Siamo alle battute finali della regular season NBA e ormai è piuttosto chiaro, tra le altre cose, chi lotterà per raggiungere il play-in tournament e chi per evitarlo e disputare i playoff senza passare per i pericolosi spareggi. Ad oggi i New Orleans Pelicans appartengono sicuramente a quest’ultima categoria.

La formazione allenata da Willie Green ha avuto, al 24 marzo, un mese stellare da 8 vittorie sulle 10 partite disputate con la ciliegina sulla torta del massimo distacco stagionale a favore arrivato il 5 marzo col +41 rifilato a domicilio ai Toronto Raptors.

Malgrado sia arrivata anche la tegola dell’infortunio di Brandon Ingram (che però sembra essere solo una forte contusione) la prestazione successiva dei Pels ha registrato un’altra vittoria più che autorevole sul sempre difficile campo dei Miami Heat, sconfitti però di ben 23 punti.

Willie Green, artefice dell'ottima stagione dei Pelicans

Willie Green, artefice dell’ottima stagione dei Pelicans

New Orleans è attualmente quinta a Ovest e come accennato sembra poter ragionevolmente guardare più in avanti in classifica tallonando i Clippers (quarti con un record di 44-25 a fronte del 43-27 di Williamson e soci) e sperando addirittura in un primo turno playoff con fattore campo favorevole.

La stagione 2023/24 ha quindi finora sorriso ai Pels che sono ora una delle squadre più in forma. A questo importante risultato però si è arrivati dopo un lungo e paziente lavoro di ricostruzione che è quantomai fondamentale rievocare nel dettaglio per spiegare il momento attuale della squadra.

Due stagioni fa i Pelicans iniziavano a tutti gli effetti il proprio percorso post rebuilding. Altre due stagioni prima c’era stata la pesca di Zion Williamson, prima scelta del draft 2019 e da molti accreditato come possibile dominatore della lega grazie ai mezzi fisici potenzialmente devastanti, poi nell’estate 2021 la scelta di coach Green per rilanciare le quotazioni della franchigia della Louisiana che da quando ha assunto la denominazione attuale nel 2013 ha partecipato solo tre volte ai playoff e superato il primo turno solo nel 2018 (4-0 ai danni di Portland per poi crollare 4-1 sotto i colpi dei Golden State Warriors)

Tutti lo volevano, New Orleans l'ha ottenuto: Zion Williamson con Adam Silver

Tutti lo volevano, New Orleans l’ha ottenuto: Zion Williamson con Adam Silver

L’inizio del suddetto percorso fu però sconfortante. I primi mesi della stagione 2021/22 videro i Pels in fondo alla classifica della Western Conference, l’impostazione difensiva di Green non riusciva ad essere assimilata a dovere dai giocatori in campo e Williamson era sempre infortunato anche per una condotta extraparquet non proprio adeguata per un giocatore che già aveva saltato quasi l’intero anno da rookie.

Ingrassato fino a 136 kg e finito sotto i riflettori per motivi ben poco attinenti a ciò per cui era stato scelto alla numero 1, molti avevano già affibbiato a Zion l’impietosa etichetta di prospetto incompiuto.

Green e il management dei Pelicans hanno scelto però di credere nel loro progetto continuando a puntare su Williamson, sul suo affiancamento a Jonas Valanciunas che portava come conseguenza un frontcourt all’antica con due giocatori d’area quasi esclusivamente interni e su quelli che all’epoca erano i famigerati giovani emergenti su cui ci soffermeremo più avanti.

In questo modo le cose hanno cominciato a migliorare, nel mercato invernale arrivò CJ McCollum e i Pelicans dal fondo della classifica arrivarono a disputare il play-in tournament e a vincerlo riuscendo a eliminare i più accreditati Los Angeles Clippers agguantando i playoff (e uscendo onorevolmente al primo turno per 4-2 contro i Phoenix Suns)

La festa dei Pelicans per l'eliminazione dei Los Angeles Clippers al play-in 2022

La festa dei Pelicans per l’eliminazione dei Los Angeles Clippers al play-in 2022

Certo, si è dovuti passare per una stagione 2022/23 in cui il play-in ha portato l’eliminazione per mano dei Thunder, ma quella che è stata un’annata deludente sotto il profilo dei risultati ha portato comunque un’ulteriore crescita e consapevolezza che i New Orleans Pelicans erano pronti per essere una stabile candidata alla postseason.

