Si stanno per accendere i riflettori sulla stagione 2023-24 della National Basketball Association i cui campioni uscenti, come sappiamo tutti, sono per la prima volta i Denver Nuggets di Nikola Jokic scippato per molti del terzo premio consecutivo di MVP ma che avrà decisamente avuto modo di “consolarsi”.

La Eastern Conference aveva rilanciato la propria competitività negli scorsi anni ma per la stagione che sta per iniziare appare invece un generale indebolimento del girone orientale, con uno scossone arrivato però in extremis: l’approdo ai Milwaukee Bucks di Damian Lillard e il conseguente accasarsi di Jrue Holiday, previo scambio con Portland, ai Boston Celtics. A parte questo vero e proprio tsunami non ci sono stati però altri grossi colpi e anzi varie squadre hanno, come accennato, visto calare le proprie quotazioni.

Addentriamoci comunque nella consueta analisi preseason riguardante l’Est della NBA, nella consapevolezza che come sempre i power ranking sono fatti per essere smentiti dal campo (anche in virtù dei successivi movimenti di mercato durante la stagione…)

1. MILWAUKEE BUCKS

Dopo la trade dell’anno in NBA non si possono non mettere i Bucks in cima alla graduatoria potenziale dell’Est e anche se (come alla fine era ovvio) l’arrivo di Damian Lillard alla corte di Giannis Antetokounmpo ha comportato la perdita di un pezzo prezioso del titolo 2021 come Jrue Holiday (oltre che di Grayson Allen e del pacchetto scelte di turno) il roster di Milwaukee rimane a mio avviso quello più attrezzato nella Conference orientale per puntare a bissare il trionfo di due anni fa.

Le motivazioni non dovrebbero affatto mancare a Dame che finalmente dopo tanti anni a incantare a Portland trova il contesto giusto per fregiarsi di quel titolo NBA che a questo punto è davvero l’unica cosa che manca nella sua carriera. Lillard potrà rappresentare l’alternativa ad Antetokounmpo che fino allo scorso anno era costituita da Holiday e le difese dovranno pensarci due o tre volte prima di lasciarlo sul perimetro per andare a chiudere sul Greek Freak; anche a livello di pressione individuale sarà solo un bene per i Bucks poter contare su un’altra stella per consentire a Khris Middleton di concentrarsi appieno sul ruolo di uomo squadra che svolge benissimo e non avere troppe tremarelle quando quest’ultimo è assente (fisicamente, diciamolo, Khris non è esattamente una garanzia)

Certo, i punti interrogativi ci sono eccome in quanto Milwaukee perde quell’importante dote difensiva sugli esterni garantita da Holiday e Allen (sarà promosso con ogni probabilità Pat Connaughton stabilmente in starting five) e anche per questo è stato firmato Jae Crowder che è sempre prezioso nella propria metà campo (le primavere però vanno per le 34) Inoltre questa sarà una stagione da esordiente assoluto come head coach per Adrian Griffin e questo farà quantomeno presupporre che la carta per Giannis e Dame sarà bianchissima, anche se con Mike Budenholzer non è che ci fosse proprio un sistema di gioco alla Spoelstra.

Tuttavia sulla carta i pregi superano ancora i difetti e soprattutto con il roster precedente si era già arrivati al massimo; al campo dunque la parola definitiva su come Lillard potrà aiutare Giannis Antetokounmpo ad aggiungere un altro titolo NBA al suo palmarès.

2. CLEVELAND CAVALIERS

Potrà apparire piuttosto azzardato mettere i Cavs al secondo posto sopra i Boston Celtics, anzi sicuramente lo è. In attesa di essere clamorosamente smentito dai fatti ecco comunque a voi le mie argomentazioni su come la squadra allenata da JB Bickerstaff sia a mio avviso pronta per il salto di qualità dopo una stagione in cui hanno messo in mostra una gran pallacanestro in regular season prima di cadere al primo turno con un secco 4-1 contro i New York Knicks.

