Uno, due, tre, cinque. OKC, Denver, Minnesota e Dallas. Gira e rigira, nell’ultimo mese di regular season erano loro le quattro lampanti favorite per la qualificazione al secondo turno. Con qualche dubbio in più per i Timberwolves, che comunque si trovavano ad affrontare il trio Durant-Booker-Beal. Non ci sono stati, però, grossi problemi per Anthony Edwards and co.

Equilibrio, agonismo, basket allo stato più puro: in due parole NBA Playoffs. Perché se è vero che il primo turno può riservare sgambetti alle squadre più quotate, dal secondo turno in poi rimane solo la crème de la crème della pallacanestro mondiale. Tutti uno contro l’altro. E nella Western Conference, che sulla carta ha in media un valore superiore rispetto all’altro girone, è vero a maggior ragione. Tanto che dopo 10 giorni è a dir poco complicato decifrare chi saranno le due prescelte per rappresentare la costa pacifica nelle semifinali per il Larry O’Brien Trophy.

OKLAHOMA CITY THUNDER (1) VS DALLAS MAVERICKS (5): 2-2

La Cenerentola contro la Fenice della NBA. La franchigia che dal baratro del basket mondiale e dalla fama di accumulatori seriali ‘per sport’ di scelte al Draft contro quella più in forma degli ultimi mesi. Per gli anti-Jokic si potrebbe anche dire snub MVP contro snub MVP, insomma Shai contro Luka. OKC veniva da una passeggiata contro New Orleans, i Mavs da una vittoria un po’ più sudata contro dei Clippers (che in ogni caso rimangono i Clippers ai Playoff). Get your popcorns ready… ed effettivamente le prime quattro partite non hanno deluso.

Gara-1, Paycom Center: non c’è storia. I Thunder arrivano più riposati, forse con più bava alla bocca. Dallas dura un quarto e un pezzo, poi è un meraviglioso assolo del trio Gilgeous-Alexander, Holmgren e Williams (Jalen). Sono 29+9+9 per il primo, 19 per il rookie e 18 per il terzo. Dalla panchina arrivano anche i 16 di Aaron Wiggins. La squadra di casa tira con più del 45% dalla lunga distanza, i Mavs si fermano sul ferro (32% nello stesso fondamentale). Doncic non si accende (31% dal campo e plus/minus di -21) e Irving non basta. Risultato? 117-95.

Passano 48 ore e tutto cambia. Perché Gara-2 racconta una storia completamente diversa. Una OKC imprecisa, una Dallas agguerrita e corsara: 110-119. Dal primo all’ultimo minuto i texani controllano la palla a spicchi (fatta eccezione per uno spiraglio nel terzo quarto). La retina finalmente si muove – 49% da tre – e la difesa riesce a rendere più difficili le soluzioni offensive alla squadra di coach Daigneault. Torna protagonista Luka Magic con 29 punti e 10 rimbalzi. Ma la cattedra se la prende tutta PJ Washington, che con la mano bollente replica il tabellino del compagno tirando con il 62% dal campo e con la stessa percentuale dall’arco. Da segnalare anche un revenant Tim Hardaway Jr. dalla panchina (17 punti in 18 minuti). Inutili per la prima testa di serie i 53 punti della coppia Shai-Williams.

Si vola nel cuore del Texas, ma l’ombra dell’ultima partita pesa ancora sui giovani e inesperti Tuoni dell’Oklahoma. Dallas è sicura di sé, forte, completa e spinta dal pubblico dell’American Airlines Center. Gara-3 vola via così: 101-105 e vantaggio nella serie per i Mavs. Merito del duo stellare del backcourt di Kidd: 44 punti tra Doncic e Irving, con lo sloveno che ci aggiunge pure una quindicina di rimbalzi. Ma soprattutto di un PJ Washington ispiratissimo e in formato “Derrick White”. Per l’ex Hornets 27 punti e 6 rimbalzi per tenere a bada e rispondere ai 31 di Gilgeous-Alexander. I punteggi sono ravvicinati ma i padroni di casa tengono in mano il pallino (anzi il pallone) da inizio a fine.

