Lo scorso anno la Western Conference della NBA ha avuto una ventata d’aria fresca con nuove squadre di vertice: complici gli acciacchi di LeBron James, Anthony Davis e Kawhi Leonard (quest’ultimo come sappiamo sarà costretto a un lungo stop) e l’assenza per tutto l’anno di Klay Thompson, per citare qualche protagonista delle big dell’Ovest negli scorsi anni, abbiamo infatti visto gli Utah Jazz vincere la stagione regolare e i Phoenix Suns raggiungere la finale di Conference per la terza volta nella sua storia (la prima dal 1993).
Questa stagione promette spettacolo per quella che è considerata da molti la conference più agguerrita e competitiva: Utah e Phoenix vogliono confermarsi ad alti livelli ma Los Angeles non starà a guardare (ci sarà occasione per l’atteso derby tra Lakers e Clippers ai playoff?) e le varie Dallas, Denver e Golden State scalpitano a loro volta per un posto nell’Olimpo delle grandi.
A pochi giorni dal via alla regular season 2021-22 ecco le nostre previsioni sul girone occidentale per un Power Ranking quanto mai arduo da stilare, visto il livello che come sempre sulla carta è davvero elevato per molte tra le squadre che scenderanno in campo per la settantacinquesima stagione della National Basketball Association.
1. UTAH JAZZ
Negli ultimi anni la crescita degli Utah Jazz è stata costante e inesorabile fino al primato nella scorsa regular season, sembrava tutto pronto per la finale di Conference ma di mezzo ci si sono messi i Los Angeles Clippers e così la stagione dei Jazz si è conclusa lasciando l’amaro in bocca ai fans dei mormoni. Quest’anno però Utah può riprovarci con gli stessi effettivi e con un’importante esperienza lasciata dalla deep run dello scorso anno.
Conferma in blocco per il roster agli ordini di Quin Snyder a partire da Donovan Mitchell condizionato dagli infortuni proprio nelle partite decisive degli scorsi playoff e per il quale i tifosi si augurano maggior fortuna quest’anno. Il rinnovo di Mike Conley garantirà ancora una volta il giusto livello di esperienza in regia, mentre per Rudy Gobert sotto canestro non c’è più bisogno, in tutti i sensi, di presentazioni.
Anche in questo caso l’età è un tantino elevata, eccezion fatta per il 25enne Mitchell, ma la squadra è senza dubbio molto quotata, affiatata e col giusto equilibrio di punti e difesa tanto da meritarsi, per quanto mi riguarda, il titolo di squadra da battere.
2. LOS ANGELES LAKERS
Dopo il ritorno sul gradino più alto del podio NBA nell’anno della scomparsa di Kobe Bryant (e della pandemia…) non è arrivata la conferma ad alti livelli per i Los Angeles Lakers falcidiati dai continui stop di LeBron James e Anthony Davis. Le mosse della dirigenza in offseason per questa stagione sono comunque state all’insegna del provare a vincere subito.
Chiaro che se saranno in condizione fisica adeguata James e Davis sono una coppia che poche squadre, anzi pochissime, hanno a disposizione. Al loro fianco è arrivato Russell Westbrook che non avrà ottenuto i playoff a Washington ma ha comunque mostrato di poter interpretare un ruolo di secondo violino al fianco di Bradley Beal; l’ex stella di OKC avrà soprattutto il compito di togliere un po’ di pressione dalle imponenti spalle dell’ormai quasi trentasettenne LeBron.
Gli innesti di varie ex stelle ora giocatori d’esperienza come Carmelo Anthony, Rajon Rondo e DeAndre Jordan completano un roster potenzialmente stellare ma che ha il suo principale limite nell’età: solo Davis, Talen Horton-Tucker (già ora ai box per infortunio) e Kendrick Nunn hanno meno di trent’anni. L’esperienza e il talento prevarranno sull’età che avanza?
