Jerry Sloan e Phil Johnson lasciano Utah: la fine di un'era
Jerry Sloan ha predicato puro basket per più di vent’anni.
Come capita spesso a chi si attesta con costanza su un ottimo livello, senza crolli deludenti né imprese epiche, si è ritrovato con l’avere la bacheca vuota (zero titoli Nba e zero Coach of the year award) ma un posto garantito nella storia (Hall of famer da un paio d’anni).
Stessa sorte di John Stockton (unico trofeo un co-Mvp all’All Star Game, per quello che vale…), Pat Ewing ed altri malinconici autori di memorabili pagine Nba che non possono lucidare anelli o statuette, ma che già prima di ritirarsi avevano prenotato una camera nell’ospizio più elitario: l’arca della gloria.
D’altronde, Phil Jackson ha 11 anelli ma un solo Coach of the year award. La storia del gioco non è affatto quella delle onorificenze.
Forse, è anche un bene che l’impronta incisa con perseveranza da Sloan nello Utah, non sia ridotta a qualche traguardo annuale o qualche magic moment.
Forse, l’unico numero adeguato è il 23: come le stagioni trascorse con i Jazz, come il numero di maglia del giocatore che capitanava la squadra che per due volte lo ha sconfitto in finale.
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