È una delle storie dell’anno nel college basket: per la prima volta nella storia dell’università, Gonzaga è la numero uno del ranking.
Come è potuto accadere che una squadra senza sangue blu arrivasse al top della Ncaa? Un mix di fattori: un gruppo coeso, un attacco ben bilanciato, un pizzico di fortuna (che non guasta mai) e infine… Kelly Olynyk.
Gonzaga è diventata n. 1 del ranking forte di un record di 29-2 in stagione e di 16-0 nella West Coast Standings. Tradotto, solo due squadre sono riuscite a batterla quest’anno e l’ultima (Butler) ci è riuscita il 19 gennaio. Una partita peraltro che Gonzaga aveva ormai già vinto, se non fosse che David Stockton (figlio di John, il leggendario play degli Utah Jazz) ha pensato bene di regalare la rimessa direttamente agli avversari che hanno poi segnato il tiro della vittoria.
Il vero punto di forza di Gonzaga è il collettivo e infatti rispetto a molte altre grandi squadre utilizzano molto la panchina. Ben 10 giocatori del roster stanno in campo mediamente almeno 10 minuti (per fare un paragone Duke ne ha 8, Indiana 7). In parte la statistica è “falsata” dalla Conference di appartenenza dei Bulldogs, che essendo particolarmente abbordabile garantisce minutaggi ampi a tutta la panchina.
Ma le ampie rotazioni sono una caratteristica di coach Mark Few e in ogni caso Gonzaga ha avuto protagonisti diversi nel corso della stagione e non ha un punto di riferimento fisso in attacco.
Come abbiamo detto si tratta di una squadra completa ed equilibrata, ma se c’è un reparto che spicca è quello dei lunghi formato dal junior Kelly Olynyk (su cui approfondiremo dopo) e dal senior Elias Harris, che non a caso sono i migliori marcatori del roster.
Il play titolare è Mike Hart, uomo chiave dello spogliatoio (anche lui un senior) e capace di incidere sulle partite con tutte quelle piccole cose che non finiscono a referto. Il cambio di Hart è il già citato David Stockton, che divide equamente i minuti con il compagno di reparto ed è chiamato a fare in piccolo quello che faceva suo padre (anche lui un Bulldog in gioventù), cioè mettere ordine, portare fosforo in attacco e possibilmente infilare qualche tripla, anche se la mano del figlio non assomiglia molto a quella del padre (28% da 3).
Per i punti sul perimetro non si bussa né alla porta di Hart né a quella di Stockton, ma si va da Kevin Pangos e Gary Bell Jr. due guardie sophomore sotto 190 cm specializzate nel tiro da tre (rispettivamente 42% e 38%) e in generale incaricate di movimentare il gioco nel reparto dietro. Dalla panchina entrano poi Sam Dower e Przemek Karnowski (rinforzi sotto canestro) e Guy Landry Edi, un tuttofare (sostanzialmente un’ala piccola) che Few schiera ogni tanto in quintetto.
I punti di forza sono questi: Gonzaga ha una squadra compatta, composta da giocatori mediamente esperti e soprattutto ben assortiti. I ruoli sono definiti: i play organizzano, le guardie tirano e i lunghi lavorano sotto canestro.
E poi c’è Olynyk, di cui è arrivato il momento di parlare. Sì perché potremmo discutere di tattica, schemi e percentuali fino allo sfinimento, ma la sostanza non cambierebbe: se i Bulldogs sono la n. 1 del ranking il motivo è lui.
E diciamo un’altra verità scontata: Olynyk l’avevano sottovalutato tutti. Non era nei radar di nessuna grande squadra e nemmeno delle mid-major. E siccome nella sua stagione da junior (il suo quarto anno effettivo perché l’anno scorso non ha giocato a causa di un infortunio) viaggia a 17,7 punti di media con 7 rimbalzi, quasi 2 assist, il 66% dal campo e il 37% da 3 punti ed è un serissimo candidato al titolo di “Player of the year”, qualcuno ha sbagliato qualcosa.