Intanto il giovane nucleo di Cleveland ha potuto saggiare cosa voglia dire giocare i playoff NBA e quindi mi aspetto che Darius Garland ed Evan Mobley (classe 2000 e 2001 rispettivamente, non scordiamolo) siano più pronti a giocare per vincere dopo aver dimostrato lo scorso anno tutto il loro potenziale. Offensivamente il roster mantiene quelle caratteristiche a tratti devastanti che hanno permesso ai Cavs di fare bell(issim)a figura nel 2022-23 con Donovan Mitchell ancora nel suo prime, Mobley e Jarrett Allen ad aggiungere atletismo e Garland a sparare dal perimetro senza pietà.

In più l’innesto di Max Strus può migliorare sensibilmente le quotazioni della squadra. L’ex Miami porta energia e polmoni nella metà campo difensiva e può fare male, anzi malissimo anche in attacco soprattutto al tiro da fuori; un acquisto secondo me passato parecchio sotto traccia complici i tanti cambiamenti importanti nei roster NBA ma che pagherà molti più dividendi di tanti altri. A lui si aggiunge peraltro un gran tiratore dal perimetro come Georges Niang pronto a sfruttare gli spazi creati da Mitchell.

Sarà abbastanza per una deep run? Per me è sì.

3. BOSTON CELTICS

Per i Celtics di Joe Mazzulla, al secondo anno sulla panchina dei verdi del Massachussetts, può essere ripetuto il discorso fatto per Milwaukee: si è provato a vincere con un certo tipo di roster e di gioco, non ci si è riusciti, giusto provare a cambiare. Ma in questo caso per quanto mi riguarda i punti interrogativi superano le certezze.

Chiariamolo subito, il roster di Boston è comunque assolutamente degno di fare strada nella postseason anche quest’anno soprattutto perchè il duo delle meraviglie Jayson Tatum & Jaylen Brown è nel suo periodo migliore ed è pronto a mettere a ferro e fuoco le difese avversarie. Non si può inoltre assolutamente ignorare come l’innesto di Jrue Holiday aggiunga, oltre che un terzo giocatore in grado di prendersi le responsabilità maggiori in qualsiasi contesto, la dote difensiva di cui parlavo nella parte sui Bucks.

Tuttavia la partenza di Marcus Smart e Grant Williams fa capire che il basket che vedremo quest’anno a Boston sarà nettamente diverso da quello organizzato di Brad Stevens ereditato poi da Ime Udoka e dallo stesso Mazzulla. Holiday è un giocatore comunque diverso da Smart che è meno appariscente ma molto più uomo squadra (e infatti è approdato a una Memphis che di collanti d’esperienza ha assolutamente bisogno) e l’impressione è che anche i Celtics vogliano giocare alla “gioiosa macchina da guerra” della NBA attuale con un attacco devastante che tramortisca gli avversari più di una difesa asfissiante.

In più c’è da registrare l’addio di Robert Williams nell’ambito dell’affare Holiday e che Al Horford avrà ancora più responsabilità sotto canestro con gli anni che nel 2024 arriveranno a 38, il tutto perchè come giocatore di punta del frontcourt è stato scelto Kristaps Porzingis (a cui è bastato un anno da stella in un contesto perdente come quello di Washington per convincere la dirigenza Celtics) che sicuramente non può definirsi un cuor di leone e che tanto per cambiare ha saltato i mondiali per la fascite plantare, segnale inquietante sulla sua tenuta fisica notoriamente precaria.

In sostanza a me sembra che nonostante l’arrivo in extremis di Holiday i passi siano più indietro che avanti, come sempre al campo l’ardua sentenza.

4. NEW YORK KNICKS

Lo scorso anno i New York Knicks si sono tolti dalle spalle un vero e proprio orangotango con Tom Thibodeau che è riuscito a riportare la Grande Mela al secondo turno playoff dopo esattamente dieci anni. Non è poco pensando che l’anno prima invece non ci si era qualificati per i playoff dando per finito l’ennesimo ciclo della speranza per una squadra il cui seguito non è spesso stato corrisposto dai risultati.

