BUTLER BULLDOGS

E’ il secondo anno consecutivo che arrivano alle Final Four ed è il secondo anno consecutivo che ci arrivano battendo la #1 e la #2 della loro parte di tabellone. Siamo sicuri che la denominazione di Cenerentola sia ancora adatta a questi Bulldogs?

La squadra del giovane coach Brad Stevens si ritrova, a 12 mesi di distanza, nell’atto finale del campionato universitario americano con una seed più bassa rispetto allo scorso anno ma con aspettative maggiori.

Il motivo? Probabilmente perché di fronte si ritrova la vera sorpresa dell’anno, ma la verità è che oramai esperti, addetti ai lavori ed appassionati hanno capito il vero valore di Butler.

Una squadra che sa come giocare le partite che contano rimanendo sempre sotto traccia per 35 minuti per poi scoccare l’attacco definitivo nei restanti 5. Una strategia che finora ha dato solo buoni frutti, lo confermano i risultati nella March Madness ma anche i tornei della Horizon, strappato anche quest’anno nonostante una regular season non eccelsa e ripresa (guardacaso) per i capelli nelle ultime partite.

Ma è proprio questa la filosofia inculcata da Stevens nei suoi ragazzi. Non disponendo di grandissimi recruit e quindi di stelle di prima grandezza, il coach 34enne è riuscito a formare un gruppo molto unito e competitivo, dove ognuno porta il mattoncino alla causa Butler assumendosi quella responsabilità che porta anche i giocatori più limitati tecnicamente ad essere un tassello fondamentale per la vittoria.

Cosa è cambiato rispetto allo scorso anno?
Difensivamente niente, perché i Bulldogs mantengono la grande capacità di essere più che aggressivi sul pallone, disponendo di uno dei migliori difensori sugli esterni di tutto il panorama collegiale, Ronald Nored, capace di annullare qualsiasi attaccanet sin dal momento della ricezione grazie a piedi veloci, intelligenza cestistica, tecnica e tenacia. Ma non è il solo, perché tutto il reparto esterni dei Bulldogs è molto preparato da quel punto di vista, compreso Shelvin Mack, prima opzione offensiva della squadra.

In attacco invece la squadra si è dovuta reinventare a causa della partenza del vero e proprio fulcro offensivo, quel Gordon Hayward approdato in Nba proprio grazie al grande Torneo disputato. Stevens ha fatto un grandissimo lavoro su Matt Howard, il lungo con il fisico da ragioniere ma con la tecnica e l’etica di un giocatore Pro, portandolo ad un gioco più esterno in modo da sfruttare a pieno il suo grande senso tattico soprattutto contro la zona; ha poi affinato la circolazione della palla e i movimenti negli spazi dei suoi buonissimi tiratori e soprattutto li ha fatti diventare molto pazienti sulla ricerca del tiro giusto

Altra cosa da sottolineare sono i vari intangibles che vengono portati dalla panchina, anche questa altra caratteristica fondamentale nel gioco di Brad Stevens. Vanzant è un colante importantissimo, Stigall e Zahn sono grandi tiratori da non sottovalutare mai ed anche il sopho Smith sotto canestro aggiunge gioco duro e rimbalzi. Ma attenzione soprattutto al freshman Khyle Marshall e alla sua energia che per tutto l’anno sono stati il vero fattore di questo nuovo successo targato Bulldogs. Per informazioni basta chiedere a Florida ed ai 7 rimbalzi offensivi presi dal ragazzo proveniente proprio dallo stato degli alligatori.

C’è però una grossa pecca in tutta questa organizzazione maniacale, ovvero la difesa all’interno dell’area. Si è visto nelle partite contro Old Dominion e contro Florida, dove Frank Hassell e Vernon Macklin hanno fatto il vuoto nei pressi del canestro, a causa dell’inconsistenza fisica di Andrew Smith e dell’impossibilità di impiegare Matt Howard su questo tipo di giocatore per non portarlo a spendere falli inutili che rischiano di compromettere il minutaggio di un elemento così importante.
In queste partite però Stevens ha trovato sempre il modo per sopperire anche a questa lacuna. D’altronde non sarebbe uno degli allenatori più corteggiati di tutta America se non riuscisse a trovare gli accorgimenti…

VIRGINIA COMMONWEALTH RAMS

La vera squadra rivelazione di questa March Madness non poteva che essere Virginia Commonwealth, non solo perchè è riuscita ad approdare ad Houston nonostante la seed #11 ed una partita in più rispetto agli altri (VCU ha giocato anche il “First Round” contro USC), ma anche perchè ha giocato tutte le partite imponendo il proprio gioco a chiunque. Compresa Kansas, che per la prima volta nella stagione ha trovato un’avversaria capace di limitare al massimo il gioco alto-basso dei fratelli Morris.

La forza di VCU infatti è tutta in panchina, con il giovane (33 anni) coach Shaka Smart, ex-assistenete di Billy Donovan sulla panchina di Florida, che ha colto pienamente la più grande occasione capitatagli tra le mani, ovvero il Torneo Ncaa.
Oltre alle avversarie sul campo, VCU si è dovuta difendere anche dalle voci che non la volevano all’interno della March Madness e che ritenevano immeritata tale presenza.

I Rams non si sono certi persi d’animo e grazie ad una grande preparazione tattica da parte appunto di Smart, i gialloneri di Richmond si sono rimboccati le maniche e partita dopo partita hanno fatto ricredere anche i più scettici.

Il motivo è semplice: il loro basket è divertente, sia per loro che per chi lo guarda, coinvolgente, studiato e soprattutto a misura dei giocatori che compongono il roster e della squadra che devono affrontare.
Joey Rodriguez è l’emblema di questa squadra, un piccolo play di origini ispaniche che non ha paura e non si ferma davanti a niente. Probabilmente sarà uno dei giocatori più rispettati di questa due giorni vista la capacità di creare dal palleggio, di arrivare fino al ferro e di tirare qualora trovi un minimo di spazio.
Jamie Skeen di conseguenza è il braccio armato perfetto per completare questo duo, ovvero un giocatore che può sfruttare la doppia dimensione interna-esterna per colpire ogni tipo di difesa.

Attenzione anche al lato difensivo, perchè i Rams sono tutt’altro che da sottovalutare.
La zona press 2-2-1 tutto campo è ai limiti dell’infernale e solo se si ha playmaker capaci di tenere il pallino del gioco è possibile sopportare una pressione del genere. Ed è proprio su questo che Smart punterà Butler, visto che non dispone di grossi trattatori di palla.
Insomma, una squadra che sembrava potesse avere il punto più alto della storia nel primo turno del Torneo del 2007, buttando fuori la ben più quotata Duke, ora si ritrova giocare le proprie chance per alzare al cielo il premio più ambito.

Chissà che la favola stavolta non abbia nuovamente un lieto fine.

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