Vittoria sofferta per i Wildcats contro Princeton

Nessuna sorpresa nella parte superiore dell’East Regional, dove le squadre con la testa di serie più alta è riuscita a conquistare la vittoria, con più o meno fatica.

La squadra che si presenta al torneo come migliore della nazione, Ohio State, non ha avuto particolari difficoltà ad avere ragione di Texas-San Antonio, decisamente non attrezzata per sfidare una corazzata come quella di Thad Matta: il punteggio finale (75-46) descrive l’andamento della gara più di mille parole. La vittoria dei Buckeyes conferma una statistica: tutte le centosette partite giocate dal 1985 (anno in cui il tabellone è stato allargato a sessantaquattro squadre) tra la numero uno e la numero sedici del tabellone hanno visto la prima prevalere.

Come se non bastasse la superiorità tecnica, Ohio State aveva anche, in pratica, il vantaggio del fattore campo: la gara, infatti, si è giocata a Cleveland, a sole due ore dal campus di Columbus. La vicinanza geografica ha portato una specie di migrazione all’interno dell’Ohio, e la Quicken Loans Arena si è riempita di tifosi dei Buckeyes.

I Buckeyes hanno giocato proprio come ci si aspetta da una testa di serie numero uno, non dando mai la possibilità ai propri avversari di alzare la testa, limitandoli a soli quarantasei punti segnati, “intimidendoli” cestisticamente sin dal primo momento, con la preparazione giusta e la volontà di non complicarsi la vita.

Top scorer per Ohio State è stato William Buford, uno dei quattro giocatori in doppia cifra per coach Thad Matta, insieme a Diebler (14), Sullinger (11) e Thomas (13): la tipologia di partita ha permesso al coach di Ohio State, oltretutto, di riposare i propri titolari, un’opportunità importante in un torneo a ritmo serrato come quello NCAA. Già dalla prossima gara, contro George Mason, Ohio state si troverà davanti ad un test più probante, e si potrà iniziare a vedere di che pasta son fatti questi Buckeyes

Chi ha rischiato molto, nella partita del primo turno, è stata invece Kentucky (numero 4), che se l’è cavata (59-57 il punteggio finale) contro Princeton (numero 13) solo grazie ad un canestro all’ultimo secondo.

Le difficoltà dei Wildcats possono essere spiegate con l’impatto non semplice che i freshmen di Calipari, come spiega il loro coach, hanno avuto con la loro prima partita nel Torneo NCAA: ”Credo che fossero nervosi, hanno guardato in tv il Torneo da quando avevano dodici anni e, all’improvviso, si ritrovano a giocarlo in diretta sulla televisione nazionale”.

I tre freshman in questione, Jones, Lamb e Knight, hanno prodotto per la miseria di diciannove punti, subendo decisamente la pressione di una partita così importante: se Kentucky vuole continuare la sua strada, deve sicuramente recuperare il contributo di questi tre.

Bradon Knight si è però fatto perdonare la serata storta (per la prima volta in ventinove gare non ha raggiunto al doppia cifra) nel finale: gli unici due punti che ha segnato, infatti, sono stati quelli che hanno deciso la partita. L’ultima giocata è perfettamente riassunta da uno dei suo avversari, Dan Mavraides: ”Era un layup difficoltà 10, contro Kareem (Maddox) che è il nostro difensore migliore, non vorrei avere nessun altro al suo posto in una situazione del genere. Prima di quel tiro aveva (Knight) fatto 0 su 7, ma ha messo quello che contava. Un grande tiro, bisogna togliersi il cappello”.

I Wildcats hanno giocato sotto il loro standard, e lo stesso Calipari, a fine partita, dichiarava di doversi rivedere il filmato della gara per riuscire a spiegarsi come Kentucky sia riuscita a salvare la pelle. Hanno sicuramente aiutato, nella già citata serata negativa degli esordienti, gli uomini di esperienza, come Darius Miller (17 punti) e Josh Harrelson (15 e 10 rimbalzi), che hanno tenuto a galla la barca contro una Princeton che ha dato tutto quello che aveva, ed è andata vicinissima, lei che è abituata ad eliminare avversarie più blasonate, ad un upset importante.

