Gli Oregon Ducks si aggiudicano il Fiesta Bowl 2013 battendo per 35-17 i Kansas State Wildcats in uno dei Bowl più attesi della stagione.
Si ritrovavano infatti in quel di Glendale due formazioni protagoniste assolute della stagione, tanto che ad un certo punto sembrava sicuro che si sarebbero potute incontrare lunedì notte a Miami per il National Championship. Peccato che poi è arrivato il maledetto 17 Novembre.
Gli Oregon Ducks, n°2 del ranking BCS, si schiantano contro la difesa degli Stanford Cardinal, vengono raggiunti all’ultimo minuto e perdono in overtime 17-14. A Kansas State va pure peggio. Autori di una stagione sorprendente si ritrovano al n°1 del ranking BCS dopo aver iniziato la stagione al n°22.
Quel 17 Novembre vanno a Waco, a far visita ai Baylor Bears, una partita sulla carta agevole. Ma se nel football non c’è niente di scontato, nel College football le sorprese sono all’ordine del giorno, e i Wildcats vengono travolti con un perentorio 52-24. Notre Dame e Alabama ringraziano, addio National Championship, non resta che il Fiesta Bowl.
Due filosofie e i morsi del Black Mamba
A Glendale è atteso scontro tra due filosofie di football agli antipodi, ma efficacissime. Da un lato gli Oregon Ducks, al quarto anno della gestione Chip Kelly e al quarto BCS Bowl consecutivo, a sottolineare l’eccellenza assoluta raggiunta dal programma di football di Eugene.
E soprattutto Chip Kelly, il genio offensivo che è stato capace di creare una delle macchine da punti più letali dell’intero panorama collegiale, quella spread option caratterizzata da una velocità abbagliante e resa ancora più micidiale da un massiccio utilizzo della no huddle, che non consente alle difese di rifiatare e di effettuare le sostituzioni tattiche. Una macchina da 50 punti di media a partita, nonostante fosse guidato da un Qb freshman, Marcus Mariota.
Dall’altro lato i Kansas State Wildcats del Coach of the Year Bill Snyder, 73 anni, alla 21° stagione (non consecutiva) sulla panchina dei Wildcats. Una leggenda del college football vivente, tanto che a Manhattan (sede della K-State University, da non confondere con un’altra ben più celebre Manhattan) hanno intitolato lo stadio alla sua famiglia.
E’ tornato ad allenare i Wildcats nel 2009, e tassello dopo tassello li ha riportati ad un Bowl BCS dopo il Fiesta del 2003 perso contro Ohio State. L’attacco dei Wildcats è una classica multiple option, e la sua arma indiscussa è il Qb Collin Klein, 3° classificato nella corsa all’Heisman Trophy, dual threat Qb che in stagione regolare ha lanciato per 2500 yds con 15 Td, ma soprattutto ha corso per 890 yds e segnato 22 Td su corsa. Un attacco decisamente più classico rispetto a quello dei Ducks, ma comunque capace di segnare più di 40 punti a partita.
Era atteso spettacolo dunque, a Glendale. E non si è fatto attendere. Kick-off calciato dai Wildcats, palla tra le mani di DeAnthony Thomas, soprannominato il Black Mamba per via della sua eccezionale velocità. Uno a cui non puoi concedere un passo di vantaggio perché se no te ne prende dieci. E i Wildcats lo capiscono a loro spese: 94 yds di ritorno di kick-off fino alla endzone.
Subito un colpo micidiale alla partita e al morale dei Wildcats. Che viene amplificato grazie ad una coraggiosa conversione da 2 punti realizzata dal DE Dion Jordan, un’altra diavoleria tirata fuori dal cilindro di Chip Kelly. E quando il solito DeAnthony Thomas verso la fine del primo quarto riceve un throwback screen da Mariota e lo porta per 23 yds fino oltre la Goal Line, la strada per Oregon sembra tutta in discesa.
Tutto in 60 secondi
Ma non è affatto così. Kansas State si riorganizza, e ben presto riesce a mettere sabbia negli ingranaggi dell’attacco avversario. Kenjon Barner, lo straordinario Rb n°24 di Oregon, uno che in stagione ha corso per 1624 yds e segnato 21 Td, nel primo tempo porta a casa solo 23 yds.
Thomas scompare. Mariota non riesce ad allestire un passing game efficace. La difesa di Kansas State paralizza l’attacco dei Ducks, grazie anche ad una prova gigantesca del DL Meshak Williams. E l’attacco dei Wildcats non resta a guardare.
Collin Klein muove bene la palla, grazie soprattutto al Wr Chris Harper (tra l’altro un ex Ducks) e al Rb jr Angelo Pease, segna un Td su corsa e poi un FG. Quella che sembrava una vittoria in discesa per Oregon di colpo diventa una montagna da scalare. L’inerzia del match è tutta per i Wildcats.
La svolta avviene nell’ultimo minuto del secondo quarto. I Wildcats, sotto 10-15, giocano un 4th&1 sulle 18 yds dei Ducks. O meglio, vorrebbero giocarlo. Perché un offside della OL lo fa diventare un 4th&6, e quindi si opta saggiamente per un FG da 40 yds, che il K Anthony Cantele fallisce, spedendo il pallone troppo a sinistra.
E’ la scossa che serviva ad Oregon. I Ducks ritrovano di colpo la loro migliore qualità: la capacità di segnare in pochissimo tempo, meno di un minuto. E infatti allo scadere Mariota trova un passaggio laterale di 24 yds per Barner che va in meta e sigla il 22-10 che chiude il primo tempo, e, di fatto, i giochi.
Mariota MVP
Il secondo tempo vede i Ducks chiudere i giochi in breve tempo, grazie ad un attacco che ha ormai ritrovato in pieno il proprio smalto. Kenjon Barner, tenuto a sole 23 yds nel primo tempo, ne corre 120 nel secondo, e quando Mariota segna su corsa con un bella toss il Td del 32-10 si capisce che sarà Oregon a fare Fiesta. Anche perché l’attacco dei Wildcats, in quei momenti cruciali scompare dal campo.
La difesa di Oregon si aggiusta bene, impedisce a Klein di correre la palla e copre bene sui ricevitori. L’attacco dei Ducks invece macina primi down e abbandona il no huddle system per mangiare tempo sul cronometro. C’è ancora tempo per un Td da 10 yds di John Hubert su passaggio di Klein e un FG di Maldonado, per il 35-17 finale.
Marcus Mariota viene premiato come MVP offensivo, grazie soprattutto all’ottimo secondo tempo e alla sua freddezza nel momento più delicato del match, quel secondo quarto in cui sarebbe bastato un errore di troppo per capovolgere le sorti dell’incontro. Il LB Michael Clay viene invece premiato come MVP difensivo.
Dopo il Rose Bowl dell’anno scorso dunque, un’altra vittoria di prestigio per la macchina di Chip Kelly, pronta con Mariota e Thomas ad un’altra stagione ai vertici. Per K-State c’è comunque la soddisfazione di aver riportato sotto i riflettori che contano un programma che da qualche anno latitava.
Folgorato dal football Usa all’età di 11 anni (era il lontano 1992), tifoso di 2 diversi tipi di Dolphins (quelli di Miami e quelli di Ancona), ha iniziato a scrivere su Play.it nel 2012. Appassionato di sport a 360°, di quelli che durante le Olimpiadi trasferiscono la propria residenza davanti alla Tv, considera il football lo sport di squadra per eccellenza, e una straordinaria fucina di storie di eroi ed antieroi. Che ogni tanto prova a raccontare!
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