Seconda parte della preview sulla Acc, che analizza quanto potrebbe accadere in una Coastal Division recentemente sempre dominata da Virginia Tech.
Le possibilità che gli Hokies si ripetano ancora sono tutt’altro che lontane dal verificarsi, lasciandosi dietro una schiera di inseguitrici che possono rendere la corsa stretta ed equilibrata, come un anno fa.
Nonostante questo, è impossibile non denotare un passo indietro per Miami, che deve trovare un quarterback poco propenso all’errore, e North Carolina, la cui dirigenza ha scelto il momento peggiore per licenziare Butch Davis e per assegnare una squadra che ha già vissuto un anno difficile in mano ad un coach ad interim.
E mentre Georgia Tech cerca di riemergere da una stagione deludente, motivata dalla forza caratteriale di Paul Johnson, Virginia e Duke sono staccate dal resto di un paio di giri, anche se specialmente per i Cavaliers il futuro sembrerebbe roseo, vista la svolta vitale fornita da Mike London, head coach al suo secondo anno di esperienza.
VIRGINIA TECH HOKIES
La stagione chiusasi con la sonante sconfitta per 40-12 contro Stanford nell’Orange Bowl è stato sicuramente un epilogo inconsueto per Virginia Tech, probabilmente la squadra più costante degli ultimi 5-6 anni di Acc.
In un equilibrio regnante, situazione creata da numerosi scontri diretti dove alcune università non sono mai riuscite ad imporsi nettamente su altre, gli Hokies erano emersi ancora una volta vincitori sconfiggendo Florida State nella finale di conference, per poi capitolare contro i Cardinal in una gara che ha messo pesantemente in evidenza alcune mancanze difensive. E per una squadra che fonda il proprio basamento proprio sulla difesa, quella chiusura non può essere considerata accettabile.
Ecco quindi il via alle prime modifiche, in primis ad uno staff che ha visto alcuni assistenti passare ad incarichi più da scrivania, con la conseguenza dell’arrivo del figlio di coach Frank Beamer, Shane, arrivato dallo staff di Steve Spurrier in South Carolina appena dopo il Signing Day per fare da allenatore dei running backs, e un cambio della persona che eseguirà le chiamate offensive, incarico che passa dall’offensive coordinator Bryan Stinespring al quarterback coach Mike O’Cain. Quindi i conti non tornano con una difesa che ha concesso tantissimo, soprattutto sulle corse, un lontano ricordo di quando gli Hokies lasciavano molti avversari in singola cifra in termini di punti segnati, e di quel reparto che assieme agli special teams creava molto spesso dei giochi di rottura della gara a proprio favore, come ritorni di fumble o di intercetto, che talvolta finivano anche in endzone.
L’obbiettivo numero uno di squadra sarà comunque quello di reperire il candidato ideale alla sostituzione di Tyrod Taylor, giocatore dell’anno della Acc e quarterback più vincente nella storia di Virginia Tech, un ragazzo che ha indubbiamente lasciato il segno durante la sua carriera collegiale. Il principale indiziato, Logan Thomas, possiede caratteristiche fisiche completamente diverse avendo altezza e peso (6’6 per 245 libbre) da regista classico, pur essendo caratterizzato da una mobilità superiore alla norma che dovrebbe consentire all’organizzazione offensiva di mantenere qualche schema giocato nel recente passato. Il vantaggio è tutto suo, come dichiarato dal coaching staff, messaggio nemmeno tanto tra le righe il quale indica che il posto lo può solo perdere giocando male, aspetto al quale dovrà prestare attenzione avendo dietro sé un folto numero di giovani inesperti pronti ad insidiargli il posto.
Importante per il suo sviluppo sarà una linea offensiva poco mobile, che ha concesso tantissima pressione in quel Bowl contro Stanford, di sicuro aiuto gli sarà il rientro a roster di due ricevitori come Danny Coale e Jarrett Boykin, entrambi dotati di mani affidabili e capaci di tramutare degli apparenti piccoli guadagni in yards consistenti. A togliere pressione dal gioco aereo ci penserà David Wilson, che l’anno scorso era l’ultimo considerato di un mostro a tre teste che vedeva davanti a lui Darren Evans e Ryan Williams: in questa prossima stagione il palcoscenico sarà tutto suo, e lui dovrà confermare le potenzialità di running back velocissimo ed esplosivo che ha fatto assaggiare durante le sue sporadiche ma significative presenze in campo.
