Abbiamo ormai scavallato da un pezzo la metà della stagione – almeno per quanto riguarda le partite giocate – e ora ci stiamo dirigendo prepotentemente verso l’All-Star Weekend di Cleveland.

Perciò è arrivato il momento di stilare una lista di candidati al premio di Most Improved Player che – per chi non lo sapesse – è un riconoscimento che viene dato a fine stagione a quel giocatore che è più progredito a livello oggettivo rispetto alla scorsa o alle scorse regular season. Ma partiamo e vediamo chi potrebbe mettere le mani sul premio.

Desmond Bane, Memphis Grizzlies

Oltre ad essere un candidato per il MIP of the year, Bane è un serio pretendente a quello di steal dello scorso draft. L’ex TCU aveva già mostrato discrete doti – specialmente realizzative – nel suo anno da rookie, ma ora è letteralmente esploso ed è un titolare inamovibile per coach Jenkins, al fianco di Ja Morant.

Difatti, Bane è tra i migliori cecchini da tre punti che ci siano nella lega, tanto che sta tirando con il 41.8% da oltre l’arco. Leggermente peggio dello scorso anno, ma c’è da dire che ne tenta di più (da 4.0 a 6.9) avendo anche un minutaggio decisamente più alto. La percentuale dal campo è rimasta pressoché la medesima, pur avendo raddoppiato sia i tentativi che i canestri infilati.

Conseguenza? I 18 punti di media a partita (quasi il doppio rispetto alla stagione passata), a cui aggiunge 2.4 assist, 4.4 rimbalzi e 1.1 rubate, tutte statistiche ovviamente migliorate.

La domanda è ora: potrà ancora migliorare o rimarrà sempre un giocatore da più o meno 20 punti a gara e nulla più? Potrebbe avere dei margini di miglioramento, ma l’idea è che Bane si sia già tramutato in una shooting guard specializzata essenzialmente a fare questo, cioè tirare.

A me ricorda una sorta di Eric Gordon, magari con ancora più efficacia al tiro e più fisico, il che gli permette anche di essere un discreto difensore.

Ja Morant, Memphis Grizzlies

Al suo terzo anno nella lega, Morant sta avendo la sua consacrazione definitiva a stella assoluta. Ne è la dimostrazione l’elezione a starter nell’All-Star Game, ma ne è soprattutto la prova la stagione strabiliante che sta avendo.

Ecco, candidarlo solo a questo premio sarebbe un po’ riduttivo e per quello che stanno combinando i Grizzlies sul campo, la point guard ventiduenne potrebbe diventare il primo giocatore della storia a vincere anche l’MVP nello stesso anno.

L’ex Murray State è migliorato ovunque a livello statistico (a parte negli assist, ma solo perché si prende più tiri) per il terzo anno consecutivo, ma questa volta in maniera significativa. Nei punti è passato da 19.1 a 26.3, tirando con il 48.6% dal campo, la migliore percentuale in carriera.

Tira anche leggermente di più da tre e lo fa con il 34.2%, non cifre da capogiro, ma se si considera la sua meccanica di tiro non propriamente eccelsa ed il fatto che non è la sua specialità, beh neanche malaccio. Nei rimbalzi è salito a 5.9 dai 4.0 dello scorso anno, segno che va ad aiutare di più sotto canestro, ma anche che si trova spesso staccato dal tiratore vista la sua difesa non propriamente arcigna e che dovrà assolutamente migliorare se vuole diventare un giocatore ancora più completo.

Ma il dato che più enfatizza ed esplica la sua maturazione sono i 33.4 minuti ad allacciata di scarpe. Appena 0.8 in più rispetto alla stagione passata. Da mettersi le mani nei capelli.

Tyrese Maxey, Philadelphia 76ers

L’assenza di Ben Simmons ha comunque regalato una benedizione ai Sixers di Doc Rivers. Il suo nome è Tyrese Maxey, point guard al secondo anno proveniente dalla mitica e celeberrima scuola di Kentucky.

Maxey non solo ha portato il suo minutaggio da 15.3 minuti a 35.7 di media, giocando 43 partite da titolare su 44 (lo scorso anno erano state 8 in 61), ma, di conseguenza, è progredito anche in diverse voci statistiche. Una su tutte i punti (da 8.0 a 16.9) con una percentuale dal campo del 47% che simboleggia la sua abilità nelle penetrazioni e nelle conclusioni ravvicinate a canestro in cui ricorda molto proprio Morant.

Il tiro da tre ancora latita, ma lo prende molto più spesso e volentieri segno che il giocatore gode della completa fiducia in sé stesso e da parte del coaching staff che gli sta affidando molti palloni, specialmente quando Embiid non c’è. Gli assist sono passati da 2.0 a 4.8 a partita e la sua visione di gioco potrà ancora migliorare data la sua giovane età ed il fatto che sia stato buttato nella mischia appena quest’anno.

Di Maxey sentiremo certamente parlare in futuro e Phila si augura che possa avere lo stesso cammino di Jrue Holiday o, preferibilmente, ancora meglio, diventando un giocatore su cui puntare per continuare a costruire non solo i Sixers del presente, ma anche quelli del futuro.

