In un Paese fermo per l’elezione del nuovo presidente, noi cinicamente approfittiamo della pausa per l’Election Day e scriviamo di tutto meno che di politica. E parliamo della squadra più calda in assoluto della NBA. Nome e cognome? Cleveland Cavaliers.

Già. Non i Boston Celtics, non i Milwaukee Bucks, non i Philadelphia 76ers, non i Denver Nuggets, non i Dallas Mavericks. Non gli Oklahoma City Thunder (anche se, a livello di record, poco ci manca).

Come sempre nel basket facciamo parlare i numeri: 8-0. Questo il record della franchigia dell’Ohio, ora in mano a Kenny Atkinson. Contro chi avranno giocato? La domanda viene quasi immediata.

Beh, la verità è che di quelle otto partite, solo tre erano contro squadre che la passata stagione non sono arrivate ai Playoff (Detroit Pistons, Toronto Raptors e Washington Wizards). Per il resto, Cleveland ha già nella sua bacheca lo scalpo di Milwaukee Bucks (2x), Los Angeles Lakers, New York Knicks, Orlando Magic. Not bad, not bad at all.

La Mission impossible di Atkinson

Il successo – che rimane comunque iniziale – dei Cavalieri dell’Ohio è una sorpresa. O meglio, sono davvero pochi quelli che avrebbero osato pronosticarlo. E io non sono tra di loro. Non per grandi cambi di roster (ce ne sono stati virtualmente zero).

Non per cataclismi a livello di infermeria. Il motivo è semplice: la cacciata di coach JB Bickerstaff. Niente contro il sostituto, Kenny Atkinson, ma la decisione del front office al tempo era suonata quantomeno particolare. Ora? Un po’ meno.

Torniamo ai nostri vecchi e cari dati. L’anno scorso i Cavs erano 15° in offensive rating e sesti in defensive rating. Questa stagione sono rispettivamente secondi e quarti. Con miglioramenti notevoli in entrambe le metà del campo:

  • Attacco: da 115.2 a 121.5 punti ogni 100 possessi
  • Difesa: da 112.7 a 108.5 punti ogni 100 possessiIl gioco è più fluido e più rapido, pur mantenendo gli stessi interpreti.

Il pace, cioè il numero di possessi giocati (offensivi e difensivi) in 48 minuti di gioco, è molto indicativo. I Cavs sono passati da un 97.2 (22esimo dato della lega) a 100.6 (decimo). Volume di gioco alto significa più opportunità di segnare. Una cosa che a Cleveland viene PIUTTOSTO bene. Vogliamo dati? Ecco i dati.

  • Tiri segnati a partita: 46.1 (1° nella lega, nonostante il volume di tiri tentati si classifichi al 16esimo posto)
  • Field goal percentage: 52.3% (1°)
  • Two point percentage: 60.2% (1°)
  • Three point percentage: 41.3% (2° nella lega, pur tirandone meno di altre 16 squadre della NBA)
  • Effective field goal percentage: 60.9% (1°)
  • Assist a partita: 28.3 (7°)
  • Palle perse: 12.4 (6°)

Ah, tutto questo tirando solo 20 tiri liberi a partita (26° dato della lega).

E poi, ovviamente, c’è la difesa. Anche qui tanti bei numeri:

  • Palle rubate: 9.9 (2°)
  • Two point percentage allowed: 50.2% (6°)
  • Effective field goal percentage allowed: 52.6% (9°)
  • Turnover percentage: 14.8% (3°)

Il concetto mi sembra sia chiaro. Tanta difesa, braccia alte e leve lunghe. Per poi andare dall’altra parte e segnare. Per carità, sono solo otto partite e probabilmente cambierà tutto. Ma che spettacolo.

I giocatori chiave

C’è davvero bisogno di fare i nomi? Andiamo allora in ordine. Donovan Mitchell, stella indiscussa e trascinatore dei Cavs, viaggia a 23.1 punti, 2.9 rimbalzi, 4.3 assist e 1.5 rubate a partita. Numeri importanti, che nascondono altri numeri ancora più importanti.

Perché sotto Atkinson, a livello di efficienza dal campo, Mitchell sta avendo una delle sue migliori stagioni in assoluto. Il tiro da tre non è mai stato così preciso (40.3%), la percentuale dal campo pareggia quella della sua migliore annata passata in questa statistica, la prima a Cleveland (48.4%). Il tutto giocando in media quattro minuti in meno a partita rispetto alla sua stagione da rookie… Tradotto: meno tiri, più sicuri e più riposato. Una ricetta che evidentemente funziona.

Passiamo poi ad altri due protagonisti indubbi. Darius Garland, dopo una stagione zoppicante, sembra essere tornata la guardia dominante che aveva dimostrato di poter essere. Lasciati alle spalle i chiacchiericci su possibili trade, riecco il vecchio Darius. Anzi, una versione ancora migliore: 20.5 punti, 2 rimbalzi, 6.5 assist, 1 rubata a partita. L’efficienza? Anche qui out of the roof: 52.5% dal campo, 60% da due e 44.8% da tre (tutti migliori in carriera, e non di poco). Per un effective field goal percentage di 63.6% (e non è un centro che schiaccia e basta). Pretty impressive.

Poi, ovviamente, Evan Mobley. A livello realizzativo, anche lui una stagione in crescita netta. Le medie sono le seguenti: 17.6 punti, 8.1 rimbalzi, 2.8 assist, 1 rubata e 1.8 stoppate a partita. L’efficienza? Oh yeah: da tre dita con il 40% (40!!), dalla linea del tiro libero con l’84%, da due con il 56%. Numeri non proprio di un 4 o 5 qualunque.

Accanto a lui il compagno di merende Jarrett Allen: doppia doppia di media (15 punti e 11.6 rimbalzi) con il 68.6% dal campo, miglior dato di carriera. Un offensive rating da 139.2 punti ogni 100 possessi, quinto nell’intera NBA. Primo? Il sesto uomo di Cleveland Caris LeVert con 144.3, che pur non viaggiando a medie astronomiche sta comunque registrando un 73.9 di effective field goal percentage. Dato allucinante raggiunto grazie al quasi 70% di efficienza da due e il 52.4% da tre. A questi ci sarebbero da aggiungere Sam Merril e Ty Jerome, sorprese – o riscoperte – positivissime che sembrano essersi integrate alla grande nel sistema di Atkinson.

Insomma, c’è tanto di bello in questi nuovi ma vecchi Cavaliers. Sono passate 8 partite su 82. La strada è lunga, ma le premesse sono ottime. Inevitabile calcolare una flessione (statistica e di record) per una squadra che oggettivamente sulla carta è meno attrezzata di altre per contendere. Ma, come si dice, sognare non costa nulla. Di sicuro però tutti i tifosi dei Cavs avranno in mente una sola cosa. Per citare Donald Trump: “Stop the count”.

Commenta

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.