Dopo tanta attesa finalmente è ripartita la stagione NCAA. Si riparte con tanta curiosità intorno ai numerosi talenti che calcheranno i parquet dei college americani e, di conseguenza, con la certezza che avremo un’annata ancora più equilibrata ed incerta rispetto al passato, con tante squadre candidate ad un posto alle Final Four di Arlington.
La brutta notizia per noi italiani è che la stagione che dovrebbe fornire il miglior draft dal 2003, (l’anno di Lebron, Wade ed Anthony, giusto per rendere l’idea) sarà almeno inizialmente poco visibile sui nostri teleschermi, visto la mancanza di ESPN America dal palinsesto di Sky, e la presenza di una sola partita settimanale in onda su Sky Sport. La speranza è che ad inizio 2014 Fox Sports possa farci un bel regalo inserendo una canale totalmente Sport USA.
Tralasciando per ora il futuro, passiamo in rassegna quello che si è potuto ammirare in questi primi giorni di NCAA.
Allo United Center di Chicago è andato in scena il Champion Classic, che ha messo di fronte Kentucky vs. Michigan State, rispettivamente #1 e #2 della nazione, e Duke vs. Kansas, #4 contro #5. Soprattutto, chi è riuscito a vedere le due sfide, ha avuto la fortuna di vedere in azione tre giocatori: Andrew Wiggins, Jabari Parker, Julis Randle, che probabilmente verranno scelti alle prime tre posizioni nel prossimo draft e altri prospetti, tra i quali Gary Harris, possibile top 10 pick quando sarà giugno.
Allora, con ancora negli occhi le performance offerta da quelli che saranno i protagonisti di questa stagione e dei prossimi 10 anni di NBA, andiamo ad analizzare singolarmente questi quattro ragazzi, uno per squadra, che alla loro seconda partita in carriera (almeno per i primi tre freshman) hanno già fatto capire a tutti perchè sono loro i candidati alle prime tre scelte del draft.
La prima sfida ha messo di fronte Kentucky e Michigan State. Le prime due squadre della nazione. L’inizio del match è stato tutto a favore degli Spartans, che hanno forzato 4 palle perse e due errori al tiro nei primi sei possessi dei Wildcats, piazzando subito un parziale di 10-0.
A condurre Michigan State a questo parziale è stato soprattutto Gary Harris, sophomore che già l’anno scorso si aggiudicò il titolo di freshman dell’anno per la Big Ten, e che in questa stagione è atteso al definitivo salto di qualità per conquistare una scelta nella top 10 del prossimo draft.
Il nativo di Fishers, Indiana, ha iniziato la partita nel migliore dei modi; mentre l’altro protagonista di giornata, Julius Randle, stella al primo anno di Kentucky, ha cominciato sotto tono, forzando penetrazioni dove non c’era spazio e perdendo spesso il pallone, causa principale dei continui contropiedi degli Spartans.
Harris nei primi 20′ ha segnato 15 punti, tirando in sospensione, in penetrazione e guidando contropiedi conclusi spesso al ferro, e ha rubato più volte palla alle disattente guardie dei Wildcats. Michigan State è andata all’intervallo con un vantaggio di dodici punti, e solo nel secondo tempo Kentucky è riuscita a prendere il giusto ritmo per rientrare in partita.
A guidare gli uomini di coach Calipari alla rimonta, è stato proprio Randle che, dopo un pessimo primo tempo, ha messo in mostra tutte le sue capacità, affrontando con successo la frontline degli Spartans, sia a rimbalzo che in termini di punti. L’ala grande da Dallas ha chiuso la sfida con 27 punti, 13 rimbalzi e anche 8 palle perse; la maggior parte delle quali arrivate nei primi minuti di gioco.
Il meglio di se, come detto, lo ha dato al rientro dagli spogliatoi quando, con un gioco in post devastante e una presenza sotto i ferri incontrastabile, ha messo in crisi la difesa di coach Izzo, che pure nel primo tempo era riuscito a contenerlo alla grande.
Riassumendo possiamo dire di aver visto il confronto tra due giocatori diversi, sia per qualità che per prospettive.
Gary Harris è senz’altro un ottimo giocatore, destinato ad una solida carriera da professionista, dove dovrà trovare spazio non come prima punta assoluta di una squadra, ma come seconda/terza opzione; questo perché è una guardia molto completa su entrambi i lati del campo (ricorda molto OJ Mayo come tipo di giocatore) ma che, almeno al momento, non sembra poter ricoprire il ruolo di “franchise player”, anche per qualche pecca sotto il profilo di leadership. Se riuscirà a migliorare il suo ball handling e, soprattutto, la costruzione di gioco, una scelta tra le prime dieci non dovrebbe sfuggirgli, perchè anche in un draft ricco di talento come il prossimo, Harris resta una certezza per chi dovesse sceglierlo.
Julius Randle, invece, oltre ad essere un anno più giovane, sembra avere tutto per poter essere, in futuro, una delle migliori ali grandi anche in NBA. Nella metà campo offensiva possiede già un gioco in post molto solido, grazie ad una potenza fisica difficilmente arginabile ed una capacità di far canestro incredibile.