L’aspetto maggiormente positivo è la costruzione di una mentalità di squadra vera e propria simile a quanto fatto da Tom Thibodeau a New York, altra franchigia reduce da anni di delusioni ma che oggi è saldamente in zona playoff. Per arrivare a questo risultato occorre indubbiamente un lavoro lungo e che va oltre una singola stagione NBA e paradossalmente il fatto che New Orleans non sia esattamente la piazza più ambita dalle superstars ha aiutato a non farsi tentare da trade o ingaggi che stravolgessero l’identità della squadra in nome della vittoria immediata (ogni riferimento ai Brooklyn Nets non è puramente casuale)

Prendiamo come riferimento quelli che oggi sono i due uomini di punta, con McCollum e Ingram, del backcourt di New Orleans: Herb Jones, play titolare che affianca CJ, e Trey Murphy, primo cambio di Ingram.

Entrambi hanno debuttato nella succitata stagione 2021-22 mostrando buona volontà e buoni mezzi ma ancora da costruire per puntare in alto; questa costruzione però è avvenuta con pazienza e oggi Jones e Murphy non sono più due giovani rampanti ma due pedine fondamentali di una squadra che oggi è praticamente sicura di disputare i playoff.

La dimostrazione dell’efficacia del gioco corale impostato da Willie Green sta proprio nella vittoria in casa di Miami, come detto campo difficile e gara affrontata senza Ingram e con Zion Williamson alla sua peggior gara stagionale con soli 4 punti e 2/7 dal campo.

Anche solo un anno fa sarebbe stato folle pensare che i Pelicans arrivassero non solo a vincere, ma a controllare per tutto il secondo tempo senza dare l’impressione di poter cedere di un millimetro eppure è quello che è accaduto in Florida, proprio perchè i meccanismi sono così ben rodati che New Orleans può rappresentare appieno il motto there’s no I in team.

Detto della qualità del sistema di gioco non ci si può comunque esimere dal commentare il rendimento dei singoli che col proprio ruolo perfettamente chiaro stanno in molti casi vivendo il momento migliore delle rispettive carriere NBA.

Cominciamo da CJ McCollum, ex braccio destro di Damian Lillard ai Portland Trail Blazers e ora calato appieno nel ruolo del vero leader della sua squadra; il suo fatturato offensivo è calato dai 24.3 punti a gara di quando arrivò a New Orleans (portandola al play-in) ai 18.5 attuali ma a fronte di una percentuale da tre punti che supera il 40% (41.5 per la precisione) per la prima volta dal 2017, e in quell’anno da vice Lillard prendeva 5.5 tiri da tre a partita mentre ora le triple sono diventate 8.

CJ ha fatto un passo indietro a livello realizzativo per favorire il gioco di squadra (19.2 tiri a gara nel 2021/22, 14.8 in questa stagione) traendo beneficio sia personale sia corale: ennesimo esempio dell’efficacia nella ricostruzione in casa Pelicans. Poi quando c’è da introdurre un po’ di caos in questo ordine così rigido c’è sempre Jose Alvarado, energia pura in uscita dalla panchina alla miglior percentuale da tre punti in carriera (37.9% su 3.4 tentativi a gara)

Se McCollum è il leader, l’uomo immagine dei New Orleans Pelicans come da copione resta però Zion Williamson che per contribuire al massimo alla risalita dei Pels ha compiuto il passo più importante e difficile: rimettersi in forma fisica e mentale per raggiungere la condizione migliore e mettere in mostra quei mezzi atletici devastanti che aveva mostrato solo a tratti nelle porzioni di stagione che aveva giocato in precedenza quando era sano.

