La maggior parte della popolazione studentesca che si accalca in enormi cattedrali per tifare i propri compagni di corso o di residenza, prima ancora che star della palla ovale. L’alito che esce bianco e fitto dal casco dei contendenti sulla linea di scrimmage in attesa dello scontro sul terreno ghiacciato. La tradizione, che negli stati centro-settentrionali degli Stati Uniti perché meno strombazzata o pubblicizzata di quanto accade in Texas o in Alabama, non vuol dire che sia più debole o marginale.Ecco le sensazioni trasmesse dal football della Big Ten, un football solido, magari poco spettacolare, ma che crea proseliti nel resto degli States e ancora oggi è capace di esprimere delle contendenti a livello nazionale.
Purtroppo nell’ultimo anno la conference è stata al centro di vicissitudini al di fuori dello sport che avremmo preferito non raccontarvi: prima l’allontanamento di Jim Trassel da Ohio State quando la stagione era sul punto di incominciare, per aver omesso di denunciare infrazioni che alcuni dei suoi giocatori più rappresentativi commettevano proprio con la connivenza del loro HC, poi la batosta ancora più forte per i tifosi di questo meraviglioso sport quando si è accertato il coinvolgimento di Joe Paterno nel caso che ha sconvolto la comunità di Penn State.
Fortunatamente il 2011 ci ha anche regalato la conferma ad alto livello di Wisconsin, abile a raggiungere il Rose Bowl per il secondo anno consecutivo dopo essersi laureata campione nel primo Championship della Big Ten, disputato al Lucas Oil Field di Indianapolis contro Michigan State.
Veniamo ora a trattare le protagoniste del football che verrà, con i team presentati per division (in questa prima parte ci occuperemo della Leaders Division) ed in ordine di preferenza secondo il giudizio del redattore di questo articolo.
WISCONSIN BADGERS
Coach Bret Bielema sta conducendo un lavoro encomiabile da quando, sette anni fa, una leggenda come Barry Alvarez l’ha scelto come successore a Madison, cedendogli il timone della squadra.
Non ci sono dubbi che i bianco-rossi siano diventati il team di riferimento per la Big Ten, con la partecipazione negli ultimi due Rose Bowl (entrambi persi) e il trionfo nel primo championship di conference.
Il 2012 dovrà essere un anno di conferma per UW, cercando di strappare il biglietto per il terzo BCS Bowl consecutivo (e la prima affermazione sotto coach Bielema) e con ottime probabilità di ritornare a giocare il B10 title game.
Sembrerebbe paradossale chiedere di migliorare ad un team che ha concluso con un bottino di 11 vittorie totali lo scorso anno, in realtà bruciano dannatamente le due sconfitte rimediate con due lanci della disperazione nelle sfide contro Michigan State e Ohio State.
Tornando al roster, l’abilità maggiore di Wisconsin nelle ultime stagioni è stata quella di reclutare QB che si amalgamassero perfettamente nei meccanismi dei Badgers: così dopo l’addio di Scott Tolzien un anno fa, la scorsa estate il transfuga da NC State, Russell Wilson, forse il miglior QB della ACC, è stato prima lungamente corteggiato dal coaching staff di Wisconsin, infine ne ha accettato il trasferimento.
Wilson si è da subito integrato benissimo con i compagni, conquistati dall’ex regista dei Wolfpack che si è buttato a capofitto nella nuova avventura, studiando i nuovi schemi di Bielema per 10-12 ore di seguito, sacrifici che gli hanno permesso addirittura di essere scelto tra i capitani dello spogliatoio.
Il senior si è accomiatato da Camp Randall con numeri da Heisman Trophy (72.8% di completati, 3.175 yards lanciate con una ratio devastante di 33 TD e soli 4 intercetti) ed ora si contenderà un posto da titolare nei Seattle Seahawks, dopo essere stato scelto nel terzo giro dell’ultimo draft.
Bielema, pienamente ripagato dall’esperimento Wilson, si è nuovamente tuffato a setacciare la “free-agency” collegiale, e dal cilindro ha estratto Danny O’Brien, transfer junior da Maryland, che ha deciso di sbattere definitivamente la porta in faccia alla sua precedente alma mater dopo il travagliato 2011 coinciso con l’arrivo dell’head coach Randy Edsall.
O’Brien si porta in dote il premio di freshman of the year della ACC 2010 e permetterà di cadere in piedi all’attacco di Wisconsin, che si avvarrà di un signal caller esperto (17 partenze da titolare), ma privo dell’atletismo e del carisma di Wilson.
Visto il cambio in regia, UW poggerà ancora maggiormente sulle salde spalle del candidato all’Heisman 2011 Montee Ball (1923 yards corse, 6.3 yards per portata), mostruoso lo scorso anno, quando ha eguagliato il record all-time di segnature di un certo Barry Sanders, varcando la linea di meta 33 volte più altre 6 su ricezione.
L’esplosione di Ball, che ha respinto l’NFL per tentare di vincere un tanto agognato BCS Bowl, ha oscurato James White (713 yards, 5.1 yards di media a portata), junior che tenterà di rimbalzare sugli stupefacenti numeri da true freshman, quando Wisconsin per sole 4 yards non riuscì nella storica impresa di issare 3 running backs oltre quota 1000 yards corse in stagione (White ne ebbe 1052 ricevendo un ampio consenso per il titolo di freshman dell’anno per la BigTen).
Uno dei bersagli preferiti di Wilson, Nick Toon, il prossimo anno rinforzerà il parco ricevitori dei New Orleans Saints, mentre ritornerà il junior Jared Abbrederis, che a sorpresa è stato il miglior ricevitore (933 yards ricevute e 8 TD) ed è stato straordinario anche nei ritorni da punt (1 TD) e kick off.
Il 2012 potrebbe essere quello della definitiva consacrazione per Abbrederis, con un ulteriore incremento nelle statistiche finali, nonostante si possa prevedere un ritorno ad un gioco più conservativo senza l’ausilio del braccio di Wilson; ad ogni modo, contribuiranno come valvole di sfogo per il gioco su passaggio lo stesso Montee Ball (306 yards ricevute nel 2011), abile a punire le difese negli spazi brevi per poi sfondare con la sua squassante forza fisica, e il TE Jacob Pedersen, che continua la tradizione di grandi TE in uscita da UW (lo scorso anno mortifero in red zone, con 6 passaggi trasformati in TD sui 30 totali ricevuti).
Nell’ultimo triennio UW si è imposta come una delle migliori linee d’attacco del Paese, necessità che tocca livelli parossistici in una conference che fa del gioco di corsa il proprio pane e burro.
Anche quest’anno infatti Wisconsin ha “regalato” alla NFL degli early-rounder, come la RG Kevin Zeitler (All American 2011 che si è accasato ai Bengals durante il primo giro di scelte) e il C Peter Konz (secondo giro dei Falcons), in più ha salutato il RT di lungo corso Josh Oglesby, che ha concluso il suo periodo di eleggibilità.