Nel terzo turno i Wildcats se la dovranno vedere con West Virginia, che ha sconfitto Clemson 84-76: inizialmente erano stati i Tigers a costruirsi un vantaggio in doppia cifra, ma decisivo è risultato un parziale di 28-8 a cavallo dei due tempi, che ha permesso a West Virginia non solo di recuperare, ma anche di conquistarsi un vantaggio che è poi riuscita a difendere fino alla fine.

Una parziale spiegazione della diminuzione d’intensità di Clemson nella seconda metà di gara è probabilmente la stanchezza. I ragazzi di coach Brownell infatti, erano alla seconda partita in trentasei ore nelle quali, tra l’altro, hanno anche dovuto trasferirsi da Dayton, in Ohio, dove hanno giocato la gara di primo turno contro UAB, a Tampa, in Florida, dove invece hanno sfidato i Mountaneers. Arrivati all’alba di giovedì in Florida, hanno pi avuto poco più di una giornata per recuperare le energie e preparare la gara contro una West Virginia che, invece, era ferma da quasi una settimana.

Una situazione, questa, non esattamente ideale come ha sottolineato, pur cercando di essere il più politically correct possibile, coach Brownell: “Iniziare la gara alle 12.15 non è sicuramente ideale, anche perché non siamo molto profondi e quindi è difficile far riposare i ragazzi. Ma non abbiamo perso per l’orario di inizio della gara, West Virginia ha giocato bene, ha perso la palla solo undici volte, ha segnato i liberi, è stata opportunista in attacco ed ha difeso bene.”

Per West Virginia si è rivelata decisiva, alla metà del secondo tempo, quando Clemson ha cercato di recuperare per l’ultima volta, la zona 1-3-1: grazie alla zona ed al suo attivismo, infatti, Dalton Pepper è riuscito a recuperare due palloni fondamentali a metà campo, che hanno dato sicurezza ai Mountaneers. È lui stesso a descrivere così le motivazioni di questa scelta tattica: ”Stavamo cambiando difese e cercando di essere aggressivi sulle linee di passaggio. Non penso che loro fossero pronti per questo, li abbiamo sorpresi rubando qualche pallone”.

A concludere questa parte di tabellone, con l’improbo compito, nel prossimo turno, di sfidare Ohio State, troviamo George Mason (27-6) che, nel pomeriggio americano, ha sconfitto una deludente Villanova. I Wildcats (21-12) chiudono quindi la loro stagione con sei sconfitte consecutive e tante aspettative disattese (l’ultima vittoria risale a più di un mese fa, ed è datata diciannove febbraio), per un squadra che, partendo 16-1, è arrivata anche ad occupare il numero cinque del ranking nazionale.

‘Nova, nonostante i venti punti di Fisher e i quattordici di Stokes, si è sfaldata con il passare dei minuti: nel primo tempo aveva conquistato un buon vantaggio, andando anche in doppia cifra, ma, più ci si avvicinava alla sirena finale, più perdeva il controllo della gara, subendo la rimonta di George Mason. Negli ultimi tre minuti e ventotto secondi di partita i Wildcats non hanno segnato un solo canestro dal campo, subendo l’intensità degli avversari.

George Mason, che si presentava al torneo con una testa di serie, per la prima volta nella storia del programma, in singola cifra, ha subito inizialmente il talento degli avversari, ma è rimasta compatta, vincendo un partita in rimonta, come dimostra il fatto che i Patriots sono arrivati al primo vantaggio (dopo quelli delle primissime fasi di gara), grazie ad una schiacciata di Morrison (10 e 11 rimbalzi alla fine), quando mancavano solo cinquantacinque secondi alla fine della gara.

A mettere la ciliegina sulla torta, e chiudere definitivamente il match, ci ha pensato una tripla di Luke Hancock (18punti nella partita), che ha consegnato a George Mason la prima vittoria nel Torneo dal 2006, l’anno in cui riuscirono quasi miracolosamente a raggiungere la Final Four, sconfiggendo Connecticut nella finale del Regional.

La favola si può ripetere?

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