Ci eravamo lasciati la scorsa settimana sul 3-0 Warriors da una parte, e sul 2-2 fra Celtics e Heat dall’altra. Indipendentemente dal risultato delle serie, 2 squadre erano favorite dal punto di vista fisico, tecnico e di inerzia, ed il risultato finale confermerà l’impressione avuta dopo le prime partite.
Ma il modo, molto diverso, in cui Golden State e Boston sono arrivate in Finale è già di per sè significativo e, in qualche misura, anticipatorio di quello a cui stiamo per assistere a partire dalla notte fra giovedì e venerdì.
Golden State Warriors – Dallas Mavericks: 4-1
Nella seconda gara casalinga in Texas, Dallas prende il largo nel secondo quarto finalmente supportata dalle percentuali al tiro da 3 (chiuderanno con uno spettacolare 46% al tiro pesante su 43 tentativi) con un Bullock (18 punti, 6 su 10 da 3) finalmente convincente dopo la serata no di gara 3 e un Doncic immarcabile (30 punti, 14 rimbalzi, 9 assist) ad un passo dalla tripla doppia.
Per la seconda volta in questi playoffs dopo l’imbarcata in Gara 5 con Memphis, Golden State si arrende nel terzo quarto arrivando anche a -29, salvo panchinare tutti i titolari nel quarto periodo e rimontare fino a -8 a 3 minuti dalla fine, quando i coach richiamano in tutta fretta in campo i titolari da ambo le parti. Ma è troppo tardi, neanche il rientro di Curry riesce a salvare una partita data già per persa da troppi minuti
E’ una boccata d’ossigeno per i Mavs, ma Golden State chiude la pratica in Gara 5 con una prestazione magistrale di Klay Thompson – 32 punti con 8/16 da 3 – e 21 ottimi minuti di Nemanja Bjelica – 5 punti, 6 rimbalzi e 3 assist – che dimostra di poter tranquillamente stare in campo senza patemi mostrando, fra l’altro, sprazzi di ottima difesa perfino contro Doncic.
Lo sloveno chiuderà con 28 punti ma solo 10/28 dal campo, tradito da tutti i compagni ad eccezione di Spencer Dinwiddie, 26 punti. Il neo acquisto ha avuto una serie con luci ed ombre, mai costante e veramente decisivo come ci si sarebbe potuti aspettare da un giocare del suo calibro.
Enorme è la soddisfazione in casa Warriors per il ritorno in Finale dopo 2 anni di assenza, risultato per nulla scontato guardando al record delle ultime stagioni, alle condizioni fisiche spesso precarie dei giocatori simbolo e dei tanti punti interrogativi nei ruoli chiave di ala piccola e dalla panchina. Gente come Wiggins e Poole oggi non sono più dubbi ma solide certezze che possono puntellare, con la loro esuberanza fisica, una squadra di veterani che sa come si vince e pare essere ritornata in forma proprio quando più conta.
Boston Celtics – Miami Heat: 4-3
Dagli attacchi stellari dell’Ovest si passa al gioco ruvido tipico da sempre della Eastern Conference. In Gara 5 Miami perde l’ennesima occasione in casa (porterà a casa una sola W su 4 gare disputate) con una tremenda partita offensiva (31% dal campo, 15% da 3); Boston la vince con la difesa e con i soliti ventelli della coppia Tatum – Brown.
Sembra finita per Miami, abbandonata anche da Butler e Lowry (13 punti il primo, zero il secondo – non la prima volta per lui nei playoffs) che invece ruba Gara 6 a Boston con una prestazione leggendaria proprio di Jimmy “Bucket”: 47 punti, 9 rimbalzi, 8 assist e soli 2 minuti di riposo in tutta la partita. Non basta un immenso Tatum da 30 punti.
Si arriva così alla decisiva Gara 7 a Miami, a cui Boston però arriva con decisamente più benzina nei serbatoi: scappa via subito con un parziale dal primo minuto e gli Heat sono costretti ad inseguire e lottare per tutta la partita, cercando di schivare i colpi di Horford e Smart e contemporaneamente di mettere a segno punti sul tabellone per non perdere troppo terreno. Un ultimo parziale di 10-0 negli ultimi 3 minuti riporta i padroni di casa a -2, ma i sogni di rimonta si infrangono sulla tripla aperta in transizione di Butler – 35 punti, 9 rimbalzi – che arriva corta sul ferro.
