Negli ultimi anni di Big Ten Wisconsin si era costruita una fama ben definita, che l’aveva sempre vista recitare il ruolo della squadra dal potenziale intrigante ma inespresso, sulla quale perdeva puntualmente le speranze chi voleva a tutti i costi cercare un’alternativa al dominio irreparabile ed inevitabile di Ohio State.
I Badgers erano soliti iniziare la stagione in maniera incoraggiante, tenendo il passo delle favorite per tutta la prima parte del calendario, ma effettuando passi falsi che si ripetevano ogni anno con preoccupante costanza quando il cammino si faceva più duro, montando effettivi dubbi sulla reale competitività dell’ateneo in ottica di una vittoria della conference che alla fine dei conti non è mai sembrata davvero raggiungibile.
Nel corso di un 2010 finalmente all’altezza delle aspettative Wisconsin era invece riuscita a togliersi parecchi sassolini dalle scarpe, anzitutto conducendo il gioco nella conference grazie ai numerosi successi ivi ottenuti, con la sola eccezione della battuta d’arresto contro Michigan State, l’unico neo all’interno di un campionato sostanzialmente perfetto che aveva sfatato il tabù dei Buckeyes, sconfitti con una prestazione impeccabile sotto tutti i punti di vista, e superati di conseguenza nella corsa verso la cima della Big Ten con un record uguale, 11-1, il cui tie-breaker era esattamente rappresentato da quell’importante affermazione nello scontro diretto.
La successiva partecipazione al Rose Bowl, evento per il quale la massa aveva pronosticato di vedere Terrelle Pryor bissare la grande partita di un anno prima contro Oregon, non era comunque servita a convincere gli scettici sull’effettiva validità di questo gruppo di giocatori così ben allenato e dotato del talento giusto per emergere a livello nazionale, nemmeno di fronte ad una gara sì persa, 21-19 contro Texas Christian, ma combattuta intensamente sotto ogni aspetto fisico e tattico.
Approcciando la presente stagione si doveva ripartire proprio da lì nel pensare a considerazioni sul possibile andamento del campionato 2011 dei Badgers, per i quali le previsioni si sono ancora una volta divise, probabilmente per una sorta di mancanza di fiducia nei riguardi di una squadra che aveva tradito le attese per parecchie annate consecutivamente, con la quale non ci si voleva più scottare dopo averci scommesso sopra. Tuttavia, lo scorso campionato aveva dato forti indicazioni della maturazione del gruppo e della possibilità di giocare un ruolo di primo piano anche a livello nazionale, fatto poi asseverato proprio dalla qualificazione per il citato Rose Bowl, dando quindi rilevanza anche a chi, nonostante il rimescolamento delle forze in una conference affettata in due parti per via delle nuove annessioni, la riteneva capace di prendere definitivamente il largo sulla concorrenza.
Wisconsin, parallelamente al suo cammino vincente, deve comunque tenere a bada la critica, che ha definito questo inizio di campionato troppo soft per fornire delle indicazioni troppo frettolose – e qui in parte potremmo anche essere d’accordo – ciò che non torna è il continuo riferirsi all’improvvisa debolezza di una Ohio State distrutta dagli scandali interni e non certo competitiva, o del calo post-lauree patito da Iowa, l’altra grande università di spessore della Big Ten dell’ultimo triennio, per giustificare l’ascesa di un ateneo che pare aver ottenuto quel posto al sole più per demeriti altrui o annata buona di cui approfittare che non per effettivi riconoscimenti che non sempre vengono dati nemmeno quando è chiaro che c’è la necessità di dare atto di tutto ciò a chi ha costruito la versione odierna dei Badgers.
Versione che ci parla di una squadra molto tosta, i cui pilastri piantati da coach Brett Bielema e dal suo staff poggiano sulle fondamenta della vecchia scuola più semplice ed allo stesso tempo più efficace, con un sistema tatticamente costruito su concetti molto vicini a quelli professionistici, ovvero basando la filosofia sul mantenimento prolungato del possesso offensivo attraverso un gioco di corse altamente efficente, nonché su una difesa pressante, in grado di effettuare giocate e di tenere fuori l’atttacco avversario dal campo costringendolo ad affrettare i tempi per recuperare il punteggio, e nel contempo mostrando un carattere vincente che ha consentito di non perdere la calma nemmeno in situazioni dove il disastro sembrava dietro l’angolo, portando a casa anche partite “pazze” come quella vinta contro Iowa nello scorso campionato.
La consistenza dei Badgers era già venuta alla luce un anno fa, con la differenza che al tempo alla guida dell’attacco c’era Scott Tolzien, un quarterback ordinato nel svolgere il compito assegnatogli di volta in volta dalla linea laterale ma mai a suo agio quando si trattava di forzare o di effettuare il big play che non era nella sua natura, e la linea poteva contare su due colossi – a livello collegiale – come Gabe Carimi e John Moffitt, due dei migliori uomini di trincea che l’intera Big Ten potesse ospitare, e che oggi hanno portato il loro talento al piano superiore.