Nonostante queste perdite minerebbero alle fondamenta qualunque programma, scommettiamo che la linea d’attacco riuscirà a risorgere dalle proprie ceneri come l’Araba Fenice grazie allo straordinario left tackle Ricky Wagner, tra i migliori della nazione nella sua posizione e magari con l’aiuto di nuova benzina iniettata nel serbatoio, come nel caso dei tre prospetti di high school che calcheranno il turf di Camp Randall il prossimo anno, tra cui la RG true freshman Dan Voltz che, secondo le prime indicazioni risultanti dagli spring camp, dovrebbe essersi assicurato una divisa da titolare.
Passando al versante difensivo, la linea difensiva gode di ampio credito in quanto fino al 2010 imperversava quel mostro di aggressività che era JJ Watt, oggi ammirato defensive end con la divisa degli Houston Texans.
Il 2011 non ha visto emergere prepotentemente nessun elemento dalla suddetta linea e il DE Nzegwu è stato il più prolifico con i suoi 4.5 sacks.
Subito dietro all’uscente Nzegwu, i tifosi dei Badgers hanno assistito alla crescita del DT Beau Allen (4 sacks), chiamato ad assumere un ruolo da leader ora che è giunto alle porte della sua stagione da junior.
Per ragioni diverse, l’hype è molto forte anche sui due defensive end: al senior Brendan Kelly (35 tkl, 3 sks) si richiede un continuo incremento dei numeri nel pieno della sua maturità sportiva, mentre il junior David Gilbert (out per tutta la stagione dopo 4 partenze nel 2011) ha il dovere di dimostrare che non si erano sbagliati i suoi estimatori che lo proiettavano come la “next big thing” che UW avrebbe sfornato dopo gli anni d’oro di Watt.
L’assetto della difesa 4 – 3 dei Castori è completato da un grande reparto di linebackers, anch’esso un fiore all’occhiello della tradizione dell’ateneo che ha sede a Madison, con il ritorno del dinamico duo All Team della Big10, il senior Mike Taylor (150 tkl, 2 sks, 2 int nel 2011) e il junior Chris Borland (143 tkl, 2 sks, 16.5 tackle for loss!!!).
Lo spot di linebacker del lato forte di un team che ha concesso solo 19 punti di media per partita lo scorso anno sarà appannaggio del junior Ethan Armstrong, mentre già si pensa al futuro con il reclutamento del freshman Vince Biegel, uno dei migliori prospetti della nazione.
La secondaria è stato il reparto che, traendo facili conclusioni, ha maggiormente condannato UW in almeno due delle tre occasioni in cui il team di Bret Bielema è uscita dal campo sconfitta: come ricordato precedentemente, gridano ancora vendetta i due passaggi finali che hanno decretato rocambolesche vittorie allo scadere a favore di OSU e MSU.
Quest’anno lasciano Madison due ottimi interpreti del ruolo come il CB Antonio Fenelus e la FS Aaron Henry: così il senior Marcus Cromartie farà coppia con il rientrante Devin Smith, mentre l’esperienza delle due safety Shelton Johnson e Dezmen Southward garantiranno che cali di concentrazione come lo scorso anno non capitino più.
Infine, il vento del cambiamento spira anche sugli special team: già è tempo di girare pagina e asciugarsi gli occhi per gli addii ai titolari Philip Welch e Brad Nortman, dentro la giovinezza del sophomore kicker Kyle French, che lo scorso anno ha riscaldato la gamba con 3 centri su 5 tentativi ( però il più lungo solo dalle 29 yards) e del redshirt freshman punter Drew Meyer. Chissà che tutta questa inesperienza nel ruolo non costringa Wisconsin a pagare un pedaggio più alto che nelle ultime stagioni.
Non bisogna essere degli indovini per porre i Badgers al vertice della loro division, siccome l’unica forza che potrebbe opporsi ai campioni 2010 della Big Ten si chiama Ohio State, che però affronterà un calendario più difficile e – cosa decisamente più importante – dovrà scontare un turno in prigione come nel gioco dell’Oca, con un anno di ineleggibilità per il Big Ten Championship dopo il recente Tattoo Affair.
Mi associo pertanto con chi definisce “una schiacciata a due mani” il pronostico del ritorno di Wisconsin al Championship della Big Ten; non mi sentirei, peraltro, di porre Wisconsin tra le favorite per la corsa al titolo nazionale, poiché la grande occasione è stata sprecata un anno fa quando con Russell Wilson alla regia tutti i pezzi parevano combaciare perfettamente.
OHIO STATE BUCKEYES
Se il 2011 è stato decisamente un anno travagliato, con l’allontanamento prima dell’inizio della stagione regolare dell’head coach Jim Tressel, nel 2012 l’oroscopo per i tifosi Buckeyes permette decisamente di ritornare a sorridere.
Tanto per intenderci, Jim Tressel era praticamente un’istituzione a Columbus, cresciuto tecnicamente nello stato dell’Ohio ed in grado di conquistare contro pronostico, – con i Buckeyes – il titolo nazionale nel 2002, traguardo che di fatto ha incoronato Tressel quale primo allenatore della storia capace di imporsi sia in prima che in seconda divisione del college football.
Poi la scorsa estate l’head coach è rimasto invischiato in uno scandalo che ha avuto per protagonisti alcuni fra i suoi giocatori più rappresentativi: è emerso che il guru di Columbus era a conoscenza della vendita illegale di trofei da parte dei suoi pupilli, così il consiglio dell’ateneo ha preferito, a malincuore, allontanare uno dei coach più vincenti della FCS per evitare sanzioni peggiori.
Così l’edizione 2011 di Ohio State si è aperta sotto la guida dell’interim HC Luke Fickell e non si è trattata – eufemisticamente – di una delle più spettacolari, ma nell’attesa che i giocatori squalificati ritornassero in campo, ha costituito un interessante banco di prova per i più giovani, normalmente sepolti nella depth chart.
Le sanzioni comminate hanno letteralmente tagliato le gambe alla corazzata del Midwest, trovatasi costretta, a pochi giorni dal primo fischio d’inizio, a ricostruire in settori decisivi e incidendo in maniera pesante nel 6 – 7 finale, primo record negativo del team dalla stagione 1988.
Dopo l’iniziale scoramento per l’annata infausta, il board di OSU si è rimesso al lavoro ed ha individuato l’uomo della rinascita in Urban Meyer, originario anch’egli dello stato dell’Ohio e capoallenatore dei Florida Gators che hanno tiranneggiato dal 2006 al 2008, con due titoli nazionali portati a casa in tre anni, il primo dei quali proprio contro i Buckeyes di Jim Tressel.
Meyer ha un grande curriculum come formatore di quarterbacks: infatti lui ha costruito la futura prima scelta assoluta Alex Smith e sempre lui ha guidato dalla sideline Tim Tebow nei suoi anni a Florida.