Esattamente come accade anche in Gara-4. Washington continua a viaggiare a cifre non abituali (21+12). Doncic, nonostante la sua quinta tripla doppia di carriera nella postseason, e Irving sono spenti. Ma è quanto basta a Dallas per tenere il muso davanti. Fino a tre minuti dalla fine. Tripla di Holmgren e sorpasso dei primi della classe a Ovest. I Mavs rimangono a portata fino a 10 secondi dalla fine, quando Doncic ha due tiri liberi per pareggiare la pratica ma sbaglia il primo. È la pietra tombale per il 2-2, e si torna in Oklahoma. Certo, vincere tirando 12/23 dalla lunetta è difficile anche per chi ha Irving e Doncic.

Denver Nuggets (2) vs Minnesota Timberwolves (3): 3-2

It’s not over until it’s over. Finis non finis est. E si potrebbe andare avanti un bel po’ con adagi simili. Perché leggere il provvisorio 3-2 della serie non racconta in nessun modo le montagne russe che ci hanno portato fino a questo punto. Le difficoltà e la rinascita dei campioni NBA in carica (e mi verrebbe da dire… ci sarà pure una ragione se lo sono). L’euforia che si trasforma in disperazione per chi a Minnesota pensava di poter riscrivere nuovamente la storia dei Timberwolves salvo ritrovarsi in un batter d’occhio chiuso all’angolo. Esperienza sulla panchina e sul parquet, profondità della rosa, garra e agonismo. Una sfida giocata su vari livelli e mai veramente in bilico. Né da una parte né dall’altra.

Gara-1 e Gara-2 sono sinonimi di Anthony Edwards. A Denver, in una Ball Arena come sempre gremita fino all’ultimo seggiolino, l’ex Georgia segna 43 punti la prima notte e 27 la seconda. Mi spiace se sono ripetitivo, ma quando AntMan è in giornata è uno spettacolo per gli occhi: classe, energia, agilità, potenza, difesa, attacco, playmaking. Tutto. E il 2-0 con cui Minnie ritorna tra le mura di casa lo dimostra. La prima partita (99-106) vede anche il contributo del duo Conley-Reid (30 punti) e della presenza sotto ferro di Gobert. La seconda (80-106) è il momento di Karl-Anthony Towns: 27 punti e 12 rimbalzi. I Lupi di Minneapolis non sembrano coscienti del miracolo che stanno facendo… perché vincere di 26 in casa dei più forti della lega è roba da matti.

E infatti, per tornare ai vecchi adagi, sognare non costa nulla… è svegliarsi che costa caro. Un po’ la lezione che dall’alto della loro cattedra i Nuggets impartiscono ai novellini. Le Pepite d’oro replicano all’incontrario le performance degli avversari: entrano sul parquet del Target Center, bruciano le retine e se ne escono 2-2. Gara-3 finisce 117-90, Gara-4 115-107. La prima volta per merito dei 69 punti del trio Jokic-Murray-Porter. La seconda ci pensa Gordon (27 punti) e il solito Jokic (da 35 punti con 7 rimbalzi e 7 assist). Inutili le 44 cucuzze di Edwards per provare a risvegliare dei Timberwolves ormai in bambola.

Si torna a Denver, ma per KAT e compagnia cantante le cose non migliorano. Lo choc in Gara-5 è evidente: 112-97. Edwards fatica a imporre il suo ritmo (per lui solo 18 punti), Towns si deve improvvisare leader. Ma non si può nulla di fronte all’enormità di Nikola Jokic. Per il neo MVP 40 punti e 13 rimbalzi senza nemmeno una palla persa.

Cui si aggiungono i 50 punti di Gordon, Caldwell-Pope e Murray. Ecco concluso il ribaltone in cinque brevi giorni. E ora appuntamento a Minneapolis per il primo dentro-fuori a Ovest.

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