Ho visto già diverse volte giocare i Sixers quest’anno e devo dire che sono sempre rimasto impressionato dall’intensità – specialmente difensiva – che mettono sul campo. Merito sicuramente della gestione Doc Rivers, a cui bisogna riconoscere l’onore di aver sempre improntato la sua mentalità e filosofia all’interno delle squadre che ha allenato, per via del suo temperamento e del suo carisma che riescono ad imprimere bene i concetti all’interno della testa dei giocatori.
Ci riuscì a Boston, con i Big Three, con cui vinse il titolo del 2008 e raggiunse le Finals due anni dopo. Ci è riuscito, più recentemente, ad LA, sponda Clippers, con cui ha più volte provato ad arrivare fino in fondo, ma senza successo. Ora, ci sta riuscendo a Philadelphia, dove ha messo su un vero e proprio cantiere che nel giro di breve tempo gli ha costruito il primo posto ad Est lo scorso anno e gli sta spianando la strada per ripetersi in questa stagione.
Fa ancora male, però, l’inattesa eliminazione a gara-7 delle semifinali di conference per mano degli Atlanta Hawks così come fanno ancora male a Ben Simmons le parole spese da Rivers dopo quella settima maledetta partita.
L’australiano, difatti, è ormai da mesi separato in casa, dopo che ha richiesto esplicitamente di essere ceduto, salvo poi fare marcia indietro, per poi di nuovo ribadire il suo concetto iniziale.
Insomma, una telenovela che sembra non finire mai, anche perché il presidente Daryl Morey – coadiuvato dal GM Elton Brand – pretende, giustamente, parecchio in cambio dell’ex rookie of the year.
C’è da dire, però, che l’assenza di Simmons si è fatta sentire molto meno per via della stagione straordinaria che sta avendo colui che lo ha sostituito nel ruolo di point guard titolare. Sto parlando, ovviamente, di Tyrese Maxey.
Il sophomore ex Kentucky sta infatti avendo un breakout year davvero eccezionale, tanto che è uno dei candidati a prendersi il premio di most improved player a fine stagione. Maxey ha raddoppiato tutti i numeri rispetto al suo anno da rookie, anche perché – data l’assenza di concorrenza nel ruolo – ha visto un incremento significativo nel minutaggio. Ma la cosa ancora più incredibile è l’efficacia con cui gioca.
Mi viene in mente la recente partita contro i Grizzlies in cui ha sfidato alla grande l’uomo del momento, Ja Morant, facendogli vedere i sorci verdi e chiudendo con 33 punti. La personalità che mostra, poi, lo sta portando ad essere uno dei beniamini del pubblico e se si pensa che ha solo 21 anni e può ancora migliorare, beh non ci sarà da meravigliarsi se lo vedremo presto tra le stelle del firmamento NBA. Deve solo trovare un po’ più di consistenza e continuità nelle prestazioni.
Firmamento in cui c’è già – e da un bel pezzo – Joel Embiid che, nonostante i continui e abituali problemi fisici, sta tenendo cifre da assoluto MVP. Il camerunense sta collezionando il massimo in carriera in punti per partita (29.1), in assist (4.4) e il minimo in palle perse (3.0) nelle 38 partite giocate finora. Ma è soprattutto la leadership che mostra sul campo ad essere incrementata, la quale trasmette sicurezza e serenità all’ambiente.
Volete una prova? Il record di 3-9 che Phila ha raccolto in sua assenza.
Ma dire che i Sixers siano Embiid-dipendenti sarebbe come screditare gli altri. La presenza del centro è senza ombra di dubbio determinante, ma il resto della squadra sta comunque contribuendo alla causa in maniera egregia.
Detto di Maxey, anche Tobias Harris sta avendo una buonissima stagione, con il solito e importante contributo offensivo, fatto di penetrazioni e del suo classico fade away che mettono in seria difficoltà tutte le difese.
Seth Curry sta segnando il massimo di punti in carriera (15.5 di media) ed ha incrementato il suo apporto a livello di assist.
Poi ci sono gli specialisti come Matisse Thybulle – per la difesa – e Danny Green che è chiamato ad uscire dalla panchina per sparare qualche tripla.
Senza dimenticare i vari Drummond, Korkmaz, Niang, Joe, tutti giocatori importanti per le rotazioni di Doc Rivers, anche se sembra mancare ancora qualcosa tra le riserve dei Sixers.
Ed è proprio per questo che Morey potrebbe intervenire sul mercato, per allungare una panchina ancora troppo corta e che è quartultima per punti segnati ad allacciata di scarpe (28.0). Troppo pochi per una squadra che punta al titolo.
Così come sono pochi i 107.9 punti che Philadelphia segna di media a partita, prova che manca un secondo realizzatore di livello che si prenda carico della squadra, specialmente quando Embiid non c’è, il che succede abbastanza frequentemente.
Un altro grosso problema sono i rimbalzi che vengono portati via con troppa facilità dagli avversari di turno. Infatti i Sixers sono ultimi in questa statistica e anche il peggioramento delle cifre della stella con il numero 21 ne sono la prova. Segno che anche con lui in campo le cose non migliorano più di tanto.
Ma nonostante queste difficoltà oggettive e la mancanza di un vero secondo violino che tolga le castagne dal fuoco, i Sixers possono vantare una delle migliori difese della lega che ti sottopone ad un continuo pressing e a lasciarti meno spazi possibili per arrivare alla conclusione.
Ed è maggiormente per questo che la squadra di Rivers sta avendo un’ottima stagione, oltre che per la bizzarra schizofrenia della Eastern Conference.
Ripeto: i problemi da risolvere sono ancora diversi e non è detto che venga fatto da qui alla fine della regular season, ma Philadelphia sembra avere un solo obiettivo ed è quello di coronare questo progetto con l’approdo alle Finals. Non importa come ci si arrivi.
Personal trainer e grande appassionato di sport americani. Talmente tanto che ho deciso di scrivere a riguardo.
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