Se non ci fosse stato il terremoto Luka Doncic-Anthony Davis il protagonista dell’ultima trade deadline sarebbe stato senza ombra di dubbio Jimmy Butler from Houston, Texas.
Come sappiamo tutti Butler ha preso atto che a Miami non sarebbe mai arrivato oltre le due finali NBA entrambe perse senza che gli Heat fossero troppo accreditati per sgambettare i favoriti Los Angeles Lakers prima, Denver Nuggets poi. Mentre Jimmy e il suo ex presidente Pat Riley discutevano furiosamente gli spettatori iniziavano a mettere in gioco le più svariate ipotesi per la nuova destinazione dell’ex Timberwolves per poi assistere al suo approdo ai Golden State Warriors che un mese fa annaspavano intorno alla decima posizione, l’ultima per agguantare i playoff passando dalla porta di servizio del play-in tournament.

Butler col nuovo numero 10, scelto come omaggio ai calciatori Grayson Jr., Pogba e Neymar
A questo punto qualche dubbio era lecito: i Warriors apparivano alla fine del loro periodo trionfale, le stelle invecchiavano senza un vero ricambio generazionale in vista, la Western Conference è attualmente dominata dai giovani, coesi e combattivi Oklahoma City Thunder. Davvero San Francisco era la casa giusta per le ambizioni più che legittime di Jimmy Buckets, oltretutto vicino a compiere 36 anni?
Il primo mese di militanza di Butler in maglia Warriors ha però spazzato via questi punti interrogativi. Golden State vince a ripetizione, supera 10 avversari degli ultimi 12 vincendo per 7 volte con uno scarto in doppia cifra e attualmente occupa il sesto posto che significherebbe playoff diretti mettendo nel mirino gli Houston Rockets protagonisti di una grande stagione ma che stanno perdendo contatto con le posizioni di testa.
Uniche sconfitte da quando è arrivato Butler: -4 dai Dallas Mavericks in uno degli ultimi scatti d’orgoglio stagionali di Kyrie Irving che firmò 42 punti, -7 dai Philadelphia 76ers, non un avversario irresistibile, ma Jimmy non c’era.
The Warriors are now 10-2 since the Jimmy Butler trade. 🔥 pic.twitter.com/FPdtslA5Qg
— Hoop Central (@TheHoopCentral) March 7, 2025
Mentre Golden State ricomincia a sognare i Miami Heat sprofondano. Privata del loro leader sostituito da Andrew Wiggins fuori dal 28 febbraio per una distorsione alla caviglia, la squadra allenata da Erik Spoelstra ha vinto solo 4 delle 13 gare giocate da quando Butler ha cambiato casacca e tra le avversarie battute i soli Indiana Pacers sono considerabili una vera squadra di livello a fronte dei modesti Toronto Raptors, degli alterni Atlanta Hawks e soprattutto degli inguardabili Washington Wizards.
I fatti dicono quindi che Butler ha finora smentito i dubbiosi riguardo al suo impatto sulla stagione dei Golden State Warriors (e a quello, in negativo, del suo addio ai Miami Heat) tra i quali si inserisce anche il sottoscritto che nell’analisi della trade deadline aveva sottolineato come sarebbe stato necessario un approccio del texano alla nuova squadra simile a quello che aveva avuto quando si era unito ai Miami Heat.
Come abbiamo rimarcato varie volte la vera qualità di Butler in Florida era rappresentata dalla sua evoluzione da scorer prolifico agli inizi della carriera ai Chicago Bulls e ai Minnesota Timberwolves in uomo squadra capace di mettere a segno trentelli e quarantelli vari ma anche di far crescere i suoi compagni e fare un passo indietro dal punto di vista realizzativo.
