Nel college football anche la prima settimana di campionato può determinare, a suo modo, lo svolgimento di un intero campionato.
Per come è strutturato il ranking e per i criteri di valutazione che ne compongono l’ordine, è fondamentale arrivare sostanzialmente imbattuti in fondo alla stagione regolare per avere una chance di giocare per un trofeo importante, a maggior ragione per quello più prestigioso di tutti.
Ci sono anche le eccezioni, si sa, dipende dalla conference in cui si gioca e dalle avversarie battute in campionato e magari il computer chiuderà un occhio, ma perdere all’esordio non è mai un buon segno per un’università che vuole giocare per il titolo nazionale.
Per questa ragione, gli Oregon Ducks ed i loro desideri di vendetta nei confronti della beffarda sconfitta al National Championship contro Auburn, determinata da un field goal allo scadere, non avranno fin d’ora la possibilità di replicare tale partecipazione, e seppure una minima percentuale rimanga aperta perché esiste sempre la possibilità che anche gli altri perdano, dovranno sperare un vortice di eventi così caotico che è già impossibile provare a determinarlo ora. Non resta che giocare per il Rose Bowl.
Sia Oregon che Lsu erano perfettamente consce della natura di spareggio che la partita di apertura del Cowboys Classic portava con sé, e per quanto equilibrio e spettacolo tattico si potessero prevedere, di certo non si pensava ai Ducks quali sfavoriti, se non altro per la sospensione a poche ore dalla partita, di Jordan Jefferson e Russell Shepard, rispettivamente il quarterback titolare ed il ricevitore di maggiore talento a disposizione dei Tigers.
Ancora una volta, si è dimostrato invece che il football è il gioco di squadra per eccellenza, e che se il sistema di gioco è strategicamente avanzato, l’inserimento nel meccanismo di talenti di un livello più basso non determina automaticamente una prestazione complessiva di minore impatto, dato che la squadra di football è, di per sé, un’entità che sul complesso ci vive e ci deve funzionare.
Ed ecco già in parte trovata la chiave di lettura per una vittoria che ci stava tutta, ma che sicuramente non era preventivabile accadere con tali proporzioni a favore di Lsu. Gli errori si pagano molto cari e la strategia conta più del resto, e questi sono stati i due fattori negativi che più hanno determinato la sconfitta di Oregon.
Nessuno, negli ultimi due anni, era stato capace di limitare così tanto la creatività dell’attacco pensato da coach Chip Kelly, che ha vissuto di poche letture per il quarterback Darron Thomas, forzato quasi esclusivamente a lanciare – più di 50 tentativi, statistica per lui innaturale – nella preziosa option che confonde le difese, e che non ha avuto possibilità di vedere protagonista il solito LaMichael James, escludendo solamente qualche episodio isolato che non ha inciso sulla gara, e l’alto numero di ricezioni effettuate con il risultato andato.
Inoltre, la mancanza di disciplina dimostrata è stata quella che alla fine ha affossato la partita, essendo che i Ducks da tempo sono abituati a segnare tanto e subito, e questo non è stato possibile a causa delle numerose penalità fischiate ad un attacco che in nemmeno due quarti aveva già accumulato un parziale di yards in arretramento superiore alla media a partita di squadra del 2010.
Se a questo si aggiungono i due fumble occorsi nel terzo quarto in un tempo troppo ravvicinato da parte del talentuoso freshman De’Anthony Thomas, è piuttosto comprensibile la facilità con cui Lsu abbia poi potuto chiudere i conti con discreto anticipo sull’inizio del quarto periodo sfruttando anche la stanchezza di una difesa che era continuamente chiamata in campo.
Contenimento difensivo, errori di esecuzione e mancanza di disciplina sono stati i primi responsabili dei touchdown mancati dai Ducks, che si sono dovuti accontentare per tutto il primo quarto di tentativi di field goal senza poter mettere il consueto accumulo di punti – tanti e subito – che ne hanno sempre contraddistinto le prestazioni nel recente passato. Con la sola esclusione del touchdown segnato da James nel primo tempo, quando Oregon era ancora in gara e quindi la segnatura contava qualcosa, la squadra non è riuscita a convertire in punti sonanti nemmeno gli errori avversari, in quanto anche in seguito ad un fumble ricoperto in seguito ad un errore di comunicazione tra il quarterback Jarrett Lee ed il suo centro, non erano arrivati che tre miseri punti.
Coach Les Miles ha vinto la partita con il football della vecchia scuola, ovvero tanta difesa ed un gioco di corse che potesse controllare il cronometro. Quest’ultima ha prodotto oltre 90 yards ciascuno per Spencer Ware e Michael Ford, autori di 3 mete, con il primo ad operare in mezzo ai tackle fornendo una spinta costante e martellante, che ha degradato le forze della difesa sul finire del primo tempo e per tutto il decisivo terzo quarto, mentre il secondo si è fatto sentire esplodendo all’esterno e girando gli angoli più velocemente dei difensori, producendo quasi 7 yards di media ogni volta che gli veniva consegnato il pallone tra le mani.
Miles ha quindi vinto tenendo sotto controllo le possibili forzature di Jarrett Lee, già titolare in passato ma perdente nella battaglia al camp nei riguardi del mobile Jefferson, con il backup a gestire la gara senza troppa pressione, nonostante una percentuale di completi appena superiore al 50% e nemmeno 100 yards lanciate, ma, cosa più importante, un passaggio vincente per Reuben Randle e nessun errore che avesse potenzialità di compromettere il risultato finale.
Lsu, come aveva predetto qualche esperto andando contro corrente, sembra quindi essere attrezzata per tornare a giocarsela ad alti livelli anche senza qualcuno dei suoi migliori giocatori, a patto che l’attacco su corsa non possa essere ingabbiato e che la difesa continui ad aggredire in questo modo, facendo persino dimenticare la perdita del fortissimo Patrick Peterson, il cui numero 7 è stato preso dal suo sostituto ideale, quel Tyrann Mathieu che doveva dimostrare di essere un cornerback completo, e che ha cominciato rompendo un paio di passaggi con astuzia ed anticipo, dando una dimensione concreta al gioco di special teams – l’altra specialità di Peterson – e segnando sul breve ritorno di fumble dopo il disastro combinato da Kentwan Balmer, ovvero incidendo sulla partita con giocate fondamentali come usava fare il predecessore.
E’ passata solo una giornata, per carità, ma i Tigers hanno già affondato la prima zampata contro un avversario andato ad un field goal dall’essere campione nazionale.
Chi ben comincia…
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.