Seconda parte del viaggio all’interno della Big Ten, quello riservato alla Legends Division, che si candida ad essere una delle più difficili da pronosticare alla vigilia del campionato.
Ai nastri di partenza Nebraska, Michigan e Michigan State hanno tutte e tre degli ottimi argomenti per essere considerate favorite all’interno della divisione.
Iowa sembra meno profonda a roster e deve farsi perdonare l’altalenante andamento del 2011, ma ha il calendario più facile tra le contendenti e potrebbe iscriversi tra le sorprese della stagione qualora riuscisse ad inanellare una serie di vittorie consecutive.
Northwestern deve fare i conti con un ciclo concluso e un organico non troppo talentuoso, mentre Minnesota sembra aver imboccato la strada giusta verso la competitività ad alto livello.
Diamo un’occhiata nel dettaglio ai team, posti come sempre in ordine di pronostico, dal più probabile vincitore della division a seguire.
NEBRASKA CORNHUSKERS
Le nove vittorie in stagione, raggiunte per la quarta volta di fila, sono state festeggiate offrendo l’estensione di contratto fino al 2016 al maggior artefice di questo traguardo, l’head coach Bo Pelini.
Pelini, dal momento del suo insediamento a Lincoln, ha lavorato alacremente ed ha quasi compiuto un miracolo quando nel 2009 è arrivato a pochi secondi dalla vittoria del titolo della Big 12, a due anni da una stagione fortemente negativa che aveva causato l’allontanamento della precedente guida tecnica e la sua conseguente assunzione.
Conclusa la fase di stabilizzazione del programma tra i migliori della nazione, lo scorso anno Nebraska ha accettato la sfida offertagli dalla Big Ten.
Posta nella neonata Legends Division, i ragazzi di Pelini erano considerati i favoriti nella corsa al championship game, ma molti sottovalutavano il “regalo” che gli organizzatori della conference avevano serbato per la neo affiliata, che prevedeva un calendario in cui gli ‘Huskers avrebbero affrontato TUTTE le migliori squadre della Big Ten, una conoscenza delle avversarie che a Lincoln avrebbero forse preferito condurre con più calma e tranquillità.
Nebraska ha raggiunto la soglia onorevole delle 5 vittorie all’interno della conference, ma ha subito dure lezioni da Wisconsin e da Michigan, più l’inopinata sconfitta interna contro Northwestern.
Andamento piuttosto altalenante che riflette il carattere di Taylor Martinez, QB titolare e atleta di punta del roster, capace di imprese straordinarie fin dal suo anno da freshman, ma altrettanto soggetto a blackout incomprensibili all’interno di un match e ad una forma che di solito tende ad esaurirsi man mano che la stagione volge al termine.
Lo scorso anno ha fatto molto discutere come T-Magic continuasse ad evidenziare un rilascio della palla visibilmente meccanico, ponendo alcune domande sulla sua etica di lavoro (e dell’intero coaching staff), siccome non vi erano stati sensibili miglioramenti dal primo anno.
Il pericolo è che il talento rimanga grezzo così com’è, commettendo un peccato capitale per un prospetto che è dotato naturalmente di una corsa straordinaria, prova ne siamo le 965 yards corse da matricola praticamente in 7 incontri!
Un parere da esterno mi porta a porre in dubbio lo stesso metodo che Pelini utilizza con il ragazzo: le ormai famose sfuriate del coach in diretta nazionale sembrano scivolare senza effetto sul ragazzo, che quando incorre in uno dei suoi momenti no non riesce a trovare appigli per riportarsi in sella alla gara.
A difesa di Martinez, i ricevitori che avrebbero dovuto fungere almeno da specchietto per le allodole in un sistema che fa del gioco di corsa il primo, secondo e terzo comandamento non hanno rispettato le attese, o meglio l’inesperienza che accumunava gran parte del reparto permetteva l’azzardo alle difese avversarie di lasciare un cuscinetto più ampio di spazio per blitzare sugli elementi del backfield.
A sorpresa il più consistente è stato l’istrionico freshman Kenny Bell, dotato di una naturale capacità di separazione con gli avversari che lo potrebbe iscrivere tra le stelle del futuro, inatteso alle 461 yards ricevute del 2011; di sicuro costituirà l’ossatura portante del team per gli anni a venire.
Si aspetta l’esplosione di Jamal Turner, paragonato a Percy Harvin per caratteristiche e ancora tutto da sviluppare dopo la sua conversione dal ruolo di QB; probabile che nella formazione titolare sia alternato con il senior Tim Marlowe, che il coaching staff preferisce per la sua esperienza.
Nella rotazione rientra anche Quincy Enunwa, 293 yards nel 2011 e quasi un veterano al terzo anno, rispetto alla gioventù dilagante nel reparto.
Pelini potrà abbracciare un sistema più camaleontico nelle situazioni di corta conversione di terzo down o all’interno della red zone con i due TE Kyler Reed e Ben Cotton, impiegabili in una formazione a doppio tight end, utile sia ad aprire più varchi per i runningbacks, sia a creare un diversivo su passaggio facendo affidamento sulle mani educate dei due senior.