La fortuna dei grandi è nota e infatti il nuovo head coach si troverà senza bisogno di recruiting un giovane QB dal grande talento sebbene ancora acerbo: Braxton Miller (54% di passaggi completati, 1159 yards lanciate, 13 – 4 di ratio) si è messo in luce nella seconda parte della stagione quando ha strappato il posto di titolare al mediocre Joe Bauserman a suon di prestazioni di alto livello, guadagnando infine il titolo di freshman dell’anno per la Big Ten.
Niente male per una matricola che avrebbe dovuto marcire per gran parte della stagione in panchina dietro alla star conclamata Terrelle Pryor; poi, dopo l’addio di quest’ultimo per i draft supplementari NFL, coach Fickell ha deciso di scommettere sulla sua gioventù e i risultati non sono tardati ad arrivare.
Pryor non è stata l’unico punto fermo che è venuto a crollare nell’attacco dei Buckeyes: anche il tailback titolare Daniel “Boom” Herron e il miglior ricevitore DeVier Posey hanno dovuto scontare squalifiche che li hanno costretti a soffrire per diverso tempo lontani dal turf del gigantesco Ohio Stadium.
Tutti coloro che hanno sostituito i titolari ritorneranno nel 2012 con più esperienza e maturità: per esempio il gioco di corsa sarà condiviso tra l’agilissimo Braxton Miller (715 yards corse e 7 TD) e i due runningback Jordan Hall e Carlos Hyde, con a seguire un paio di freshman di belle speranze, grazie al solito incredibile lavoro di reclutamento di coach Meyer.
Il senior Jordan Hall, che è favorito nel guadagnare il maggiore numero di tocchi di palla rispetto ai compagni, è anche elemento da non trascurare su ritorno da kick off (26.3 yards di media nel 2011, con un massimo di 90 yards in un’azione).
I ricevitori potranno solo migliorare rispetto alla scarsissima campagna 2011: pensate che l’allora freshman Devin Smith ha guidato con sole 294 yards ricevute, condite da 4 TD.
Smith ha comunque dimostrato di essere una buona scommessa per il futuro ed insieme al numero 15 è chiamato ad incrementare le proprie prestazioni Corey “Philly” Brown (205 yards, 1 solo TD), mentre la valvola di sicurezza si chiama Jake Stoneburner, senior TE tra i migliori della nazione, che dovrebbe trasmettere un po’ del proprio cinismo ai suoi più giovani compagni, dato che delle 14 ricezioni messe a segno 7 di esse hanno portato punti sul tabellone.
La linea d’attacco, alimentata generosamente di nuovo talento dall’ex head coach Jim Tressel anno dopo anno, si trova a perdere tre pedine fondamentali (Adams, Brewster e Shugarts); ci si potrebbe aspettare un calo nella copertura della tasca, ma la linea schiererà ad ogni modo elementi di esperienza che potranno compensare il talento che viene a mancare.
Davanti all’inesperienza di molti degli interpreti dell’attacco, la difesa ha invece nuovamente dimostrato il suo altissimo livello, tanto è vero che coach Tomlin, HC dei Pittsburgh Steelers, si è fatto sfuggire davanti ai microfoni che la sua franchigia – negli ultimi anni di draft – si è spesso orientata sugli uomini di linea in uscita da Columbus perché utilizzano un sistema di gioco molto simile a quello installato nella Steel City e, in generale, nel mondo professionistico.
Il talento presente nella linea difensiva era già altissimo lo scorso anno e il reparto si presenterà praticamente intatto anche nel 2012, con l’aggiunta di abbondante talento grazie ad una micidiale campagna di recruiting che ha portato a casa 4 dei migliori prospetti nazionali delle high school.
Coach Meyer non ha voluto lasciare nulla al caso nella ricostruzione: ha affidato il coordinamento tecnico della difesa a Luke Fickell, che come interim coach ha svolto un egregio lavoro e conosce già la maggioranza dei ragazzi e a Everett Withers, lo scorso anno interim coach a North Carolina in un team storicamente zeppo di talento difensivo.
L’uomo da prima pagina è il nose tackle Johnathan Hankins (67 tkl, 3 sks, 8 tfl), probabilmente il defensive tackle più dominante della nazione nella sua gargantuesca struttura da 317 libbre, cui abbina una mobilità che è incomprensibile per un uomo di tale stazza.
L’anno passato è stato quello dell’autentica esplosione per il DE John Simon, che in una sola annata ha messo a segno i tackle che aveva totalizzato nelle prime due stagioni (53 tkl, 9 tfl) con una continua, insopportabile pressione sui QB avversari (7 sacks, primo del team) guadagnandosi un posto nel terzo team tra i migliori universitari d’America; nell’anno da senior, le cifre potrebbero ancora aumentare perché le linee offensive avversarie dovranno neutralizzare anche Nathan Williams, senior DE, lo scorso anno assente per infortunio e vera anima della difesa.
A fare buona guardia penseranno i due mastini Etienne Sabino e Storm Klein, coppia rara di linebacker che esprime maturità e talento al massimo livello. Entrambi vengono da un 2011 molto positivo, sebbene i punti di media a partita concessi dalla difesa abbiano fatto registrare il picco massimo da tredici anni a questa parte.
Il reparto perde il secondo tackler del 2011 Andrew Sweat, ma il sostituto Ryan Shazier (57 tkl, 3 sks) ha già convinto l’ambiente quando ha dimostrato il suo temperamento durante il battesimo da titolare contro Penn State, elargendo 15 tackle e guadagnandosi di diritto la menzione come freshman difensivo della settimana della Big Ten; da tenere d’occhio anche l’apporto che potrebbe arrivare dal sophomore Curtis Grant, lo scorso anno passato sotto radar, ma reclutato come miglior linebacker d’America.
La spina dorsale difensiva si esaurisce con un altro reparto solidissimo, quello della secondaria, che può orgogliosamente schierare tutti i titolari del 2011, a partire dalle safeties CJ Barnett (75 tkl, primo tackler) e Christian Bryant (68 tkl, 8 pbu), un duo di ottima solidità e di estremo interesse in vista del draft del prossimo anno.
Ai loro lati un ottimo mix di giovinezza e maturità, con il senior Travis Howard deputato a coprire sugli avversari più pericolosi, mentre il sophomore Bradley Roby si affiderà al suo intuito che gli ha regalato 3 intercetti nella sua prima stagione a Columbus.
Gli special team continuano a rivelarsi un punto di forza del team, ormai abituata a proporre ottimi specialisti nel ruolo: il kicker Drew Basil ha centrato 16 volte il bersaglio su 19 tentativi al suo secondo anno e da junior si proietterà tra i migliori del ruolo a livello nazionale, così come il senior punter Ben Buchanan (41.3 di media a calcio).
Ohio State sarà ineleggibile per il Big Ten Title di quest’anno, comunque difficilmente avrebbe potuto competere con Wisconsin per la testa della division, poiché è accreditata di un calendario molto impervio in cui si va a scontrare con tutte e tre le potenze della Legends Division, 2 su 3 lontano dall’Ohio Stadium.
