Quella iniziata da circa un mese e mezzo è una stagione gonfia di aspettative per i New York Knicks. Certo, da sempre è così per la franchigia della Big Apple che malgrado abbia vinto gli unici due anelli della sua storia nella prima metà degli anni Settanta trascorre regolarmente ogni preseason a sognare in grande ma questa volta la squadra allenata da Tom Thibodeau viene da una corsa playoff 2024 nella quale probabilmente solo gli infortuni di mezzo roster (con più di una responsabilità attribuita, non senza fondatezza, alle famigerate rotazioni al limite dell’inesistente di Thibo) hanno impedito l’approdo alle Conference Finals che i Knicks non disputano dal 2000.

Tom Thibodeau, ai Knicks dal 2020

Tom Thibodeau, ai Knicks dal 2020

L’inizio di stagione apparentemente non è stato disastroso per New York che è attualmente quarta nella Eastern Conference e vicinissima alla qualificazione alla NBA Cup ma più di qualcuno tra i tifosi tanto numerosi quanto esigenti dei Knickerboxers si aspettava di più da una squadra potenzialmente tra le migliori nella Eastern Conference del record di 11-8 conseguito fino ad oggi.

Un 57.9% di vittorie frutto di un inizio di stagione sul quale è come sempre prematuro esprimere sentenze ma che lascia comunque come accennato più di qualche dubbio non solo tra i supporters che vorrebbero un nuovo titolo dopo più di mezzo secolo d’attesa.

I dubbi aumentano ancora di più se pensiamo che le mosse della dirigenza in offseason hanno, come vedremo, modificato in maniera non troppo leggera un sistema di squadra che finora aveva funzionato riportando New York ad essere competitiva dopo anni di delusioni conseguenze di squadre costruite al limite del grottesco e di trattative per portare in maglia Knicks il top player di turno che andava poi puntualmente a portare altrove i propri talenti.

New York ha disputato i playoff per 3 volte negli ultimi 4 anni dopo averli raggiunti 5 volte nelle precedenti venti stagioni (e solo una volta superando il primo turno) grazie a pochi ma semplici ingredienti portati da Thibodeau: difesa di squadra pressante e continua, responsabilità condivise con poco spazio per presunti salvatori della patria e come è arcinoto rotazioni ridottissime per aumentare ancora di più le suddette responsabilità di chi va in campo (e ci resta a lungo) rischiando ovviamente grosso riguardo la tenuta fisica della squadra.

Questo sistema, che seppur senza aver portato la finale di Conference aveva dimostrato di funzionare e soprattutto di avere bisogno solo di qualche correttivo per trasformarsi in un vero sistema vincente, è stato sconfessato quantomeno in parte dalla squadra di quest’anno che difende peggio (rispetto allo scorso anno i Knicks concedono 4.6 punti in più, non saranno tantissimi ma è la prima volta che la difesa registra un peggioramento da quando Thibodeau è head coach) e segna di più con 117.8 punti di media rispetto ai 112.8 del 2023/24.

Un cambiamento che ha portato sì il quarto posto ma anche risultati quantomeno altalenanti: lunedì scorso i Knicks hanno strapazzato i Denver Nuggets rifilandogli 145 punti a domicilio (raramente nei passati anni di Thibodeau avevamo visto queste performance offensive) ma hanno poi perso contro i Dallas Mavericks privi di Luka Doncic, Klay Thompson e Daniel Gafford e soprattutto rischiato seriamente di concedere un’insperata vittoria ai Charlotte Hornets, sconfitti solo di 1 punto malgrado la squadra, che già al completo non è potenzialmente nulla di entusiasmante, fosse priva di LaMelo Ball, Grant Williams e Miles Bridges.

Stare sotto quasi tutta la partita e spuntarla di misura solo nel finale contro un quintetto composto da Vasa Micic-Josh Green-Brandon Miller-Tidjane Salaun-Moussa Diabaté non è il massimo per una squadra che punta a vincere. E che al contrario sia di Charlotte che di Dallas aveva in campo tutti gli uomini migliori, con l’unica assenza di peso costituita dal lungodegente Mitchell Robinson, ormai fuori dall’8 maggio scorso.

Abbiamo parlato più volte di mosse dell’offseason che hanno cambiato gli equilibri, veniamo al dunque: il riferimento è ovviamente alla trade che ha portato in maglia New York Knicks Karl Anthony-Towns in cambio di Julius Randle, che da tempo era considerato pronto a partire, e di uno degli eroi dei playoff 2023/24 Donte DiVincenzo, esponente primario del succitato sistema di squadra.

La partenza di DiVincenzo, attualmente peraltro poco convincente nella sua nuova casa dei Minnesota Timberwolves, ha seguito quella di un altro tassello prezioso come Isaiah Hartenstein che si è accasato agli Oklahoma City Thunder e il cui rientro ha subito riportato alla vittoria la sua squadra funestata dagli infortuni. Dato che ai Knicks lo scorso anno giocavano veramente in pochissimi è piuttosto chiaro come privarsi di due effettivi dall’impatto così pesante non possa che rappresentare un cambiamento significativo.