Il tiro in sospensione non è ancora affidabilissimo e sicuramente, per poter essere dominante anche in NBA, dovrà migliorarne la costanza, ma la meccanica è buona e i margini di miglioramento sono enormi. Dovrà fare i passi in avanti più evidenti nella metà campo difensiva, dove pecca di atletismo per essere un ottimo intimidatore d’area, e nella lettura di gioco, come testimoniato dalle prime fasi della partita, quando ha perso palloni in attacco che hanno permesso agli Spartans di creare il break.
Ad oggi Randle è il più accreditato rivale di Wiggins e Parker per la prima scelta assoluta, con la probabilità che, con i due coetanei citati, darà inizio ad una nuova rivalità anche quando saranno tutti stelle NBA.
Il secondo match ha invece visto il confronto tra Duke e Kansas, ma soprattutto quello tra Andrew Wiggins e Jabari Parker, numero uno e due della recruiting class e probabili prime due scelte del prossimo draft.
Quella di scena allo United Center è stata la prima sfida diretta tra i due nuovi talenti del basket; la prima di una lunga serie, visto che entrambi sono attesi da una grandissima carriera anche a livello NBA. Alla fine del match hanno trionfato i Jayhawks di Wiggins, ma i due protagonisti principali si sono, anche in questo caso, equamente divisi il palcoscenico.
Parker ha giocato un primo tempo stellare, mentre il canadese di Kansas ha giocato una partita in crescendo, conclusa alla grande dopo un inizio un po’ sottotono. La sfida è sempre stata sul filo dell’equilibrio, con le due squadre che non sono mai riuscite a mettere più di due possessi di distanza tra loro.
Duke ha cominciato meglio, trascinata appunto da Jabari Parker che, sul campo di casa (essendo lui nativo di Chicago), ha dimostrato di essere già il leader indiscusso dei Blue Devils. Nei primi venti minuti, chiusi con 19 punti, Parker ha messo in mostra tutto il suo repertorio: quattro triple su cinque tentativi, canestri in penetrazione andando sia a destra che a sinistra, un paio anche con fallo subito, oltre che rimbalzi e qualche assist.
Wiggins, invece, ha giocato un primo tempo interlocutorio, spesso lontano dalla palla, ha segnato per lo più grazie ad ottimi tagli a canestro e rimbalzi offensivi, solo in poche occasioni ha creato il tiro in isolamento e soltanto una volta è andato a segno.
Dopo l’intervallo Parker ha iniziato a ritmi più bassi e Wiggins ha avuto problemi di falli. La sfida diretta tra le due star, dopo una fase di stallo, è entrata nel vivo negli ultimi 4’. Il nativo di Chicago ha pagato forse un po’ la stanchezza, con qualche jumper di troppo sbagliato, mentre Wiggins ha iniziato ad incidere sul match, giocando più vicino al canestro.
Si è spesso piazzato in post dove, grazie alla sua combinazione di centimetri (207) e velocità, è risultato immarcabile per la difesa di Coach K; ha inoltre messo un paio di jumper, sempre dal post, che nelle movenze hanno davvero ricordato LBJ, e più di una volta è andato in contropiede, dove con il suo atletismo è devastante; come dimostra la schiacciata con fallo, il quinto di Jabari Parker, a due minuti dalla fine.
Tirando le somme di questa sfida possiamo dire che lo scontro tra le due superstar si è concluso più o meno alla pari; Parker ha mostrato qualcosa in più di Wiggins, ma quello che si è notato sono le capacità illimitate dei due giocatori.
Parker è forse più pronto, grazie ad una completezza di gioco incredibile, soprattutto per un’ala piccola di 2,07, ball handling eccellente, buone doti di passaggio e tiro eccellente. Deve migliorare sicuramente il suo gioco in post e l’atletismo, elemento necessario per essere una stella anche al piano di sopra.
Wiggins deve ancora completare la sua maturazione come giocatore, ma ha lampi di talento assolutamente incredibili. La continuità al tiro non è ancora ad un livello ottimo e anche la presenza mentale all’interno della partita non è sempre continua; ma la capacità di capire il gioco e leggere gli spazi, e la presenza a rimbalzo, sono già a livello NBA; inoltre, il controllo del corpo, soprattutto per un giocatore delle sue dimensioni, ricorda davvero LBJ e Kevin Durant.
Insomma, quello visto a Chicago è stato il primo confronto tra due ragazzi destinati a scrivere parecchie pagine nella storia del basket USA, prima a livello collegiale e poi NBA. Quelli che hanno avuto il piacere di vedere questa sfida la potranno ricordare come la prima di una lunga serie, e se questa volta la posta in palio era limitata, di sicuro in futuro ci sarà qualcosa di più importante da conquistare.
Dalla prima partita di LeBron seguo il mondo NBA, la coppia Buffa-Tranquillo mi ha fatto innamorare!
La semifinale tra Duke e UConn nel torneo NCAA 2004 invece mi ha fatto scoprire un mondo ancora più fantastico, quel college che produce passione e talento, Marzo è il mese più bello dell’anno.
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