Per i Knickerboxers questo dovrà essere l’anno della continuità, merce quantomai rara a New York, e a provare a raggiungere l’obiettivo sarà essenzialmente lo stesso roster che ha fatto bene lo scorso anno eliminando al primo turno un avversario assolutamente di livello come Cleveland. Fiducia dunque a Jalen Brunson, ormai da considerarsi una “star in the making” soprattutto per la tenuta mentale che gli ha consentito di diventare leader della squadra, nonchè al vastissimo repertorio offensivo di Julius Randle e a RJ Barrett che sebbene personalmente proprio non mi convinca rimane un tassello fondamentale del backcourt di coach Thibo.

Gli addetti al lavoro sporco saranno capitanati da un Josh Hart ogni anno più solido e dall’aggiunta di Donte DiVincenzo, uomo dall’identikit perfetto per il basket ultradifensivo di Thibodeau. Il mercato non ha visto, come accennato, grosse perdite (solo l’idolo del MSG Obi Toppin è volato ai rivali di Indiana) ma neanche grossi miglioramenti per una squadra che invece ne avrebbe bisogno, soprattutto sotto canestro dove Randle sarà affiancato da un centro sotto la media come Robinson e da un Hartenstein poco costante e affidabile.

Così com’è New York potrà ancora fare strada, ma per arrivare a una deep run i se sono decisamente troppi (Barrett diventerà uno scorer affidabile? Randle riuscirà a reggere due anni di fila come top player?)

5. MIAMI HEAT

Ovvero la grandissima delusa del mercato NBA di quest’estate. Dopo mesi di illusioni riguardo l’arrivo dato per scontato di Dame Lillard, condite da fin troppe voci polemiche contro Pat Riley colpevole di aver rifiutato la proposta di trade di Portland tenendosi a tutti i costi Tyler Herro, i Miami Heat sono costretti a ripartire da ciò che hanno che pure li ha portati a due finali NBA in quattro anni.

Detto che prendersela con Riley, per quello che ha fatto per la Miami cestistica prima che per l’NBA tutta, sa tantissimo di “bandwagon fans” allo stato attuale appare molto difficile che lo straordinario Erik Spoelstra possa condurre di nuovo Miami a giocarsi l’ultimo atto. Perso il fondamentale Max Strus, molto sarà richiesto proprio a Herro che dovrà affermarsi come alternativa definitiva a Jimmy Butler soprattutto in regular season dove la stella ex Minnesota tende a risparmiarsi per essere più pronto quando conta. Tornerà inoltre ad avere tantissimi minuti Duncan Robinson, tiratore mortifero rinnovato a suon di milioni dopo la finale NBA del 2020 ma poi finito in fondo alle rotazioni in favore proprio di Strus.

La squadra resta sicuramente affidabile per raggiungere i playoff ma l’età media è molto alta tanto che Kyle Lowry e Kevin Love, rispettivamente 38 e 36 anni da compiere, saranno ancora chiamati a un ruolo determinante così come si rischierà di dare più responsabilità del dovuto al cavallo di ritorno Josh Richardson in piena parabola discendente. Spoelstra riuscirà sicuramente a trarre il massimo da Highsmith e dal talentuoso Nikola Jovic, sotto canestro c’è sempre la macchina da punti e rimbalzi di nome Bam Adebayo, ma l’impressione è che per gli Heat si stia avvicinando il momento di ricostruire se si vuole davvero puntare in alto.

6. CHICAGO BULLS

Le dichiarazioni di DeMar Derozan parlano chiaro: per lui chi pensa che Chicago debba ricostruire non capisce nulla di pallacanestro. I Bulls giocheranno quindi la stagione 2023-24 con l’obiettivo di vincere, ma con tutto il rispetto per la grinta dell’ex stella dei Toronto Raptors la qualificazione diretta ai playoff saprebbe tanto di punto di arrivo per la squadra allenata per il quarto anno consecutivo da Billy Donovan.

Innanzitutto c’è purtroppo da registrare un’altra stagione persa da Lonzo Ball che si è operato per la terza volta alla cartilagine del ginocchio sinistro e non tornerà neanche quest’anno dopo essere stato fuori già 16 mesi. I fans di Chicago sono quindi costretti di nuovo ad assistere alle disgrazie del loro play titolare dopo quello che è successo con Derrick Rose e di conseguenza sarà di nuovo ampio il minutaggio ricoperto da Alex Caruso che con la sua energia cercherà di non far pesare troppo l’assenza di un top player in cabina di regia.

