Notre Dame è tornata. E’ ciò su cui convergono inesorabilmente i media americani che si occupano di college football, a pochi giorni dalla lezione che i redivivi Fighting Irish hanno impartito a domicilio agli Oklahoma Sooners, schiantati con un perentorio 30 a 13.
Doveva essere la partita dello “smascheramento”, quella in cui Oklahoma, dotata di uno dei migliori attacchi della nazione, avrebbe dovuto finalmente porre sotto pressione la difesa di Notre Dame, perfetta finora, costringendo l’attacco dai caschi dorati ad un match ad alto punteggio, non proprio il “pane e burro” della casa. Così non è stato e coach Brian Kelly ha potuto mostrare il suo faccione sorridente davanti alle telecamere in conferenza stampa, forte del suo record di 8 vittorie e 0 sconfitte e il terzo posto nella classifica BCS, quella che sceglie i contendenti per il titolo nazionale. Notre Dame è tornata, anche grazie alla sorpresa e alla sicurezza.
L’emblema delle prime due stagioni sulla panchina di South Bend dell’ex head coach dell’università di Cincinnati è rappresentato dalle periodiche ramanzine, in diretta nazionale, che Brian Kelly destinava al quarterback di turno.
Lo sgomento poteva essere trasmesso empaticamente solo ai suoi colleghi, per esempio poteva essere compreso benissimo da un Bo Pelini, che ha passato le sue ultime due stagioni in panchina a strigliare il “suo” Taylor Martinez, reo, a dire del coach di Nebraska, di non rispettare le consegne da lui impartite. La faccia di Kelly si contorceva, visibilmente ferito dalla scarsa accuratezza con cui i suoi ragazzi interpretavano il ruolo più delicato, quello che determina le fortune e le sventure di un sistema di gioco. Durante i teatrini sulla sideline, Kelly – paonazzo in volto – sembrava onestamente chiedersi come poteva essere tradito da giocatori riconosciuti per il loro alto quoziente intellettivo, come Dayne Crist e Tommy Rees.
All’inizio della stagione 2012, trasferitosi il primo, lo scettro dell’attacco sembrava destinato al secondo, nonostante il rapporto con il coaching staff vivesse di alti e bassi. Invece, ecco il coup de théatre: Kelly si presenta in sala stampa al termine del training camp e definisce il redshirt freshman Everett Golson senza dubbio il migliore interprete nel ruolo, nominandolo di fatto titolare.
Si pensava che fosse la nuova mossa temporanea di Kelly il “mangiaquarterback”, destinato ad arenarsi non appena lo staff si fosse reso conto dell’inadeguatezza di un superatleta come Golson, piuttosto grezzo dal punto di vista tecnico.
Invece, fin dalla prima uscita in terra d’Irlanda, Golson ha dimostrato di essere l’uomo giusto per far girare il sistema d’attacco del college dell’Indiana, mentre Kelly si sente finalmente di poter affrontare il suo terzo e decisivo anno di guida tecnica con un prospetto che è stato reclutato dal proprio coaching staff.
Persino l’assenza del numero 5 nella risicata vittoria riportata contro BYU non ha fatto vacillare le convinzioni del suo mentore: grazie Tommy (inteso come Rees), ma il posto è di Everett.
Fino alla sfida contro i Sooners: in dubbio fino all’ultimo per la convalescenza dovuta ad un trauma violento alla testa, il suo coach l’ha pungolato sostenendo che ogni tanto bisogna andare oltre il dolore, quando l’occasione è importante.
Messaggio ricevuto: Golson è sceso in campo, mettendo a tacere tutti i dubbi di inizio stagione: solita partita senza sbavature da 177 yards lanciate e 64 yards corse con 1 TD segnato in prima persona, prestazione impreziosita nell’ultimo quarto dal lancio di 50 yards per Chris Brown, che ha indirizzato l’inerzia della partita in direzione di South Bend. Una sorpresa, non c’è che dire.
La sicurezza. La memoria storica di questo ciclo dei Fighting Irish è rappresentata da Manti Te’o. Poche squadre nel panorama del college football possono vantare un atleta che personifica così fedelmente lo spirito di una squadra, di un ateneo.
Te’o è ritenuto il miglior prospetto collegiale nella posizione di linebacker…da almeno un anno, ma quando ha avuto la possibilità di presentarsi per il draft 2012, ha preferito ritornare a vestire la sua seconda pelle, la divisa bianca di Notre Dame, per il suo ultimo anno di eleggibilità collegiale, una scelta che ha commosso per attaccamento, come quella medesima di Matt Barkley di rimanere ancora un altro anno a USC.
Il ruolo di bandiera della sua squadra è ancora più sorprendente se si pensa alla maniera rocambolesca con cui ha scelto il college dell’Indiana: di certo ha pesato il lignaggio dell’ateneo più titolato d’America, ma prima di impegnarsi con Notre Dame, il ragazzo di origini samoane ha preso in grande considerazione anche USC, di solito destinazione molto apprezzata dai migliori prospetti hawaiani, e BYU, essendo un fervente sostenitore della chiesa mormone.
Inoltre, è capitato a South Bend in un momento di ricostruzione del programma sportivo – che coincideva proprio con la nomina a capo allenatore di Brian Kelly – e non sono mancate discrete delusioni e umiliazioni alle quali i molti tifosi dell’ateneo che crebbe Joe Montana non erano abituati, come la rimonta pazzesca che Michigan, odiatissima (e qui mi fermo solo perché non esiste un grado peggiore…) rivale, ha infilato la scorsa stagione.
Ora, il cammino intonso a quattro impegni dalla conclusione della stagione regolare, ripaga Te’o di tutte le sofferenze del passato: il suo nome è da settimane sul taccuino di coloro che devono assegnare l’Heisman Trophy, in seguito alle continue prestazioni mostruose che ha fatto registrare.
L’assegnazione del prestigioso premio per il miglior giocatore di football collegiale ad un interprete difensivo sarebbe anche il giusto riconoscimento alla difesa di Bob Diaco, che ha concesso solo sabato scorso la prima meta su corsa, nonostante il calendario di ND fosse riconosciuto come il più difficile della nazione.
Lo scontro per il prezioso trofeo sembra destinato ad un testa a testa con Collin Klein di Kansas State, quella K-State che precede nella classifica BCS Notre Dame al secondo posto, dietro l’invincibile Alabama.
I prossimi scontri sembrano favorire la squadra di Te’o, che nelle prossime tre settimane incontrerà team mediocri che si assestano su un totale di 10 vittorie e 14 sconfitte, ma se Kansas State sopravvivesse agli impegni più gravosi, potrebbe attirare le simpatie del computer, senza dimenticare che Alabama dovrà comunque superare l’impervio scoglio LSU la prossima settimana, a Baton Rouge.
Le ultime settimane di solito non lesinano forti emozioni (Oklahoma State dello scorso anno docet), ribaltando nuovamente le classifiche come siamo solite conoscerle, ma questa Notre Dame delle sorprese e delle sicurezze ha buone possibilità di concludere imbattuta la stagione regolare. A quel punto, il team di Brian Kelly potrà sapere se ha convinto il computerone a mettergli a disposizione i biglietti per Miami, che significherebbe il primo viaggio per i Fighting Irish ad un match valido per il titolo nazionale, da quando è stato istituito il sistema BCS.
Laureato in giurisprudenza. Grande appassionato di football americano, segue con insistenza il mondo del college football da cui è rimasto stregato. @nicolo_bo su twitter.