Quello che fino a due anni fa era il punto di forza di una squadra capace di vincere quattro titoli Acc in cinque anni, la difesa, oggi è il più problematico soprattutto a causa della mancanza di profondità in prima linea, dove il subire il gioco di corsa avversario si è sentito parecchio. Sophomore sarà la parola chiave, con il tackle Derrick Hopkins e gli ends J.R.Collins e James Gayle ad esordire nei panni di titolari e con tanto da provare in questo primo vero test a lungo termine della loro carriera; si conta molto sulle potenzialità del freshman Corey Marshall, aggressivo e versatile, che potrebbe occupare almeno due posizioni della linea.
Ci sarà bisogno di tutta la leadership fornita dai veterani, tra i quali spiccano il linebacker Bruce Taylor ed il free safety Eddie Whitley, mentre ci si attendono ancora grandi cose dal playmaker dell’intero reparto, quel Jayron Hosley letteralmente esploso nel 2010 registrando 9 intercetti e che può incidere sui gochi di special teams grazie alle abilità da ritornatore.
Un anno fa un campionato cominciato male si è trasformato in una cavalcata memorabile. In seguito allo 0-2 iniziale ed alla clamorosa sconfitta contro James Madison la squadra si è raggruppata e non si è più guardata indietro vincendo 11 partite consecutive fino alla batosta dell’Orange Bowl.
Virginia Tech ha tutte le carte in regola per eccellere ancora nella Acc, la domanda è se la squadra sia matura abbastanza per vincere anche uno dei Bowl di gennaio, e per superare quel gradino così piccolo ma così significativo che le ha impedito di essere una contender per il titolo nazionale nonostante un pedigree così vincente. Un calendario inizialmente molto facile dovrebbe mettere Logan Thomas a proprio agio, poi si vedrà.
MIAMI HURRICANES
E’ l’inizio di un nuovo ciclo per Miami, delusa dalla conduzione avara di risultati positivi da parte di Randy Shannon ed ora pronta a ricominciare a sperare di toccare i picchi gloriosi di non molto tempo fa sotto le direttive di Al Golden, ex head coach di Temple, il cui approccio sembra abbia già portato sensibili miglioramenti nell’atmosfera che si respira nello spogliatoio.
Golden porta con sé un sistema meritocratico che ha già messo in discussione molte delle posizioni chiave di squadra, su tutte quella di quarterback, rendendo poco scontato l’ordinamento finale della depth chart e tenendo sulle spine ogni giocatore, motivato a dare il massimo durante gli allenamenti primaverili e spinto a non tenere comportamenti eticamente dannosi per l’università e la sua immagine, pena la significativa perdita di snap da trascorrere in campo. Con queste mosse Golden intende istituire una ferrea disciplina che gli consentirà di tenere in pugno il suo gruppo di giocatori, che probabilmente è stato uno dei problemi che hanno afflitto la gestione Shannon specialmente verso la fine.
La questione più delicata, come già intuito, è quella che vede una competizione apertissima per il posto di starter in cabina di regia. L’esperienza accumulata negli ultimi due anni da Jacori Harris sembrerebbe non sufficiente per garantirgli un ritorno da titolare fisso, i suoi notevoli problemi con i turnovers hanno difatti affossato gli altrettanto notevoli miglioramenti statistici vissuti dal gioco aereo, sprecando diverse occasioni di portare a casa qualche vittoria in più in special modo contro le rivali più agguerrite della conference. Harris combatterà fino all’ultimo allenamento estivo contro la rapida ascesa di Stephen Morris, già starter in quattro occasioni in sostituzione di Harris medesimo (per infortunio), ma non è affatto da escludere colui che sulla carta è la terza opzione, ovvero Spencer Whipple.
Il reparto wide receivers ha perso un prezioso elemento come Leonard Hankerson ma ritrova la velocità e le giocate a lunga gittata di Travis Benjamin, il giocatore più esplosivo dell’attacco, il quale sarà coadiuvato dalle diverse caratteristiche di LaRon Byrd e di Aldarius Johnson, quest’ultimo giunto all’ultima possibilità di dimostrare il suo potenziale. Nel ruolo di running back ci sarà una divisione di portate sostanziale, con Lamar Miller e Mike James a contendersi il maggior numero di presenze in campo, e l’incognita Storm Johnson quale terzo incomodo, mentre per molte posizioni di linea offensiva – che ha perso il tackle Orlando Franklin – e tight end non ci sono ancora indicazioni definitive, anche se Malcolm Bunche, redshirt freshman, e Seantrel Henderson, il pubblicizzato recruit del 2010, dovrebbero essere in vantaggio per i due ruoli di tackle.