DeRozan e Zach LaVine saranno l’anima morale e offensiva della squadra, appaiono da tempo entrambi in ottima forma e garantiranno sicuramente tanti punti; per il resto però la coperta è piuttosto corta con Nikola Vucevic che avrà come primo cambio il plurideclinante Andre Drummond e Ayo Dosunmu chiamato ad affermarsi come giocatore affidabile dopo due stagioni in cui è apparso comprensibilmente bisognoso di crescere. Gli innesti dalla offseason sono piuttosto marginali (è stato messo sotto contratto anche l’ex pesarese Henri Drell, che pochi anni fa non sembrava in grado di reggere neanche la bassa serie A italiana) ed è piuttosto chiaro come ci voglia di più per rendere i Bulls una squadra in grado di avanzare nella postseason.

Certamente però la coppia DeRozan-LaVine darà tutto per raggiungere i playoff e mi aspetto anzi un ulteriore passo avanti dell’ex Minnesota ormai nel pieno della maturità cestistica.

7. PHILADELPHIA 76ERS

It’s always sunny in Philadelphia, recita il titolo di una nota serie TV, ma questo sole non brilla troppo sulla faccia cestistica della Città dell’Amore Fraterno dopo l’ennesima postseason deludente come ormai è prassi da anni dopo il tanto discusso Process di Sam Hinkie.

Phila non ha mai superato il secondo turno playoff dall’arcinota ricostruzione e il suo miglior risultato nel terzo millennio rimane la finale NBA del 2001 con l’indimenticabile Allen Iverson solo al comando contro i Lakers di Kobe&Shaq. Nel frattempo però è passato quasi un quarto di secolo e perdipiù i Sixers di oggi si trovano anche a fare i conti con i soliti mal di pancia di James Harden che come a Houston due anni fa è scontento e vuole essere ceduto senza essere riuscito a far fare il salto di qualità alla sua squadra.

Al di là della vicenda Harden la squadra è ancora saldamente in mano all’MVP più discusso degli ultimi anni (forse anche più di Russell Westbrook, il che è tutto dire)
Joel Embiid sicuramente continuerà a macinare statistiche ma ormai i fatti dicono che non si tratta di un vero trascinatore per una squadra che punta all’anello, anche per le continue critiche ai compagni di squadra senza che in tutti questi anni si sia mai messo in discussione lui stesso.

Così, mentre presto anche Harden lascerà Phila, si andrà avanti con poche prospettive di crescita (principalmente riposte in Tyrese Maxey che senza il Barba avrà probabilmente in mano il backcourt) e troppo talento per mettersi a tankare, con Tobias Harris pagato tanti bei soldoni per fare lo specialista difensivo e un nuovo coach come Nick Nurse che eredita da Doc Rivers una delle panchine attualmente più scottanti e meno ambite della lega. Tempo di iniziare un nuovo Process, possibilmente più concreto e meno mediatico del vecchio?

8. ATLANTA HAWKS

Le prospettive degli Hawks dopo la finale di Conference del 2021 sembravano quelle di una squadra pronta a scalare le gerarchie della NBA guidata da un fantastico scorer e uomo squadra come Trae Young. Le cose non sono però andate esattamente così e sono seguite due eliminazioni al primo turno playoff senza nemmeno troppe velleità di vittoria, ma soprattutto neanche quest’anno sembra che gli Hawks possano fare di più che unirsi al gruppone che spera negli ultimi biglietti per la fase successiva.

L’esperimento Young-Dejounte Murray non ha del tutto funzionato e ovviamente in Georgia sperano che lo scorso anno sia stato di assestamento per consentire alle due punte di diamante dell’attacco Hawks di trovare la giusta intesa. Di buono c’è che il rinnovo di Murray è stato accolto molto calorosamente, almeno a parole, da Young.

Nel frattempo però c’è stata anche la partenza, invero da anni nell’aria, di John Collins dalla quale Atlanta non ha ottenuto più del quasi pensionato Rudy Gay e di una seconda scelta futura; va bene che il nuovo giocatore dei Jazz non si era esattamente rivelato un vincente, ma non rimpiazzandolo ci si mette sostanzialmente in mano a Saddiq Bey, ottimo come sesto uomo ma da verificare ad alti livelli come starter, all’ancora acerbo Achiuwa e a un Clint Capela i cui anni migliori iniziano ad essere alle spalle.

