“It’s gonna be a great matchup”. Parole, alla vigilia della finalissima, dei due coach, Pitino e Beilein.
Col senno di poi possiamo, allora, dire che le attese sono state pienamente rispettate. Molti hanno definito la sfida tra Louisville e Michigan la più bella finale di sempre.
Sappiamo, però, che è difficile confrontare partite del passato con quelle attuali, perchè sono cambiati i regolamenti, perchè i giocatori impegnati sono diversi, perchè il modo di intendere la pallacanestro nel corso degli anni è mutato. Possiamo però senza dubbio dire che la finalissima andata in scena quarantotto ore fa’ è stata la più bella degli ultimi dieci anni.
Wolverines e Cardinals hanno giocato senza paura di perdere, cercando di imporre il proprio ritmo alla partita. I giocatori più attesi non hanno tradito le aspettative e sorprese assolute sono salite alla ribalta, tra lo stupore di 74000 spettatori (record assoluto per una partita NCAA) e milioni di telespettatori. Alla fine ha vinto la squadra più forte, la più esperta, quella con più motivazioni. Hanno vinto i Cardinals di Louisville.
Che i ragazzi di Pitino fossero la squadra più forte, forse lo si sapeva anche prima dell’inizio del Torneo. Ora, con il terzo titolo della storia in bacheca (gli altri furono vinti nel 1980 e 1986) ad ammetterlo, sono anche gli sconfitti.
Trey Burke (24pt, 4r e 3ast), leader indiscusso dei Wolverines, autore di una grandissima finale e probabile top10 pick al prossimo draft, a fine partita ha ammesso la superiorità di Louisville: “Molte persone non si aspettavano che andassimo così lontano. Molte persone pensavano che non avremmo superato il secondo turno, ma abbiamo lottato e siamo arrivati fino a questo punto. Louisville però è stata la squadra migliore e alla fine ha meritato la vittoria.”
In una partita giocata sempre sui binari dell’equilibrio, a fare la differenza nei momenti finali della sfida è stata anche la maggiore esperienza dei Cardinals.
“E’ una brutta sensazione. Ci sono alcune cose che potevamo fare meglio e avrebbero potuto darci la vittoria. Ma allo stesso tempo, Louisville è una grande squadra. Non abbiamo mai visto questa rapidità da nessun’altra parte”. Le parole di coach Beilein si riferiscono alle iniziali difficoltà incontrate dai suoi ragazzi, quando i Cardinals sono passati dalla difesa a zona a quella a uomo, aumentando la pressione sulla palla.
Per quel che riguarda l’inesperienza dei Wolverines, non si possono non citare i problemi di falli avuti da McGary e Burke nei minuti finali di partita. Il centro ha speso ingenuamente il suo quarto fallo su un tiro da tre di Hancock, mentre il play ha vissuto dalla panchina il break che ha portato i Cardinals alla doppia cifra di vantaggio.
Una volta tornato in campo, con un paio di canestri e vari tiri liberi, ha provato a guidare i suoi ad una clamorosa rimonta, ma questa volta anche il “Miglior Giocatore dell’anno” si è dovuto arrendere a Hancock & Co.
A fine partita, però, il coach di Michigan ha speso anche tante belle parole per i suoi ragazzi, che hanno comunque concluso una grande stagione arrivando ad un passo dal titolo: “Io ho allenato un sacco di buone squadre nella mia carriera, e creato spogliatoi forti e uniti, ma questi ragazzi sono i migliori che io abbia mai avuto. L’unità di squadra raggiunta, i sacrifici fatti dai cinque senior che non hanno avuto molti minuti, fino a questi giovani ragazzi che hanno capito il concetto di squadra”.
Nel trovare le ragioni della vittoria di Louisville non si può non analizzare il “capitolo” riguardante le motivazioni. Forse proprio queste hanno fatto la differenza. I Cardinals, sia a livello di squadra, sia a livello di singoli, ne avevano tante, quasi troppe.
#WinForWare. Vincere per un compagno. Perchè, parole di Pitino: “Questa è una delle più unite, tenaci e cocciute squadre che io abbia mai allenato. Vanno sotto (nel punteggio) senza preoccuparsi. Pensano solo a recuperare”.
E, da uno spogliatoio come questo, nasce la voglia di vincere per un amico, un fratello come dice lo stesso Ware, che si è distrutto una gamba proprio davanti ai loro occhi.
Ware che, dopo una partita vissuta soffrendo, è dietro la panchina a festeggiare. E visibilmente emozionato si limita ad un: “Sono miei fratelli. Hanno fatto un gran lavoro. Sono orgoglioso di loro, veramente orgoglioso. È una delle più belle emozioni della mia vita, probabilmente la migliore in assoluto”. E vale più di tante parole.
Poi ci sono promesse fatte ad inizio stagione, come nel caso del coach che aveva promesso di tatuarsi in caso di vittoria. “La nostra più grande motivazione era quella di far tatuare il coach”, la battuta di Siva a fine partita.