Questa capacità, per la gioia dei moltissimi tifosi di Golden State, si è mantenuta intatta. Il contributo offensivo di Butler è sempre importante ma non è stato finora straripante: in maglia Warriors ha un 3/21 da tre e realizza 17.1 punti di media, la più bassa dal 2013/14 così come il suo 45.1% dal campo condizionato dalle suddette cifre messe su al tiro da dietro l’arco. Ma non è solo con i punti che Jimmy è in grado di incidere: la sua presenza in campo è ancora una risorsa inestimabile di difesa e, malgrado l’età non più verde, di atletismo.
“Jimmy Butler has shown that he could win anywhere & this might be the best team he’s ever played with. .. Did the Warriors need Jimmy more than Jimmy needed the Warriors. I think it’s clearly the Warriors.”
–@evanAgiddings via the Morning Roast
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— 95.7 The Game (@957thegame) February 25, 2025
In più i punti che Jimmy porta alla causa sono quasi sempre pesanti, come a Miami: il soprannome Jimmy Buckets ha assunto negli anni una sfumatura diversa, non più semplicemente il realizzatore Jimmy, ma il Butler che nel momento del bisogno piazza i suoi buckets.
Poter giocare con un compagno affermato e che non disdegna le responsabilità come Butler è stato inoltre un bene anche per una squadra come Golden State che ancora si regge su stelle che a loro volta hanno colto grandissimi risultati nella loro carriera.
Basti vedere come Steph Curry, che già nella prima parte della stagione aveva mantenuto un rendimento da superstar, abbia registrato performance individuali clamorose come i 56 punti con 12 triple che hanno seppellito gli Orlando Magic o i 40 con 12/20 dal campo che hanno contribuito all’ultima vittoria contro i Brooklyn Nets, per tacere delle due doppie doppie consecutive da 29+13 assist contro i Sixers (anche se, come accennato, senza Butler) e da 21+10 assist contro gli Charlotte Hornets.
Butler ha portato quindi esperienza, entusiasmo e fame di vittoria in un ambiente che era visto da molti alquanto sazio da questo punto di vista. Ma i meriti del ritorno di Golden State tra le pretendenti ai playoff diretti non vanno ascritti al solo arrivo di Jimmy Buckets in quanto l’ex Heat ha trovato, come a Miami, un sistema di squadra come quello di Steve Kerr che nonostante le tantissime stagioni passate funziona ancora bene.
Di fatto Jimmy occupa il posto che fu di Andrew Wiggins e non solo perchè lo ha sostituito nell’affare con gli Heat. Wiggins era stato scelto dai Minnesota Timberwolves nel 2014 per le sue doti di scorer ma come Butler aveva trovato il successo evolvendosi in uomo squadra e difensore rappresentando un tassello prezioso per l’ultimo anello dei Warriors datato 2022.
Ora Wiggins non è più a San Francisco e il suo ruolo è stato ereditato da Butler in una visione di squadra che non si è persa con l’arrivo della superstar di turno: sembra un aspetto secondario ma non lo è affatto, basti pensare ai Phoenix Suns che con l’arrivo di Kevin Durant e Bradley Beal sono passati dall’essere leader della Western Conference al rischiare di non disputare neanche il play-in tournament.
Bisogna quindi riconoscere ancora una volta a Steve Kerr i giusti meriti non solo nei trionfi dei Warriors degli anni Dieci ma anche nel continuare a proporre una squadra con un’identità definita malgrado gli anni che passano e contrariamente a quanto accade nella maggioranza delle altre franchigie con i coach che troppo spesso cedono alla tentazione di lasciare alle proprie stelle troppa carta bianca.

Steve Kerr, artefice dei successi Warriors
Che tutto questo basti a rendere i Warriors competitivi per una deep run nei playoff di quest’anno sarà stabilito ovviamente dal campo ma personalmente ho ancora perplessità: i Thunder restano una squadra apparentemente più determinata e attrezzata che peraltro sta trovando nel già eccezionale Shai Gilgeous-Alexander anche prestazioni individuali da record mentre i Los Angeles Lakers si sono ritrovati (è il caso di usare questo termine) il duo delle meraviglie Luka Doncic-LeBron James che ha innalzato anche il livello degli altri giocatori portando la storica franchigia losangelina al secondo posto a Ovest.