Ancora di più se pensiamo che Towns è considerato con piena ragione un grande scorer, eccellente tiratore e ottimo rimbalzista ma molto carente nella sua metà campo. Se queste cose ormai si sanno da anni però c’è da aggiungere il rendimento di KAT quando si è trattato forse per la prima volta nella sua carriera di giocare per vincere sul serio, ovvero nelle finali di Conference dello scorso anno contro Dallas.

Il dominicano ha disputato una serie assolutamente deludente, surclassato da Anthony Edwards come leader della sua squadra e mai in grado di dare un contributo incisivo apparendo anzi a tratti fuori dal sistema di quella Minnesota che un tempo era a tutti gli effetti la sua franchigia. New York ha quindi puntato fortissimo su un giocatore che per quanto sia ancora considerato un top player è stato ritenuto dai Timberwolves, che come i Knicks sono in alto e puntano a restarci, non idoneo a un contesto vincente.

Non è detto che Towns si riveli definitivamente un acquisto sbagliato per New York: se il defensive rating dice ancora una volta 112.9 abbiamo comunque un contributo offensivo di 25.8 punti di media che è il migliore nella sua carriera dopo i 26.5 del 2019-20. Prendere un giocatore come KAT però significa indubbiamente sacrificare l’identità dei Knicks di Thibodeau soprattutto se pensiamo che essendo partito anche Hartenstein e dando per scontato che Mitchell Robinson (che già, con rispetto parlando, non è Bill Laimbeer nè Dennis Rodman) avrà bisogno di un periodo di adattamento anche dopo il suo rientro non c’è un giocatore d’area che possa “proteggerlo” difensivamente (un affiancamento di Towns ad Hartenstein sarebbe stato forse più convincente).

Eccezion fatta per OG Anunoby, acquisto di punta dello scorso anno per i Knicks e che quest’anno dovrà fare ancora di più gli straordinari in difesa giocando maggiormente vicino al canestro ma sacrificando quindi in parte quella versatilità che lo rendeva prezioso per i Raptors e anche per la New York dello scorso anno. Parlavamo di responsabilità condivise, adesso invece Anunoby rischia di ritrovarsi troppo spesso a fare reparto da solo in difesa.

Allo stesso modo DiVincenzo non è stato sostituito da un profilo analogamente efficace preferendo anche tra gli esterni andare su uno scorer come Mikal Bridges (il cui defensive rating è addirittura 119.6) che fa anche ai Knicks quello che ha sempre fatto: 14.4 tiri a gara, che però stanno producendo 15.5 punti di media, nettamente in calo non solo rispetto alla militanza di Bridges ai Brooklyn Nets, dove spesso cantava e portava la croce da solo, ma anche a quella ai Phoenix Suns in cui affiancava Devin Booker.

Le responsabilità difensive del backcourt gravano ancora di più sulle spalle dell’uomo d’acciaio Josh Hart diventato celebre per giocare quasi tutti i minuti delle gare in cui scende in campo e che anche quest’anno non lesina un joule d’energia ma rischia di ritrovarsi molto più solo rispetto al passato. Ancora una volta, passiamo dalle responsabilità condivise a Hart specialista difensivo; le somme si tirano a fine stagione, ma è comunque un cambiamento.

Josh Hart, quest'anno in campo per più di 37 minuti di media

Josh Hart, quest’anno in campo per più di 37 minuti di media

In definitiva i New York Knicks quest’anno punteranno a vincere sfruttando molto di più le qualità balistiche dei propri giocatori e qui non si può prescindere da Jalen Brunson, scopertosi a tutti gli effetti uomo franchigia e top player, nel pieno del suo prime e anche quest’anno oltre il 40% da tre punti e con la media assist più alta in carriera, 7.8 a gara per innescare offensivamente Bridges e Towns. A prescindere dalle fortune dei suoi Knicks, che peraltro sono tornati in alto con grandissimo merito di Brunson riguardo chi scende in campo, è nata da tempo una stella ed è sempre più luminosa (pescato da Dallas alla 33 del draft 2018, ricordiamolo)

La squadra ha senza dubbio un potenziale notevole, Brunson e Bridges possono accendersi in un nonnulla e Towns rimane un realizzatore ancora tra i migliori della lega. Ma New York ha comunque sacrificato la sua identità che le aveva permesso di rilanciarsi per seguire invece una strada in cui, per quanto il roster sia valido, parte comunque dietro molte altre contender, su tutte i Boston Celtics campioni in carica il cui sistema offensivo funziona come un orologio svizzero.

I conti si faranno in primavera ma per adesso i cambiamenti nella squadra hanno il sinistro sentore di win-now-mode e se l’aspetto dei Knicks in campo è ancora da scoprire, in passato questo tipo di mosse ha portato più spesso a risultati deludenti e precoci rebuildings che al successo immediato che prospettavano in apparenza.

One thought on “I Knicks hanno provato a rinforzarsi in offseason: sta funzionando?

  1. Squadra nuova per metà (considerando che Anounoby è arrivato a stagione in corso nel precedente line-up), è normale serva tempo per automatizzare gli schemi. Un ovvio miglioramento è che Brunson non deve fare tutto da solo come l’anno passato. Per il resto, finché i Celtics sono in salute, la conferenza è piuttosto chiusa.

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