L’edizione 2022 dell’All Star Game, diciamolo, non ha visto tantissimi momenti degni di nota ma uno di questi è senz’altro la vittoria nel 3 Point Contest di Karl-Anthony Towns, primo giocatore che ricopre stabilmente il ruolo di centro a portarsi a casa il premio.
Un grande riconoscimento per Towns con più di una punta di rivalsa personale (nel 2020 KAT ha perso la madre e lo zio oltre ad altri cinque membri della sua famiglia a causa del Covid-19) ma che ha avuto conseguenze positive anche sui suoi Minnesota Timberwolves.
La franchigia di Minneapolis, in cui Towns milita da quel 2015 in cui i Wolves puntarono su di lui come prima scelta assoluta al Draft, ha infatti vissuto un marzo da 16 vittorie su 20 gare disputate e tallona attualmente i Denver Nuggets per l’ultimo posto che garantisce i playoff senza passare dal play-in tournament: Minnesota è settima a solo una sconfitta di distanza da Jokic e compagni.
La primavera ha sorriso quindi alla squadra di Minneapolis che dall’epoca di Kevin Garnett ha vissuto varie estati con promesse di rebuilding, management sciagurati (nominare David Kahn a un tifoso Timberwolves farà riaffiorare traumi cestistici a non finire) e vari Draft in cui avevano messo le mani su prime scelte altissime ma senza vedere risultati concreti sul campo.
Dalle finali di Conference del 2004, Minnesota ha preso parte una sola volta ai playoff uscendo peraltro al primo turno con un secco 4-1 contro gli Houston Rockets guidati da James Harden nel 2018.
I lupi del Minnesota oggi hanno ottime possibilità di bissare quell’unica qualificazione alla postseason anche perchè il play-in tournament è aritmeticamente sicuro (i Timberwolves hanno un record di 43-32 che gli permette di non essere raggiunti dai San Antonio Spurs undicesimi con 29-44) e si presentano al rush finale della stagione regolare in ottima forma. Analizziamo quindi le prospettive per una delle squadre del momento.
Come accennato l’All Star Game ci ha consegnato un Towns in grandissimo spolvero che forse per la prima volta nella sua militanza NBA ha assunto l’immagine di un leader vero.
A dicembre KAT si è autoproclamato “miglior lungo tiratore di tutti i tempi”. Dichiarazione giusto un filino discutibile (senza voler iniziare col giochino dei confronti tanto divertente quanto inutile ricordiamo un certo biondone da Wurzburg…) ma esplicativa della sua voglia di vincere e riscattare anni di magra con i suoi Minnesota Timberwolves che si è concretizzata soprattutto in questo mese di marzo.
Towns non è più solo un grande attaccante: è il riferimento di Minnesota, l’uomo che sta pian piano smettendo di nascondersi dietro ai numeri da capogiro che mette su anno dopo anno e sta prendendo le responsabilità che un go-to-guy deve assumersi. La maturità dei suoi 26 anni si è quindi aggiunta al suo sconfinato repertorio nella metà campo avversaria dove ora tutti lo temono come tiratore (40.9% da tre su 5 tentativi a gara di media) e quindi le difese escono fuori dall’arco per marcarlo, esponendosi al suo micidiale primo passo con cui attacca il ferro per sradicarlo.
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Tutto ciò ha propiziato performance memorabili come i 60 punti messi a segno contro gli Spurs con 7/11 da tre e 17 rimbalzi in una gara che per Minnesota era fondamentale poichè ha permesso di consolidare la qualificazione al play-in tournament e iniziare definitivamente la rincorsa al sesto posto di Denver. Non il massimo degli obiettivi raggiunti ma per una squadra praticamente a secco di soddisfazioni da 18 anni giusto procedere a piccoli passi.
La crescita esponenziale di Towns come accennato ha coinvolto anche il resto della squadra a cominciare dagli esterni di punta. Il sophomore Anthony Edwards, ennesima delle prime scelte assolute pescate da Minnesota negli ultimi anni, è ancora acerbo nella selezione dei tiri ma sta mettendo su la giusta dose di grinta per costruirsi una grande carriera NBA e intanto ha migliorato le sue statistiche rispetto all’anno da rookie arrivando a 20.1 punti di media (seppur con 17 tiri a partita)
Al suo fianco D’Angelo Russell mantiene intatta la sua capacità di mettere tiri pesanti nei momenti giusti e sebbene il fatturato offensivo sia leggermente in calo è arrivato a 7.1 assist di media, il suo anno migliore da questo punto di vista.