La difesa propone una linea esperta, formata dai veterani defensive end Marcus Fortson e Oliver Vernon, nonché dal tackle Micanor Regis. Sean Spence è la star del reparto e farà da guida per un gruppo di linebackers in parziale ricostruzione, mentre le secondarie dovranno sostituire il talento di Brandon Harris e DeMarcus Van Dyke, e potrebbero essere il settore difensivo più problematico per via dell’assenza di giocatori saldamente provati.
Per questo motivo il safety JoJo Nicholas ha eseguito con successo la transizione a cornerback, ed il nickel back Brandon McGee è stato promosso nello starting lineup. Saranno quindi determinanti le giocate di un fronte che avrà il compito di togliere pressione alle retrovie portandone nel contempo al quarterback avversario, e si punta molto sui possibili miglioramenti statistici in fase di difesa dei terzi down, punto debole di un reparto tradizionalmente in grado di portar via il possesso agli avversari in modi differenti ed in momenti importanti, ma che in tempi recenti ha subito molti punti proprio per la mancata capacità di fermare le avanzate offensive. Negli special teams Jake Wieclaw avrà il difficile incarico di sostituire Matt Bosher, kicker/punter di livello professionistico.
La parola d’ordine è nuova attitudine per raggiungere vecchi risultati, la tradizione vincente degli Hurricanes va ripristinata quanto prima ed il metodo lavorativo privo di compromessi messo in atto da Al Golden pare la via giusta da intraprendere.
Disciplina ferrea, sessioni di allenamenti con ex alunni appartenenti alle edizioni più vincenti di sempre del programma di football, assenza di tolleranza per situazioni dove ci si va a mettere nei guai sono la ricetta proposta, anche se poi devono seguire i risultati ottenuti sul campo.
Ridurre la quantità enorme di turnovers lasciati alle difese avversarie è d’obbligo, trovare il modo di prendersi cura dell’ovale è una missione primaria. Il calendario non è semplicissimo e prevede molte sfide insidiose in qualsiasi punto del cammino, con Ohio State ed i derby della Florida (South Florida e Florida State) determinanti per capire il tipo di stagione di una squadra che punta a portare via il titolo divisionale dagli odiati Hokies, il cui confronto a metà schedule potrà già dare parziali indicazioni.
NORTH CAROLINA TAR HEELS
Portati in alto dalla bravura e dall’esperienza di coach Butch Davis, i Tar Heels sono chiamati a reagire emotivamente ad un 2010 colmo di problemi e sanzioni a carico, con numerosi giocatori importanti lasciati fuori per tutta la stagione a causa delle note investigazioni pervenute al campus in seguito a presunti illeciti sul reclutamento ed eleggibilità di alcuni elementi del roster.
Aver portato a referto otto vittorie in un clima sospettoso non è impresa da poco, ma l’altra faccia della medaglia è che la parabola ascendente cominciata con Davis non ha potuto innalzarsi al massimo come da qualche anno ci si auspicava in loco, facendo di North Carolina una vera e propria candidata al titolo della Coastal dopo anni passati a recitare il ruolo della squadra-materasso.
Si riparte con una situazione complicata a livello morale, scaturita dalla notizia del fresco liccenziamento di Davis medesimo da parte della dirigenza, che male ha calcolato i tempi per prendere la decisione, arrivando ad un istante dall’inizio del camp estivo. Non resta che il ricordo dell’ultima partita della stagione scorsa, una bella vittoria in rimonta nel Music City Bowl contro una Tennessee che pareva già possedere una sicura vittoria in tasca. A coach Everett Withers, che ha stampata sulla schiena la fastidiosa etichetta interim, il compito di raddrizzare la situazione e tenere unito uno spogliatoio comunque formato da ragazzi di talento.
Terminata la carriera collegiale di T.J. Yates, responsabile di un’annata da senior assolutamente di riguardo, c’èra da cercare un nuovo quarterback titolare che lo staff ha individuato in Bryn Renner, giunto a Chapel Hill un paio d’anni fa fresco di high school ed oggi pronto per partire in prima linea.