Dulcis in fundo, il generosissimo Rex Burkhead tornerà per la sua stagione conclusiva forte di una campagna mediatica scatenata dal suo ateneo per porlo all’attenzione generale per la corsa all’Heisman; sul piatto può intanto mettere le 1357 yards condite da 15 TD dello scorso anno.
Coach Pelini ama cavalcare il coraggio di Burkhead, a tal punto da averlo chiamato 38 volte all’azione contro Iowa, nuovo record per gli ‘Huskers.
L’attività continua del cavallo da tiro texano ha annichilito la lotta per diventarne backup, tanto che già due prospetti hanno deciso di trasferirsi.
Rimane l’interessante folletto Ameer Abdullah, che riempirà le (poche) azioni in cui il titolare sarà costretto a riposare sulla sideline, oltre cui abbinerà la sua dote da specialista essendo un ottimo ritornatore, l’altr’anno addirittura superlativo nella sfida contro Fresno State in cui ha infranto il record della propria università con 211 yards totali sul ritorno da kick off.
La linea d’attacco sembrava finalmente stabilizzata, dopo gli stravolgimenti dell’anno scorso che aveva costretto Bo Pelini a schierare in un match addirittura 3 linemen precedentemente walk on; invece, uno dei punti di forza, il tackle Tyler Moore, ha fatto sapere che si ritirerà temporaneamente dall’attività giocata per imprecisati motivi personali che costringerà lo staff a ripensare un valzer di adattamenti di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
Un altro punto interrogativo riguarda le ripercussioni che causerà il trasferimento a Florida Atlantic di Carl Pelini, fratello di Bo, dal coaching staff, dopo essere stato tra i principali fautori della crescita della difesa di UN.
Per l’intanto Nebraska si è mossa diffusamente nel “mercato” dei junior college, dopo esserne stata ampiamente soddisfatta dai due solidi anni di Lavonte David.
Scalare le gerarchie non è facile, tantomeno in un college di primo piano come Nebraska, ma il LB Zaire Anderson e il CB Mohammed Seisay assaggeranno il campo con regolarità, scommettendo sulla grinta che di solito è il marchio di fabbrica di coloro che si trasferiscono da atenei meno privilegiati.
Soprattutto il secondo contenderà fino all’ultimo lo spot di secondo cornerback, partendo dal presupposto che Andrew Green è una scelta sicura nel ruolo che fu di Alfonzo Dennard un anno fa.
L’impressione è che il pacchetto difensivo possa mantenersi su alti livelli, paradossalmente anche con l’uscita di scena di Crick, David e Dennard.
Infatti la linea difensiva non ha potuto praticamente fare affidamento su Crick lo scorso anno, mentre la difesa su gioco aereo ha latitato perché chiunque sia stato opposto a Dennard non è riuscito a mantenere il posto da titolare, per infortunio o demerito. Ora la situazione sembra essersi stabilizzata.
Brett Maher sarà lo straordinario interprete degli special team, eccelso a livello nazionale come già il suo predecessore Alex Henery; sembrava impossibile sostituire un fuoriclasse dei calci con un altro fenomeno, invece Pelini si è superato creando una vera e propria continuità di rendimento che non si abbassa dal suo arrivo a Lincoln.
Nebraska è una seria candidata al Championship della Big Ten e molte cose si chiariranno quando nel giro di una settimana ospiterà al Memorial Stadium Michigan per poi recarsi a East Lansing per sfidare Michigan State.
Da non sottovalutare le tre partite iniziali che opporranno UN a Southern Miss, UCLA e Arkansas State.
MICHIGAN WOLVERINES
Proprio un anno fa scrivevamo dello scoramento che si era diffuso tra i tifosi dei Wolverines, stufi dell’head coach Rich Rodriguez (mai veramente sopportato) e della sua dannata spread option, inadatta alla tradizione di gioco a Michigan.
Quando fu assunto Brady Hoke, subito si intuì che parte del malumore contro Rich Rod consisteva nel fatto che non incarnava il “Michigan Man” che la tifoseria anelava, mancanza aggravata tanto più dai pessimi risultati sul campo.
Peggio di così non poteva andare e già per questo Hoke, che non è un originario del Michigan ma che l’ambiente lo conosceva per aver speso a UM parte della sua gavetta da assistente, godeva di un credito, se vogliamo immeritato.
Quando poi la stagione si è conclusa in maniera trionfale, con lo Sugar Bowl vinto e un record di 11 – 2, poco ci mancava che fosse chiamata la canonizzazione precoce per l’ex HC a San Diego State.
Il corpulento HC ha l’indubbio merito di aver scelto intelligentemente di non eliminare la spread option per sostituirla con la più congeniale west coast offense, cambio che sarebbe costato tempi lunghissimi di adattamento per il personale reclutato dal precedente allenatore.
Come non avrebbe avuto senso imprigionare il talento del QB Denard “Shoelace” Robinson, giocatore estremamente spettacolare ed esplosivo, che nonostante avesse potuto creare delle resistenze al nuovo allenatore, opponendo al cambio di sistema le sue cifre da All American totalizzate sotto il precedente staff, ha espresso fin dalla scorsa offseason la volontà di accettare qualsiasi modifica al suo stile di gioco, pur di permettere ai Wolverines di tornare a vincere.