Se l’efficenza della linea garantisce quest’anno un altissimo livello del funzionamento del rushing game ed un’ottimale protezione del quarterback, il cambio di regista ha portato addirittura un notevole beneficio, nel senso che Bielema è stato in grado di aggiudicarsi un transfer di grande valore come Russell Wilson, fornendo al suo attacco il pezzo probabilmente decisivo e mancante per provare a pensare ancora più in grande.
Wilson aveva giocato dell’ottimo football a North Carolina State sotto coach Tom O’Brien, ma il suo continuo flirtare con il baseball, l’altro grande amore della sua vita sportiva, aveva fatto spazientire l’head coach che da due primavere aveva dovuto attendere la decisione finale del suo quarterback, senza sapere se avrebbe dovuto prepararne un altro in fretta e furia qualora Wilson avesse definitivamente deciso di prendere mazza e cappellino salutando il football per sempre. O’Brien, ex militare tutto d’un pezzo, aveva deciso per il bene della squadra e non del singolo, ed il talento di Wilson era diventato improvvisamente disponibile. Quando pareva dovesse prenderselo Auburn per sostituire Cam Newton, Bielema ha spiazzato tutti.
Ed ecco che il reparto offensivo si è trovato con un’insperata dimensione aggiuntiva, data dalle numerose possibilità di Wilson di effettuare la giocata che serve al momento giusto, e dalla possibilità di incidere tanto con il braccio quanto con le gambe pur restando ligio al rispetto delle chiamate che arrivano dalla sideline, per le quali pare davvero un esecutore perfetto e affidabile.
I suoi eccellenti numeri, che parlano del 74% abbondante di completi e di un rapporto mete-intercetti di 13 a 1 (Tolzien lanciò 16 passaggi da TD in tutta la stagione scorsa), non sono solamente riconducibili al basso livello di avversari affrontato nelle prime uscite stagionali, in quanto il suo valore è stato confermato in una sfida in cui tutti attendevano Wisconsin al varco, la prima di sempre in Big Ten per la nuova arrivata Nebraska, dove ha letteralmente scherzato con la difesa allenata da Bo Pelini – la cui fama tattica a livello difensivo è nota e indiscutibile – prendendo a sberle le secondarie attraverso i big plays creati con la collaborazione di Jared Abbrederis e Nick Toon, il figlio del grande Al, un tandem di wide receivers in grado di fare seri danni a chiunque.
A questo aspetto va aggiunta la rinnovata consistenza del gioco a terra, che ha perso John Clay rispetto ad un anno fa ma – diciamolo schiettamente – il running back aveva già perso parecchi snap a favore di James White e del fenomenale Montee Ball, il quale ha ripreso esattamente da dove aveva terminato, scrivendo il suo nome a referto già in 13 occasioni nel presente campionato e quindi già prossimo a frantumare il suo vecchio record di mete stagionali segnate, pari alle 18 registrate nel prolifico 2010.
Laddove l’attacco gode di versatilità, forza bruta e rapidità, la difesa vive di consistenza ed opportunismo, giunto sottoforma di turnovers recuperati ai danni dello spaesato Taylor Martinez, che nel big game di sabato è stato intercettato per tre volte, dalle quali l’attacco ha fatto nascere 21 punti punendo con il massimo della pena l’avversario per gli errori commessi. Il reparto difensivo ha dimostrato grande profondità di roster affrontando Nebraska senza il safety Shelton Johnson ed il defensive end David Gilbert, che dovrebbe rientrare tra un mese dalla rottura di un piede, mentre il cornerback Devin Smith era già stato precedentemente dichiarato in lista infoertunati per il resto della stagione. I linebackers Mike Taylor, a detta dello staff il difensore più migliorato dallo scorso anno, e Chris Borland formano un’accoppiata di tutto rispetto, versatile ed incisiva.
Wisconsin, ovviamente, non può essere dichiarata vincente di conference dopo sole cinque partite, quattro delle quali disputate contro università che a livello competitivo avevano ben poco da offrire, ma l’impressione data dal distruttivo benvenuto in Big Ten offerto a Nebraska – che ricorderà a lungo il suo esordio nella nuova conference ed i 48 punti subiti – ha sancito che i Badgers non sono qui per scherzare, e che probabilmente sono pronti a vincere nuovamente il raggruppamento, successo che significherebbe anche un valore aggiunto nel ranking Bcs finale, dal momento che chi si aggiudicherà la Big Ten dovrà farlo con una partita supplementare rappresentata dalla finale di conference.
Prima di ciò, ci sono sette partite interne al gruppo da vincere, su tutte quella contro Michigan State del prossimo 22 ottobre, non fosse altro per il fatto che gli Spartans sono stati la bestia nera di Wisconsin, e perciò rappresentano la prova di maturità più grande che i ragazzi di Bielema devono affrontare prima di mettere a tacere tutti gli scetticismi con una possibile perfect season ed una possibilità, in base anche ai risultati degli altri, di sperare in una chiamata al Bcs Championship.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.