Senza scomodare paragoni celebri fra le prime scelte al draft che hanno cambiato i corsi di franchigie e intere narrazioni NBA, quello che è accaduto con la chiamata di Victor Wembanyama per i San Antonio Spurs ci ha portato indietro di poco tempo, quando cioè David Griffin e il front office di New Orleans hanno visto di colpo modificare le aspirazioni presenti e future dei Pelicans. Zion Williamson rappresentava infatti quel terno al lotto che avrebbe riscritto la storia della squadra residente in Louisiana, elevando un immediato upgrade sufficiente a competere ed invogliando il mercato libero a emigrare nella “The Big Easy”.

Questo mini preambolo deve essere da monito affinché una first overall, sebbene tanto blasonata come Wemby, non venga a tutti i costi consacrata quale panacea di tutti i mali, la password per sbloccare sistemi corrosi da lunghi torpori o addirittura l’istantaneo climax per vincere il titolo! Ewing, Shaq e lo stesso Tim Duncan hanno shockato il mondo, al pari però di Oden e – finora – proprio Zion, tanto per capirci: discontinuità, infortuni e vita sregolata sono variabili impazzite che in NBA possono distruggere facilmente una carriera.

In casa Spurs però si è pensato bene di estendere a 80 milioni quinquennali Greg Popovich, simbolo di un’epoca che d’incanto divenne leggendaria, proprio perché a due prime scelte generazionali (Robinson e Duncan appunto) venne unito il sergente di ferro capace sia di far emergere le loro poliedriche qualità offensive che di disciplinarli nelle marcature. Format poi negli anni divenuto un mantra a San Antonio, con un giro palla spasmodico che liberava tiri non contestati e la sagacia dei solisti in post o isolamenti e transizioni, ma anche una difesa della propria metà campo asfissiante che ha fatto storia.

Che sia questo il binomio atto a riportare in 5 anni gli Spurs sul tetto NBA è tutto da verificare, visto che qualche scricchiolio negli oliati meccanismi tattici del Pop si è cominciato a vedere di recente, sia con la nazionale che coi giovani Speroni. E’ pur vero che l’attempato marpione già due anni dopo la pesca di Dejounte Murray si era reso disponibile a “cambiare” i propri diktat per mettere il team al servizio del veloce play, con rapide scorribande in avanti e l’aspirazione di modificare penose statistiche sotto le voci PACE e 3Pt Attempts, dopo gli anni di gloria passati quasi sempre a giocare a basso ritmo. L’infortunio a DJ ha interrotto poi le buone intenzioni, riportando il decano da East Chicago ad utilizzare le solite armi della casata: giochi a due e soluzioni in mid range.

Con tutto il rispetto per Murray, le credenziali di Wembanyama non solo parlano di un unicorno offensivo incontrastabile, probabilmente anche nella massima serie, ma fanno proprio apparire il “vecchio” stile NBA di Pop adatto ad elevarne la grandezza, a discapito della modernità fatta di corse e bombe da fuori.

Victor si presenta infatti come un mix fra il connazionale Gobert e Kevin Durant, senza che ci sia bisogno di spiegare quali siano le caratteristiche che possa prendere dall’uno o dall’altro. Alto più di 220 centimetri, con un’apertura di braccia di 236 che ne fa senza dubbio un profilo da post up nonché marcatore perimetrale, uniti alla clamorosa capacità dal palleggio e alle uscite dai blocchi fatte vedere sin dai tempi nel Nanterre, in Euroleague e col Metropolitans 92, lo notificano quale ala sui generis che in NBA potrebbe fare il botto.

Musica per le orecchie del guru, soprattutto perché nell’ultima stagione il francesino da Le Chesnay ha arricchito il repertorio di soluzioni dalla media distanza, che sotto la sua guida potrebbero estendersi benissimo fuori dall’arco, senza contare l’incredibile e inedita agilità da difensore su ogni ruolo, nonostante la stazza!

Ancor più elettrizzante per Popovich è il supporting cast che dovrebbe scortare il crack francese alla sua prima esperienza NBA, un nugolo di elementi che sembrano fatti apposta per aiutare il rookie a sopperire a ovvie mancanze fisiche e tattiche, da limare nella “scuola” di Alamo.

Non bisogna essere uno scienziato per capire difatti quanta libertà Popovich dovrebbe accordare al debuttante, probabilmente una sorta di centro ante litteram in attacco, autonomo nel procacciarsi spazi e gestire le proprie vibe, mentre a sudare e andare di tattica ecco pronti Devin Vassell e Keldon Johnson, gli altri due prospetti della casa già “marchiati” dall’impronta dello skipper, che alternerebbero perciò i moltissimi possessi a difesa schierata destinati al debuttante con l’altissimo ritmo offensivo imposto nelle ultime due stagioni senza obiettivi. Chi sembra nato con l’effige da Sperone è Jeremy Sochan, sophomore atteso alla conferma e già beniamino dell’AT&T Center, a cui sarà assegnato il compito di collante fra i due lati del parquet.

Si riparte perciò da un quartetto giovanissimo comunque colmo di skillset e in predicato di creare spazio da molteplici mattonelle, ma soprattutto “migliorabile” dall’allenatore, a cui si aggiunge il fortemente desiderato e perciò rinnovato Tre Jones, profilo Spurs se ce ne è uno, anch’egli dalla carta d’identità ridente ma veterano nell’animo come piace a Pop e grandissimo difensore.

E’ lui forse l’elemento a cui il coach potrebbe dare le maggiori responsabilità, data la scarsa attitudine a commettere turnover seppur soltanto ventitreenne, sfruttando il sovente e possibile emigrare di Wemby nel perimetro per filare dentro il pitturato, o rifinire le medie da fuori grazie alle aperture che i 4 titolari gli offrirebbero.

Popovich ha un roster giovane, tanto tempo davanti e specialmente un front office paziente che ha deciso di proseguire con lui, nonostante si potrebbe clamorosamente trovare già quest’anno ad aver concluso una breve rebuilding, avendo a disposizione nei 5 anni di contratto uno starting lineup  con cui scalare le vette della Lega. Se così fosse non sarebbero necessarie aggiunte a breve termine, ma continuare anno per anno aggregando a una rosa completa e dal futuro garantito esperti utility perimetrali ma con la valigia sempre pronta, tipo Bullock, Osman, Payne e Graham.

L’allenatore come compito primario dovrà dunque perfezionare fisico e diligenza difensiva per Wembanyama e sciogliere le briglia a un cavallo di razza quale Socham, mentre i tre qualitativi 3&D completeranno un quintetto “basso” e atletico ma allo stesso tempo roccioso e di stazza.

C’è molta curiosità per i nuovi Spurs, d’incanto tornati a livello mediatico nel basket che conta, grazie al colpo dell’ultimo draft e alla conferma di uno dei più grandi strateghi della storia NBA, un’intrigante combinazione fra nuovo e vecchio che potrebbe rivelarsi vincente!

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