Sia chiaro che Hoke non è uno a cui piace spararsi sui piedi e il talento di Denard Robinson è stato comunque lasciato libero di esprimersi, incanalandolo nel modo che avrebbe più giovato alla squadra.
Durante i giochi olimpici, Robinson ha sfidato a mezzo stampa nientepopodimeno che…Usain Bolt, sostenendo che può battere il due volte campione olimpico sui 100 metri sulla lunghezza più contenuta delle 40 yards.
La boutade ha fatto sorridere davanti a tutta questa autostima esibita dal quarterback, ma non è del tutto campato per aria il guanto di sfida se si ricorda che Jeff Demps, RB a Florida nel 2011, è ritornato a casa da Londra con un argento olimpico e che prima di darsi completamente al football Denard correva i 100 metri in 10 secondi e 28…
A parte gli scherzi, Robinson, dicevamo, è un giocatore che fa saltare le coronarie ai propri tifosi e non si arrende mai neanche quando i difensori riescono a mettergli le mani addosso, poiché è molto fiducioso che, con i suoi mezzi atletici, possa cavarsela in ogni situazione: può allora nascere un drive che a 2 secondi dalla fine ti consegna una vittoria leggendaria contro Notre Dame, oppure che il nostro sparacchi in giro per il campo (15 intercetti sono tanti anche rispetto ai 20 TD lanciati).
Il bersaglio preferito del numero 16 è Roy Roundtree, che in realtà è stato soggetto ad un’involuzione rispetto all’incoraggiante 2010 ed ha subito inaspettatamente la concorrenza di Junior Hemingway.
Una linea offensiva solida ha regalato quei secondi in più che sono stati decisivi per razionalizzare un istintivo per natura come il QB in questione, che per la seconda annata in stagione ha superato quota mille yards in stagione con 16 TD, meglio della maggioranza dei RB di ruolo.
Taylor Lewan è il prospetto più interessante della linea offensiva, un ragazzo che continua la grande tradizione di left tackle prodotti ad Ann Harbor e poi scelti nella NFL.
Il gioco di corse è completato da un’eterna promessa che sembrava essersi abituati ai panni di Godot che aveva indossato nei primi due anni.
Fitzgerald Toussaint, dopo 7 partite del 2011 più o meno anonime, ha fatto registrare prestazioni da 170, 192, 138 e 120 yards, superando il valico delle 1000 yards e guadagnandosi l’affetto dei tifosi che lo attendono a questi livelli anche il prossimo anno.
Insieme ad un attacco più equilibrato ed armonico, Hoke ha dato un giro di vite anche alla difesa, passando da 34 punti di media subiti a partita a 17 in solo anno. Un vero miracolo.
Il genio che si cela dietro a questo incredibile rendimento è Greg Mattison, già artefice delle fortune recenti della difesa dei Baltimore Ravens.
Michigan fu altamente sbertucciata quando, un anno fa, rese Mattison il defensive coordinator più pagato della Lega; ora tutti concordano che ogni penny utilizzato per quel contratto è stato speso alla grande.
C’è da dire che la difesa di Rodriguez fu colpita pesantemente dalla cattiva sorte, costringendolo a fare affidamento su una secondaria che contava solo sull’esperienza (contata, ai tempi) dell’ottima SS Jordan Kovacs.
Il miglior CB a roster, JT Floyd, è rientrato con continuità solo nel 2011 e si è messo in luce come uno delle più grandi promesse della nazione in quel ruolo.
Hoke non è stato solo fortunato e bravo nel far girare una giostra che non aveva creato lui, ma si è trovato a vincere delle scommesse coraggiosamente, come affidare i calci al sophomore Brandan Gibbons, che sembrava aver chiuso la sua carriera dopo un’annata da matricola orribile e invece, trovatosi finalmente nella giusta situazione ambientale, ha centrato 13 dei 17 tentativi su calcio piazzato.
Il 2011 ha risarcito i tifosi di UM degli ultimi anni amari, con la conquista di un BCS Bowl che pareva una chimera ad inizio anno.
La nuova ribalta nazionale ha riportato tante prospetti di alto livello ad accettare una borsa di studio per calcare lo stadio più capiente d’America, la Big House, rendendo più che soddisfacente il primo anno di firme da parte del coaching staff di Brady Hoke.
Il team non presenta molte defezioni rispetto a quello che ha riportato 11 vittorie un anno fa, se non a livello di linea offensiva dove il centro David Molk causerà più di un problema di rimpiazzo, ma il calendario presenta comunque delle grosse difficoltà con una sfida equilibrata contro Notre Dame nel remake del bellissimo incontro del 2011 e una quasi proibitiva nell’opener contro Alabama.
Le vittorie potrebbero diminuire ma Michigan rimane una delle favorite per vincere la Legends Division.
MICHIGAN STATE SPARTANS
Ogni anno trovo con difficoltà le parole per definire il lavoro di Mark Dantonio, ormai specializzato nel prendere per mano team di non eccelsa tradizione e accompagnarli, anno dopo anno, sempre più vicini al vertice della loro conference.