La risposta è che sì, chiaramente gli scout dei grandi college sul caso Olynyk hanno toppato alla grande, ma in parte è comprensibile. Perché nemmeno il lungo di 213 cm poteva immaginare che sarebbe diventato così forte. In realtà non pensava nemmeno che avrebbe giocato da lungo. Ma come? Alto 2,13 in che ruolo poteva giocare? Ecco, questa è la storia particolare di Olynyk, ed il motivo per cui è arrivato quasi di nascosto al college.
Il giocatore canadese, anche se il suo nome proietta nell’est Europa, quando era all’high school ha giocato da guardia fino al suo anno da junior, perché era alto 1,88. La crescita è stata improvvisa e inaspettata, tanto che l’ultimo anno di liceo già giocava da centro. Era passato da circa 1,88 a 2,13 in poco più di un anno. Un cambiamento che ovviamente ha avuto un impatto devastante sui suoi movimenti.
In pratica il centro col capello lungo che ricorda Luis Scola ha avuto bisogno di parecchio tempo per abituarsi alle nuove dimensioni e al nuovo ruolo. Quello che ne è venuto fuori è un giocatore unico nel suo genere: lunghi che sanno tirare da fuori ce ne sono tanti, ma Olynyk non è come loro, è sostanzialmente una guardia di 213 cm, cosa che fa tutta la differenza del mondo, nelle sue scelte prima ancora che nel modo in cui tira da lontano (o dalla lunetta, dove arriva quasi all’80%).
Adesso che ha lavorato sui suoi movimenti in post basso è un rebus per qualsiasi difesa, e non a caso nessun Bulldog nella storia del college aveva messo in fila due partite sopra i 30 punti (all’inizio di gennaio 33 contro Santa Clara seguiti da 31 contro St Mary’s).
Quindi Gonzaga favorita per la vittoria del torneo? No e anzi i Bulldogs potrebbero essere a rischio di non raggiungere nemmeno le Final Four.
I motivi dello scetticismo sono molteplici. Il primo è che dal punto di vista statistico, nel complicato calcolo che valuta numericamente la “forza” di una squadra (RPI), Gonzaga non sarebbe nemmeno da prime 10 del ranking. I risultati della squadra, pur impressionanti, sono drogati dal fatto che sono stati ottenuti contro avversarie spesso poco competitive. E messa così è quasi riduttiva.
L’unica vittoria “di peso” ottenuta fuori casa è arrivata in dicembre contro Oklahoma State grazie a una tripla a 37 secondi dalla fine di Gary Bell Jr e con Marcus Smart che ha fatto 0-2 dalla lunetta nell’azione successiva. E quella Oklahoma State non era certo la squadra in forma di queste ultime settimane.
Gonzaga ha vinto bene contro Kansas State, Clemson e West Virginia ma nel 2012 e comunque Clemson e WV non sono squadre imbattibili. Per il resto quando hanno incontrato squadre del ranking hanno sempre perso, in casa contro Illinois e fuori casa contro Butler, partita della quale abbiamo già parlato.
Poi tanti incontri poco significativi e partite virtualmente concluse già dopo 20 minuti. In pratica non sono abituati a lottare, come accade alle squadre delle conference più quotate. In più il reparto dei piccoli potrebbe soffrire nel caso di grande pressione sulla palla (come è successo contro Illinois) e a sua volta non è in grado di mettere troppo in difficoltà le guardie avversarie.
Altro punto, non lavorano a rimbalzo di squadra e tolti Olynyk-Ellis gli altri componenti del gruppo non sono grandi rimbalzisti. Infine manca a roster il giocatore da penetrazione e scarico o da step-back.
Non c’è nell’organico un Trey Burke, un Otto Porter Jr o un Shane Larkin, insomma un go-to-guy capace di risolvere il match con una giocata da campione. E questo, considerando che al torneo si disoutano partite contro avversarie sempre più forti, potrebbe essere un serio problema. A meno che Olynyk non decida di elevare ancora di più il suo rendimento e così balzare direttamente tra le prime 20 chiamate del prossimo draft Nba.
Da www.ncaabasket.net (Twitter: @NcaaBasketNet)
Giornalista di www.basketballncaa.com