Il CenturyLink Field di Seattle giovedì sera ha aperto i battenti per ospitare l’anticipo della quinta tornata di campionato del college football, evento che propone un interessante scontro all’interno della Pac 12 tra i padroni di casa Washington Huskies (che per il 2012 saranno ospitati per le partite casalinghe all’interno del catino dei Seattle Seahawks, in attesa della conclusione dell’opera di riammodernamento dello storico Husky Stadium) opposti ai lanciatissimi Stanford Cardinal, numero otto della classifica nazionale e carnefice dei quotatissimi USC Trojans solo due settimane or sono.
Il coach di Stanford, David Shaw, si affida, ancora una volta, alla prolificità del runningback Stepfan Taylor, coadiuvato da una straordinaria linea offensiva, e ad una difesa che si conferma al top tra gli atenei della nazione.
Dal canto suo, il coach degli Huskies, Steve Sarkisian, ha preparato all’uopo per il più quotato avversario una rapida up-tempo offense guidata dall’estroso quarterback Keith Price, degno erede di Jake Locker, mentre la parola d’ordine per la difesa consiste nel respingere, nei primi drive, l’onda d’urta del gioco offensivo dei Cardinal.
Nonostante il chiasso infernale del tifo locale (e dalla minoranza dei tifosi di Palo Alto che hanno deciso di arrischiare una scomoda trasferta infrasettimanale nel profondo nord degli States), la partita fatica a decollare, dominata dalle difese, soprattutto quella di UW che mette subito in evidenza i balbettii dell’attacco di Stanford sui terzi down e sulle sortite del quarterback Josh Nunes.
Le due squadre decidono di non scoprirsi troppo e il risultato, dopo un quarto di gioco, si sgancia dallo 0 a 0 solo per un field goal per parte messo a segno: Stanford segna nel suo unico drive convincente, in cui brilla l’ottimo tight end Zach Ertz, mentre Washington segna punti sul tabellone grazie al guadagno di campo in seguito ad una ricezione da circo di Kasen Williams, sophomore che si rivelerà decisivo per gli esiti della sua squadra.
Nella seconda parte del primo tempo Sarkisian dimostra di aver studiato l’attacco avversario nei minimi particolari, bloccando ogni tentativo avversario di porre Taylor in partita con le sue potenti accelerazioni, mentre l’altro grande protagonista di inizio stagione, Levine Toilolo, è un fantasma, per non parlare di Josh Nunes che fa registrare un orrendo 4/12 su lancio e l’unico che sembra essersi ripreso dalla sbornia della vittoria contro USC è sempre Zach Ertz, il ricevitore più affidabile che si candida ad essere un nuovo grande prospetto dei Cardinal dopo Coby Fleener.
Il reparto difensivo dell’ateneo di Seattle comincia a prendere decisamente le misure, capitanata dal senior cornerback Desmond Trufant, fratello di Marcus che milita proprio nei Seahawks della NFL, in stato di grazia e che elimina dalla partita, uno dopo l’altro, gli avversari che finiscono nella sua zona di competenza. Un atleta su cui mantenere gli occhi aperti in ottica del prossimo draft.
L’inerzia della partita non si sposta a favore del team di casa perché Keith Price è costretto ad incassare una violenta serie di colpi al corpo portata dall’eccezionale front seven di SU, avvantaggiata, come se ce ne fosse bisogno, dall’inesperienza della linea offensiva degli Huskies.
Così il primo tempo si conclude con Stanford faticosamente avanti 6 a 3, ma la statistica che balza immediatamente agli occhi la superiorità del runningback di Washington, Bishop Sankey, che conclude il primo tempo di ostilità con più yards guadagnate su corsa del fenomenale Stepfan Taylor, che si dovrà accontentare di sole 75 yards guadagnate via terra a fine partita. Fa specie osservare che Stanford è riuscita ad evitare solo 2 volte l’infamia del three and outs – tre tentativi all’inizio del drive che non raggiungono l’obiettivo di conquistare il successivo primo down, per cui ci si libera immediatamente della palla con un punt -, tra l’altro proprio nell’occasione che ha portato alla marcatura dei due field goal.
Il secondo tempo continua a essere foriero di speranze per i padroni di casa, che ormai capiscono di poter giocare testa a testa, fino alla fine, l’incontro: Nunes vaga spaesato per il campo, inciampando in almeno tre infrazioni per non aver rimesso in moto il gioco in tempo utile; per di più alcuni passaggi del numero 6 muoiono lontanissime dal bersaglio designato, mettendo ancora di più in risalto come quarterback e ricevitori non si trovino a perfezione, come si dice in gergo, “non sono sulla stessa pagina”.