Per sua stessa ammissione Renner metterà in pratica tutto quanto appreso da Yates, di cui era rivale nello spring training di un anno fa quando era stato messo con lui in competizione, ma al quale ha saputo dare ascolto e trarre esempio, sviluppando senza troppe pressioni quel ruolo di leadership che gli viene richiesto da subito. Ben si prospetta dunque il reintegro a roster del running back Ryan Houston, uno dei ragazzi tenuti fuori in correlazione a quelle investigazioni della Ncaa, che farà ritorno in campo assieme al fullback Devon Ramsey, anch’egli rimasto fermo per l’intero scorso campionato per le stesse ragioni, il problema è che da 13 anni non c’è un rusher in grado di rompere la barriera delle 1.000 yards stagionali.
Un ruolo particolarmente rilevante per il tipo di attacco dei Tar Heels, quello di tight end, sarà oggetto di contesa tra il junior Nelson Hurst ed il redshirt freshman Sean Fitzpatrick, i quali saranno sostituti di quel Zach Pianalto che con le sue ricezioni ha risolto tanti problemi a T.J. Yates e a tutti gli altri registi con cui ha giocato in carriera. Il wide receiver Dwight Jones è statisticamente il migliore del gruppo a rientrare tra gli eleggibili, viste le 946 yards e 4 mete registrate in un 2010 giocato in costante miglioramento, e sarà leader di un gruppo versatile e potenzialmente molto produttivo. La linea offensiva ripropone l’intero lato sinistro, uno dei punti di forza di tutto l’attacco, composto dal tackle James Hurst, dalla guardia Jonathan Cooper e dal centro Cam Holland.
Il fronte difensivo propone già un paio di potenziali prospetti Nfl, e le ingenti perdite non sembrano un grosso problema, viste le nuove leve. Il defensive end Quinton Coples riporterà i suoi 10 sacks e 15.5 placcaggi per perdite di terreno all’esterno dopo un anno giocato da tackle, Donte Paige-Moss si allineerà all’altro estremo della linea per fornire la consueta aggressività (7 sacks), mentre nel mezzo spazio alla potenza pura del tackle Tydreke Powell, che potrebbe diventare interessante per la capacità di penetrare nel backfield.
Preoccupa il back seven, che ha perduto numerosi playmakers del calibro di Bruce Carter, Quan Sturdivant e Deunta Williams: tra i linebackers l’unico punto fermo è Kevin Reddick, statisticamente il miglior placcatore delle ultime due stagioni, mentre nelle secondarie rientrano ben tre elementi dalla sospensione, il cornerback Charles Brown (3 intercetti, 66 placcaggi nel 2009) e la coppia di safety composta da Brian Gupton e Jonathan Smith.
Situazione dunque delicata, e fase quantomeno strana nella storia di un ateneo il cui programma di football si è impennato, una volta tanto, ricevendo più pubblicità rispetto al titolatissimo basket proprio nel momento dello scandalo. La carriera azzurra di Butch Davis si è chiusa a quota 28-23 ma nei programmi doveva proseguire con l’attacco al titolo della Acc, traguardo precluso dal ritrovarsi senza molti pezzi pregiati proprio nell’anno in cui sarebbe potuta fare la voce grossa.
Ora, pur ritrovando alcuni di quei giocatori, i Tar Heels devono fare i conti con le ingenti perdite in ruoli chiave dell’attacco e della difesa per capire se possono essere qualcosa di più della solita squadra che parte dietro a Miami e Virginia Tech – peraltro le due squadre contro cui North Carolina giocò peggio in tutto il 2010 – un ruolo di terzo incomodo che recita oramai due anni, che ora viene messo in discussione dalla potenziale mancanza di stabilità all’interno dell’organizzazione e dall’improvviso cambio alla guida della squadra, sulla cui correttezza si potrebbe stare a discutere per mesi. Ma questa è un’altra storia.
GEORGIA TECH YELLOW JACKETS
Il regime di coach Paul Johnsonera cominciato sotto i migliori auspici, con un totale di 20-7 nelle prime due stagioni sulle sidelines ed un funzionamento sostanzialmente impeccabile della triple offense all’epoca da egli installata.
Nel 2010 il tracollo, una stagione inaspettatamente negativa terminata con un bilancio in negativo, 6-7, solamente un anno dopo aver sconfitto Clemson nella finale Acc ed essere approdati all’Orange Bowl, una discesa che può trovare delle parziali scuse nell’infortunio del quarterback Josh Nesbitt contro Virginia Tech in una delle gare più importanti del calendario (i Jackets andarono successivamente 1-3 nel mese passato senza di lui) e nel difficile adattamento alla nuova difesa 3-4 installata da Al Groh.