Se la suddetta intesa tra Young e Murray verrà finalmente trovata gli Hawks potrebbero prendersi qualche soddisfazione in più ma le prospettive attuali, nonostante un giocatore elettrizzante come Trae, sono della più classica delle “stagioni di media classifica”, troppo per tankare, troppo poco per fare strada.

9. BROOKLYN NETS

Qui lasciamo la zona “vorrei ricostruire” per entrare in quella “iniziamo a ricostruire” con i Brooklyn Nets che iniziano a rimettere su i cocci dopo non essere riusciti ad arrivare neanche in finale NBA nè con il duo delle meraviglie Irving&Durant (poi diventato per breve tempo trio con il passaggio di Harden) nè, prima ancora, con l’era Prokhorov e la faraonica campagna acquisti che portò Kevin Garnett, Paul Pierce e Jason Terry.

L’ex franchigia di New Jersey tuttavia deve ancora risolvere l’eterno rebus Ben Simmons, a libro paga per altri due anni. Tentare di cederlo è per il momento un’assurdità per cui si cercherà per l’ennesima volta di cavarne fuori qualcosa di positivo sul parquet; perlomeno l’australiano si è allenato con costanza durante l’estate e almeno a parole si dice pronto a giocare ad alti livelli. Diciamo che a Brooklyn per ora basterà che giochi…

Simmons o no la squadra è attualmente in mano a Mikal Bridges, punta di diamante del pacchetto arrivato in cambio di Kevin Durant dai Phoenix Suns e scorer di riferimento, nonchè a Nic Claxton dal quale ci si aspetta la definitiva affermazione dopo anni a far vedere sempre più cose buone. La conferma di Royce O’Neale, garanzia che metterà una pezza sui limiti di Dorian Finney-Smith (altro giocatore in negativo senza Luka Doncic al suo fianco) e l’esperienza di Spencer Dinwiddie in regia faranno in modo che la stagione non sia da buttare per i Nets e che anzi potrebbe costituire una buona iniezione di fiducia per un ambiente che ne ha alquanto bisogno.

Staremo quindi a vedere se finalmente vedremo un Ben Simmons che farà parlare di sè per come giocherà e non per ciò che accade fuori dal parquet, ma tutto sommato le prospettive per i Nets sono meno buie di quanto sembrino.

10. INDIANA PACERS

Altra franchigia che passo dopo passo, per citare un vecchio presidente statunitense, sta iniziando a mettere su una squadra come si deve dopo la mediocrità in cui era piombata successivamente all’addio di Paul George. In particolare sotto i riflettori non potrà che esserci Tyrese Haliburton, ottimo giovane fino allo scorso anno, stella in divenire della NBA a partire da questo.

L’ex Kings è stato tra le poche note liete del mediocre mondiale disputato da Team USA dove ha dimostrato di poter essere un leader e di aver maturato la personalità adatta a tenere in mano una squadra, cosa che aveva già fatto intravedere lo scorso anno coi suoi Pacers che prendendolo da Sacramento hanno fatto felici sia i Kings, che si godono un grande Sabonis, sia soprattutto loro stessi. Ad affiancare Haliburton un ottimo colpo di mercato come Bruce Brown prezioso nei Denver Nuggets dell’anello (che infatti rimpiangono e rimpiangeranno la sua partenza) e tra i relativamente pochi esterni attuali ad avere una spiccata vocazione difensiva: l’ideale per accompagnare il giovane Tyrese.

La squadra non sembra ancora attrezzata per essere una candidata certa ai playoff soprattutto perchè le scommesse sono tante, dall’ottava scelta assoluta Jarace Walker al sophomore canadese Benn Mathurin passando per Obi Toppin che si troverà dall’essere un beniamino dei tifosi Knicks a dover fare probabilmente il titolare accanto al veterano Myles Turner; in più c’è da sbrogliare la matassa Buddy Hield, offerto a mezza NBA dato che non rientra nei piani di rebuilding dei Pacers. Una stagione di transizione quindi, in cui più si vince più si è felici ma non si fanno troppi drammi se si perde.