Come è altrettanto complicato estrapolare un highlight dalla fantastica stagione scorsa degli Spartans, conclusa con un record di 12 vittorie e 3 sconfitte: preferite la commovente umiltà con cui per poco non riportavano 2 incredibili vittorie stagionali contro Wisconsin o l’incredibile vittoria al terzo overtime, di testa e di cuore, contro Georgia? Scegliete voi.
Chi ha vestito i panni del leader carismatico ed ha sposato in pieno la linea tecnica di Dantonio è stato Kirk Cousins, che ha stracciato più della metà dei record attribuibili a QB a East Lansing e non sarà mai ringraziato abbastanza dai propri tifosi per aver concluso la propria carriera imbattuto contro i cugini di Michigan, con una striscia aperta di 4 vittorie consecutive, evenienza che non si realizzava da 50 anni.
Davanti ad uno degli atleti più importanti che il programma di Michigan State abbai mai reclutato, sarebbe fuor di logica richiedere al suo sostituto, Andrew Maxwell, di mantenere gli stessi standard.
Il nuovo QB dovrà oliare gli ingranaggi dell’attacco in maniera che si trasformino in automatismi, anche se bisognerà aspettare qualche partita stagionale prima di vedere il completo feeling tra tutti gli elementi offensivi, rallentato dall’assenza del junior QB negli spring camp per infortunio.
Maxwell sarà avvantaggiato (o penalizzato, scegliete voi) dall’aver perso i primi quattro migliori ricevitori del 2011, cosicché tutti gli eventuali ricevitori saranno alla prima ribalta e non dovranno disimparare abitudini pregresse.
Il ricevitore con più esperienza è il TE Dion Sims, un marcantonio di 280 libbre che madrenatura ha avuto il buon cuore di dotare di mani fatate, mentre il prospetto più interessante è il sophomore DeAnthony Arnett, transfer da Tennessee.
Considerati il rinnovamento completo del personale e l’inesperienza che caratterizzerà gli interpreti, coach Dantonio si premunirà di evitare che si commettano errori puerili, per cui si prevede un’annata con moltissime portate per il RB La’Veon Bell.
Lo scorso anno il backfield di Michigan State doveva essere tra i migliori della conference con due elementi pronti a sfondare quota 1000 yards corse in stagione: quello che ha mantenuto le attese è stato proprio il sophomore Bell, che si è fermato poco prima della suddetta cifra, mentre il più esperto Edwin Baker si è ingolfato con problemi di fumble e non è più riuscito a ritrovare il bandolo della matassa.
Il carico di lavoro di Bell, tra i migliori tailback della nazione, sarà supportato da una linea offensiva che ha anticipato di un anno il rinnovamento dell’attacco, per cui è pronta a proteggere l’esordiente QB e ad aprire varchi per lo sgusciante La’Veon.
Del reparto mi piace citare la storia del lineman Fou Fonoti, reclutato un anno fa da un junior college ed oggi uno degli uomini di linea più apprezzati di tutta la Big Ten.
Nell’attesa che l’intesa migliori tra i partner d’attacco, Michigan State può sperare che la sua straordinaria difesa pensi non soltanto a difendere (bene) come sa, ma che si metta anche a produrre punti sul tabellone.
Certo, la perdita del formidabile DT Jerel Worthy non può passare inosservata, così come quelle dei titolari Pickelman e Robinson, ma per il resto la struttura difensiva ritorna con tutti gli effettivi e si pone di diritto tra le più arcigne della conference.
William Gholston si tramuterà ogni sabato nel ben consueto incubo dei QB avversari; di pace non ne arriverà neanche dalla parte opposta, quella occupato da Marcus Rush, motivato più che mai a ripetere la stagione da matricola che l’ha condotto diritto nel secondo team All-American per i freshman.
Il reparto dei linebackers può essere posto vicino solo a quello di Wisconsin ed è, senz’altro, tra i migliori del Paese; nessun altro team dispone di così tanta classe nei tre ruoli nel cuore della difesa e scoraggia pensare che tra Allen (11 sacks nel 2011), Bullough e Norman soltanto quest’ultimo sia all’ultimo anno di eleggibilità.
Le secondarie presentano una coppia di cornerback che si sta avvicinando all’apice della maturità ed è già invidiata da tutti: Johnny Adams è già stato nel mirino degli scout NFL la scorsa estate, che volevano convincerlo ad entrare da underclassman nel draft dello scorso aprile, mentre Darqueze Dennard ha tutte le carte in tavole per raggiungere la notorietà del collega di reparto.
La SS Isaiah Lewis è la solita garanzia come ultimo uomo ed è un segugio sui giochi di corsa avversari; Lewis inoltre supervisionerà l’innesto della sophomore FS Kurtis Drummond, che si spera sia l’ennesimo gioiello della nidiata difensiva coordinata dal DC Pat Narduzzi, che assiste Dantonio già dai tempi di Cincinnati.
Gli special teams sono sempre stati curati con attenzione dai team di Mark Dantonio e spesso si posizionano tra i primi 20 della nazione.
Il K Dan Conroy e il P Mike Sadler sono specialisti affidabili, così come il kick returner Nick Hill (vicino alle 1000 yards riportate nel 2011), mentre Keshawn Martin ha chiuso la propria carriera universitaria ed ha bisogno di un sostituto alla posizione di punt returner (lo stesso Hill?).