Per un attacco impostato quasi ed esclusivamente sulle corse, i ruoli di running back saranno come al solito molto importanti dal punto di vista della profondità del roster, ed il nuovo quarterback dovrà possedere caratteristiche di mobilità fuori dall’ordinario, proprio come quelle in possesso a Nesbitt, oggi laureato. L’attacco con tre rushers in campo in contemporanea schiererà il rientrante Roddy Jones ed Orwin Smith (9.7 yards per corsa e buon ricevitore) che si schiereranno da A-Backs (i posizionamenti più laterali rispetto al quarterback), mentre il B-Back titolare dovrebbe essere il senior Preston Lyons, ma aspettiamoci almeno altri tre o quattro elementi in grado di ruotare e portare letture difensive sempre diverse.
Il ruolo del regista non è affatto di poco conto come potrebbe sembrare, pur lanciando neanche 10 volte a gara c’è comunque da tenere alto il ritmo e da effettuare la migliore opzione ad ogni snap a seconda del posizionamento difensivo, lavoro che Tevin Washington dovrà eseguire al meglio dopo le pallide prestazioni in subentro a Nesbitt. Washington, avendo giocato quelle 4 partite, avrà la precedenza per giocarsi il posto da titolare rispetto all’inesperto Synjin Days, lo sviluppo del gioco aereo sarà fondamentale equilibrare le due facce dell’attacco, che sulle corse ha prodotto la migliore media di yards a partita (più di 323), ma che si è rivelato mono-dimensionale per via di un 38% di completi nei pochi passaggi tentati, complici imprecisioni del quarterback e drop dei ricevitori. Uno dei wide receivers da cui si attendono miglioramenti di concentrazione è Stephen Hill, dotato di un fisico simile a quello del suo predecessore Demaryus Thomas. La linea offensiva ritorna quasi intatta, ritrovando i servizi della guardia Omoregie Uzzi e di Jay Finch, che da guardia si sposterà a centro.
Il defensive coordinator Al Groh non avrà vita facile dovendo trovare immediate risposte per una difesa che non ha saputo mettere pressione sul quarterback, che non si è dimostrata opportunista per via di un numero esiguo di turnovers recuperati, e che ha infine concesso quasi 26 punti a partita. Adattamenti del personale presente a roster a parte, la nuova 3-4 è sembrata un’involuzione.
Per contenere meglio le corse serve un altro giocatore che possa aiutare l’inside linebacker Julian Burnett a contrastare le avanzate, essendo questi stato lasciato troppo spesso solo in passato, mentre di capitale importanza si prospetta lo sviluppo del nose tackle T.J. Barnes, che non ha ancora dimostrato di poter diventare dominante come il suo fisico (6’7, 333) potrebbe permettergli di essere.
I due outside linebackers Steven Sylvester e Jeremiah Attaochu hanno provato di poter portare pressione dall’esterno (3 i sacks di Sylvester), con il redshirt freshman Quayshawn Nealy a giocarsi la parte della potenziale sorpresa, viste le premesse di uno spring game dove ha letteralmente fatto onde e dimostrato di saper difendere i passaggi. Le secondarie, che hanno perso il fiuto di Jerrad Tarrant, avranno quattro titolari nuovi che non difetteranno di esperienza, avendo Isaiah Johnson, safety, e la coppia di defensive backs formata da Rashaad Reid e Rod Sweeting già fatto parte consistente della rotazione applicata lo scorso anno.
Nonostante il record perdente del 2010 l’ottimismo è ancora parte integrante dell’atmosfera che si respira nel campus di Georgia Tech, e Paul Johnson è decisamente pronto a riscattare quella che è stata solamente la sua seconda annata perdente nei 14 anni in cui è stato head coach a livello Ncaa. Ci sono diverse domande a cui rispondere, forse troppe, ma se solo l’attacco riuscirà a ripetere i numeri fantascientifici che le corse hanno prodotto in questi ultimi anni potendo contare oramai su quattro anni di rodaggio, le cose non potranno che migliorare, ed i Jackets potranno tornare ad essere il continuo rebus che le difese avversarie hanno odiato cercare di risolvere. Il tutto, però, passa anche dall’intesa tra un nuovo regista ed un reparto ricevitori che sa di dover essere paziente perché scarsamente coinvolto in partita, e da una difesa che al secondo anno del nuovo schema non avrà più scuse.