11. TORONTO RAPTORS

A giudicare dalle varie opinioni diverse dalla mia che vedono i Raptors nel pieno della potenziale lotta playoff mi sento quasi in colpa a pronosticarli fuori anche dal play-in ma non posso farci nulla: le ambizioni della squadra canadese mi sembrano davvero poche.

Se n’è andato il pezzo da novanta Fred VanVleet per unirsi al nuovo corso (anch’esso per me poco convincente ma se ne parlerà nelle giuste sedi) degli Houston Rockets e così l’ultimo reduce dall’anello 2019 rimane Pascal Siakam che nonostante sia all’ultimo anno di contratto sembra intenzionato a partecipare anche al nuovo ciclo di Toronto, che però non si capisce se debba iniziare già da quest’anno. Ad affiancare Siakam nel frontcourt troviamo infatti ancora Jakob Poeltl, non certo un centro da squadroni, mentre il backcourt vede Dennis Schroder come successore di VanVleet che dovrebbe essere un giocatore d’esperienza e aiuto a Scottie Barnes e Gary Trent Jr. ma che invece potrebbe ancora ricoprire il ruolo di go to guy tra gli esterni.

Giusto puntare su Barnes e Trent per costruire i Raptors del futuro ma sarebbe bene avere le idee più chiare sul presente. Ho invece l’impressione che in Canada si viva piuttosto alla giornata, cercando di cedere OG Anunoby ma continuando a investirlo del ruolo di ala titolare o affermando di puntare a giocarsi le proprie chances in stagione per poi tenersi Poeltl in starting five. Così come sono, quindi, i Raptors sembrano destinati a non vincere ma a non perdere neanche abbastanza per affidarsi al prossimo draft.

12. ORLANDO MAGIC

A Orlando la ricostruzione è avviata già da un pezzo e dopo tanti anni di mediocrità assoluta finalmente si inizia a intravedere un futuro per i Magic, che mancano dai playoff da tre anni ma più in generale dal 2010 non superano il primo turno.

Paolo Banchero ha superato l’esame dell’anno da rookie e si prepara ad aggiungere un’altra stagione di esperienza per portare Orlando a giocarsi qualcosa di sostanzioso. Al suo fianco Franz Wagner reduce dalla vittoria ai mondiali e una truppa giovane guidata da un coach giovane come Mosley (terzo anno da capo allenatore per il 45enne ex vice a Dallas) che quest’anno avrà in più un altro esordiente come Anthony Black in cabina di regia. Una base di partenza indubbiamente ricca di potenziale, che però difficilmente porterà già quest’anno dei risultati concreti.

L’esperienza dei ragazzi di Mosley è in effetti ancora troppo poca col solo Wendell Carter Jr. a fare da veterano e in più bisogna capire quanto Markelle Fultz, rientrato lo scorso anno dall’infortunio che gli ha fatto giocare solo 8 partite due anni fa, c’entri col suddetto progetto di ricostruzione (il 25enne ex Sixers è in scadenza) Tutto questo si ripercuoterà soprattutto dal punto di vista difensivo con Banchero che ha già i mezzi fisici e atletici e deve ancora aggiungere la giusta dose di malizia specie al fianco di un Wagner che invece punta decisamente più sulle doti offensive.

Per questo anche quest’anno i Magic vinceranno l’anno prossimo, ma finalmente c’è un punto di partenza perfettamente a fuoco, e non è poco per la franchigia della Florida.

13. DETROIT PISTONS

Se Miami è senza dubbio la squadra più delusa dalla offseason NBA non si può dimenticare come i Pistons abbiano sperato di essere baciati dalla fortuna al draft 2023, pregustato magari anche Victor Wembanyama per poi vedersi scivolare alla numero 5 nella notte della lottery.

Ad accasarsi a Detroit è così la guardia Ausar Thompson, gemello del neo Rockets Amen, che si unisce al giovanissimo core della squadra allenata da quest’anno nientemeno che dall’ex coach dei Phoenix Suns Monty Williams. Proprio l’allenatore rappresenta di fatto il colpo più pesante del mercato Pistons per riportare in alto la franchigia del Michigan che non vince una partita playoff dal 2008.

