I Denver Nuggets battono i Miami Heat per 4 a 1 e conquistano il primo titolo della loro storia. Una serie che è durata 5 partite ma che suona come uno sweep, con una vittoria dell’onore che poco cambia alla narrazione che ci racconteremo negli anni a venire.
Non c’è stata storia e lo si sapeva. I Nuggets erano troppo più forti come collezione di talenti e giravano alla grande in ottima condizione fisica. Gli Heat sono arrivati alle Finals grazie ad una cattiveria agonistica senza precedenti ma la differenza era enorme.
In sede di preview ripetevo a me stesso il giochino più elementare per il basket. Mi dicevo che se l’attacco di Denver contro la difesa di Miami poteva avere qualche difficoltà lo stesso non si sarebbe mai potuto dire nell’altra metà del campo.
Questo attacco degli Heat così spuntato contro una difesa solida e disciplinata? No, non avrebbe retto.
Gli Heat hanno avuto una chance solo con alte percentuali da tre ma una serie al meglio delle 7 non la vinci con gli exploit di una notte. Tende sempre a vincere la squadra migliore e più in forma e così è stato ampiamente.
Vediamo le 5 storie che ci portiamo da queste Finals 2023.
LA PRIMA VOLTA DI UNA CITTÀ
Tanto discreta e tanto onesta pare ma Denver sa essere una città molto passionale, al di là di come può apparire da fuori, un po’ come nostre certe città sul lago, non gli daresti un euro ma in realtà nascondono un calore che ti sorprende.
E’ la prima volta nella storia di una franchigia che non ha avuto grandissimi soddisfazioni nella sua storia. Due titoli ABA negli anni ‘70 e solo quest’anno la prima partecipazione in assoluto alle Finals.
E’ una città di hockey e football, con gli Avalanche campioni l’anno scorso e i Broncos nel 2015 dopo la doppietta ‘97-’98. Il baseball e il basket sono sempre andati di pari mediocre passo. I Rockies hanno disputato una sola World Series ed è andata malissimo, sweep dai Red Sox nel 2007.
Denver quindi non è una grande città di sport ma come si è visto dal palazzo in festa è certamente una città che il grande sport lo vuole vivere. Grandi festeggiamenti per le strade per salutare un titolo per certi versi anche insperato, visto che sono underdog da sempre e mai giustamente considerati. Non solo i Nuggets ma la città intera.
MURRAY L’ETERNO SOTTOVALUTATO
Ora ditemi cosa manca a Jamal Murray perché sia considerato tra i grandissimi del gioco. Non avrà i numeri e le giocate dei vari Steph, Ja Morant, Dame e compagnia bella ma nel gruppo ci sta. Con un anello da protagonista ci deve stare.
O almeno sono queste le obiezioni di sempre che oggi dovremmo rigettare. A ben vedere, se proprio dobbiamo essere onesti, è sempre stato un giocatore spettacolare.
C’è quella penetrazione in emulazione di Michael Jordan contro i Lakers, di quando entrò in area e girò attorno a LeBron per un layup incredibile. Non ha avuto il credito che meritava ed è esattamente il simbolo di come è sempre stato trattato.
Ha giocato delle Finals perfette, calandosi nel ruolo di secondo come pochi altri nella storia, forse solo Pippen. Nei momenti decisivi ha sempre messo canestri importanti. Ormai i bad boy non vanno più di moda.
Denver ha vinto un titolo con un ragazzone serbo ex sovrappeso e con un bravo canadese che si è ripreso da dei legamenti crociati dilaniati. Un infortunio che ha distrutto la carriera di tanti prima di lui.
Per ribadire. I titoli si vincono con un numero 2 che non solo accetta di esserlo ma che ne fa un modello.
GLI HEAT HANNO FATTO COMUNQUE LA STORIA
I Miami Heat hanno chiuso la stagione al settimo posto ad Est, con un record di 44-38. Hanno perso il primo play-in contro dei non indimenticabili Atlanta Hawks per poi aggiustare il tiro battendo i Bulls entrando nei playoff con la testa di serie numero 8.
A sorpresa hanno mandato i Bucks in vacanza anticipata almeno un mese prima secondo i piani di Giannis, la sesta volta di sempre per una numero 8 contro una numero 1 ma la prima volta in assoluto per una squadra che non solo viene dal play-in ma che ne anche perso la prima.
Hanno evitato di rifare la storia dal lato sbagliato, quasi rimontati dai Boston Celtics sotto 0-3. Nella storia NBA quindi la rimonta impossibile deve ancora accadere.
In sintesi, perché ci ricorderemo di questi Heat ? Onestamente non ho mai visto un gruppo che ha elevato ad arte la voglia di combattere, la grinta, la disciplina mentale e la cattiveria agonistica superando squadre anche di molto superiori, arrivando a delle Finals da ultimissimi della classe con un roster appena da playoff.
