Prima del training camp, s’era parlato di un interim di Sam Mtichell, finché Flip Saunders non avesse recuperato appieno dal linfoma di Hodgkin che gli era stato diagnosticato. Negli ultimi giorni, Saunders aveva rinunciato definitivamente all’idea di allenare durante questa stagione, ma non c’era alcun allarme apparente.
Nessuno si aspettava la notizia, tremenda, della sua morte, dovuta all’improvviso aggravarsi di una malattia che, in un primo momento, era stata descritta in un primo momento come facilmente curabile.
Phil (per tutti Flip), era nato a Cleveland, nel 1955, e approdò in NBA dopo un lungo apprendistato in CBA; allenatore dei T-Wolves dal 1995-96 fino al 2004-05, è l’uomo che ha forgiato la franchigia di Minnesota, con otto apparizioni consecutive ai Playoffs, definendone l’ambiente (assieme all’amico e compagno di college Kevin McHale) e diventando anche Presidente delle Basketball Operations, dopo una breve parentesi con i Detroit Pistons, durante la quale ha conquistato tre finali di Conference consecutive, e con i Washington Wizards.
Saunders, che vanta un bilancio complessivo di 654-592, è noto soprattutto come un grande allenatore offensivo, e vantava un rapporto molto forte con Kevin Garnett, la stella alla quale ha legato indissolubilmente il proprio nome.
Nell’ultima stagione, aveva impostato la ricostruzione della franchigia, fondata su Wiggins, Rubio, LaVine, e ora anche su Karl Anthony Towns, ed è scontato dire che i Wolves sentiranno la sua mancanza, delle sue conoscenze cestistiche ma prima ancora delle sue qualità umane.
Come ha detto Fred Hoiberg, che ha giocato per Saunders, “Sentiremo la sua mancanza; non penso ci sia una singola persona che abbia da dire qualcosa di negativo a proposito di Flip“.
Seguo la NBA dal lontano 1997, quando rimasi stregato dalla narrazione di Tranquillo & Buffa, e poi dall’ASB di Limardi e Gotta.
Una volta mi chiesero: “Ma come fai a saperne così tante?” Un amico rispose per me: “Se le inventa”.