Che i Memphis Grizzlies non fossero stati un fuoco di paglia era abbastanza ovvio. Per struttura della franchigia, per la solidità del front office e della panchina affidata da un quinquennio a Taylor Jenkins. Ma soprattutto per i talenti cristallini che vestono la canotta biancablu. La stagione passata è stata una breve anomalia in un percorso che, dal 2021 al 2023, ha visto i Grizzlies essere assoluti protagonisti della Western Conference con due secondi posti consecutivi.

Il caso Ja Morant, con le sue disavventure legate alle armi, e un’infermeria sempre satura hanno affossato gli ultimi dodici mesi della franchigia del Tennessee. Ora, con gli aggiustamenti del caso, l’artiglio degli orsi si è piantato di nuovo sulla seconda piazza della loro Conference. Il loro record recita 18-9, solamente tre partite dietro alla corazzata degli Okc Thunder e davanti a squadre di livello indiscutibile come Houston Rockets, Denver Nuggets, Dallas Mavericks e Phoenix Suns. Il motivo? È da cercare in uno stile di pallacanestro in leggera controtendenza con i tempi e in interpreti scelti e coccolati esattamente per il ruolo che coach Jenkins ha pensato per loro. L’impressione, per quanto molto anticipata, è che al FedEx Forum tornerà la postseason. Rimane da vedere con quale posizione di classifica.

Analisi di squadra

Come di consueto nei pezzi di analisi stagionali, il punto di partenza prediletto rimane sempre un rapido sguardo ai numeri di squadra. Le statistiche – si badi bene – raccontano sempre metà della storia. Forse per il basket, più che per altri sport come il football americano, tre quarti di storia. Rimane però tutto valido se basato anche su quello che effettivamente succede sul parquet. In ogni caso, un po’ incoerentemente, ecco qui i Memphis Grizzlies 2024-2025, nella loro versione “d’attacco”:

  • primi nella NBA in punti a partita (122.1)
  • settimi in offensive rating (116.5)
  • sesti in field goal percentage (48.6%)
  • secondi in two-point field goal percentage (57.2%)
  • decimi in effective field goal percentage (55.8%)
  • secondi in tentativi di tiro libero (24.6)
  • terzi in rimbalzi a partita (47.8)
  • ottavi in rimbalzi offensivi a partita (12.3) e primi in rimbalzi difensivi (35.5)
  • quarti in offensive rebound percentage (27.8%)
  • secondi in stoppate (6.7)

Il tutto nonostante siano nella media della lega per percentuale dall’arco (35.6%) e in triple tentate a partita (37). Un gioco evidentemente non costruito sulle triple, come invece lo è quello di altre squadre di alta classifica come i Cleveland Cavaliers o i Boston Celtics (con Celts siamo all’esagerazione con oltre 51 tentativi a partita). I dati certificano un gioco forse un po’ retrò, costruito sul dominio fisico, più sul bully ball che sulla raffinatezza del tiro da lontano. Che ha come obiettivo soprattutto il pitturato. Per fare questo, però, il ritmo del gioco è tenuto elevatissimo: i Grizzlies sono primi nella lega in pace, cioè possessi giocati a partita, con 104.9.

Nella metà del campo difensiva i Memphis Grizzlies non sono da meno:

  • quinti nella intera NBA per defensive rating (108.4)
  • terzi per field goal percentage allowed (44%)
  • terzi per three-point field goal percentage allowed (33.3%)
  • settimi per two-point field goal percentage allowed (52.4%)
  • terzi in effective field goal percentage allowed (51.3%)
  • sesti in defensive rebounds allowed (32)
  • quarti in palle perse generate (16.4)
  • secondi in falli fatti (21-7)

Viene dunque dipinta l’immagine di una squadra ordinata, composta, con una temibile difesa sugli esterni e una presenza costante sotto il ferro. Una ricetta perfetta, da combinare con un attacco di calibro assoluto, per iniziare a fare un pensierino ai Playoff.