Il 2012 sarà un anno di crescita, in attesa che la cura Urban Meyer cominci a sortire i primi effetti e pronostico i Buckeyes in lotta per il titolo di conference già dal prossimo anno.
ILLINOIS FIGHTING ILLINI
I Fighting Illini si ritrovano nuovamente da capo dopo la recente gestione di Ron Zook, che sembrava non conoscere sosta lo scorso anno con la maturazione di tutti i suoi uomini importanti e un record di 6 vittorie nelle prime 6 uscite.
Improvvisamente la luce si è spenta con 6 sconfitte consecutive e neanche la vittoria del piccolo Fight Hunger Bowl contro la disastrata UCLA si è rivelata sufficiente a salvare la panchina del capoallenatore.
Si ricomincia da Tim Beckman, apprezzato head coach nei suoi due anni a Toledo, che avrà il compito di rivitalizzare un attacco che mai come nel 2011 è parso compassato e prevedibile, con il fulcro del gioco passante per l’estro del QB Nathan Scheelhaase, oppure per le gambe del saettante wide receiver AJ Jenkins, vero faro dell’attacco.
Beckman, nel suo ultimo anno alla guida dei Rockets, ha installato un sistema di gioco molto divertente, sempre preposto a porre più punti possibili sul tabellone: ne sono testimoni i 66 punti segnati contro Western Michigan dopo che la settimana precedente non ne erano bastati 60 a superare l’altra rivale diretta della MAC, Northern Illinois, oppure può agevolare la comprensione sottolineando come nelle ultime 3 partite di stagione – bowl incluso – Toledo non abbia mai concluso un match con meno di 42 punti finali.
Un gioco così offensivo spesso non si è integrato nella rocciosa Big Ten, basti pensare l’ultimo naufragio di Rich Rodriguez con Michigan, però non bisogna vendere prematuramente la pelle di un allenatore che comunque conosce perfettamente le tradizioni ed i sistemi di gioco in auge nel Midwest.
L’ex coach di Toledo dovrà gestire il terzo anno da starter di Nathan Scheelhaaase, QB che – diciamolo – ha un po’ deluso dopo l’incoraggiante inizio di stagione, che sembrava porsi in linea di continuità con la buona annata da matricola quando si era messo in luce per la sicurezza con cui aveva comandato il gioco d’attacco ed era stato nominato freshman della settimana per la Big Ten per ben 6 volte.
Lo scorso anno il numero 2 si è confermato QB di grande accuratezza, capace di far pagare le difese avversarie anche sulle iniziative personali (624 yards corse, primo della squadra, ma comunque in netto calo rispetto al 2010), ma inadatto a rovesciare l’andamento delle partite qualora la sua squadra subisca l’inerzia negativa del match.
Scheelhaase non sembra il QB che possa esaltare il sistema di Beckman, che già a Toledo preferiva il miglior lanciatore negli ultimi quarti di gara nel sistema a 2 QB che conduceva, ma il talentuoso junior di Illinois merita piena fiducia, almeno per quanto riguarda la prima parte di stagione.
Alle sue spalle, Reilly O’Toole, chiare origini irlandesi, ha già saggiato il campo da freshman, soprattutto nella seconda parte di stagione, quando Scheelhaase è entrato nel periodo di appannamento prolungato, ma la sua ratio di 1 solo TD e ben 4 intercetti servono più delle parole per descrivere quanto ancora debba migliorare per insidiare il proprio titolare.
Gli appassionati del football a Urbana-Champaign preferiscono ricordare malinconicamente il passato quando si discute di RB: basyi pensare che Rashard Mendenhall ha concluso la sua ottima carriera collegiale approdando ai Pittsburgh Steelers nel 2009 e nel giro di poco tempo è emerso Mikel Leshoure, che ha sostituito il predecessore infrangendo il record ogni tempo per yards corse in una stagione ad UI con 1697 yards.
Ecco perché i tifosi non possono che rammaricarsi per la produzione del backfield dello scorso campionato: il primo contribuente alla causa è stato il senior Jason Ford con 600 yards e 7 TD, un bottino non eccelso per chi doveva farsi carico di un’eredità così importante.
Il prossimo anno il compito di lavorare ai fianchi le difese avversarie sarà affidato al sophomore Donovonn Young, già positivo lo scorso anno, mentre Josh Ferguson cercherà di punire con la propria agilità.
I due RB dovranno essere aiutati in maniera migliore che in passato, soprattutto dalla linea d’attacco, che negli ultimi anni ha causato più di qualche grattacapo al coaching staff, creando un curioso parallelismo con la problematica gestione dello stesso reparto nella…franchigia professionistica dello stato, i Chicago Bears.
In una linea d’attacco piuttosto inesperta – il che non è mai una buona notizia a questo livello – si distinguono il centro Graham Pocic e la guardia di sinistra Hugh Thornton, il miglior prospetto della linea, che il nuovo coaching staff spera di poter preservare dai fastidi fisici che lo hanno colpito nel 2011.
Del ricevitore che ha rappresentato quasi tutta la minaccia recente dell’attacco ne abbiamo già parlato, AJ Jenkins, il quale ha guadagnato molte posizioni nell’ultimo draft quando gli scout si sono accorti della sua capacità di separarsi sistematicamente anche contro gli elite cornerbacks della NCAA. Ma AJ Jenkins è il passato.
Difficile parlare dei prossimi “protagonisti” quando il tuo miglior ricevitore ha guadagnato più di cinque volte il numero di yards portate a casa dal secondo in graduatoria.
I soliti sospetti comunque ricadono su Darius Millines e Spencer Harris, i più svegli ad avvantaggiarsi delle “speciali” attenzioni dedicate al più famoso collega di reparto.
Come avrete notato nei team precedentemente analizzati, la linea difensiva rappresenta il primo e decisivo baluardo contro cui rintuzzare gli attacchi degli avversari, quindi non sorprende che anche ad Illinois vi sia una tradizione di grandi guerrieri che hanno occupato le posizioni di battaglia sulla linea di scrimmage.
Nel 2010 toccò a Corey Liuget mettersi in mostra come miglior defensive linemen di tutta la Big Ten, mentre lo scorso anno Whitney Mercilus si guadagnò la chiamata al primo giro totalizzando 16 sacks, il massimo nella FBS.
Quest’anno la linea non perde altri interpreti, a partire da Akeem Spence, altro nose tackle con cui non litigherei partendo dal presupposto delle sue 305 libbre, che nella sua annata da junior cerca la definitiva consacrazione a livello nazionale.
La presenza di Spence gioverà ad un altro cacciatore di teste, che già nel 2011 aveva saputo sfruttare l’ombra ingombrante di Mercilus mettendo a segno 7.5 sacks: trattasi di Michael Buchanan (ibrido: né defensive end, né linebacker), che nell’anno da senior cercherà di sfruttare la velocità che spesso gli ha permesso di bruciare i tackle avversari e consacrarsi definitivamente agli occhi degli scout NFL.