Giù il cappello comunque davanti a Michigan State, che in un anno di assestamento del reparto offensivo si accorda con Boise State e Notre Dame per due delle sue quattro sfide fuori dalla conference.
Il periodo decisivo per MSU si può rintracciare nella fine del mese di ottobre, quando visiterà il Michigan Stadium per la partita più sentita dell’anno, si sposterà a Camp Randall la settimana successiva e poi ospiterà tra le mura amiche dello Spartan Stadium i Cornhuskers di Nebraska.
Qualora uscissero ancora tra le posizioni di vertice dopo il tour de force, le ultime due sfide contro avversari più che abbordabili potrebbero regalare un back to back al championship game che avrebbe il profumo dell’impresa.
IOWA HAWKEYES
Lo scorso anno è cominciata la ricostruzione per la squadra di Kirk Ferentz, abituata nell’ultimo decennio a lottare per le posizioni di vertice della Big Ten.
Al contrario delle stagioni più recenti, nella offseason dello scorso anno si percepiva che il traguardo era cambiato, l’asticella era stata sensibilmente abbassata, per cui un record vincente con un bowl finale avrebbero soddisfatto le attese della vigilia.
I punti fermi della ripartenza erano il junior QB James Vandenberg, all’altezza del compito di non far rimpiangere il beniamino Ricky Stanzi, il RB Marcus Coker, rivelatosi durante l’Insight Bowl dell’anno precedente e il WR Marvin McNutt, che ha poi concluso il suo iter accedemico come miglior ricevitore per yards guadagnate nella storia dell’ateneo.
Vandenberg ha convinto, anzi i suoi 25 TD e i soli 5 intercetti avrebbero suggerire un maggior impatto del gioco aereo nel piano partita, usando più lungimiranza da parte del coaching staff nelle occasioni in cui le massicce chiamate dei giochi di corsa non portavano alcun vantaggio tangibile se non quello di ingolfare il cammino verso l’end zone avversaria.
Vero che in rampa di lancio si trovava Marcus Coker, RB di grande fisico che colpisce con inusitata violenza il centro del campo, il tipico prospetto prediletto da coach Ferentz, che infatti l’ha cavalcato con ossessività (281 portate di palle, 11° in tutta la FBS), fino alle 1417 yards e i 15 TD finali.
La rottura improvvisa della luna di miele con Coker si è concretizzata con l’esclusione per motivi disciplinare dello stesso RB dall’Insight Bowl del 2011, lo stesso che un anno prima lo aveva fatto conoscere agli occhi dell’America e poco dopo è giunta la notizia che l’Hawkeye aveva chiesto il trasferimento.
Dopo l’addio di Coker si è verificata una vera e propria moria tra i RB rimasti a disposizione: il sostituto naturale Jordan Canzeri si è infortunato gravemente durante gli spring camp, così come il freshman Barkley Hill, De’Andre Johnson è stato cacciato dal programma, mentre McCall ha preferito chiedere il trasferimento.
Non è rimasta granché scelta, per cui si verificherà una staffetta tra il freshman Garmon, il sophomore Damon Bullock, l’unico con (poca) esperienza all’attivo e il fullback Brad Rogers.
Evitiamo altra sofferenza ai tifosi di UI, passando a parlare del gioco aereo e, nello specifico, dei ricevitori, che spesso non ricevono il giusto riconoscimento dall’esterno.
La situazione è fortunatamente migliore in altri reparti, per esempio tre dei quattro migliori ricevitori di Iowa del 2011 si presenteranno ai nastri di partenza anche quest’anno: Keenan Davis è al suo ultimo anno e scommetterei su una sua annata molto prolifica, Kevonte Martin-Manley occuperà il secondo slot, mentre il TE CJ Fiedorowicz, ottimo bloccatore sulla linea di scrimmage, ha le caratteristiche per diventare un bersaglio abituale per Vandenberg.
La linea d’attacco è conosciuta come una fucina continua di talenti ed è infatti sempre altissimo il numero di elementi del reparto che si impone a titolo personale nei premi di conference.
La bontà della scuola di offensive linemen è apprezzata moltissimo dagli scout NFL, che spesso sia ffidano, anche oltre i dubbi, i prospetti provenienti dagli Hawkeyes, come è accaduto quest’anno per l’ottimo left tackle Riley Reiff, scelto al primo giro nonostante la concorrenza nel ruolo non manchi.
Il reparto non fa eccezione rispetto allo svecchiamento che è in corso in tutto il roster, però gli interpreti sono decisamente di alto livello, come il centro James Ferentz, stimato figlio dell’head coach.
Anche la difesa è preda dell’inesperienza che avvolge il roster e ciò è qualcosa che si è verificato raramente nei 14 anni di guida tecnica di Kirk Ferentz.
Soprattutto non convince una linea difensiva che potrà vantare un solo ritorno dallo scorso anno, tra l’altro quel Dominic Alvis che poco ha convinto nel suo anno da sophomore.
Il gioco di corsa avversario ha squassato la prima linea di difesa, anche se il coaching staff non ha mai permesso di mollare psicologicamente a eventuali reazioni di scoramento.
