Matt Ryan ed il Georgia Dome hanno superato pure i Packers.

Ad Atlanta non potevano desiderare uno scenario migliore per affrontare uno scontro di capitale importanza per la corsa ai playoffs della Nfc, dall’alto del miglior record di conference (ed Nfl, a parità con Jets e Patriots, 9-2), un bilancio ottenuto quasi in silenzio, essendo i Falcons una franchigia non considerata ad inizio campionato quale favorita per raggiungere il Super Bowl in quanto al tempo si pensava ad un nuovo dominio dei Saints, ad una riedizione della cavalcata porpora di Favre, piuttosto che ad una presenza storica dei Cowboys ad una finale tutta tinta di colori casalinghi.

I Falcons, per un motivo o per l’altro, finora sono sempre passati sotto il radar ma stanno convincendo sempre di più di essere una squadra in possesso del materiale giusto per arrivare in postseason e andare avanti ancora, ponendosi dei traguardi ambiziosi che nel frattempo stanno diventando persino raggiungibili. I Falcons ne erano consci. I media forse no.

Dicevamo dello scenario, il Georgia Dome, un posto che sta cominciando ad appartenere alla mitologia che un domani farà da contraltare alla grande carriera di Matt Ryan, che dentro queste mura ha giocato oramai una ventina di partite da titolare, perdendone una sola. Un fortino inespugnabile, che l’ex quarterback di Boston College conosce a menadito, all’interno del quale si sente sicuro di poter vincere in qualsiasi momento ed in qualsiasi situazione, non importa quanti ostacoli ci siano da abbattere.

L’ostacolo della giornata di ieri si chiamava Green Bay Packers, una squadra in gran forma, capitanata da quell’Aaron Rodgers capace di distruggere i Minnesota Vikings dell’ex compagno Brett Favre inscenando uno spettacolo di tecnica assieme al fido Greg Jennings (3 TD in combinata), proprio nella gara dove la famiglia Wilf, padrona dei Vikes, aveva deciso che di Childress ne aveva abbastanza, tracciando una curiosa serie di coincidenze che avevano fatto parlare e discutere per tutta la settimana. Per non parlare della difesa di Dom Capers, uno stratega difensivo che certo non allena da ieri, ma che non si è fatto intrappolare da schemi convenzionali e tradizioni da non accantonare, sperimentando novità su novità a partire dallo scorso anno fino a plasmare questa pazza 3-4, che vanta dei pacchetti di blitz che persino Peyton Manning farebbe fatica a comprendere.

Era un’altra grande prova per Matty Ice, come lo chiamavano al college, un ragazzo dalle vene di ghiaccio che si porta appresso un’aura vincente, un giocatore che non si scompone davanti ad una situazione da recuperare per la sua squadra, ma che anzi, trasforma quella circostanza e la plasma a suo vantaggio, facendo in modo di assicurarsi che i suoi Falcons, in partite con punteggi uguali o inferiori ai sette punti di distacco, primeggino sempre e comunque.
Una lezione che i Packers hanno appreso a loro spese, con l’aggravante, ora, di dover fare gli straordinari per i playoffs pur essendo un’ottima squadra, vista la folta concorrenza che si sta allineando per staccare i due biglietti per le Wild Card e vista l’attuale egemonia dei nuovi Monsters Of The Midway all’interno della Nfc North.

Chi si attendeva la classica gara casalinga di chiaro stampo georgiano non è stato certo deluso. Le statistiche non dicono tutto ma parlano chiaro, coach Mike Smith ha ancora una volta puntato sul suo cavallo vincente, ovvero il tempo di possesso, che gli ha permesso di avere ragione in diverse situazioni a patto di saper chiudere le partite, forse il più grande difetto individuabile all’interno di questa squadra, che ha rischiato in più di un’occasione di mortificare dei vantaggi proprio nel quarto periodo.

Si respirava la classica tensione del match da playoffs, Atlanta e Green Bay si sono studiate per un quarto intero giocando difensivamente al massimo delle proprie potenzialità, concedendosi reciprocamente un field goal nei primi quindici minuti, con Ryan impossibilitato a connettere per giochi troppo sostanziosi con l’asso Roddy White, e costretto quindi a rivolgersi alle valvole di sfogo preferite, il futuro Hall Of Famer Tony Gonzalez (6×51, TD) ed il third down back Jason Snelling (4 ricezioni, 32 yards), bravo a smarcarsi in un paio di conversioni importanti mostrando mobilità, senso della posizione, e la consueta potenza che oramai tutti conoscono.

Il primo break della gara è arrivato nel secondo quarto, momento topico nel quale Aaron Rodgers andava a perdere un raro fumble a ridosso della goal line, dopo un drive sostanzialmente chirurgico nel quale aveva trovato in ben quattro occasioni James Jones smarcato per guadagni piccoli ma costanti, che avevano creato qualche grattacapo di troppo alla difesa di casa. Beffardo il fatto che il fumble di Rodgers fosse solamente il primo della sua personale stagione, e che tanta cura dell’ovale sia stata così duramente punita alla prima mancanza di attenzione dal destino.