La linea dei linebacker perde per limiti di eleggibilità un importante riferimento in Ian Thomas, secondo tackler della formazione nel 2011, cui non sembra facile trovare un sostituto.
Per bilanciare il reparto dei linebackers, il coaching staff ha deciso di spostare il miglior talento disponibile, Jonathan Brown, in posizione centrale, il quale, già da sophomore, ha fatto percepire la propria insostituibilità in mezzo al campo imponendosi quale miglior placcatore.
Brown poggia su un istinto che solo i grandi giocatori possiedono e i 13.5 tackles con perdita testimoniano anche di un vizio costante per la grande giocata.
La struttura della secondaria ruota intorno alla stella di Terry Hawthorne, che è decisamente l’elemento più interessante dopo l’uscita per il draft di Tavon Wilson.
Hawthorne prenderà in custodia il ricevitore avversario più pericoloso, mentre il resto del reparto ha il suo punto forte nella continuità, dato che 7 degli 8 elementi della retroguardia del 2011 saranno di ritorno anche quest’anno.
Gli special teams sono un punto di domanda per il nuovo coaching staff: quest’anno i Fighting Illini perderanno il loro miglior giocatore, il kicker Derek Dimke; facilmente Beckman e i suoi collaboratori si siederanno dietro ad un tavolo per ricostruire una situazione di gioco spesso colpevolmente trascurata dall’ex coach Zook.
La strada segnata dal calendario non prevede troppi intoppi nelle prime settimane, per cui non sarebbe affatto secondario mettere da parte subito dei successi in cascina in ottica del raggiungimento del terzo bowl consecutivo: Western Michigan e Louisiana Tech non sono compagini da sottovalutare, Arizona State è un team temibile, ma giovane e con un nuovo coach, mentre battere Charleston Southern sembra poco più di una formalità.
Inoltre UI quest’anno riesce ad evitare tutte le powerhouses della Legends Division, ma nel giro di un mese subirà un terribile tour de force che testerà la sua tenuta sui cambi di Wisconsin, Michigan e Ohio State.
PURDUE BOILMAKERS
Speranza, come il cognome del capoallenatore Danny Hope, circondava i Boilmakers negli ultimi anni: attesi ad un tanto agognato bowl e stretti attorno al talento di Ryan Kerrigan, il team dell’ateneo dell’Indiana trovava sempre il modo per mancare l’incontro con la postseason, spesso rincorso dagli infortuni come la nuvola faceva con Fantozzi per rovinargli le vacanze.
Un anno fa, forse nella stagione meno attesa, il tabù è stato sfatato ed ora Purdue può ricominciare a programmare dopo la vittoria nel Little Caesars Bowl ai danni di Western Michigan.
La (s)fortuna dei Boilmakers si può spiegare meglio con le calamità che da almeno due anni si abbattono ripetutamente sui quarterback a disposizione, raggiungendo l’apice nel 2010 quando addirittura quattro QB furono chiamati all’azione.
Addirittura Sean Robinson, freshman a cui si era prospettata una stagione da redshirt – cioè salvare l’anno non mettendo il piede in campo – fu costretto ad andare in campo come titolare contro Ohio State per mancanza di altri elementi arruolabili e il WR Justin Siller dovette convertirsi QB per una giorno contro Michigan, ma si infortunò dopo una sola azione!
Dovete capire allora come gli spogliatoi del Ross-Ade Stadium assomigliassero più ad un pronto soccorso piuttosto che ad un luogo adibito ad una squadra di football e che i tifosi si domandassero se West Lafayette non fosse un posto colpito da qualche maledizione à la Twin Peaks.
Il 2011 era iniziato come al solito, cioè… con la rottura al crociato anteriore di Rob Henry, che coach Hope aveva progettato divenisse il titolare del ruolo.
Con Robert Marve, transfer da Miami, FL nel 2010, ancora ai box per riprendersi dal precedente infortunio, i riflettori sono stati accesi su Caleb TerBush, che si è rivelato un ottimo esecutore degli ordini dalla sideline, con il suo 63% di passaggi completati, una ratio di 13 TD contro 6 intercetti, 1905 yards lanciate e ponendo le basi per un’annata vincente con il TD nell’ultimo drive nell’opener contro Middle Tennessee.
Il lento ma graduale recupero di Robert Marve ha dato a UP quel regista capace di scombinare con il gioco aereo il fondamentale ma, a volte, abusato gioco di corsa.
Curioso come il destino abbia deciso di ricompensare l’ex giocatore degli Hurricanes non con il suo braccione, ma con una corsa in endzone che ha deciso in overtime il match contro Ohio State e che ha spinto sulle ali dell’entusiasmo i Boilmakers negli ultimi impegni stagionali.
Gli ostacoli che si sono frapposti sul cammino dei QB negli anni passati hanno permesso che il training camp di questa primavera vedesse agguerrita la corsa per lo spot da titolare, con 3 atleti esperti che possono ambire a guidare l’attacco: il già citato Caleb TerBush, che può vantare più partenze da titolare di tutti nel positivo 2011, Robert Marve, quello dotato di maggior talento ma spesso costretto sulla sideline nei momenti in cui coach Hope era disposto a dargli fiducia e Rob Henry, junior che potrebbe guadagnarsi spazio grazie alla portentosa velocità che lo rende perfetto per un utilizzo saltuario all’interno della zone read option.
Il programma di UP ha stuzzicato solo saltuariamente gli appetiti dei migliori prospetti, tanto è vero che solo 6 atleti nella storia dei Boilmakers hanno scollinato la quota delle 1000 yards corse in stagione (l’ultimo è stato Kory Sheets nel 2008) e il leader all-time per yards corse dell’ateneo è quel Mike “A-Train” Alstott che all’inizio di questo millennio si è laureato campione NFL con i Tampa Bay Buccaneers di Jon Gruden.
Il RB più talentuoso a disposizione di Purdue rimane Ralph Bolden, RB versatile e coraggioso che però più di altri è stato piagato dagli infortuni; il suo problema si chiama legamento crociato anteriore, poiché nell’ultima partita stagionale del 2011 se l’è lesionato per la terza volta in tre anni e, sebbene il ruolo di titolare sia ancora da attribuire a lui, si capisce che il ragazzo sarà adeguatamente testato prima di ritornare ad allenarsi.
Il prossimo a raccogliere l’eventuale testimone nel caso Bolden alzi bandiera bianca è Akeem Shavers, che ricorda fisicamente il più esperto collega e che sarà seguito con attenzione dopo il brillante 2011 caratterizzato da 519 yards corse e 6 TD, concluso in salsa guacamole quando con 149 yards corse ha vinto meritatamente il titolo di MVP del bowl; occhio anche allo sgusciante Akeem Hunt, che alla sua prima stagione di college football ha fatto intravedere spunti di grande interesse (ha concluso con la media di 8.7 yards di media a portata in 30 tentativi).