Prova ne sia l’esaltante barricata che ha respinto una lanciatissima Michigan sulle 3 yards di campo di Iowa per la vittoria casalinga per 24 a 16, dopo che solo una settimana prima il ben meno irresistibile attacco di Minnesota aveva orchestrato un drive (per lo più utilizzando giochi di corsa) nel conclusivo quarto per l’incredibile upset sugli Hawkeyes per 22 a 21.
I linebacker Kirksey e Morris hanno tentato di tappare tutte le falle derivanti da una porosa linea difensiva e i 110 tackle fatti registrare a testa sono sintomo di grande abnegazione, ma anche che gli avversari giungevano alla seconda linea di difesa con troppa facilità.
La secondaria è stata messa spesso in difficoltà da avversari che avevano tutto il tempo di connettere indisturbati, incoraggiati dalla flebile pressione che giungeve discontinua.
Persino atleti di livello come il CB Micah Hyde non hanno reso come aspettato, nonostante sia a lui, che è l’elemento di spicco della retroguardia, che si richiede di fare un passo avanti nella comprensione del gioco, magari causando quei turnover che possano sconsigliare gli avversari di saggiare con continuità il gioco aereo.
Lo stesso Hyde sarà chiamato agli straordinari come punt returner e, forse, anche come kick returner, essendo il precedente specialista nella lista di coloro che hanno concluso la loro vita collegiale.
I calci piazzati saranno affidati al semifinalista del Groza Award Mike Meyer, che però non serberà un grande ricordo della seconda parte della stagione 2011 quando trasformò solo 2 degli ultimi 6 tentativi, con 2 errori gravi nella sconfitta contro Minnesota; il punter sarà Jonny Mullings, australiano come il P di LSU Brad Wing, che già durante l’anno di matricola aveva conteso lo spot di titolare all’uscente Guthrie.
A dispetto dei problemi strutturali della difesa e di quelli fisici nel settore runningback, Iowa si può ritenere baciata in fronte dalla fortuna per quando riguarda il cammino nel calendario che andrà ad affrontare tra poche settimane.
Dopo le cinque partite iniziali in cui UI parte con il favore del pronostico, gli Hawkeyes faranno visita a East Lansing dopo la settimana di BYE, poi si ritufferanno a capofitto in un filotto di partite che decideranno la loro partecipazione alla postseason: in casa la ferita Penn State, trasferte a Evanston e Bloomington, infine Purdue al Kinnick Stadium.
Dopodiché, se Iowa provvedesse al salto di qualità, confezionando un record inaspettato, a questo punto potrebbe giocare il tutto per tutto nella trasferta a Michigan e nella neonata rivalità con Nebraska, concretizzando un risultato decisamente più sostanzioso di quanto il valore reale del roster meriterebbe.
NORTHWESTERN WILDCATS
Pat Fitzgerald era uno degli eroi che portarono Northwestern al Rose Bowl nel 1995; nellos stesso anno vinse il premio come miglior difensore di tutta la Big Ten e lasciò un’impronta indelebile ad Evanston.
Tanto che quando si pensò al nuovo head coach nel 2006, nessuno ebbe grandi rimostranze quando si annunciò pubblicamente che Fitzgerald sarebbe diventato il più giovane capo allenatore della NCAA a 31 anni.
Un uomo che, per definirne l’importanza, ha già ricevuto l’onore di porre il suo nome nella hall of fame del college football e di prestare il suo cognome per nobilitare il premio che annualmente si consegna al miglior linebacker della Big Ten.
Fitzgerald unisce l’orgoglio e la tradizione che in un college piccolo come quello di Evanston sono necessari per sopravvivere; inoltre, porre una leggenda autoctona sulla sideline avrebbe pubblicizzato il programma di football agli occhi dei prospetti che associavano Northwestern soltanto ad una delle migliori scuole di giurisprudenza della nazione.
Il nuovo corso doveva sbocciare dalla difesa (e da dove se no per un ex linebacker…), ma non doveva accontentarsi nel gioco offensivo, specialmente in quello aereo.
Il miglior interprete del Fitzgerald-pensiero nelle ultime stagioni è stato Dan Persa, QB dedito alla causa e in possesso di un rilascio di palla precisissimo (lascia come QB titolare più accurato di sempre della FBS con il 72% di completi in due anni da starter), ma continuamente martoriato dagli infortuni che non gli hanno permesso di esprimersi al massimo delle sue potenzialità.
Come assicurazione contro i numerosi acciacchi di Persa, venne affiancato il tutto fare Kain Colter, un po’ QB (3 partenze da titolare nel 2011), un po’ RB (miglior corridore del team lo scorso campionato) e un po’ ricevitore (terzo per yards ricevute nel 2011).
La multidimensionalità di Colter è sempre stata la sua caratteristica più marcata che gli ha permesso di calcare il campo già dalla sua annata da matricola, ma, giunto al suo terzo anno, Fitzgerald sta pensando di consolidarlo come QB titolare e consegnarli le chiavi dell’attacco.
Colter ha convinto Fitzgerald dopo un incoraggiante 2011, dove su 82 tentativi, si è assestato su livelli Perseschi per quanto riguarda l’accuratezza (67 % di completi) e di fronte a 6 TD, si è concesso 1 solo intercetto.