VIRGINIA CAVALIERS
Il fatto che più salta all’occhio guardando alla seconda offseason condotta da coach Mike Londonè sicuramente l’inaspettata qualità dei ragazzi che hanno firmato il loro impegno con i Cavaliers, un segno del buonissimo lavoro svolto dal capo allenatore in confronto alle flebili aspettative immediate di squadra.
Un programma in ricostruzione, che ha visto risultati discendenti da oramai qualche anno, è riuscito ad accaparrarsi un paio di prospetti molto interessanti portandoli via a concorrenti che potevano offrire vittorie già da subito, e lo staff ha cercato un alto numero di ragazzi che potessero giocare sia in attacco che in difesa, dotati quindi di velocità di base superiore alla norma e doti atletiche di indiscutibile qualità. Anche da queste parti, vista la girandola di head coach che ha ultimamente coinvolto mezza Acc, c’è da fare i conti con un sistema collaudato da un solo anno, e prospettive che possono solamente essere superiori alle 4 vittorie ottenute in un’annata di pazienza e transizione, dove a London è stata data fiducia per poter cominciare a costruire per il futuro.
Ed a costruire si dovrà proseguire senza più l’appoggio del running back Keith Payne ed il quarterback Marc Verica, forse più importante il primo che non il secondo, con una bella schiera di alternative che combatteranno per prendere il posto di chi oggi si è laureato. Per il backfield sembra più che praticabile l’alternativa Perry Jones, un junior precedentemente utilizzato per far rifiatare Payne che ha prodotto più di 600 yards segnando una sola volta, per cui dovrà essere essenziale un migliore sviluppo del fiuto per la endzone, qualità che al predecessore non difettava affatto.
Verica non è mai stato un quarterback spettacolare ma il suo 2010 ha visto una crescita in termini di sostanza e concretezza, a prendere il suo posto sono in corsa ben quattro giocatori, tra cui i favoriti Michael Rocco e Ross Metheny, avvantaggiati dal fatto di aver potuto disputare ognuno degli spezzoni di gara. Chris Burd è con pochi dubbi il wide receiver più costante che il roster possa proporre ed arriva da un campionato con 58 palloni catturati, miglior risultato di squadra, mentre si punta moltissimo sul ruolo di tight end, tradizionalmente ricco di talento in Virginia, con Colter Philips e le sue buone mani a dare possibilità di sfogo ad un attacco impostato con criteri e concetti professionistici.
Il passaggio alla 4-3 predicata da London è stato molto duro e difficoltoso da digerire, con la conseguenza che sia la difesa contro le corse che le manchevolezze nel mettere pressione al quarterback hanno segnato negativamente le prestazioni dell’intero reparto, che ha perduto il suo miglior elemento, ossia il cornerback Ras-I Dowling. Ha sorpreso, e non poco, l’uscita anticipata per la Nfl del defensive end Zane Parr nonostante statistiche non esattamente eccellenti, ciononostante la linea potrà schierare tre giocatori all’ultimo anno che porteranno esperienza, tra i quali spiccano i 6.5 sacks del defensive end Cam Johnson, l’uomo di linea più prolifico della scorsa stagione.
Lo schieramento dei linebackers ritorna intatta da un anno fa, mentre i due cornerbacks titolari andranno sostituiti entrambi: per quest’ultimo settore si pensa che Rijo Walker e Devin Wallace possano fornire prestazioni adeguate, per dare tempo allo staff di capire se gli atleti reclutati quest’anno possano essere più adatti ad un ruolo offensivo o difensivo, il che potrebbe ad un certo punto sortire l’effetto di vedere in campo uno tra Darius Jennings e Dominique Terrell, giovani talenti in attesa di capire da quale parte della barricata schierarsi.
Virginia potrebbe possedere tutte le caratteristiche per acciuffare un Bowl minore all’ultimo momento, il calendario potrebbe permettere di giungere alla quota di 6 vittorie a patto che si evitino gli strafalcioni degli ultimi anni, ivi compresa una striscia di tre sconfitte consecutive contro Duke. I Cavaliers sono una squadra che si sta muovendo verso il futuro e che dovrebbe subire una naturale involuzione offensiva data dalla presenza di tanti nuovi giocatori, ed in contemporanea la difesa deve salire di colpi migliorando sensibilmente le statistiche. Sembra una strada lunga, ma decisamente percorribile, e London è uno a cui tendenzialmente si dà ascolto quando si gioca per lui.