Il rendimento dei giocatori chiave

Tralasciando le classifiche di valore, che costringerebbero a partire da Ja Morant, stella indiscussa della franchigia, il tuffo sulle individualità della squadra parte dai protagonisti del gioco di Jenkins. Il reparto dei lunghi, nonostante il recente rinnovamento con l’aggiunta del rookie Zach Eday, ha fin da subito trovato la sua misura e la sua centralità negli ingranaggi dei Grizzlies. A partire dal secondo violino Jaren Jackson Jr. Per lui si tratta di un’annata superlativa, con statistiche che spesso e volentieri stabiliscono un record personale nella sua carriera. Parliamo di un centro dalle mani educate che, in soli 28 minuti di media, sta registrando: 22 punti a partita (con il 51.8% dal campo e il 36.4% da tre), 5.8 rimbalzi, 1.3 assist, 1.5 palloni rubati e 1.8 stoppate. Ai massimi anche per offensive ratinf (114.5) e defensive rating (104.6). Dei 22 punti a partita, oltre la metà arrivano nel pitturato.

Dietro a Jackson, c’è il rookie big man canadese Zach Eday. Scelto con la nona scelta assoluta e prodotto di Purdue, Eday ha visto il suo minutaggio aumentare mese dopo mese. E a braccetto anche il suo rendimento:

  • Minuti a partita: 17.1 a ottobre –> 24.3 a dicembre
  • Punti a partita: 9.0 –> 13.0
  • Rimbalzi a partita: 5.0 –> 10.0
  • Assist a partita: 0.3 –> 1-0

Le triple tentate sono poche, meno di una a partita. La percentuale elevatissima al tiro (61.9% di field goal percentage e il 66% di true shooting) fanno chiaramente intendere dove si costruisca la quasi totalità del suo gioco: nella painted area. Il 74.6% dei suoi punti arriva proprio dal pitturato, e il 91.2% dei suoi tiri arrivano dall’interno dell’arco.

Poi ci sono i due soliti noti, Ja Morant e Desmond Bane. Il primo di rientro da una stagione di pressoché totale assenteismo, il secondo che ha dovuto affrontare tra novembre e dicembre qualche complicazione fisica. L’importanza delle due guardie nello scacchiere di coach Taylor Jenkins non è però venuta meno. Anzi, addirittura sembra cambiato l’approccio dei due al gioco. Meno protagonismi, più disponibilità a essere gli oliatori e i raffinatori dei movimenti offensivi. Per Ja Morant, con i suoi 22 punti a partita, si tratta della stagione meno prolifica dal 2020-21 e la stagione con meno minuti giocati di tutta la sua carriera. Nonostante ciò sta registrando un massimo in sei anni di attività in assist (8.4) e rubate (1.2), nonché – quasi paradossalmente – in offensive rating (117.1). Anche lui, come suo solito, punta molto sulla aggressività e sul gioco sotto al ferro: il 50.6% dei suoi punti arriva dal pitturato.

Un simile discorso andrebbe fatto anche per Desmond Bane. Il prodotto di Tcu sta viaggiando a 14.4 punti a partita (ben al di sotto delle aspettative) con il 31.7% da tre, lui che è considerato da tutti uno specialista di questo fondamentale. Eppure, a una fase di tiro sicuramente difficoltosa in questo inizio stagione, affianca 5.9 rimbalzi (massimo in carriera), 4.4 assist, 1 rubata e 0.5 stoppate. Con la migliore prestazione difensiva dei suoi cinque anni nella NBA: un defensive rating di 107.0.

Ci sarebbero poi da citare tre contributori ” a sorpresa”, nascosti, ma che di certo hanno fatto sentire la loro presenza sul parquet. I lunghi Santi Aldama e Jaylen Walls viaggiano, in coppia, a:

  • 24.6 punti a partita con il 49% dal campo e il 38% da tre
  • 10.6 rimbalzi
  • 4.7 assist
  • 1.3 rubate
  • 0.7 stoppate

Ma a essersi guadagnatol’incondizionata fiducia di coach Jenkins e Scotty Pippen Jr. Da guardia, in u reparto che ha già due grandi nomi a disposizione, il 24enne ha di fatto rubato il posto al ben più esperto Marcus Smart affermandosi come la prima opzione dalla panchina per le posizioni 1 e 2. In 22.5 minuti di gioco, l’ex Vanderbilt viaggia a 10.3 punti, 3.6 rimbalzi, 5.1 assist e 1 rubata tirando con il 46.9% dal campo.

Di tutti questi nomi citati i più “vecchi” sono Bane (26 anni), Morant e Jackson (25). Al netto di sudoku contrattuali, rimane un roster composto da giovanissimi con un talento da esprimere ancora incalcolabile. Questo potrebbe essere l’anno dell’esplosione definitiva, così come un anno di assestamento in vista di una continua presenza futura nella NBA di alta quota. Solo il tempo, e il campo, ce lo dirà.

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