Il nativo di Denver sarà affiancato da Trevor Siemian, QB da tasca da alternare alle scorribande di Colter, così come nel 2010, in assenza di Persa, era accaduto con Evan Watkins, ora convertito nella posizione peculiare di superback, ormai una consuetudine a NU.
Il gioco di corsa vedrà protagonista un cavallo di ritorno, quel Mike Trumpy infortunatosi definitivamente dopo sole 4 partite del 2011.
Il junior RB avrà bisogno di un periodo di ambientamento per recuperare dall’infortunio al legamento crociato e il reclutamento di Malin Jones si incastra perfettamente nel disegno strategico di dare turni di riposo al RB principale.
Il settore che si trova più sguarnita a causa dell’addio dei senior (Jeremy Ebert chiude terzo all-time per yards ricevute, prontamente draftato dai Patriots che rivedono in lui le caratteristiche di Wes Welker) è quello dei ricevitori, dove i soli Demetrius Fields e Christian Jones non sono bersagli così appetibili per un QB all’esordio da titolare.
Ben venga allora il transfer da USC Kyle Prater, ansioso di scatenare l’entusiasmo del Ryan Field Stadium con le sue giocate, un atleta che due anni fa era ritenuto consensualmente il miglior prospetto del Paese nel ruolo, ma che alla corte di Lane Kiffin, chiuso da Robert Woods e Marquise Lee, non ha avuto alcuna possibilità di esplodere.
Un’altra esigenza non troppo velata risponde alla necessità di dare più tempo possibile a Colter, il quale può indifferentemente attaccare le difese avversarie con le proprie gambe oppure per via aerea; stonano quindi i 42 sacks concessi dalla linea offensiva nel 2011, che dovrà fornire una migliore copertura, a partire dal lato sinistro, dove i senior Mulroe e Ward saranno deputati a fornire l’esempio più virtuoso per gli altri colleghi di linea.
Coach Fitzgerald ha cercato di trasmettere, dalla propria esperienza vincente, che il singolo migliora la squadra, ma non può nulla se il gruppo non rema assieme verso un unico orizzonte.
I maligni sostengono che questa è anche l’unica strada percorribile per Northwestern, siccome nel 2012 il team riproporrà una difesa giovane, con pochi nomi altisonanti, lontana da quella del 2008 che riuscì a riportare statistiche che non si vedevano dai tempi del Rose Bowl.
Il giocatore più interessante, anche in vista di una futura carriera professionistica è la S Ibraheim Campbell, straordinario guardiano del campo e fantastico placcatore sulla linea di scrimmage con i suoi 100 tackle nel suo primo anno di attività.
I linebacker centrali Nwaibuisi e Proby meritano una menzione particolare, così come il top recruit Ifeadi Odenigbo, che può essere utilizzato indifferentemente sulla linea di scrimmage o più indietro nella retroguardia.
I quasi 30 punti a partita di media fatti registrare dall’attacco lo scorso anno sono un buon cuscinetto di partenza per la stessa difesa, che anche se non potrà contare troppo sulla propria ermeticità, l’importante è che non si presti ad imbarcare troppa acqua nei turni offensivi avversari.
L’altissimo profilo della Legends Division di quest’anno non aiuta Northwestern all’obiettivo annuo, cioè il raggiungimento per la quinta volta consecutiva della postseason.
Coach Fitzgerald vorrebbe fregiarsi dell’indubbio merito di essere diventato il primo capoallenatore a portare Northwestern ad un’affermazione nella postseason dopo il Rose Bowl del 1948, ormai vivo solo nei ricordi degli ottuagenari di Evanston; per adesso NU si deve accontentare di entrare dalla parte infausta del libro dei record, essendo il team con la striscia perdente più lunga nella postseason di tutta la FCS (9 sconfitte consecutive).
MINNESOTA GOLDEN GOPHERS
Il comunicato dell’università a inizio 2011 era stato molto chiaro: dopo il disastro dell’era Brewster, serviva rifondare il programma con un allenatore che avesse già esperienza di rifondazioni.
La scelta cadde su Jerry Kill, allenatore d’altri tempi che ha scalato tutti i pioli di una faticosa gavetta, già autore della rinascita di Southern Illinois, specialista in imprese di questo genere.
Il nuovo head coach, consultatosi con il suo staff che si mantiene inalterato da tre lustri, abbandonò immediatamente la spread offense installata dal predecessore, comunicando che avrebbe testato diversi freshman, con l’obiettivo di velocizzare la ricostruzione della squadra.
Incoronò leader dell’attacco il QB MarQueis Gray, strano caso di prospetto di alto livello come non se ne vedono tanti da queste parti, costretto i primi due anni ad emigrare tra i ricevitori perché l’allora spot di QB titolare era occupato da Adam Weber, primatista assoluto dell’ateneo per yards lanciate.
L’idea di Kill era ben chiara: ritornare ai fondamentali, dare a Gray la licenza di uccidere liberandone il talento, creando un tandem d’attacco con il RB Duane Bennett.