E’ troppa la voglia dei biancoverdi di arrivare finalmente a giocarsi una finale, con un Tatum sontuoso da 26 punti, 10 rimbalzi e 6 assist giocando la partita con al braccio la fascetta gialloviola col numero 24, un omaggio al suo giocatore preferito che – buon per lui – molti grandi campioni del passato di Boston non hanno fatto in tempo a vedere.
Brown e Smart aggiungono altri 24 punti a testa, mentre non si può non nominare la prestazione leonina in tutta la serie, in tutti i playoffs, e anche in questa partita di Al Horford: 5 punti, 14 rimbalzi, 2 stoppate in 44 minuti di utilizzo, come fosse un ragazzino.
Cosa aspettarsi dalle Finals
Arrivano in Finale 2 delle squadre che, a tratti, sono sembrate effettivamente le più forti della Lega durante la stagione regolare, ma in momenti diversi: i Warriors fino a gennaio, i Celtics da febbraio in poi.
Mentre i gialloblu hanno avuto una strada tutto sommato in discesa in questa post season, dovendo affrontare prima dei Nuggets rimaneggiati, poi i Grizzlies per 4 gare senza Morant ed infine una Dallas ispirata ma modesta per una finale di conference, i biancoverdi hanno stupito tutti eliminando prima 4-0 di Nets di Durant, poi i campioni in carica dei Bucks ed infine la Miami degli ex finalisti della “bolla”.
La sfida appare abbastanza impegnativa per Boston, che arriva più stanca, acciaccata e complessivamente con meno bocche da fuoco dei Warriors di Curry, Thompson, Wiggins e Poole. Ad una analisi più attenta però i match up difensivi vedono il trio delle meraviglie dei Celtics adattarsi perfettamente al contenimento dei migliori attaccanti dei rivali, mentre sotto canestro Horford e i 2 Williams possono mettere finalmente in seria difficoltà il comparto lunghi dei Guerrieri che finora ha fatto quello che ha voluto a rimbalzo e nel pitturato.
Si parte nella notte fra giovedì e venerdì con una sfida inedita per le Finali e molto ben assortita anche come stili di gioco e visioni dei 2 allenatori, l’esordiente Udoka e il non più esordiente ma ormai veterano Steve Kerr.
La più antica e gloriosa delle dinastie NBA contro la più attuale e rivoluzionaria: chi vincerà?
Max Giordan
segue l’NBA dal 1989, naviga in Internet dal 1996.
Play.it USA nasce dalla voglia di unire le 2 passioni e riunire in un’unico luogo “virtuale” i tanti appassionati di Sport Americani in Italia.
Email: giordan@playitusa.com
Warriors in carrozza se nessuno si fa male: in finale l’esperienza (e i kaliforniani ne hanno pure molte di negative: ne faranno tesoro?) conta come un uomo in più e la panca di San Francisco ha sorpreso per consistenza. Chance irripetibile per loro: il tempo passa e Curry non ringiovanisce di certo.
I Celtics sono giovini, avranno altre occasioni.
Precedenti in stagione poco indicativi causa assenze.
Finale che promette divertimento e colpi di scena. Così, di botto, direi GS per esperienza, campioni che hanno visto bene certi momenti e certe tensioni, ma, sinceramente, i Celtics mi piacciono molto. Dopo un inizio di campionato dove pareva che l’unica cosa da fare fosse rivoluzionare la squadra al più presto, Boston ha ingranato la 4, poi la 5 e via via le altre, dimostrando di saper giocare, di avere una buona difesa e soprattutto i giocatori si sono autoconvinti di essere in missione, che questo è il loro anno, giusto perchè nessuno credeva in loro e in uno sport fatto anche di “sforzi ulteriori” come il basket NBA, la testa spesso conta più delle gambe.