Quest’anno rientrerà Cade Cunningham, sul quale Detroit punta indubbiamente molto insieme a Jaden Ivey; un backcourt anche in questo caso con molto potenziale ma che rispetto a quello di Orlando ha ancora parecchio da dimostrare. Stesso discorso grosso modo anche sotto canestro con James Wiseman chiamato a una stagione d’affidabilità dopo l’assestamento successivo alla partenza da Golden State e Marvin Bagley III che continua ad essere finora un oggetto misterioso.

Anche in Michigan quindi non è ancora il momento per iniziare a vincere, quanto piuttosto quello di lasciar lavorare Williams e crescere i propri giovani talenti. Chissà, magari nel 2024 arriverà anche una scelta più alta della 5.

14. WASHINGTON WIZARDS

Bradley Beal è andato via senza riuscire a vincere a Washington come sperava, così come Kristaps Porzingis ha sfruttato i Wizards esclusivamente come trampolino per rilanciarsi ad alti livelli. Alla franchigia capitolina resta quindi poco più di un pugno di mosche in mano soprattutto a livello di prospettiva futura.

Alla corte di Wes Unseld Jr., al terzo anno da head coach, è arrivato quest’anno Jordan Poole deciso a scrollarsi di dosso certe voci di giocatore difficile da gestire che ne hanno segnato l’addio ai Golden State Warriors; saranno lui e Kyle Kuzma i trascinatori di una Washington che per il resto però ha davvero molto, molto poco. Facile quindi che si attenderà la prossima stagione per capire meglio quale futuro attende i Wizards che attualmente sono pieni zeppi di contratti in scadenza (tra cui quello di Deni Avdjia che magari approfitterà del contract year per mostrare finalmente qualcosa di concreto in campo) e col solo Bilal Coulibaly, settima scelta al draft, come giovane futuribile.

Con un frontcourt che ha poco più di un Daniel Gafford tanto straripante dal punto di vista atletico quanto ancora tecnicamente carente (probabile che Danilo Gallinari giocherà per la prima volta in carriera da centro!) e una regia in cui Tyus Jones si ritroverà da riserva a titolare assoluto non c’è molto su cui puntare per quest’anno nella capitale. Si spera almeno che Poole si confermi uno scorer di prima fascia per poter costruire intorno a lui in futuro.

15. CHARLOTTE HORNETS

Michael Jordan se n’è andato e la situazione a Charlotte può tranquillamente riassumersi nelle due parole “casino totale” col povero LaMelo Ball costretto a cantare e portare la croce da solo.

Il fratello minore di Lonzo resta un talento assoluto ma intorno a lui gli Hornets davvero quest’anno non hanno messo su nulla se non affiancargli la seconda scelta assoluta Brandon Miller. La situazione tuttavia non è esattamente quella ideale per un giovane talento che dovrà affiancare un Ball affermato ma comunque bisognoso di mettersi in mostra per sperare in un contesto migliore e soprattutto avrà dei compagni di squadra che per buona parte sono in attesa, scadenza di contratto o no, di essere piazzati altrove.

Gordon Hayward finirà il suo stint agli Hornets da lontanissimo parente del giocatore visto ai Jazz, Miles Bridges tornerà a giocare dopo aver saltato un anno per problemi giudiziari mentre Kai Jones ha ben pensato di ispirarsi a Ja Morant dal suo lato peggiore guadagnandosi anche lui una sospensione. Basterebbe questo per tracciare un identikit di una stagione che per Charlotte si prospetta difficile nonchè perdente, con la speranza che Miller regga l’impatto con il basket pro e possa costituire con LaMelo Ball quantomeno qualcosa da cui ricominciare.

3 thoughts on “NBA Power Ranking ’23’24: Eastern Conference

  1. No, i cavs sopra a Boston non è concesso. Proprio perché si parla di situazioni sulla carta. Poi tutto può succedere

  2. Articolo scritto qualche giorno fa immagino, non penso proprio che Miles Bridges possa tornare a giocare.

    • Sì, l’ho finito esattamente domenica scorsa e quindi la situazione di Bridges è indubbiamente cambiata in peggio.

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