L’attenzione su di lui non sarà più quella di quando venne scelto al draft e infatti quest’anno Zion non ha disputato l’All Star Game (lo fece l’anno scorso in cui giocò solo 26 gare…) ma ad oggi l’ex Duke è devastante al ferro e il suo primo passo bruciante, e non così comune per un fisico come il suo, gli dà la possibilità di attaccare il ferro o di liberare spazio per i tiratori.

I rimbalzi a gara sono solo 5.8 ma l’avere al suo fianco lo specialista di lungo corso Jonas Valanciunas (9.2 a gara per il lituano ex Raptors) consente a New Orleans di non soffrirne troppo.

I Pelicans hanno quindi tutte le carte in regola per concludere al meglio una grande regular season anche se è in arrivo un trittico di gare non facili (dopo la trasferta in casa dei Detroit Pistons la squadra di Green affronterà consecutivamente in casa i Thunder, i Bucks e i Celtics) Ma siccome l’appetito vien mangiando, quali sono le prospettive playoff per il pubblico della Louisiana, cresciuto dai 15.510 medi del 2021 ai 17.740 attuali?

Lo Smoothie King Center nello scontro diretto del 16 marzo contro i Clippers

Lo Smoothie King Center nello scontro diretto del 16 marzo contro i Clippers

Da questo punto di vista non è facile fare una previsione ma sicuramente si tratta di un banco di prova importante per il roster allenato da Green che per la prima volta si troverà con molta probabilità a disputare la postseason non dopo averli raggiunti in extremis ma con reali aspettative di avanzamento con tutto ciò che ne consegue a livello di pressione.

Interessanti gli accoppiamenti più probabili: come accennato ad oggi i Pels si stanno giocando il quarto posto con i Los Angeles Clippers, squadra dalla filosofia diametralmente opposta a quella che abbiamo ampiamente illustrato e che ha portato New Orleans dov’è attualmente.

I cugini dei Lakers hanno infatti optato per il win now comprando superstars e puntando a vincere nell’immediato, cosa finora non accaduta e che ha portato, tra le altre cose, a rinunciare alla crescita di Shai Gilgeous-Alexander oggi leader dei Thunder primi a Ovest.

Sebbene New Orleans abbia vinto 3 delle 4 gare annuali contro i Clippers sulla carta però non ci sono troppi motivi per dare i Pelicans favoriti sia in una serie contro Kawhi Leonard e Paul George (e Harden e Westbrook) sia, per menzionare un’altra possibilità concreta, in uno scontro di lunga durata contro i Minnesota Timberwolves attualmente terzi e anche loro disposti a stravolgere il proprio roster due anni fa per accaparrarsi Rudy Gobert.

Occorrerà che la mentalità di squadra di Green si mantenga tale anche in un contesto playoff dove notoriamente l’intensità raggiunge livelli totalmente diversi rispetto a quelli della regular season, perchè la vera possibile arma in più dei Pels rispetto alle rivali può essere proprio il gioco corale.

Servirà inoltre un contributo da leader di McCollum, di Williamson e soprattutto di Brandon Ingram, scorer di tutto rispetto nel corso della sua ormai lunga carriera (otto stagioni NBA tra Lakers e Pelicans, dove approdò nell’affare che portò Anthony Davis in California) ma ancora da verificare quando si tratta di prendere per mano una squadra che si affaccia ad un contesto vincente, per non parlare del fatto che comunque rientrerà da un infortunio.

I condizionali sono tanti e per i Pelicans prospettare una vera e propria deep run nei playoff è piuttosto difficile. Non per questo la squadra di Green parte però battuta e personalmente mi aspetto anzi che lotterà fino alla fine per superare il primo turno.
Questa eventualità potrebbe portare New Orleans a giocare le gare successive con la pressione che si trasformerebbe, almeno parzialmente, in un’ulteriore iniezione di sicurezza portando la squadra di Green a diventare una vera mina vagante per la Western Conference.

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