Nel 2011 Gray ha dimostrato di preferire inventare con la palla in mano (quasi 1000 yards corse), mentre i suoi flash su passaggio non sempre sono stati accompagnati dalla dovuta accuratezza (solo il 50% di completati, 8 TD e 8 intercetti).
A suo discapito Gray ha dovuto affrontare praticamente il suo debutto in regia al suo terzo anno di college (come accadde a Texas A&M con Ryan Tannehill), per cui nel suo ultimo anno sono attesi ulteriori miglioramenti.
Nel frattempo coach Kill allena con il futuro e il futuro si chiama Max Shortell, QB sophomore, che è già diventato il beniamino del pubblico grazie all’eroico tentativo di rimonta nell’opener contro la ben più quotata USC, quando con Gray costretto sulla sideline è arrivato vicino ad un upset storico.
Nonostante la costruzione dell’avveniristico TCF Bank Stadium – curiosità: è l’unico stadio della Big Ten dove è ammesso dissetarsi con della birra… – Minneapolis non è una meta a cui i grandi prospetti prestano grande attenzione, così coach Kill si è deciso, come molti suoi colleghi, a setacciare in cerca di tesori sepolti nei junior college.
Proprio da questa ricerca è stato reclutato quello che è, a tutti gli effetti, uno delle novità più attese del 2012: James Gillum, che porta in dote 2300 yards corse nei due anni trascorsi nel college minore.
Brutte notizie giungono dal reparto dei ricevitori: nel 2011 Minnesota si è affidata anima e corpo al suo miglior giocatore, Da’Jon McKnight, ed ora Kill dovrà decidere se promuovere titolari senior mai assestatisi su livelli degni di nota, o puntare su giovani (come il velocissimo Marcus Jones) che potrebbero azzoppare il già instabile equilibrio in costruzione.
La politica di svecchiamento ha interessato anche la linea d’attacco, che vede occupare i ruoli di starter a giovani che avranno la possibilità di crescere assieme: nel 2011 l’azzardo ha pagato con 160 yards di media guadagnate su corsa; quest’anno sarebbe un grosso successo per tutto l’attacco, se il gioco di corsa prediletto da coach Kill sfondasse le 200 yards a partita.
Purtroppo è di questa settimana la notizia del ritiro prematuro del right tackle Jimmy Gjere, che non è riuscito a recuperare l’idoneità sportiva dopo una commozione cerebrale.
La difesa condivide i patemi di altre rivali di conference, con una linea difensiva continuamente forata dagli avversari e nessun giocatore di livello all’orizzonte pronto a chiudere la falla.
Per cui sono destinati ad aumentare le statistiche dei linebacker Mike Rallis e Keanon Cooper, già sugli scudi nel campionato scorso.
Non sorride neanche la secondaria che perde una macchina da tackle come la S Kim Royston e che si rinnova pericolosamente con due CB convertiti nel nuovo ruolo.
Uno dei due nuovi, Derrick Wells ha dichiarato che il cambio di posizione non sarà un problema, che farà di tutto per la propria università e che avrebbe accettato qualunque situazione tecnica pur di giocare in pianta stabile.
Dichiarazione non originalissima, ma che testimonia della nuova aria competitiva che si respirava nello spring camp di quest’anno.
La star, se così si può chiamare, più attesa al ritorno, dopo un anno in infermeria è Troy Stourdermire, ex ricevitore convertito a cornerback, che alla passione per gli intercetti abbina il non secondario record ogni tempo per la Big Ten per yards riportate da kick off…con ancora tutto l’anno da senior da disputare!!!
Ma indicazioni incoraggianti si riscontrano da tutte le situazioni di gioco speciale: la rivelazione è stato il kicker Jordan Wettstein, autore di un perfetto 6 su 6 su calcio piazzato e del decisivo onside kick nella sfida contro Iowa. E dire che la sua stagione era iniziata tra le riserve dietro a Chris Hawthorne, poi ha sfruttato come meglio non si poteva lo spazio liberatosi quando il titolare si è infortunato: quando si dice mors tua, vita mea.
Minnesota si pone come obiettivo per il 2012 quello di continuare sulla strada maestra di migliorare il proprio record, anno dopo anno: è d’uopo, pertanto, riportare più di una misera vittoria nei match al di fuori della conference e quest’anno sulla carta sono almeno 3 gli incontri in cui Minnie potrebbe imporsi.
Giudicati fuori portata i match in trasferta, alla squadra di Kill restano due belle occasioni sul campo amico contro Northwestern e Purdue, prima degli scontri proibitivi contro Michigan e Michigan State (che comunque ha penato lo scorso anno…).
Anche la trasferta a Champaign potrebbe riservare sorprese, con i Golden Gophers che ormai si sono scrollati di dosso il timore reverenziale con la netta vittoria casalinga contro Illinois dell’anno scorso.
La maggiore conoscenza del sistema di gioco e del nuovo allenatore da parte degli atleti e la maggiore esperienza dei singoli dovrebbe garantire un exploit di vittorie, comunque non ancora sufficienti per guadagnarsi l’eleggibilità per i bowl di fine stagione.
Laureato in giurisprudenza. Grande appassionato di football americano, segue con insistenza il mondo del college football da cui è rimasto stregato. @nicolo_bo su twitter.