Il bello e il brutto del Torneo NCAA, rapido e crudele come poche altre competizioni sportive: quattro giorni e via, da sedici squadre che hanno iniziato giovedì, ne sono rimaste solo quattro in ogni seed, sedici in totale, che si sfideranno nel prossimo weekend per arrivare alle Final Four.
Anche nell’East Regional quattro (North Carolina, Kentucky, Ohio State e Marquette) rimangono, dodici, invece, se ne tornano a casa.
Le prime due squadre a giocare, sabato notte, sono state West Virginia e Kentucky, con i Wildcats che l’hanno spuntata (71-63), trascinati da Brandon Knight. Il freshman di Kentucky, dopo una prima partita nel torneo deludente complessivamente deludente, ma illuminata dal tiro realizzato allo scadere che ha dato la vittoria ai suoi, ha deciso, sabato notte, di prendere in mano la situazione molto prima nel corso della gara.
Alla fine ha chiuso con trenta punti, che non raccontano della sua capacità di segnare sempre nei momenti in cui la squadra ne ha più bisogno, come nel parziale di inizio secondo tempo o con i sei liberi seganti nell’ultimo minuto. A fine gara lui, in accasati i complimenti sia di Calipari che del coach avversario Bob Huggings, si schernisce, sottolineando le difficoltà avute nel suo impatto con il Torneo: “Decisamente si sente più la tensione, dopo non aver giocato bene. Giocare questo tipo di partite, sapendo che se perdi vai a casa, è dura. Tutti giocano con più intensità, e in un certo senso cambia il modo di giocare”.
La partita è stata, in un certo senso, un rematch dell’anno scorso: West Virginia, infatti, aveva eliminato Kentucky nel 2010 proprio prima delle Final Four. I Wildcats, nonostante i roster delle due squadre siano radicalmente cambiate nell’ultimo anno, cercavano e hanno ottenuto vendetta.
I Mountaneers hanno comunque giocato bene, sono stati avanti per tutto il primo tempo andando negli spogliatoi con un buon vantaggio (41-33), grazie ad una difesa tenace che ha forzato molte palle perse. Alla fine, però, hanno ceduto alla distanza: emblematico è il caso del loro miglior realizzatore Joe Mazulla, che ha sì segnato venti punti, ma solo cinque nella seconda frazione di gioco.
Kentucky, il prossimo weekend, se la dovrà vedere contro Ohio State, che ha vinto tutti i precedenti cinque scontri tra le due squadre nel torneo.
Ohio State si conferma, anche dopo al partita di ieri notte, come la grande favorita del Torneo: I Buckeyes hanno condotto e preso in mano la partita come una squadra convinta dei propri mezzi e con un chiaro obiettivo in mente, la vittoria finale.
George Mason poteva rivelarsi un cliente scomodo e invece, dopo aver subito un 11-2 ad inizio partita, Ohio State ha cominciato a martellare di canestri la difesa avversaria: negli ultimi sedici minuti del primo tempo, i Buckeyes hanno segnato cinquanta punti, concedendone solamente undici ai loro avversari. Un parziale del genere non può che distruggere la fiducia della squadra che lo subisce e, non a caso, George Mason, dopo l’intervallo (i primi venti minuti si sono conclusi sul 52-26), non si è più ripresa.
Di sicuro non ha aiutato i Patriots sapere che Luke Hancock era fuori dalla gara per un brutto caso di avvelenamento da cibo. La sua presenza avrebbe aiutato la causa dei suoi? Certamente sì. Ma da qui a dire che George Mason avrebbe avuto una possibilità di vittoria contro questa Ohio State, è davvero un’esagerazione.
Come ha fotografato bene Pearson a fine gara, non c’era proprio niente da fare per i Patriots: “Sono la squadra più dura che io abbia mai incontrato: hanno giocatori che segnano da ogni lato, per tutta la partita, condividono la palla e si divertono. E’ difficile fermarli per un avversario, sono un grande programma e credo che faranno molta strada nel torneo”.
Alla fine, fondamentale per Ohio state è stato il tiro da tre (16/26 dall’arco alla fine della gara), che ha permesso loro di allargare la difesa. Di questi sedici tiri realizzati, ben sette sono stati messi a segno da David Lighty, di gran lunga la storia più bella della gara: Lighty, infatti, è al suo quinto anno al college (a causa di una serie di infortuni ai piedi), ha partecipato alla sfortunata cosa al titolo del 2007 e giocava, ieri sera, la sua ultima partita a Cleveland, la città dalla quale proviene. Ha decisamente chiuso in bellezza, segnando venticinque punti ma soprattutto aiutando i suoi Buckeyes a portarsi un passo più vicino all’obiettivo finale.
