#4 MICHIGAN WOLVERINES – #3 FLORIDA GATORS 79-59
Sono qui per raccontare una storia, una come tante. Prima che aleggiasse quella stomachevole sensazione che vi fosse qualcosa di terribilmente ingiusto nel mondo. Lo spirito non ancora appesantito dallo scherzo dei malvagi Dei del basket, tirato a Kevin Ware dopo nemmeno 7 minuti di gioco. Ancora più sbiadito nel tempo il ricordo di quei Fab 5, gli scanzonati talenti di inizio anni ’90.
Questa stagione di Michigan forse non meriterà un documentario spettacoloso di ESPN, forse non cambierà il modo di concepire il basket collegiale nella mente degli appassionati. Sicuramente quando si parlerà di quella notte del 2013 alle porte dell’April Fools Day non sarà la prima cosa che ci verrà in mente, e desidereremmo che Coach Pitino in lacrime sia stato solo un brutto scherzo.
Il basket ha il pregio, unico tra gli sport maggiori, di riuscire a unire le persone prima degli atleti nei momenti di difficoltà. Non sono un sociologo e non saprei motivarvi questa affermazione. E’ come una percezione intuitiva. Chissà, forse è per il legame profondo che ha con la cultura afroamericana di strada. O perché storicamente si pone come sport “povero”, l’unico che un figlio di blue collar di periferia si possa permettere. Perché con il basket la gente è riuscita a parlare, a salvare la vita di ragazzi disagiati, a cambiare piccole storie di individui come grandi eventi dell’umanità.
Sono uscite dalla stessa penna le parole che permettono l’incontro ad Indianapolis dei Cardinals e dei Wolverines.
I primi ci hanno dimostrato cosa voglia dire giocare per una ragione. Se volete hanno pure specificato, sottolineandolo marcatamente, quale sia l’importanza di una cooperativa di persone prima che di un ammasso di atleti, guidati da uno splendido Coach.
I secondi be’, è più complicato. Tuttavia si può partire da un elemento che riesce ad aprire e chiudere il cerchio con la perfezione di Giotto.
Signori, Nik Staukas.
Se vedi uno così (e con un frame fisico del genere te lo aspetteresti al campetto dietro casa) pensi a una sola cosa, come se l’avesse stampata in faccia. He’s a shooter. Non per una particolare ragione, semplicemente perché non può essere nient’altro. Uno specialista magnifico, tuttavia. 6 su 6 dalla linea da 3, record per triple senza un errore per l’università della BIG10 nella storia del torneo. L’impressione avuta dal sottoscritto è che potesse mettere qualsiasi cosa e non solo. L’impatto emotivo di questo ragazzo (22 punti alla fine) è stato ancora più devastante. I compagni vedono gonfiarsi la retina, sempre e sentono l’onnipotenza nelle vene. Vi giuro, sul finale fossi entrato in campo pure io ne avrei messa una con l’hype che avvertivano quelli in maglia gialla.
Entravano in campo con la migliore efficienza offensiva della nazione. Si è visto. Il fatto è che gli altri avevano la seconda migliore difensivamente. Ci saremmo aspettati che vincesse la migliore difesa, classico di un torneo in cui il braccino trema. Nulla di tutto ciò. La full court press ha portato a risultati modesti (11 le palle perse avversarie) ma è stata la serata nulla del centrone tiratore dei Gators, Eric Murphy. Orripilante 0-11, mai in ritmo e la serata di Wilbekin non è riuscita certo a colmare il differenziale di punti.
La chiave per comprendere la partita è stata una, un filo rosso dall’inizio alla fine. Il livello di intensità. Dal 13-0 iniziale Michigan non ha dato modo di dare i natali alle speranze di Florida. Frazier dalla panchina non ha dato lo spark che ci si attendeva, Rosario non è sempre in serata di grazia e Billy Donovan esce per la terza volta consecutiva alle Elite 8.
La giocata significativa che racchiude in una noce la partita è stata la rimessa rubata da Spike Albrecht. Yeguete passa con noncuranza e il play di riserva dei Wolves intercetta e con un layup jordanesco la mette dentro. Sai che quando accadono queste genere di cose difficilmente te la porti a casa. In più concedono transizioni semplici, appoggi facile. Non la solita asfissia operata dai campioni della SEC.
La stella, Trey Burke fresco di All-American First Team tira male (5-16) ma condisce con 8 rimbalzi, 7 assist e 3 rubate. L’oramai certezza McGary chiude un’altra solida prestazione da 13 e 9 mentre con le sue mani di fata operaia di acciaieria mette a tabellino 5 rubate. Funziona tutto, persino Horford e Morgan portano i loro due mattoncini per tenere lontane le velleità di rimonta dei Gators.
Partita perfetta, quindi, mai seriamente in bilico. Riconosciamo la squadra che fino a Gennaio meravigliò mezza America. Ci siamo, Coach Beilein ha compiuto una sorta di miracolo Marziale. Stupito, non si aspettava i suoi così avanti.
Certo, nell’eventuale partita padri contro figli questi se ne tornano ad Ann Arbor con la coda tra le gambe.. ma contro Boeheim e i suoi Orange sarà una delle sfide tra seed #4 più belle di sempre.
PS: Ware è stato operato ed è andato tutto bene. A nome mio e credo di tutta la redazione di Playitusa un #GetWellKevin
Twitter: @Pone92
Studente cesenate, adepto del gioco da campetto. Ho scoperto il basket tardi e non ho rimediato all’autolesionismo innamorandomi a prima vista di Brandon Roy e dei Blazers. Credo nel Rasheedesmo come unica religione e in Buffa come maestro di vita. Passione sfrenata per la March Madness, che mi toglie ore di sonno e di vita ma mi dona l’essenza vera di questo sport. Izzoboy per fulminazione.