3. PHOENIX SUNS
Spesso capita che una squadra giochi una gran bella pallacanestro, con un gioco efficace prima che spettacolare, per poi crollare quando si tratta di fare sul serio (gli Indiana Pacers di Paul George e David West possono essere un esempio esplicativo) Nel 2020-21 per i Phoenix Suns poteva andare così e invece la squadra allenata da Monty Williams è arrivata fino all’ultimo atto, prendendosi il titolo di Conference e lottando in maniera più che dignitosa contro i vincitori dell’anello Milwaukee Bucks.
I protagonisti della cavalcata della franchigia dell’Arizona sono ancora tutti al loro posto: Chris Paul a dispensare saggezza e genio, Devin Booker a bruciare la retina, DeAndre Ayton pronto a impadronirsi delle aree colorate di tutta la lega. Dietro di loro il consueto supporting cast guidato dal prezioso Jae Crowder e da un Cameron Payne in ascesa, con pochi innesti come JaVale McGee e un Elfrid Payton in cerca di riscatto dopo la parziale delusione a New York.
La difficoltà maggiore per un roster così rodato ed efficace sarà proprio confermarsi: Phoenix non è più una sorpresa e le avversarie lo sanno. A Williams e ai suoi giocatori il compito di sbaragliare anche quest’anno la concorrenza partendo tra i favoriti.
4. LOS ANGELES CLIPPERS
Ecco un’altra squadra penalizzata da un grave infortunio: le terribili parole “torn ACL” stavolta sono suo malgrado affibbiate a Kawhi Leonard, per il quale non c’è una data di rientro. Le certezze in mano ai Clippers però sono maggiori rispetto ad altre franchigie alle prese con lunghi e spesso indeterminati stop.
La vittoria nella serie contro gli Utah Jazz dello scorso anno e la conseguente finale di Conference hanno visto tutto il potenziale dei Los Angeles Clippers senza la loro stella. Innanzitutto Paul George ha mostrato grandi progressi per tornare ad essere “Playoff-P” e non “Pandemic-P” ma è stato soprattutto il suo supporting cast a compiere passi da gigante, dal giovane Terance Mann al ritrovato Reggie Jackson passando per Zubac, Morris e Batum tutti pronti ad interpretare alla perfezione il ruolo a loro assegnato.
Da questo punto di vista non si possono riconoscere dei meriti al discusso Tyronn Lue che ha ora in mano una squadra affiatata e funzionale, con pochi ma interessanti correttivi (Eric Bledsoe come specialista difensivo potrebbe fare molto di più del declinante Beverley) Inevitabile quindi che per il discorso anello si debba passare per i Clippers.
5. DENVER NUGGETS
Lo scorso anno Nikola Jokic è riuscito a portarsi a casa il titolo di MVP grazie alla migliore stagione della sua carriera: 26.4 punti di media (il suo precedente high erano i 20.1 del 2018-19) 10.8 rimbalzi, 8.3 assist e triple doppie come se piovesse. Il serbo è leader morale e materiale di una Denver che grazie soprattutto a lui è ormai da tempo in pianta stabile tra le favorite alla qualificazione playoff; per aspirare a fare l’ultimo passo verso le contenders, esattamente come per i Warriors, molto dipenderà dagli infortuni.
Jamal Murray dovrebbe rientrare in primavera e come sempre in questi casi bisognerà valutare il suo stato di forma considerando che già la scorsa stagione il livello del suo gioco sembrava in calo rispetto alla stellare annata 2019-20. In assenza del ventiquattrenne canadese molte responsabilità passeranno per Michael Porter Jr. dopo la crescita pesante dello scorso anno (da 9.3 punti nell’anno da rookie a 19 con 7.3 rimbalzi nel 2020-21).
Jeff Green porterà un prezioso contributo d’esperienza, tuttavia le incognite, tecniche e mediche, sono ancora troppe per considerare Denver tra le pretendenti all’anello.
6. GOLDEN STATE WARRIORS
La stagione di Golden State sarà per lungo tempo condizionata, ancora una volta, dagli infortuni. A Natale si dovrebbe finalmente rivedere in campo dopo due anni (e due infortuni uno peggiore dell’altro) Klay Thompson: dalle sue condizioni dipenderanno per i destini dei Warriors.