Nella parte bassa dell’East Regional, invece, hanno passato il turno UNC e Marquette.
North Carolina, battendo Washington (86-83), riconquista le Sweet Sixteen, una posizione alla quale è decisamente abituata, essendo alla ventiquattresima partecipazione a questa fase, record assoluto.
La squadra di Roy Williams, grazie soprattutto alla coppia Barnes-Zeller (22 e 23 punti nella gara), ritorna quindi nell’elite NCAA, alla quale appartiene. La soddisfazione è ancora più grande dopo una stagione, quella passata, che è stata decisamente complicata, come conferma anche coach Williams: “L’anno scorso è stato il più difficile della mia carriera, ma questa squadra ha superato molte avversità. E’ fantastico”.
North Carolina è un ateneo con un tradizione impressionante, come dimostra il fatto che si presentava all’inizio di questo Torneo con diciotto partecipazioni alla Final Four. L’enormità di questa cifra è resa meglio in comparazione con un’altra: un ateneo comunque improntate come Washington, infatti, ha ottenuto nella sua storia solo diciotto vittorie totali al Torneo NCAA.
E dire che i Tar Heels hanno fatto di tutto, nel finale, per cercare di non portare a casa la vittoria, con due scelte abbastanza scellerata, un’intercetto su un tiro ed una palla toccata. Alla fine, però, sono riusciti a sigillare la vittoria con due liberi di Strickland e una buona difesa, riuscendo non solo a conquistare la vittoria, ma anche a far passare a Roy Williams il mal di pancia che lo aveva colpito in mattinata.
Dall’altro lato gli Huskies hanno, nel corso della gara, dovuto affrontare in particolare due difficoltà: la prima, il fatto di giocare, in pratica, in trasferta, visto che la partita si giocava a Charlotte, a due ore dalla North Carolina University e, invece, a 8.200 miglia dal campus di Washington; la seconda, la giornata no del loro miglior giocatore, Isiah Thomas ( ha chiuso con 12 punti e 8 assist, ma con 5/15 dal campo). Thomas, a fine gara, non concede particolari meriti per la sua serata no ai propri avversari: “Non è che abbiano fatto niente di speciale, semplicemente non ho segnato tiri che di solito metto”.
Nonostante questo sono riusciti ad arrivare a giocarsi la partita fino all’ultimo secondo, rimanendo in vantaggio perbuona parte della gara ed avendo anche il tiro per, potenzialmente, arrivare al supplementare. Non a caso, a fine gara il coach degli Huskies, Lorenzo Romar, non ha molto da rinfacciare ai suoi: “Tutti i ragazzi hanno lottato e fatto una serie di cose che ci avrebbero permesso di vincere, ma non ce l’abbiamo fatta”.
A chiudere il quadro delle Sweet Sixteen per quanto riguarda l’ East Regional ci pensano i Golden Eagles di Marquette, che hanno sconfitto Syracuse (66-62) in una gara decisa all’ultimo secondo: l’ultima volta che avevano fatto tanta strada era otto anni fa, loro si chiamavano Warriors e il loro miglior giocatore era un certo Dwyane Wade.
Incontenibile era, dopo la sirena finale, la gioia di Buzz Williams, eccentrico coach di Marquette: a fine gara, emozionatissimo, abbracciava e dava i cinque a chiunque trovasse sulla sua strada, e il suo entusiasmo non si è fermato neanche in conferenza stampa, nella quale ha ringraziato i suoi giocatori e i tifosi.
Un abbraccio speciale il coach lo deve sicuramente riservare a Darius Johnson-Odom, che ha segnato la tripla, a ventisei secondi dalla fine della gara, che ha permesso ai suoi di vincere e procedere nella loro corsa. A fine gara fa il modesto, tirando in ballo al sorte: “Per frotuna, ho segnato quel tiro”.
Syracuse, ancora una volta, si mangia le mani per l’occasione sprecata: i ragazzi di coach Boheim hanno perso il confronto con gli avversari in quasi tutte le categorie statistiche, e quindi non possono lamentarsi per il risultato finale, che rispecchia quello che si è visto sul campo.
Ciò che li ha condannati, però, sono state le diciotto palle perse, compresa l’ultima sanguinosa, a cinquantuno secondi dalla fine, con Jardine e Waiters che non si intendono e commettono infrazione di campo, regalando la gara agli avversari.
Marquette se la dovrà, ora, vedere con quella North Carolina che porta sempre ricordi positivi nella memoria dei tifosi dei Golden Eagles: era infatti UNC l’avversaria sconfitta nel 1977 dalla Marquette di Al McGuire.
Per vedere come andrà a finire, bisogna aspettare una settimana.