Il sistema di portate di palla di coach Hope si affida a runningback piuttosto brevilinei e rapidi nell’infilare i varchi della difesa, per cui un ruolo determinante è svolto dalla linea offensiva dei nero-dorati, che anche quest’anno in sede di draft ha dimostrato la bontà degli interpreti del ruolo quando ben 2 su 3 titolari sono stati chiamati per offrire i propri servigi alle franchigie professionistiche.
Nonostante l’orgoglio per aver posto il piccolo college dell’Indiana sui radar degli scout NFL, non potrà non avvertirsi la mancanza del left tackle Dennis Kelly, ruolo peraltro delicatissimo perché protegge il lato “cieco” del QB e vista la situazione infortuni a Purdue, sempre meglio affidarsi a offensive linemen di alto rendimento.
Le perdite della linea sono importanti, ma una lungimirante programmazione dei cambi ha consigliato al coaching staff di crescere giovani dietro ai veterani, così il prossimo anno Purdue potrà schierare 2 senior e 3 junior, con il nuovo starter LT Trevor Foy che è già stato valutato negli 11 incontri che ha disputato nel 2011.
A ricevere l’ovale, qualunque sia il QB preferito dall’ex HC a Eastern Kentucky, saranno le mani del senior Antavian Edison, che nel 2011 ha fatto registrare 584 yards ricevute con 3 TD.
Conclusa l’eleggibilità per Justin Siller, lo slot di secondo ricevitore sarà coperto da OJ Ross, 356 yards ricevute nel 2001 con 3 TD e un discreto talento nel mettersi nei guai con la giustizia anche in uno stato che non presenta tantissime (per usare un eufemismo) distrazioni come quello dell’Indiana.
Il reparto non brilla per capacità dei singoli, ma bisogna dare atto che già lo scorso anno Purdue ha raggiunto la postseason grazie ad una sapiente rotazione di tutti gli elementi dell’attacco, senza offrire punti fermi agli avversari; in più, con un’unica defezione nell’organico rispetto al 2011, il reparto è ancora più esperto e eliminando i problemi al di fuori del gioco da parte di Edison e Ross, con il giusto apporto anche da parte di Gary Bush, non è detto che non si possano ritoccare le statistiche fatte segnare lo scorso anno.
Se il record di 7 vittorie e 6 sconfitte ha soddisfatto molti a West Lafayette, non tutti – tra gli stessi atleti del gruppo – si sono convinti che fosse stato toccato l’obiettivo massimo del programma.
Così i leader della difesa di UP, quelli che erano più in odore di passaggio al piano di sopra, sembra si siano accordati per un ultima, grande stagione prima di salutare West Lafayette.
Il nome di maggior peso (e che peso! 310 libbre!) è quello di Kawann Short, defensive linemen che nel 2011 ha preso i compagni per mano e con i suoi 54 tackles e 6.5 sacks ha indicato chiaramente la strada per la terra promessa, quella del bowl.
In ottica draft 2013 Short è uno dei defensive tackle più apprezzati, perché la sua capacità di chiudere tutti gli spazi confonde glia vversari e, d’altra parte, migliora i propri compagni di team a cui non par vero aver tutta questa libertà d’azione causati dai solitti raddoppi a cui il numero 93 è sottoposto.
Non sorprende per cui che – a stagione collegiale ancora da iniziare – Short sia proiettato in un’ipotetica top 20 e avrebbe avuto molti estimatori anche nella prima giornata del draft appena concluso, per cui il suo spirito di appartenenza e la voglia di regalare qualcosa di storico al proprio college valgono doppio.
Chi avrebbe potuto cedere alle sirene della NFL, ma così non ha fatto, è il junior cornerback Ricardo Allen, già due volte secondo team Big Ten, che nella off season ha mandato un messaggio a tutti i propri compagni, sparando grosso e autorizzando a porre Purdue tra le candidate al vertice nella Leaders Division.
Non si è fermato qui, infatti, come un fiume in piena, Allen, forte dei suoi 81 tackle e 3 intercetti coprendo sempre i migliori ricevitori avversari, ha dichiarato di essere senza dubbio il miglior cornerback della Big Ten e che il prossimo anno lo dimostrerà.
Questo per dimostrare quanto possa influire il raggiungimento della postseason, che per college magari di minori dimensioni non è il solito dessert che le powerhouses della nazione si servono ogni anno (e se non arriva il BCS Bowl si parla di annata fallimentare!), ma è la gustosa conclusione di un anno di duro lavoro sul campo, giocato pollice per pollice, yard per yard.
Di rilievo è la consueta riconferma anche per l’anno da senior di Dwayne Beckford, linebacker centrale molto generoso che con i suoi 91 tackle totali sarà il placcatore più pericoloso di ritorno anche per il 2012.
Alla faccia di chi reputa gli special teams una situazione di gioco secondaria, UP si è imposta quale migliore squadra a livello nazionale per yards guadagnate dopo kick off, facendo emergere Raheem Mostert come uno dei migliori specialisti nel ruolo.
Purtroppo quest’anno si registra la perdita del K/P Carson Wiggs, che era simpaticamente balzato agli onori della cronaca quando il suo coach aveva dichiarato che gli avrebbe fatto calciare un field goal, se ne avesse avuto la possibilità, in modo tale da far registrare il record NCAA, dopo che nello spring camp del 2011 aveva messo a segno una trasformazione da ben 67 yards.
Carson Wiggs era una sicurezza per il coaching staff, tanto da affidargli anche parte dei punt, che quest’anno saranno affidati a Cody Webster, mentre uno dei migliori prospetti nazionali, il freshman Paul Griggs, si prenderà cura dei calci piazzati.
A proposito di calci, dopo aver dato un calcio alla paura di non raggiungere mai un’affermazione che avrebbe legittimato il lavoro del gruppo in questi 4 anni di gestione di Danny Hope, ora – finiti i festeggiamenti – si ritorna in campo per tentare una nuova scalata verso le partite di gennaio.
Purdue non si tira indietro, andando a far visita a Notre Dame già nella seconda settimana di campionato; i Boilmakers si confronteranno con Michigan al Ross-Ade Stadium, mentre il 10 novembre saranno in Iowa e questi sono gli impegni più probanti derivanti dall’incrocio con l’altra division della Big Ten.
Infine il solito derby dell’Old Oaken Buckets contro Indiana all’ultima tornata di campionato, irto di pericoli perché nelle ultime tre edizioni la squadra che ospitava ha sempre perso, ma pieno di dolci ricordi nel 2011 perché la vittoria ha spalancato le porte per l’eleggibilità alla postseason dopo 4 anni di assenza.
PENN STATE NITTANY LIONS
Nell’ultimo anno parlare di football a Penn State è stato piuttosto arduo, a meno che non si trattasse di licenziamenti o sanzioni.
