gtown575Tutti pazzi per il torneo Ncaa? Non tutti. C’è anche qualcuno per cui il torneo è stato un mezzo incubo.

Parliamo ovviamente delle squadre eliminate nei primi turni, così presto da far parlare di “delusione” o di “stagione fallimentare”. Tre in particolare, su tutte, hanno lasciato a bocca asciutta i propri tifosi: Georgetown, Gonzaga e UCLA.

Lo schiaffo più forte, nel mix tra aspettative e avversario, l’hanno ricevuto gli Hoyas che però hanno prospettive rosee e potrebbero riprendersi in fretta dalla delusione. UCLA aveva l’alibi dell’assenza di Jordan Adams e guarda con incertezza alla prossima stagione, soprattutto dopo il licenziamento di coach Ben Howland mentre sulla carta Gonzaga è quella che, in prospettiva, potrebbe uscirne peggio. Vediamo perché.

GEORGETOWN: MALEDETTO TORNEO

Coach John Thompson III è ritenuto all’unanimità un allenatore di livello. A parte che ha il padre, il mitico John Thompson (l’originale), sempre presente alle partite (e figuriamoci se non dà qualche consiglio).

Ma in generale Georgetown gioca da anni un buon basket, che si basa principalmente sulla difesa molto aggressiva, che spesso è una caratteristica dei college della Big East. Il problema è il torneo Ncaa.

Anche quest’anno gli Hoyas sono stati sconfitti, addirittura al primo turno, dalla squadra-rivelazione del torneo, Florida Gulf Coast. Sorpresa? Sì, ma fino a un certo punto.

Georgetown nelle ultime cinque apparizioni al torneo è sempre stata eliminata e sempre da una testa di serie superiore alla n. 10. Il che significa che Thompson dovrà trovare una cura per i match decisivi.

C’è da dire che gli Hoyas almeno possono guardare con ottimismo al futuro. Certo, se ne andrà Otto Porter Jr e sarà una perdita notevole, ma sarà l’unico a partire. E nel frattempo è probabile che Georgetown recuperi Greg Whittington che era stato dichiarato inelegibile mentre stava disputando una buona stagione.

Dal reclutamento arriverà poi Reggie Cameron che, almeno nelle intenzioni di coach Thompson, dovrebbe essere il “clone” di Otto Porter, cioè una combo-forward con grandi capacità di passaggio e un tiro mortifero.

L’ossatura della squadra (Markel Starks, Jabril Trawick e Nate Lubick) rimarrà quella di quest’anno. E D’Vauntes Smith-Rivera, uno dei freshman con il migliore impatto quest’anno, avrà un anno di esperienza in più e continuerà a entrare dalla panchina per portare subito energia.

CHI HA ASSEGNATO LA NUMERO 1 A GONZAGA?

La si può rigirare come si vuole, ma essere la testa di serie numero 1 di un regional vuol dire che chi gioca contro di te dà il massimo. In questo contesto Gonzaga era nella peggiore posizione possibile, una numero 1 che non incuteva timore.

L’eliminazione al terzo turno ha generato il più clamoroso dei “noi l’avevamo detto” in tutti gli Stati Uniti. Anche noi, nei nostri pronostici, modestamente, avevamo dato per spacciati i Bulldogs.

Già al secondo turno le mani degli Zags erano sembrate tremanti. Non tanto quelle della star Kelly Olynyk, ma proprio quelle che erano state pronosticate, cioè quelle del gruppo di guardie Mike Hart, Gary Bell Jr, Kevin Pangos e David Stockton. Olynyk il suo contributo l’ha portato e forse gli si può imputare una percentuale di tiro non brillante nei momenti decisivi del match contro Wichita State.

Ma è stato proprio l’atteggiamento nel complesso dei Bulldogs a essere eloquente, perché erano impauriti. E’ accaduto quello che tutti temevano: non erano pronti a gestire i palloni pesanti.

