Golden State Warriors 98 – 96 Indiana Pacers
Negli ultimi 12 minuti della partita emerge chiaramente l’immagine nitida di cosa sono oggi le due squadre che si affrontavano alla Bankers Life Fieldhouse. I Warriors che sospinti dalle triple di Thompson e dalle folate di Barnes vanno sul +12, con Indiana che sembra impantanata nel classico blackout offensivo in cui più volte è incappata nel corso dell’annata (e da cui è nata l’esigenza di rischiare aggiungendo al roster Turner e Bynum).
Quindi i Pacers che stringono un paio di viti in difesa e costringono Golden State a guardare il canestro solo col binocolo, tanto sono asfissianti le marcature difensive dei padroni di casa. Curry, Steph Curry, quello che sta incantando mezza NBA – facciamo tutta, perde due – dicasi 2! – palloni dal palleggio, roba che non gli succedeva dal corrispettivo americano del nostro minibasket.
Indiana recupera grazie a George e West ma manca più volte la zampata finale con PG – anche qui niente di nuovo – che sbaglia completamente alcune scelte decisive. Manca poco, ma qualcosa ancora manca al numero 24 per sedersi al tavolo con i Durant e i James della situazione.
Finale pazzo per una squadra folle, quella dei Warriors, che grazie a un bryantesco giro e tiro di Thompson fa intravedere ancora una volta il suo potenziale da autentica mina vagante. Le teste di serie ad Ovest sono avvertite.
Miami Heat 103 – 106 Houston Rockets
Dopo aver veleggiato, da buon Marziano, nella rarefatta atmosfera di Marte e averne messi 61 ai malcapitati Bobcats, a sole 24 ore di distanza LBJ torna sulla terra e trova un attrito ben più consistente. Sulla scia dell’entusiasmo segna 19 punti nel primo tempo ma nel secondo appare evidentemente sulle ginocchia. Passa l’intera prima metà dell’ultimo periodo in panchina e quando è in campo letteralmente si trascina. Difficile ricordare un James così poco incisivo (1-7 dal campo dopo la pausa).
Molto più facile invece ritrovare i Rockets di questi tempi a certi livelli. In Texas seppure non perdano occasione per ribadire che non c’è fretta di vincere, che siamo solo all’anno primo dell’ambizioso progetto, si stanno compiendo dei passi da gigante. Il binomio inside-outside comincia a funzionare sul serio con Harden che insieme a 21 punti, senza forzature (se si eccettua le 6 palle perse), fa registrare 11 assist e Dwight Howard che sotto le plance fa la voce grossa con 22 e 16 rimbalzi. Tutto il quintetto va in doppia cifra per segnature (19 a testa per Beverley e Jones).
Gli Heat provano nell’ultimo quarto a ricucire lo svantaggio grazie ai break di un commovente Wade, che a tratti ricorda quello del 2006, e, l’intuizione estiva di Pat Riley, Michael Beasley che martella il canestro di triple e penetrazioni al ferro con appoggi mancini. D’altronde sono anni che il vecchio Pat ci vede più lungo degli altri.
Nonostante tutto lo sforzo profuso fin lì, il Barba, in combutta con i suoi e con la difesa di Miami, prova comunque a perderla. Anche qui si veda quanto detto sopra per PG. Manca poco, ma manca. Palla recuperata dagli Heat che sotto di 3 hanno la chance per pareggiare. Sul cambio difensivo finisce Superman sulle piste di James ma il mascherato non trova niente di meglio da fare che sparare una bomba da distanza ragguardevole in faccia al centro degli avversari. Il risultato non è dei migliori. Vince Houston che manda l’ennesimo segnale alla Western Conference.
Los Angeles Clippers 104 – 96 Phoenix Suns
Nella notte in cui si cerca di riscrivere le gerarchie ad Ovest, i Clippers non vogliono e non possono essere da meno degli agguerriti rivali. Volano nel deserto dell’Arizona e conquistano una vittoria tutt’altro che scontata contro i terribili Suns di questa stagione. L’inatteso protagonista di giornata è Matt Barnes. Segna 18 dei 28 punti finali nel terzo quarto di gioco (16 nei primi 5:09 del periodo). Realizza inoltre 12 dei suoi primi 13 tiri. Sempre fra i losangelini, Griffin chiude con 22 punti e Collison con 18. DeAndre Jordan cattura 17 rimbalzi e mette a segno la decisiva stoppata sul layup di Dragic che avrebbe potuto riaprire la partita a 40 secondi dal termine.
San Antonio Spurs 122 – 101 Cleveland Cavaliers
Passano in scioltezza gli Spurs a Cleveland. Decisivo il parziale del secondo quarto (37-17). La squadra di Popovich mette in campo un autentico clinic di pallacanestro moderna: palla che si muove coi tempi giusti, ricerca strenua dell’extra pass, tiri e punti distribuiti fra tutti i giocatori sul parquet. Danny Green segna 24 punti, San Antonio realizza 43 canestri di cui 39 assistiti (24 su 25 nel secondo tempo). Leonard aggiunge al referto 18 punti, Mills e Diaw 16, Duncan e Parker 14. Che spettacolo!
Philadelphia 76ers 92 – 125 Oklahoma City Thunder
Alla Chesapeake Energy Arena va in scena forse la partita più scontata dell’anno. Sono di fronte infatti la squadra “del destino”, che gioca come se non ci fosse un domani, e quella che invece non aspetta altro che arrivi la prossima (le prossime?) stagione. Poco da commentare se non la monumentale prova di Kevin Durant da 42 punti e 9 rimbalzi in 33 minuti. Ma anche qui niente di sorprendente.
New Orleans Pelicans 132 – 125 Los Angeles Lakers
Grazie ai 28 punti e 15 rimbalzi di Anthony Davis, i Pelicans interrompono una striscia di 8 sconfitte consecutive. 9 era invece il numero di sconfitte di fila di NO allo Staples. Gordon contribuisce alla causa dei pellicani con 28 punti e 4-5 da 3. Persino il redivivo Tyreke Evans (24+11 assist) riesce a beneficiare della cura Lakers. Dall’altra parte prova “alla vecchia maniera” di Gasol che alla fine chiude con 29 punti e 12 rimbalzi. Mentre l’ultimo arrivato Bazemore continua a far vedere buone cose (23 punti). Los Angeles dopo aver impudentemente vinto le ultime due gare, torna alla sconfitta.
grande amante del basket, del vino e della scrittura, segue l’NBA dal 1994, quando i suoi occhi furono accecati dal fulgido bagliore emanato dal talento irripetibile di Penny Hardaway. Nutre un’adorazione incondizionata per l’Avv. Federico Buffa e non perde occasione di leggere i pezzi mai banali di Zach Lowe.