La Conference è in generale piena di squadre pronte a mostrare grandi cose ai playoff magari riscattando una regular season balbettante (come i Timberwolves attualmente settimi) o riscattando annate buie (come i Rockets reduci dal rebuilding o i Grizzlies che hanno ritrovato Ja Morant) e la concorrenza è affollatissima. Quello che a questo punto è certo però è che i Warriors sono pronti ad affrontare gli avversari non più vedendo la postseason come punto di arrivo ma giocandosi le proprie carte alla pari.
Cosa che obiettivamente non si può dire dei Miami Heat che dopo la partenza di Jimmy Butler vivono come accennato un periodo perdente e sono scivolati al settimo posto della Eastern Conference, distanti ben 6 vittorie dai Detroit Pistons sesti e che di contro sono attualmente lanciatissimi. Non è una classifica del tutto negativa e soprattutto la concorrenza dell’Est è molto meno agguerrita per cui è comunque più che probabile che Miami disputerà almeno il play-in avendo a sua volta 8 vittorie di vantaggio sulle undicesime, che sono i Nets senza troppe ambizioni di successo e i 76ers privi, come troppe volte in tanti anni, di Joel Embiid.

Pat Riley, leggendario coach ora presidente dei Miami Heat
Senza Butler però Miami sembra davvero una collezione di effettivi abili a giocare insieme ma con una qualità generale a questo punto troppo bassa per puntare a un risultato superiore a un primo turno playoff. Wiggins è sicuramente un importante uomo squadra con atletismo, lo abbiamo detto, ma non è una stella, per non parlare del resto della contropartita dell’affare Butler costituito dal gregario Kyle Anderson e dall’eterna promessa Davion Mitchell.
D’altra parte coloro che negli anni delle due Finals sembravano poter emergere come futuri top players stanno mantenendo solo in parte le aspettative. Bam Adebayo è da due anni in calo percentuale sia di punti segnati (due anni fa 20.4, l’anno scorso 19.3, quest’anno 17.7) sia di percentuale da due (dal 54% al 49%) mentre Tyler Herro mette su dei gran numeri ma senza che siano sempre davvero incisivi: nell’ultimo mese ha segnato due volte 40 punti ma ambedue le volte gli Heat hanno perso.
La prospettiva per gli Heat è alquanto grigia poichè rischiano di raggiungere squadre come i Sacramento Kings o gli Atlanta Hawks nel limbo di coloro che sembra puntino a vincere ma senza avere davvero i mezzi per farlo, sospesi tra il rebuilding e il credere in ciò che si ha. In questa estate però Pat Riley proverà ad aggiungere un top player nell’ennesima proposizione della formula Big Three con Adebayo e Herro; staremo a vedere, anche considerando che uno dei nomi fatti è un prezzemolino dei rebuildings come quello sotto citato…
Report: Miami Heat Expected To Pursue Kevin Durant In Offseason
https://t.co/xZBXkJpNEW— Joe Matta (@JoeMatt64414619) March 7, 2025
Al di là delle prospettive future l’ultimo mese ha indiscutibilmente dimostrato una cosa: Jimmy Butler ha ancora fame e crede fermamente nelle sue possibilità di portare una squadra al Larry O’Brien Trophy e il cambiamento delle sue squadre presente e passata ne è una prova schiacciante. Vedremo nei prossimi mesi se per i Warriors arriverà la qualificazione diretta ai playoff assistendo eventualmente con interesse a ciò che potrà ancora fare la squadra di Steve Kerr, dalla quale comunque ora dovranno tutti guardarsi nella postseason.
Sotto la copertura di un tranquillo (si fa per dire) insegnante di matematica si cela un pazzo fanatico di tutto ciò che gira intorno alla spicchia, NBA in testa. Supporter della nazionale di Taiwan prima di scoprire che il videogioco Street Hoop mentiva malamente, in seguito adepto della setta Mavericks Fan For Life.