La personificazione in campo di queste caratteristiche è ovviamente Jimmy Butler. Anche lui non sarà “flashy” come gli altri ma lotta e ci crede. E’ vero, a queste Finals è arrivato stanco, ha giocato sotto il par rispetto al resto dei playoff ma cosa gli puoi dire?
E’ stato il leader di una banda di scappati dal draft, in senso letterale, gli ha portati fin troppo lontano. Coach Spoelstra è l’altra star, la vera in realtà. Gli Heat sono in partita se il loro coach è il migliore del business, riconosciuto dai colleghi, per la preparazione delle partite e per i famosi aggiustamenti.
Bravi Heat, vincere il titolo era onestamente troppo ma la cavalcata improbabile l’abbiamo apprezzata tutti.
JOKIC E’ IL PADRONE DELLA NBA
Cala l’ultima obiezione. Dopo due titoli di MVP conseutivi ed un terzo sfuggito forse immeritatamente quest’anno arriva la consacrazione dell’anello e ovviamente di un MVP delle Finals già prenotato alla vigilia di gara 1.
Non ci sono più alibi ragazzi, mettetevi l’anima in pace. Nikola Jokic è il padrone della NBA come il suo connazionale Djokovic lo è del tennis. Se non vi piace potete anche cambiare canale ma così stanno le cose oggi.
E Luka Doncic potrebbe essere il secondo miglior giocatore, va bene, per questo c’è tempo e non facciamo divagazioni, l’onda balcanica ha comunque completamente spazzato il campo.
Potrei parlarne per ore ma limito al numero 3, sempre scandito dalle mani di ogni buon serbo. Cosa ha di unico Nikola ?
Intelligenza di gioco. Dove non arriva l’atleta interviene la mente. Uno scienziato applicato al basket.
Il tocco morbido. Qualsiasi tiro viene baciato e assorbito dal ferro, anche il più improbabile. Visti canestri che non avevano diritto di cittadinanza, letteralmente sospinti dentro dalla gentilezza della sua mano.
La visione. L’aspetto più evidente. Non è soltanto il lungo miglior passatore di sempre, questo è fin troppo facile. E’ uno dei migliori assist-man di sempre, di ogni ruolo. Ovvero sta con Magic e Stockton. E questo è tanto impressionante quanto ormai innegabile.
FINALS BRUTTINE
Non sono state delle Finals bellissime. Denver ne ha persa una nei possessi finali ma le altre le ha controllate bene. C’è sempre stata l’impressione di una sfida mai davvero competitiva.
Il riscontro più sincero in questi casi è il rating televisivo, in calo. Abbiamo visto belle giocate, una grande intensità ma un equilibrio vero tra le due squadre è realmente mancato, ovvero l’elemento base insieme alla presenza di superstar per una serie di successo per lo spettatore neutrale e per la NBA stessa.
I Nuggets hanno meritato e sono contento per loro perché è un progetto sano che viene da lontano. Adesso il mondo non può più ignorarli.
Queste Finals vanno in archivio. Saranno abbastanza in fondo nei ricordi però è sempre bello vedere una nuova città sugli altari.
Non so come si dica in serbo ma Jokic adesso può dire quello che pensa da anni. “Qui ora comando io”.
“E qualcosa rimane tra le pagine chiare e le pagine scure…”
Colle sue abilità da point-center Jokic ha mostrato agli ammeregani come si gioca a pallacanestro: sempre e costantemente di squadra, il passaggio al compagno come prima opZione per distacco.
Si tengano pure gli heroballer, loro.
Io credo che la NBA debba prendere qualche provvedimento perchè, in generale, a mio sommesso parere, la qualità dello spettacolo tecnico sta veramente scadendo. Ormai si vedono 40 o 50 tiri da 3 ad ogni partita, una infinità di pick and roll e zero gioco sotto le plance. Ormai ogni azione, se non riesce, finisce con un hail mary da 3 punti. I lunghi americani hanno ormai zero tecnica (ecco perchè Jokic, che ha una tecnica sopraffina, spacca tutto!!!), tirano da fuori e vanno a prendere ogni tanto qualche rimbalzo (tirando spessissimo da 3, il rimbalzo cade spesso lontano e allora perchè stare a sgomitare sotto canestro?). Il gioco della NBA si è avvicinato sempre più al gioco dei playground americani e può anche piacere, ma c’è uno scadimento tecnico impressionante! Un buon giocatore europeo ha una tecnica di base apprezzabile e infatti riesci ormai a inserirsi bene nel contesto Usa ormai. Io vedo sempre meno schemi, zero gioco spalle a canestro e una marea di azioni personali, anche pregevoli, per carità. Ma quando vedo per 60 minuti solo entrate in solitaria o bombe da tre a ripetizione…mi annoio abbastanza!!! Per carità, io sarò anche un nostalgico della vecchia NBA di Bird, Magic e Jordan…però ho letto da più parti nelle riviste Usa che la NBA sta perdendo audience e …un motivo ci sarà!!!