Si è dovuto attendere fino alle Sweet Sixteen, ma alla fine anche nell’East Regional è arrivato quell’upset che fa tanto Torneo NCAA.
Un’altra numero uno saluta quindi la compagnia: Ohio State ha perso (62-60), all’ultimo secondo e al termine di una gara molto intensa, contro Kentucky, la numero quattro del seed.
I Buckeyes devono quindi fare i conti, ancora una volta, con la durezza della March Madness: a niente valgono le vittorie ottenute nel corso della stagione (34-3 il record fino a ieri sera); a nulla valgono le due precedenti gare nel torneo, dominate dai ragazzi di coach Matta.
Perché, alla fine, ci si ritrova alle Sweet Sixteen contro una squadra di talento (la migliore che abbiano incontrato nel corso della stagione, secondo le parole del loro coach) che ha meno da perdere e che riesce ad entrarti sotto pelle.
I Wildcats, infatti, sono riusciti a rallentare il gioco dei loro avversari, ed hanno vinto la gara in difesa, costringendo i Buckeyes a tirare solamente con il 32% dal campo, lavorando benissimo sui tiratori avversari, come dimostra il fatto che Ohio State ha segnato solo sei canestri da oltre l’arco, contro i ventotto che aveva messo a segno nelle prime due partite giocate.
“Abbiamo cercato di rendere tutto difficile per loro. Parlavamo tutti, li marcavamo in ogni penetrazione e contestavamo tutti i loro tiri”, ha detto a fine gara Doron Lamb.
Niente male per una squadra costantemente comparata con quella dello scorso anno, guidata da John Wall e DeMarcus Cousins e che, a un certo punto della stagione, si era trovata in seria difficoltà, perdendo ben sei partite consecutive con uno scarto inferiore ai cinque punti. Sono però riusciti a salire di colpi quando più conta, e sono imbattuti dal ventitre febbraio.
A conquistare i titoli dei giornali sarà anche il secondo tiro vincente realizzato da Brandon Knight, che si sta costruendo una notevole reputazione da clutch scorer: anche ieri sere ha segnato, a cinque secondi dalla fine, il tiro che ha dato alla sua squadra la vittoria finale.
Dopo il tiro di Jon Diebler, che aveva impattato la gara a quota sessanta con ventuno secondi sul cronometro, i Wildcats avevano le idee molto chiare su che cosa convenisse fare, come dice Darius Miller: “Sapevamo che cosa volevamo fare: mettere la palla nelle mani di Brandon. L’ha già fatto n passato, noi ci fidiamo di lui, e ha segnato di nuovo”.
Ma Kentucky non avrebbe ottenuto la vittoria senza i suoi veterani, per quanto si possano definire tali dei ragazzi che hanno al massimo ventidue anni. Decisivi sono stati, infatti, Josh Harrelson e DeAndre Liggins: il primo ha segnato 17 punti e catturato 10 rimbalzi, nonostante se la dovesse vedere, sui due lati del campo, con Sullinger; il secondo ha segnato quindici punti (quasi il doppio della sua media stagionale, 8.5) e dato il suo solito contributo difensivo.
La grande partita di ieri sera è, per questi due giocatori, una sorta di culminazione di una stagione dove hanno fatto sentire il loro contributo, facendo valere la loro esperienza in una squadra molto giovane, come sottolinea anche coach Calipari: “I nostri veterani non sono stati importanti l’anno scorso, ma hanno il controllo di questa squadra. E’ per questo motivo che siamo ancora qui a giocare, per merito loro”.
Ohio State se ne torna quindi a casa, con la consapevolezza di aver buttato via un’occasione importante per riscattare la sconfitta dello scorso anno, avvenuta proprio nello stesso turno, contro Tennessee. A parziale consolazione sono arrivate anche le dichiarazioni a fine gara del freshman Jared Sullinger (anche ieri sera ha chiuso con cifre notevoli, 21 punti e 16 rimbalzi), che ha dichiarato che non entrerà nel draft NBA, ma tornerà per un’altra stagione in Ohio.
Per riprovarci, il prossimo anno.
Molto diversa è invece stata l’altra partita delle Sweet Sixteen per quanto riguarda l’East Regional: la gara tra North Carolina e Marquette, infatti, è durata poco meno di venti minuti, vale a dire fino a quando i Tar Heels hanno preso il volo, mentre invece Marquette affondava sempre di più nei propri errori.
Perfette, per descrivere l’andamento della gara, sono le parole di coach Roy Williams: “Ho guardato il tabellone ed eravamo 10-8 per loro; quando l’ho riguardato è stato uscendo per l’intervallo, ed eravamo 40-15. So che stavamo più che bene”.
Coach Williams è decisamente modesto: i suoi hanno preso il controllo della gara quasi dall’inizio, lasciando poco spazio a Marquette.
La domanda che sorge spontanea è, però, quanto una partita di questo tipo sia solamente merito di North Carolina o anche demerito di Marquette. Per quanto è vero che i Tar Heels si sono presentati molto pronti ed hanno difeso alla grande, i Golden Eagles si sono arresi troppo facilmente, in particolare per un palcoscenico così improntate.
Ancora più rilevante è la vittoria se si pensa a come essa è stata conquistata, vale a dire con una prestazione difensiva di qualità superiore, decisamente una scelta particolare per una squadra come UNC che, invece, è conosciuta per il suo gioco in velocità.
E’, infatti, nel contesto di questo ragionamento che devono essere lette anche le statistiche difensive, che sono comunque impressionanti: solo una volta, nelle centoquarantaquattro partite giocate da North Carolina nel Torneo, i Tar Heels hanno concesso meno dei quindici punti realizzati da Marquette nel primo tempo. Per quanto riguarda,invece, la misera percentuale dal campo di Marquette (20 % con 6/30 dal campo), rappresenta la seconda più bassa nella storia del torneo NCAA.
Marquette chiude la stagione con una prestazione molto negativa, nella quale è andato tutto storto. Nessuno, nella squadra riesce a spiegarsi un match, in pratica, non giocato, come racconta Butler: “A metà gara avevamo zero assist, non ne abbiamo mai così pochi. Non capsico cosa sia successo”.
Ancora più duro è stato Davante Gardner: “Nel primo tempo non riuscivamo a fare neanche una cosa giusta, e non è quello che facciamo di solito. E stato insolito ed anzi, a dire la verità, abbastanza imbarazzante”.
In casa North Carolina c’è sì soddisfazione per la vittoria, ma c’è ancora fame di andare avanti, anche per riscattare la deludente stagione passata e arrivare alle Final Four per la terza volta in quattro stagioni.
A fine gara Dexter Strickland sottolinea come North Carolina non abbia ancora mostrato il meglio di se: “Credo che possiamo giocare ancora meglio, non abbiamo ancora dimostrato tutto il nostro potenziale”.
Questa prospettiva, a Kentucky (già battuta ad inizio stagione), fa decisamente paura.