrà supportare un attacco senza punti deboli che, obiettivamente, deve fare una gran paura agli avversari che li affronteranno in post season.
Parmigiano del sasso, innamorato dello sport americano da bambino, a 4 anni sugli spalti del diamante “Europeo” del Ducato, a 6 anni per le telecronache NBA di Dan Peterson e alcuni anni dopo per quelle NFL di Flavio Tranquillo su Tele+2. Sportivamente parlando la mia seconda città è Philadelphia. In oltre 30 anni di passione sono stati più i giorni bui di quelli sereni, ma da quando sono atterrato un giorno di luglio nella City Of Brotherly Love, ho capito che nulla al mondo avrebbe nel mio cuore preso il posto di quelle 4 franchigie.