Il guaio è che nel futuro a breve termine di Gonzaga non si vede la possibilità di ricreare un gruppo forte come quello della stagione appena conclusa. Se davvero come molti credono Olynyk si dichiarerà al prossimo draft, considerando anche le partenze di Hart, di Landry Edi e soprattutto del lungo Elias Harris, gli Zags dovranno ricominciare quasi da capo. Anche perché molti tiri sul perimetro di Pangos derivavano dall’abilità della coppia di lunghi di attirare raddoppi e poi scaricare.

​Gonzaga ha reclutato il centrone di 2,13 Ryan Edwards (che andrà testato a livello di college) e l’ala forte Luke Meikle, che in teoria grazie alle sue capacità nel tiro da fuori dovrebbe garantire le potenzialità offensive che si creavano con Olynyk.

La sensazione però è che si tratti di un buon giocatore, ma non al livello del canadese. Le chiavi della squadra, partendo Hart, saranno nelle mani di Stockton, il che aggiunge qualche perplessità al quadro.

UCLA NELLA TERRA DI NESSUNO

Delle tre squadre-delusione di cui parliamo, i Bruins sono quelli che hanno patito la sconfitta meno cocente. Qualche alibi ce l’hanno. In primis giocavano senza Jordan Adams, che già era stato decisivo in più di un’occasione durante la stagione e che prima dell’infortuno stava salendo ulteriormente di colpi. Non solo. Senza Adams, i Bruins non sono riusciti a vincere il torneo della Pac-12 e il risultato è che UCLA al primo turno ha incontrato Minnesota, una squadra che quando è in giornata può battere chiunque.

Ironia della sorte, dopo la sconfitta dei Bruins contro i Gophers è stato licenziato il coach di UCLA Ben Howland, mentre al turno successivo la sconfitta di Minnesota contro Florida è costata la panchina a coach Tubby Smith.

Adesso UCLA è in mezzo al guado e i tifosi losangelini non sono troppo entusiasti. Dopo tanti nomi circolati (compresi Mike Brown e Kareem Abdul Jabbar) l’università ha scelto di affidare la squadra a Steve Halford, coach di New Mexico che quest’anno ha vinto il torneo della Mountain West Conference e portato i Lobos al torneo Ncaa (anche se è stato eliminato molto presto da Harvard). Alford ha fatto un grande lavoro a New Mexico portando il programma a essere uno dei più vincenti della MWC, ma ora passa in uno dei college più complessi d’America, per le grandi attese e l’esposizione mediatica che comporta.

La prima gatta da pelare per Alford riguarderà i giocatori, quelli reclutati da Howland e quelli del roster. Già UCLA l’anno prossimo non avrà Larry Drew II e Shabazz Muhammad. Almeno la parte restante dell’organico dovrebbe essere preservata. In teoria il play dovrebbe essere Norman Powell, che però non sembra dotato della classe per guidare i Bruins. Sotto canestro giocheranno probabilmente i gemelli Wear. E Kyle Anderson? Con Howland sarebbe rimasto, ma con Alford? Probabile di sì, ma il dubbio c’è. Stesso discorso per Adams, molto legato al vice di Howland, Korey McCray (resterà?).

Senza contare Tony Parker, che era atteso quest’anno come uno dei più forti centri della nazione e che invece non ha praticamente mai visto il campo e aveva già fatto capire che non gli sarebbe dispiaciuto cambiare programma.

Se è incerto il futuro dei giocatori attualmente a roster, lo è ancora di più quello dei nuovi reclutati. Tenendo conto che già UCLA non è messa benissimo, dopo un 2012 nel quale era stata fra le università più prolifiche nel “catturare” le nuove leve.

Per l’anno prossimo sono già stati firmati la point guard Zach LaVine che di sicuro ha molto talento, ma non era continuo nemmeno a livello liceale, la guardia Allerik Freeman che fisicamente è di primo livello ma che deve ancora affinare il bagaglio tecnico e infine l’ala piccola Noah Allen, oggetto misterioso del mercato. LaVine e Allen è difficile che chiedano di scindere il legame con UCLA, ma su Freeman (che viene dal North Carolina) molti nutrono dubbi. Il lavoro di Alford partirà da qui.

Da www.ncaabasket.net (Twitter: @NcaaBasketNet)

 

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