DUKE BLUE DEVILS
David Cutliffeha tolto Duke dalla ridicolaggine e dalle barzellette, ha restituito dignità ad un programma di football che l’aveva ripetutamente persa per strada, ha risollevato seppur minimamente una squadra abituata a perdere, iniettando in essa una sana dose del suo imperturbabile ottimismo. Il problema dell’head coach dei Blue Devils è ora quello di far compiere ai suoi ragazi il salto di qualità successivo, in quanto dopo aver tolto di mezzo la persistente mediocrità si vorrebbe vedere anche qualcosa di più, come ad esempio quella partecipazione ad un Bowl che manca da 17 anni. Chiunque guardi alle 3 vittorie del 2010 e conosca che cosa abbia passato Duke negli ultimi 5-6 anni non avrà difficoltà a riconoscere l’enorme valore di quel ristretto numero di successi, e ciò significa che prima o poi ci si dovrà guardare attorno e capire seriamente se la squadra sia effettivamente pronta ad affrontare la competizione della Acc battendola più regolarmente.
Durante le sessioni primaverili Cutcliffe ha dedicato un ugual tempo allo sviluppo delle nuove leve nel ruolo di quarterback, fermo restando che sarà comunque il veterano Sean Renfree a partire da starter. Negli ultimi anni il reparto offensivo ha sviluppato un salto triplo in termini statistici, migliorando notevolmente le statistiche giocando un tipo di schema che preme molto sul pedale del gioco aereo, con la conseguenza di aver messo assieme tante giocate a lunga gittata e di aver segnato talvolta valanghe di punti a difese che pensavano di fare una passeggiata.
Renfree viene da una stagione sopra alle 3.000 yards ma anche di 17 intercetti contro i 14 passaggi da TD, numeri che Cutcliffe vorrebbe veder cambiare drasticamente, e per l’imminente campionato è appositamente stata sviluppata una no-huddle offense che cambierà il ritmo delle partite e che andrà mischiata a situazioni più tradizionali quando le circostanze lo richiederanno.
Un attacco collaudato ritrova ambedue i wide receivers titolari in Donovan Varner e Conner Vernon, ma per vincere si pensa serva un maggiore bilanciamento con un gioco di corse troppo assente, le cui speranze poggiano sul junior Desmond Scott e sulla novità Patrick Kurunwune, che ha fatto salivare il coaching staff durante gli allenamenti per la capacità di ottenere guadagni lunghissimi in velocità.
I fuochi d’artificio offensivi hanno estrema necessità di vedere un consono livello di prestazioni da una difesa che ha concesso tantissimo, soprattutto contro le corse, vanificando le giocate spettacolari dell’attacco. Il defensive tackle Charlie Hatcher viene da un campionato molto positivo e si fa molto affidamento sulla sua capacità di diventare un leader vocale, visto che la produzione in campo ha dimostrato di esserci, il che servirà ad una linea molto giovane e profonda, che vivrà di tanta competizione quanto di inesperienza. La scelta di non far passare un anno da redshirt al linebacker Kelby Brown è stata sicuramente azzeccata ed il ragazzo ha ricambiato diventando il miglior tackler di squadra, mentre gli altri ruoli saranno meglio definiti verso la fine degli allenamenti estivi, in quanto Cutcliffe pare stia provando una variante della 4-3 di base, la 4-2-5, che ovviamente comporta lo studio di diversi giocatori con caratteristiche versatili.
La striscia negativa di 20 sconfitte consecutive di qualche anno fa è un ricordo, e le vittorie (le 4 del 2009 sono il suo miglior risultato) ottenute da Cutcliffe sono significative per il cambiamento culturale di un campus che vive esclusivamente di basket, disciplina contro la quale combattere il divario è pressoché impossibile.
Questo non significa che non si possa puntare a qualche risultato sorprendentemente positivo, anche se Duke pare più che altro un ammasso di lavori in corso che prima o dopo dovranno fornire delle risposte ben chiare sulla direzione intrapresa. Il calendario 2011 è tutt’altro che facile (c’è pure Stanford), per cui un’involuzione non sarebbe del tutto una sorpresa.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets, L.A. Dodgers e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.