Tutto molto bello ma va detto che i Minnesota Timberwolves hanno sempre avuto tanti punti nelle mani negli ultimi anni mentre il problema principale era la difesa, con Towns e Russell a costruirsi la poco invidiabile fama di giocatori tanto prolifici in attacco quanto deficitari nella propria metà campo. Da questo punto di vista, però, le cose sono davvero cambiate?
Qui purtroppo non è possibile rispondere con un pieno “sì”.
Tra le attuali prime 10 della Western Conference i Timberwolves hanno sempre la seconda peggior difesa “battuti” solo dai Lakers in piena crisi e alle prese con vari errori di costruzione del roster. Siamo in miglioramento rispetto agli scorsi anni quando la squadra allenata da Chris Finch era puntualmente tra le ultime del lotto in questo fondamentale, ma la tenuta difensiva della squadra è ancora tutta da verificare quando si giocherà per fare sul serio, play-in tournament o no.
I principali difensori della squadra sono sicuramente Jarred Vanderbilt e Patrick Beverley tra gli esterni; se il primo ha margini di miglioramento ma come unica esperienza playoff in carriera gli resta quella a 19 anni coi Nuggets in cui ha visto il campo per 5 minuti in totale su 14 gare, Beverley arrivava a Minnesota dopo che in un contesto di alta classifica come quello dei Los Angeles Clippers aveva gradualmente perso minutaggio ed appariva in chiara parabola discendente.
A marzo Beverley sta facendo nuovamente il suo dovere di irretire le guardie avversarie ma parliamo comunque di un giocatore di quasi 34 anni e fisicamente in calo.
Riguardo alle ali il difensore di riferimento è invece Taurean Prince, che svolge più che degnamente il suo compito ma è spesso lasciato solo dai compagni di reparto e deve sacrificarsi più volte anche per difendere sui lunghi visto che Towns ci mette più grinta ed energia ma resta parecchio falloso (3.5 a partita con tantissime gare concluse con 5 falli o anche 6)
Attualmente come accennato Minnesota non è più tra le peggiori squadre difensive della NBA ma non ha ancora una mentalità difensiva vera e propria e sembra invece che i risultati portati dalle prestazioni di Towns diano alla squadra l’entusiasmo necessario per difendere come si deve. Ovviamente questo è un problema in vista delle gare che scottano e infatti delle 4 sconfitte di marzo di Minnesota 2 sono arrivate consecutivamente nelle ultime 3 gare (mentre la partita di stanotte ha visto i Wolves tornare alla vittoria in casa contro una Dallas che ha sbagliato tutto lo sbagliabile)
Sarà quindi interessante vedere se i Timberwolves continueranno a cavalcare lo strepitoso Towns dell’ultimo mese per restare a contatto coi Denver Nuggets in queste ultime partite di regular season che per Minnesota si aprono in maniera davvero difficile: gli uomini di Finch saranno infatti alle prese con 3 trasferte consecutive in casa di due squadre in grandissima forma come Boston e Toronto e poi in quella che potrebbe essere la gara cruciale della stagione proprio in casa di Denver.
Se i lupi riuscissero a concludere queste tre gare avendo operato il sorpasso ai danni dei Nuggets sarebbe un’iniezione di fiducia enorme che potrebbe rendere Minnesota una vera mina vagante a Ovest per i playoff nonchè consacrare definitivamente Karl-Anthony Towns come top player degli anni Venti in NBA.
Viceversa il play-in tournament vedrebbe comunque Minnesota verosimilmente settima ma col rischio di affrontare i Los Angeles Lakers alla prima gara (con tutti i guai della franchigia californiana, non credo esista una squadra che si auguri di affrontare LeBron James in una gara senza domani) e in generale che le certezze del roster crollino alle prime difficoltà.
I Minnesota Timberwolves hanno imboccato la strada giusta per dire la loro nella Western Conference e KAT è caldo come non mai. La strada però è ricca di insidie e tortuosità come tutte quelle che portano al successo: ai Wolves il compito di percorrerla e dimostrare davvero di essere una squadra vincente.
Sotto la copertura di un tranquillo (si fa per dire) insegnante di matematica si cela un pazzo fanatico di tutto ciò che gira intorno alla spicchia, NBA in testa. Supporter della nazionale di Taiwan prima di scoprire che il videogioco Street Hoop mentiva malamente, in seguito adepto della setta Mavericks Fan For Life.