Quella del 9 febbraio scorso è stata una nottata italiana felice per i Los Angeles Lakers: ritrovato D’Angelo Russell che mette a segno un trentello tondo tondo, quintetto base tutto sopra i venti punti come non accadeva dal 1993 e vittoria interna contro una diretta concorrente per i playoff come i New Orleans Pelicans.

Tutto molto bello, ma valido solo per il nono posto nella Western Conference con un record (28-26) di poco superiore al 50% e col sesto posto occupato dai Phoenix Suns ancora piuttosto lontano con la squadra dei Big Three Durant-Booker-Beal a quota 31 vittorie e 22 sconfitte.

Il centro classifica in qualsiasi sport è una posizione parecchio scomoda e indesiderata se sei una squadra dal nome e dalla storia dei Lakers e ancora di più se dopo l’anello vinto nel 2020 di fatto la squadra non è più stata tra le principali accreditate a vincere l’anello NBA. Peraltro la suddetta vittoria contro i Pelicans ha (molto) parzialmente attenuato i malumori dei moltissimi tifosi gialloviola in seguito a quanto abbiamo visto durante la sessione invernale di mercato.

I movimenti dei Lakers in questa sede possono essere riassunti in una sola parola: nulla. O quasi, perchè proprio nelle ultimissime battute è arrivato l’ingaggio di Spencer Dinwiddie che ha preferito Los Angeles al ritorno ai Dallas Mavericks (rinforzatisi però in modo ben più concreto con gli ingaggi di Daniel Gafford, entusiasmante nella vittoria dei Mavs contro i Thunder, e PJ Washington)

Non credo ci siano troppi dubbi però sul fatto che Dinwiddie non è certo un giocatore in grado di spostare gli equilibri, men che meno di cambiare la stagione dei Lakers che vede nella sua nona posizione attuale il frutto di un’annata che ha visto un’inquietante alternanza di periodi felici e losing streak fin troppo lunghe come il periodo tra il 15 dicembre e il 5 gennaio scorsi in cui sono arrivate solo 2 vittorie a fronte di ben 9 sconfitte.

Ora siamo apparentemente in un periodo positivo per la squadra allenata per il secondo anno da Darvin Ham che contro i Pelicans ha portato a casa la quarta vittoria nelle ultime 5 gare perdendo solo contro i Nuggets campioni in carica. Il pregresso però non dà certo troppe garanzie su una eventuale risalita in classifica dei Lakers ed è più lecito aspettarsi che la stagione continui su questi binari peraltro neanche troppo diversi da quelli dello scorso anno: qualificazione ai playoff da vedere come un punto di arrivo e la speranza che possa arrivare una postseason foriera di qualche gioia come quando lo scorso anno LeBron James e compagni arrivarono alla finale di Conference persa contro i futuri campioni dei Denver Nuggets.

D’altra parte quanto mostrato dai Lakers in campo è perfettamente esplicativo della situazione non facile della squadra. L’innesto di Gabe Vincent avrebbe dovuto portare una dose di playmaking necessaria in una squadra in cui il costruttore principale di gioco è lo stesso LeBron ma l’ex Heat ha perso finora quasi tutta la stagione per un infortunio al ginocchio e come sempre in questi casi non c’è solo da discutere sulla data del suo rientro ma anche sulle condizioni in cui tornerà e sui tempi di recupero del ritmo di gioco.

In questo modo le armi a disposizione di coach Ham sono rimaste le stesse: LeBron James con un anno in più ma che ricopre ancora il ruolo di superstar della squadra, Anthony Davis finalmente sano per tutta la stagione e che ha ritrovato la convocazione per l’All Star Game e D’Angelo Russell a costituire l’alternativa in attacco insieme alle triple di Austin Reaves, calato nella percentuale da tre punti (35.9% contro il 39.8% dello scorso anno) ma salito a 15.7 punti di media rispetto ai 13 del 2022-23.

Sulla carta è comunque un attacco di tutto rispetto ma senza Vincent è ancora molto legato alle iniziative personali di James e Russell e non sarà l’innesto di Dinwiddie, altro giocatore bisognoso di avere la palla in mano per rendere al meglio, a cambiare le cose.

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Da questo punto di vista sarebbe servita senza dubbio maggiore incisività nel muoversi alla riapertura delle trade contando anche che i problemi fisici di Jarred Vanderbilt (fuori per infortunio per tutta la prima parte della stagione, rientrato a inizio dicembre ma attualmente ancora out per un problema al piede che rischia di tenerlo fuori per il resto dell’annata) hanno lasciato al solo Taurean Prince il compito di occuparsi della difesa.

In generale a spingere i Lakers a muoversi con decisione sul mercato non era solo la posizione di classifica mediocre ma anche la difficile situazione infortuni. Come abbiamo visto però mosse non ne sono arrivate, Dinwiddie a parte, e quindi la logica vuole che la dirigenza sia più proiettata sul futuro che sul presente. Spostando l’analisi dal campo al payroll però le cose non cambiano molto e anzi mostrano una franchigia che sembra navigare piuttosto a vista invece di programmare sul medio-lungo termine la costruzione di una squadra vincente.

Anthony Davis è a contratto fino al 2028 per quasi 280 milioni di dollari e pur avendo un’opzione per uscire dall’accordo nel 2025 non mi sembra troppo realistico che decida di esercitarla. A giugno invece arriverà una decision di LeBron James meno chiacchierata di quando annunciò in diretta TV il suo futuro ai Miami Heat che porterà a due anelli consecutivi ma comunque importante per la sua squadra attuale: il nativo di Akron dovrà infatti decidere se continuare ancora in maglia Lakers anche l’anno prossimo entro il 29 giugno.

Il famoso agente Rich Paul ha smentito le voci di uscita dal contratto e quindi per ora c’è da aspettarsi che James continui la sua militanza in gialloviola tra tanti dubbi sull’avere come giocatore di punta un quarantenne, seppur del calibro di LeBron. Il quale dal canto suo non è apparso troppo felice dell’immobilismo della sua squadra sul mercato e sicuramente si aspetterà un miglioramento per il proseguimento della sua permanenza californiana.

Per il resto ci si è affidati a lungo termine a Rui Hachimura che si sta mostrando ancora poco costante e molto timido per essere stabilmente l’ala di una contender nonchè a Vanderbilt, a contratto anche lui fino al 2028, che come accennato ha avuto la sfortuna di imbattersi in un anno funestato dagli infortuni.

In generale quasi tutti i contratti di quest’anno andranno in scadenza il prossimo, primo fra tutti quello di D’Angelo Russell che fin dai tempi di Minnesota era indiziato come pedina di scambio ma che per un motivo o per l’altro alla fine non parte più, con ogni probabilità perchè i suoi limiti difensivi e i molti tiri di cui ha bisogno non lo rendono appetibile per una big.

Le prospettive dei Lakers non sono quindi troppo buone per il presente e anche per il futuro prossimo ed è molto probabile che la strada che percorreranno gli uomini di Darvin Ham rimanga per i prossimi mesi quella attuale: centro classifica, qualche acuto sparso a ricordare che sono sempre i Lakers ma poche, per non dire nessuna, possibilità di successo.

Sarà l’estate 2025 quella più importante per la storica franchigia californiana che nel frattempo dovrà anche riflettere su quanto convenga puntare ancora su Davis; fino ad allora le gioie per i tantissimi supporters rischiano di essere ben poche.

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