Per fortuna di Stanford, il college californiano sarà famoso per i cervelloni che pullulano nelle aule dell’università, ma coach David Shaw non disdegna che venga frequentato anche da placcatori inesorabili come Chase Thomas e Shayne Skov, che inchiodano più volte il povero Price al verde del CenturyLink Field.
A tre minuti dalla fine del terzo quarto accade, come in ogni piece teatrale d’alto livello, il colpo di scena: con gli Huskies in posizione per finalmente mordere una Stanford impalpabile offensivamente, il frastornato Price gioca su un primo e dieci uno screen a memoria alla propria destra, proprio dove però lo sta aspettando il big fella Trent Murphy, che si invola intoccato nella end zone avversaria.
Partita sepolta? Macché.
Agli sgoccioli del terzo quarto, gli Huskies si giocano le residue speranze di rientrare in partita su un quarto tentativo e centimetri: la difesa di Stanford incredibilmente si fa sorprendere dallo sgusciante Bishop Sankey, che usa la secondaria dei Cardinal come bandierine e conclude il suo slalom solo dopo 61 yards e 6 punti in più sul tabellone. 13 a 10 e partita completamente riaperta.
Ora sulle facce dei ragazzi di David Shaw comincia ad intravedersi la possibilità di perdere l’imbattibilità che con tanta fatica era stata difesa contro USC, riportando la prima sconfitta stagionale contro un’avversaria divisionale. La difesa degli Huskies, inaspettata a questi livelli di perfezione e coordinata fantasticamente dal nuovo defensive coordinator Justin Wilcox, sale – se possibile – ancora più di livello, con giocate importanti da parte del linebacker John Timu, davvero indiavolato.
All’interno dello stadio sale l’urlo del pubblico perché si fiuta che è il momento di colpire e sovvertire la statistica che vuole ancora illibata l’area di meta di Stanford nell’ultimo quarto di gara, così come è ancora a secco l’attacco di UW nello stesso periodo di gioco.
Keith Price prende coraggio e si affida alla sua ancora di salvataggio, il tight end Safarian-Jenkins; il folletto Sankey salva il drive con un tuffo su un quarto e uno, poi si procura altre 11 yards su tackles poco accurati di una difesa vicino alla capitolazione.
La palla è ora sulle 35 yards difensive di Stanford, a 5 minuti dalla fine su una situazione di terzo tentativo e due yards da racimolare: Price connette con uno screen laterale, allargando il campo, con il solito Kasen Williams, il quale si avvantaggia di un maldestro placcaggio di Terrence Brown e, assicurandosi l’ovale con fatica al corpo, copre le yards che lo distanziano dal tripudio. Folla in delirio, ora l’upset di una squadra Top 10 è più vicino, a 3 anni dall’ultima occasione.
La replica dei ragazzi di un incredulo David Shaw è isterica ed inconcludente: Montgomery si lascia sfilare un buon lancio sul profondo di Nunes, uno dei pochi di pregevole fattura nella sua deludente serata.
La parola fine la pone il miglior giocatore della serata: su un disperato quarto tentativo di Stanford, Nunes sbaglia incredibilmente i giri del lancio per già prestante Tuitolo, che non può però opporsi all’intercetto del fantastico Trufant, che ha domato qualsiasi avversario che ha osato sfidarlo nella sua “isola”.
Il 17 a 13 finale a favore di Washington è un risultato assolutamente meritato, raggiunto anche grazie al tifo del CenturyLink Field che quest’anno mette le ali a tutte le squadre di casa.
Grande rammarico invece per la prestazione di Stanford, partita a fari spenti dopo la perdita di una superstar come Andrew Luck, poi balzata agli onori della cronaca dopo la quarta vittoria consecutiva negli ultimi quattro anni contro USC.
I Cardinal pagano pesantemente la prestazione opaca dell’attacco, incapace di muovere con continuità la palla pervia aerea, dopo che la coraggiosa scommessa di UW di cercare di annullare le corse di Stepfan Taylor aveva pagato alti dividendi, mettendo a nudo l’incapacità di Josh Nunes di ribaltare l’esito di una partita in prima persona.
Laureato in giurisprudenza. Grande appassionato di football americano, segue con insistenza il mondo del college football da cui è rimasto stregato. @nicolo_bo su twitter.