E’ inizio novembre scorso, quando le prime indiscrezioni parlano di uno scandalo senza precedenti occorso a State College, uno scandalo che coinvolge il defensive coordinator in persona, Jerry Sandusky, reo, secondo l’accusa, di aver approfittato di minorenni addirittura all’interno dei locali appartenenti all’università.
Naturalmente la diffusione della notizia crea un baccano immenso in tutta la nazione: ma come? All’interno di uno dei templi dell’educazione si è perpetrato un simile abominio? E – subito dopo – chi sapeva?
Non passò più di una settimana e la nera melma dell’ignominia toccò a quello che da poco era diventato il coach più vincente della storia del college football, Joe Paterno, soprannominato amichevolmente JoePa, colpevole, secondo le prime indagini, di aver anteposto il risultato del campo e la “tranquillità” dello status quo, chiudendo più di un solo occhio su ciò che gli stava capitando attorno, alla denuncia della verità che avrebbe salvato la leggenda dal lancio di questa tardiva secchiata di fango.
Il board dell’università fu naturalmente scosso nelle fondamenta e subito si avviarono i primi procedimenti per evidenziare le responsabilità di chi sapeva ed aveva taciuto e la testa del coach due volte campione NCAA fu il segno più tangibile ed evidente del rapido taglio che si voleva dare con il passato; JoePa, scosso nel profondo dall’allontanamento dal campo di gioco, la sua vita per 60 anni e probabilmente dai rimorsi per le omissioni commesse, ci ha lasciati questo febbraio.
Il compito di traghettare Penn State verso la conclusione della stagione più nera della sua storia fu affidato al defensive coordinator Bill Bradley, che, conscio dell’importanza marginale dei risultati finale della partita, come un vero condottiero mise la propria faccia davanti alle telecamere e concluse con dignità la sua carriera ai Nittany Lions.
Il nuovo ciclo si aprì con la nomina dell’head coach che avrebbe dovuto aprire il nuovo corso: trattasi di Bill O’Brien, ex offensive coordinator dei New England Patriots, a cui l’università affidava il compito tutt’altro che facile di ricostruire il programma una volta che l’NCAA si fosse pronunciato sulle scontate sanzioni.
Il silenzio seguito alla confusione della fine dello scorso anno pareva sospeso nell’aria, in attesa, un po’ come il condannato aspetta il proprio boia per farla finita.
E la scura è scesa durante luglio, quando la commissione di esperti presieduta dal giudice Freeh ha proposto pene pesantissime per l’ateneo: esclusione dalla postseason per 4 anni, ammenda da 60 milioni di dollari, perdita di tutte le borse di studio e la possibilità di cambiare casacca per gli atleti di PSU senza dover scontare l’anno di attesa canonico.
Immediatamente il college football ha rivelato la sua parte più bella anche in un momento così nero: un gruppo di veterani del team ha distribuito alla stampa un documento in cui giuravano amore eterno al proprio ateneo, un attestato di partecipazione commovente che avrebbe potuto costare qualcosa in termini di visibilità al prossimo draft, ma che rappresenta in pieno lo spirito del college football.
Altri hanno preferito emigrare, come del resto era nel loro diritto, quasi creando un’artificiosa “fase 2” di recruiting da parte delle altre università, con la conseguenza di creare dei veri e propri crateri nella depth chart di PSU.
Le stelle dei Nittany Lions che hanno dato l’assenso a concludere la loro carriera collegiale ad Happy Valley rispondono al nome del DT Jordan Hill, ottimo uomo di linea che si pone nel solco dei vari Jared Odrick e Devon Still e i due linebacker Gerald Hodges, primo blaccatore di squadra e Michael Mauti, che non dovranno far dimenticare il perché Penn State è, da sempre, soprannominata “Linebacker U”.
Da segnalare anche la presenza del DE Pete Massaro, uomo di punta della linea dopo il 2011 saltato per infortunio e il promettente LB Mike Hull, che avrà il difficile compito di far dimenticare una stella in divenire come Khairi Fortt, emigrato a UCal.
Ritornando, dopo il lungo excursus, alla cronaca sportiva, andiamo ad analizzare quello che più di ogni altra fase del gioco sembrava essere sorpassata nel sistema di Joe Paterno, cioè quella della gestione dei quarterbacks.
Lo scorso anno, i Nittany Lions raggiunsero la postseason con il record negativo di TD su passaggio (10); lo starter di inizio anno, il bizzoso Rob Bolden, si narrava presentasse le stigmate del predestinato, ma, nei due anni passati a State College, ha dimostrato poco (2 TD e 7 intercetti nel 2011) e alzato la voce tanto, così il suo trasferimento a LSU è stato salutato senza tante lacrime.
I due candidati allo spot da titolare rimangono il capitano di lungo corso Matt McGloin, ex walk-on, giocatore con un range di lancio limitato, scarsa mobilità, ma grande temperamento (1571 yards, 8 TD, 5 int, 54% di completati nel 2011) e il sophomore Paul Jones, ineleggibile lo scorso anno per problemi con la media scolastica.
Nel backfield si registra la peggior partenza in seguito alle sanzioni: Silas Redd e le sue 1241 yards si trasferiscono nel Sud della California per formare un tandem incredibile con Curtis McNeal nella corazzata USC.
Sostituire Redd, che si sobbarcava gran parte del peso dell’attacco, sembra fuori discussione, per cui coach O’Brien affiderà il ruolo di starter a Curtis Dukes, la scelta più assennata, mentre lavorerà sul sophomore Bill Belton, rapido in campo aperto e con il fiuto per la grande giocata, come progetto futuro.
L’involuzione del gioco aereo giustifica in parte lo scarso fatturato dei ricevitori: l’unico a salvarsi è stato Derek Moye, 654 yards ricevute in un 2011 costellato da infortuni e carriera conclusa ad Happy Valley come il terzo miglior ricevitore per yards ricevute di sempre. Il suo l’ha fatto.
Si supponeva che Justin Brown e Devon Smith, entrambi abbastanza deludenti nel loro anno da junior, sarebbero ritornati con il fuoco negli occhi per il loro ultimo anno al Beaver Stadium, ma entrambi hanno deciso di trasferirsi lasciando al sottoscritto solo la possibilità di suggerire altri protagonisti, senza peraltro l’ombra di una certezza.
Segnalo comunque i possibili sostituti: Shawney Kersey, agile ed affidabile valvola di sicurezza, era già stato indicato quale possibile sorpresa lo scorso anno, quindi è atteso ancora di più nel 2011; piace – moltissimo – la ricerca della giocata importante e la struttura possente del sophomore Allen Robinson, che potrebbe ricordare alla lontanissima Alshon Jeffery.
La linea verde che pervadeva anche altre edizioni di Penn State sotto il patriarcato di Paterno possedeva comunque un filo conduttore che riportava al sistema di gioco del Grande Decano che – si può dire – si insegnava da solo; quest’anno, invece, coach O’Brien si dovrà confrontare con reparti completamente rinnovati (linea offensiva, secondaria) e neanche l’ausilio degli atleti più scafati potrà servire ad inserire più velocemente i nuovi arrivati.