Lo stesso Siva aveva fatto una promessa ben più importante, al padre, un po’ di anni fa. Infatti il nativo di Seattle, quando aveva 13 anni, convinse il padre a non togliersi la vita perchè lui, ancora ragazzino, aveva bisogno di una guida per raggiungere un obbiettivo: vincere il titolo NCAA. E l’altra sera, alla sua ultima partita di college in carriera, non poteva perdere. Il senior ha segnato 4pt nei primi venti minuti, 14pt nel secondo tempo, aggiungendo 6r, 5ast e 4pr. Motivazioni…
Poi, come è consuetudine nel mondo Madness dell’NCAA, ci sono quei giocatori che si elevano a stelle quando meno te lo aspetti. È il caso di Albrecht, 8 minuti d’impiego in media, segnando 1.8pt a partita. Nel primo tempo, con Burke in panchina per problemi di falli, Spike ha preso in mano la squadra, segnando 17 punti, con 4/4 da tre, in 12′.
“Ad essere onesti è come essere tornati ai tempi del liceo. Coach Beilein non ci fa giocare se abbiamo commesso due falli nel primo tempo, così sapevo di dover restare in campo fino all’intervallo, e fortunatamente ho messo vari canestri. I miei compagni mi trovavano libero, questo è tutto.” Una notte da sogno per Spike Albrecht, rovinata soltanto dalla sconfitta,.
Ma se parliamo di sorprese, la più eclatante è quella di Luke Hancock. 20 punti in semifinale contro Wichita State. In finale: 22 punti, 5/5 da tre, 7/10 ai liberi, e primo giocatore della storia a vincere il premio di “Miglior Giocatore delle Final Four” partendo dalla panchina.
Hancock è stato la ragione principale della vittoria dei Cardinals. Ha segnato quattro triple di fila prima di andare negli spogliatoi per l’intervallo, firmando un parziale di 12-4 per tenere i suoi a -1 nel primo tempo. Nel secondo tempo ha piazzato la tripla del +10 a 3′ alla fine e i due liberi della sicurezza con 24” da giocare.
“E’ incredibile. Il merito è tutto dei miei compagni. Ho semplicemente fatto quello di cui avevamo bisogno. Ho fatto quello che potevo per aiutare la squadra. Solitamente prendo il posto di Russ e Peyton quando si siedono, e mi trovo bene perchè loro sono dei grandi giocatori. Attirano molte attenzioni. Avevo spazio, ho soltanto messo qualche tiro”.
A guidare Lousiville alla vittoria, dirigendo dalla panchina una partita perfetta, è stato ovviamente coach Pitino. Il coach dei Cardinals era già nel libro nei record per le Final Four raggiunte con tre squadre diverse (unico nella storia): Kentucky, Providence e Louisville. Lunedì ha aggiunto il suo nome ad un altro record: primo allenatore a vincere il titolo NCAA con due squadre diverse.
Dopo un inizio di partita difficile, in cui i Cardinals si sono trovati subito ad inseguire, coach Pitino ha deciso di abbandonare la difesa a zona, che Burke e Hardaway Jr, da dietro l’arco, e McGary e Robinson III, recuperando rimbalzi offensivi, stavano bucando a ripetizione.
Il passaggio alla difesa ad uomo è stato fondamentale per Louisville, limitando le seconde chance di tiro e incrementando le palle rubate e, quindi, i punti in contropiede. Questi adeguamenti tattici hanno permesso ai Cardinals, inizialmente, di recuperare lo svantaggio accumulato nei primi 10′, e nel secondo tempo di condurre la gara fino alla vittoria finale.
Questo titolo per Pitino è sicuramente il più sofferto e importante della sua carriera. A Kentucky vinse avendo a disposizione una squadra piena di talento, con tanti giocatori che poi sbarcarono in NBA.
Il roster attuale di Louisville non è così ricco di talento: Dieng sembra l’unico candidato ad una scelta al primo giro del draft, Russ Smith potrebbe essere scelto al secondo, ma le possibilità di una gran carriera in NBA sono piuttosto basse, mentre per Siva si apriranno probabilmente le porte di qualche squadra europea.
La testimonianza che questo sia stato veramente un gran successo e, probabilmente, il titolo più bello e soddisfacente, è la reazione dello stesso coach e della sua famiglia.
Il figlio Richard, nuovo allenatore di Minnesota Golden Gohpers, ha detto: “Sono sicuro di non aver mai visto mio padre così contento” mentre il coach a fine partita è riuscito a stento a contenere le lacrime, dichiarando: “Questi tredici ragazzi sono i più tenaci che io abbia mai allenato, sono sorpreso di come abbiano raggiunto ogni traguardo che ci siamo posti”.
Per Rick Pitino si chiude così una settimana che non dimenticherà mai, forse la più bella della sua vita: il raggiungimento delle Final Four, la notizia che sarà inserito nella Hall of Fame, il suo cavallo che parteciperà al Kentucky Derby e la vittoria del suo secondo titolo in carriera.
Giustamente Hancock ha fatto notare: “Il coach, visti gli ultimi successi raggiunti, dovrebbe pensare di giocare alla lotteria, non che abbia bisogno di soldi, però…”
Dalla prima partita di LeBron seguo il mondo NBA, la coppia Buffa-Tranquillo mi ha fatto innamorare!
La semifinale tra Duke e UConn nel torneo NCAA 2004 invece mi ha fatto scoprire un mondo ancora più fantastico, quel college che produce passione e talento, Marzo è il mese più bello dell’anno.
@Rgalians su Twitter
Pitino (ahimé) non è l’unico ad aver portato 3 università alle final four: l’altro è Calipari con UMass, Memphis e Kentucky.