Dal turnover recuperato Atlanta aveva messo in scena una delle specialità locali, ovvero il costruire un drive lungo, sostanzioso, meglio se terminante direttamente nella endzone degli avversari. Il primo tempo si chiudeva difatti in seguito a 14 giochi che avevano portato via sette minuti e mezzo, e l’epilogo era stato esattamente quello sperato: touchdown pass di 4 yards da Ryan a Gonzalez con meno di dieci secondi rimasti, squadre negli spogliatoi e Michael Turner pronto ad imporre le corse per mettere via la partita nel secondo tempo.

La ripresa vedeva i Packers continuare a difendere molto bene, stringendo gli spazi nelle secondarie grazie alla coppia Charles Woodson-Tramon Williams e continuando a contenere discretamente il gioco di corse, consentendo a Rodgers di trovare redenzione a metà del terzo periodo quando, ritrovatosi in circostanze del tutto identiche a quelle vissute perdendo quel dannato fumble, il quarterback da California eseguiva la sua classica sneak da una yarda, pareggiando la partita a quota 10 e sottolineando il fatto che i Packers sarebbero stati lì, in quell’ambiente ostico, a giocarsela fino in fondo, anche senza poter vantare un running back in grado di dare un po’ di respiro ad un gioco aereo comunque produttivo.

La macchina macina cronometro e yards dei Falcons traghettava quindi la gara nel periodo conclusivo, quando un altro drive superiore ai 7 minuti consentiva l’ingresso in meta a Turner, autore di 110 sudatissime yards, con Ryan ad usufruire nuovamente del prezioso Snelling per un paio di ricezioni decisive. I Packers non avrebbero ricavato nulla dal loro successivo ingresso offensivo, e proprio in quel momento sarebbe venuta a mancare la capacità di azzannare la gara che coach Smith vorrebbe vedere di più. Date le indubbie capacità di Ryan di trovare sempre il bersaglio giusto, con un rushing game pesante e fisico, e con il quarto conclusivo psicologicamente capace di far intravedere il traguardo e quindi di alzare il livello della competizione, sarebbe stato lecito attendersi di vedere Atlanta portarsi almeno in raggio da field goal, portando via chissà quanti minuti e staccando gli avversari di due segnature, proprio come da copione organizzato secondo la filosofia tattica del coaching staff.

L’ennesima resistenza della difesa Packers dava a Rodgers la possibilità di gestirsi gli ultimi cinque minuti per cercare il touchdown del pareggio, possibilità che il quarterback decideva di sfruttare appieno costruendo una serie di giochi varia, composta da diversi bersagli e da guadagni giunti ben all’interno della redzone dei Falcons, che avevano deciso di concedere a far trascorrere il tempo, concentrando la difesa unicamente nell’impedire mete per il pareggio.
Costretto ad un quarto e dieci ai limiti della disperazione Rodgers (26/35, 344, TD, rush TD) risolveva ancora una volta la situazione, sfruttando la poca pressione lanciata dalla difesa (solo due difensive linemen in pass rush) per pescare le mani di Jordy Nelson con nemmeno un minuto da disputare, azione di grande spessore tanto tecnico quanto morale, andata a dimostrare una volta di più che nemmeno il buon Aaron, quando si tratta di gestire un drive che scotta, si fa trovare all’appuntamento piuttosto disinvolto.

Solo una pessima azione di special teams ha impedito a Green Bay di forzare l’overtime, a causa dell’enorme guadagno concesso su ritorno ad Eric Weems e del facemask comminato a Matt Wilhelm, frittata che a conti fatti ha posizionato l’attacco dei Falcons sulle 49 yards avversarie, il che è equivalso a fornire Ryan (24/28, 197, TD) di tutti gli strumenti necessari per operare e regalare l’ennesima vittoria di questa grande annata ai suoi colori.
Qualche decina di secondi più tardi Matt Bryant aveva già infilato due conclusioni perfette nel mezzo dei pali (la prima dopo il classico timeout “ghiacciante”), scrivendo il successo numero nove e soprattutto mantenendo il distacco di una gara da New Orleans, la cui rimonta sembra inferocita.

La missione dei Falcons è ancora in piedi, e tutto sembra essersi incastrato nel migliore dei modi. La squadra dovrà essere matura e cominciare a pensare che da oggi è al centro delle attenzioni di ogni avversario che incontrerà, un ruolo nuovo, che Smith e Ryan dovranno vestire con il massimo della personalità. Il premio, se si continuerà a vincere, è la disputa di ogni gara di postseason all’interno del Georgia Dome, quello stesso luogo dove il ragazzo che chiamavano Matty Ice è 19-1 da quando Mr. Arthur Blank ha preso la più grande decisione della sua vita di proprietario: mettergli in mano la sua amata squadra nel post-Michael Vick.

In linea di massima, diremmo che l’ha azzeccata.

3 thoughts on “Il Georgia Dome sorride ancora a Ryan

  1. Bellissimo articolo… grazie!
    Mai avrei immaginato una prova monstre di “The Burner” contro la difesa di Green Bay… Sottolinerei ancora di piu’, qualora ce ne fosse bisogno, la sensazionale prova di Snelling.

  2. Diciamo che, volendo recriminare al massimo, se McCarthy alla prima conversione di quarto down di Atlanta avesse chiamato il challenge, avrebbe fermato il drive che poi avrebbe portato al primo TD; sommandolo al fumble sfortunato e al fatto che non GB non ha rushing game, direi decisamente bene i Packers, sarebbe un peccato se non andassero ai playoff

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