Miles Bridges, Charlotte Hornets

Finalmente Bridges ce l’ha fatta! Al suo quarto anno nella lega è arrivato il momento in cui ha alzato decisamente il suo livello di gioco, complice anche la compagnia di uno come LaMelo Ball che sta guidando gli Hornets verso cime inesplorate fino ad ora.

Bridges è migliorato significativamente in punti (da 12.7 a 19.9), in rimbalzi (da 6.0 a 7.2) e assist (da 2.2 a 3.4), mentre sta facendo più fatica a trovare canestri da tre punti (tira con il 31.6% con 5.9 tentativi a gara) e nei tiri liberi (appena 78.4%). Ma l’ex Spartan è una macchina delle schiacciate e di punti vicino a canestro, come dimostra la sua percentuale da 2 che è del 59%.

Insomma, difficile marcarlo quando si trova dentro l’arco e la sua esplosività sta facendo la differenza nel suo rendimento così alto di questa stagione.

Dejounte Murray, San Antonio Spurs

La carriera NBA di Murray è partita ufficialmente nel 2019, dopo il brutto infortunio al legamento crociato che lo ha costretto a star fuori tutta la stagione 2018-19. Quello che è avvenuto prima, nei suoi anni da rookie e sophomore, non conta o almeno non vogliamo contarlo.

Da quel momento in poi Dejounte ha lavorato tantissimo per diventare il giocatore che è adesso: un vero leader ed il trascinatore degli Spurs che non staranno di certo brillando, ma che possono contare su un nucleo giovane ed interessante.

Murray è migliorato nei punti in tutte le stagioni che ha giocato finora, arrivando al culmine dei 19.6 che sta tenendo quest’anno, a cui aggiunge 2 rubate (primo nella lega), 9.1 assist (quarto in NBA) e 8.5 rimbalzi. Tutti massimi in carriera, in appena due minuti e mezzo di gioco in più di media rispetto alla stagione passata.

Un netto miglioramento, quindi, che se non fosse per lo stato di classifica di San Antonio, lo potrebbe portare anche ad essere tra i candidati ad MVP. Ma è questo il massimo che vedremo da Murray negli anni a venire? Probabilmente sì. Forse potrà ancora crescere in punti e assist, ma questa è certamente la stagione dell’elevamento del suo status ad astro nascente del pianeta NBA.

Altri candidati

Sicuramente tra i papabili ad aggiudicarsi questo premio c’è anche il rookie of the year della passata stagione. Sto parlando ovviamente di LaMelo Ball che è migliorato in punti (da 15.7 a 19.9), in assist (da 6.1 a 7.7) e rimbalzi (da 5.9 a 7.2).

Ma il miglioramento più significativo lo sta avendo nella percentuale ai liberi. Difatti, nel suo anno da matricola ha tirato con il 75.8%, mentre in questo ha alzato le cifre ad un eccellente 87.3%. Tutto questo andando in lunetta più o meno con la stessa frequenza di un anno fa, segno che nella scorsa off-season deve aver lavorato un bel po’ dalla linea della carità.

Un giocatore che sta continuando a progredire nonostante sia già al suo quinto anno è Gary Trent Jr che sta collezionando il massimo in carriera in punti (18.1), assist (2.0) e rubate (1.9), giocando 34.8 minuti di media, quantità che non aveva mai toccato prima. Insomma, a Toronto sembra aver trovato la sua dimensione definitiva anche se sembra difficile che possa scostarsi troppo da questo rendimento negli anni a venire.

Certamente la stagione più che positiva di Jordan Poole è dovuta anche alla assenza di Klay Thompson che è tornato in campo da pochissimo. Fatto sta che l’ex Michigan si è dimostrato l’ennesima pescata riuscita al draft da parte del management dei Warriors. Lo dimostrano i suoi 16.8 punti di media, i suoi 3.4 assist e 3.0 rimbalzi, tirando con il 92.1% ai liberi e il 43.8% dal campo. C’è bisogno di dirlo che sono tutti massimi in carriera?

Con gli infortuni di Colin Sexton, prima, e Ricky Rubio, poi, Darius Garland si è dovuto prendere sulle spalle tutto il peso del back court dei Cavaliers. E diciamo che ci sta riuscendo egregiamente, giusto per usare un eufemismo. Il terzo anno da Vanderbilt sta tenendo una media di 19.8 punti conditi da 8.2 assist e 3.3 rimbalzi, tirando con il 46.7% dal campo in 34.7 minuti.

Stesso discorso per Monte Morris che sta approfittando dell’assenza di Jamal Murray per dire la sua come titolare di una squadra da playoff come i Nuggets. Morris ha visto aumentato decisamente il suo minutaggio ed è anche per questo che è migliorato in punti, assist e rimbalzi, anche se, probabilmente, non basteranno per far sì che si aggiudichi il riconoscimento come giocatore più progredito dell’anno, ma meritava una menzione in questa lista.

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