L’annata dei Nittany Lions si aggrapperà alle emozioni di chi è rimasto, alla carica del Beaver Stadium, sebbene l’onda lunga dell’urto subito sia difficile da attutire.
Prevedo un grande balzo indietro rispetto alle 9 vittorie dell’anno scorso, soprattutto per le difficoltà che una squadra così inesperta e poco profonda incontrerà nei match punto a punto.
Non si sarà trattata di death penalty, come alcuni auspicavano, ma l’impossibilità pratica di reclutare nuovi giocatori per i prossimi anni costringerà Penn State nella parte bassa della division per almeno un lustro.
Non può dispiacere che una squadra così amata all’interno della stessa popolazione studentesca debba scontare diversi anni di mediocrità, ma la minore esposizione ai media potrebbe in qualche modo aiutare l’esposizione studentesca a rinnovare i proprio organici ed espiare definitivamente la colpa per uno scandalo tanto orribile.
INDIANA HOOSIERS
L’ateneo di Bloomington subisce il pregiudizio per cui il team cestistico oscura costantemente il programma di football.
Infatti, anche nelle loro edizioni migliori, gli Hoosiers hanno fatto una fatica immane nel reclutamento, poiché, oltre alle scarse possibilità finanziarie, si aggiunge il rifiuto dei migliori prospetti di fare parte di un team che sembra giochi ai confini del college football, sebbene invece militi in una conference importante come la Big Ten.
Solo l’edizione 2006 degli Hoosiers aveva interrotto un incantesimo che li teneva lontani dalla postseason da ben 16 anni, ma sulla spinta emotiva fortissima creata dallo stato di salute dell’amato coach Hoeppner e da un parola chiave, ideata dallo stesso allenatore, che era il grido di battaglia degli atleti che volevano lasciare un ricordo storico della loro permanenza a UI (“play 13”, “giocatene 13”, il numero di match quando si raggiunge la postseason).
Dopo la scomparsa di Hoeppner, il successore Bill Lynch instaurò una pistol offense tanto spettacolare (il QB Ben Chappell finì secondo ogni epoca per l’ateneo per yards lanciate in carriera), quanto arido di vittorie.
Così arriviamo alla gestione di Kevin Wilson, che non è cominciata proprio con il piede gusto riportando una sola vittoria nel 2011.
Dal momento dell’insediamento al ruolo di HC, Wilson ha subito chiarito quale fosse la sua filosofia, indicando la porta a tutti coloro non fossero disposti a sacrificarsi per il progetto.
Il “o questa minestra, oppure salti dalla finestra” dell’ex OC di Oklahoma ha fatto immediatamente le prime vittime, arrivando a 22 ritiri dal team di football durante la scorsa offseason.
Ciò ha liberato da subito casacche da titolari per i freshman reclutati dal nuovo coach, una moss piuttosto azzardata: d’altra parte un team che già non fa del talento la propria arma migliore, si è trovata a scontare la giovinezza di gran parte del roster a disposizione.
Il simbolo del nuovo corso è Tre Roberson, QB mobile che potrebbe ispirare a Wilson un utilizzo più massiccio della read option.
Richarson incarna il rinnovamento perché lo scorso anno, chiuso nel ruolo, sembrava costretto a convertirsi WR, poi è cresciuto nel suo anno da freshman, ha convinto ed ha costretto i due registi con maggiore esperienza a trasferirsi altrove.
Un altro elemento su cui si può ripartire è il RB Stephen Houston, trasferitosi lo scorso anno da un junior college, che ha collezionato 802 yards con 8 TD ed esplodendo contro alcune delle migliori difese della Big Ten.
La linea offensiva è stata costretta a cambiare registro davanti alle critiche, neanche tanto velate, del suo head coach che ha definito “senza attitudine al giusto lavoro” gli appartenenti al reparto; un anno dopo, la linea rimane intatta per 3/5, con tre starter completamente plasmati dal nuovo coaching staff.
Si parlava della possibilità di installare un attacco più ancorato al gioco di corsa, ma ciò può risultare credibile agli occhi delle difese avversarie solo se controbilanciata da minacce aeree perlomeno “credibili”.
I ricevitori che sono stati un po’ scombussolati dalla situazione poco chiara in regia, utile però a Wilson per individuare su chi puntare a lungo termine.
Il prospetto a roster più affascinante è Keri Hughes, che dopo il suicidio (sportivo) di Demarlo Belcher, è risultato il go-to-guy della situazione con 536 yards e 3 TD.
Ricevitore molto dotato, ha ancora grossi margini di miglioramento che vedremo se seguiranno nel suo anno da junior.
Degno di nota, non tanto per le sue statistiche da ricevitore – su cui si può tranquillamente soprassedere – è il kick returner Shane Wynn, che nel 2011 si è distinto con 1015 yards riportate ed un 1 TD.
La difesa è ciò che distacca – in negativo – Indiana da tutte le altre formazioni della Big Ten.
Rimediare ad una difesa che permette 244 yards di media di corsa e più di 450 yards di media totali al team avversario, sarebbe arduo anche per i migliori attacchi della nazione.
Quest’anno Indiana non ha avuto mai scampo quando la partita è stata decisa da una manciata di punti.
Coach Wilson, memore della difficoltà di reclutare ad Indiana, si è fatto avanti cercando pepite nei ricchi bacini del junior college e con la firma di Cooper ed Alexander (outside linebacker che promette molto bene grazie ad un’ottima esposività) ha puntellato il settore dei linebacker, che perdeva il miglior placcatore in Jeff Thomas.
Sulla linea di scrimmage, la coppia di senior DT Replogle e Black costituiscono la miglior difesa che gli Hoosiers si possano permettere.
L’inguardabile secondaria, per cui ogni palla lanciata nei dintorni dei ricevitori avversari aveva l’alta probabilità di trasformarsi in un ampio guadagno, ritornerà in blocco con un anno di esperienza in più e con l’aggiunta del cornerback Antonio Marshall, anch’esso reclutato da junior college.
I calci piazzati saranno affidati all’efficiente Mitch Ewald (16/19 nel 2011), mentre è più farraginosa la corsa alla posizione di punter titolare, poiché i 4 contendenti non hanno mai calciato in una manifestazione ufficiale.
I giovani Hoosiers si dovranno concentrare sugli incontri al di fuori della conference, che paiono alla portata, mentre nello specifico l’incontro contro Navy metterebbe di fronte due formazioni che affidano molto del loro attacco all’option offense, se i propositi di Wilson fossero confermati.
Negli ultimi anni, prima del 2011, UI era sempre riuscita nell’intento di strappare una vittoria all’interno della conference: sarebbe già un segno di crescita riportarne nuovamente una nel 2012.
Laureato in giurisprudenza. Grande appassionato di football americano, segue con insistenza il mondo del college football da cui è rimasto stregato. @nicolo_bo su twitter.