Se Thompson tornerà sui suoi livelli o poco meno (e non è impossibile, Kevin Durant docet) e James Wiseman rientrerà a sua volta dal suo infortunio in buona forma è innegabile che Golden State tornerà a competere per i playoff visto lo stellare Steph Curry dello scorso anno.
In attesa del rientro dell’altro Splash Brother e del sophomore Wiseman sarà essenziale che Andrew Wiggins faccia parlare di sè più per ciò che sa fare sul parquet che per le polemiche sui vaccini, nonchè che Juan Toscano-Anderson continui la sua crescita senza dimenticare l’imprescindibile contributo di Draymond Green. Per il resto si spera nello staff medico, ma occhio perchè se Klay e Steph tornano alla ribalta i Warriors sono una vera mina vagante.
7. DALLAS MAVERICKS
La bomba Luka Doncic è definitivamente esplosa sulla NBA. Lo sloveno è tra i candidati al titolo di MVP per molti analisti ed è ormai da considerarsi una stella a tutti gli effetti al pari dei mostri sacri, tanto che a 22 anni è arrivato un principesco contratto da 200 milioni abbondanti fino al 2027; i risultati per i Dallas Mavericks però tardano ancora ad arrivare.
Lo scorso anno Dallas ha ottenuto lo stesso risultato della precedente stagione con l’eliminazione al primo turno per mano dei Los Angeles Clippers e vari dubbi sulla tenuta fisica (e non solo) di Kristaps Porzingis e sui correttivi per rendere la squadra competitiva ad alti livelli.
A sorpresa Rick Carlisle ha abbandonato la squadra venendo sostituito da Jason Kidd che da coach ha sempre suscitato più dubbi che certezze, in più i correttivi sono sostanzialmente sullo stesso tenore della stagione passata con Reggie Bullock a sostituire l’inconsistente Richardson e tanto, tantissimo tiro da tre.
La stagione dei Mavericks però dipende strettamente da Porzingis: se riuscirà a restare sano e a far rivedere ciò di cui è capace Dallas potrebbe svoltare, altrimenti aspettiamoci pure un’altra eliminazione precoce dai playoff con le meraviglie di Doncic a fare da contorno.
8. PORTLAND TRAIL BLAZERS
L’eterna outsider Portland si ritrova anche quest’anno a dover svolgere l’arduo compito di dare un senso alla permanenza in Oregon del talento cristallino di Damian Lillard fornendo una squadra competitiva al suo miglior giocatore del terzo millennio.
Legato ai Blazers fino al 2025, Dame farà ancora stropicciare gli occhi degli appassionati ma ancora una volta non si può certo dire che la sua franchigia possa considerarsi tra le favorite per puntare in alto.
Ad assistere la temibile coppia di guardie (ma che intanto ha passato i trenta) Lillard-McCollum abbiamo un frontcourt in mano a Norman Powell, rinnovato in estate con un quinquennale da 90 milioni, ma che avrà ad affiancarlo poco più di uno Jusuf Nurkic in scadenza di contratto con in più la discutibile presa di Cody Zeller al posto di Enes Kanter tornato a Boston.
Il fatto che molti tra i contratti di Portland scadranno in questa stagione dovrebbe essere un campanello d’allarme sulle ambizioni immediate dei Blazers: con Lillard in squadra è impossibile non giocarsela per i playoff ma anche quest’anno per Dame l’impresa pare quasi impossibile.
9. NEW ORLEANS PELICANS
Lo scorso anno molti avevano preventivato l’inizio dell’era Zion Williamson per i Pelicans e per la NBA tutta e un ingresso ai playoff per la franchigia di New Orleans. Alla fine si è avverata solo la prima parte: a vent’anni Williamson ha subito strappato un posto tra gli All Star grazie ai suoi 27 di media giocando un basket “old school” senza cercare soluzioni dalla lunga distanza ma giocando soprattutto attaccando il ferro di potenza (e che potenza…). Intorno a lui però la discussa gestione Stan Van Gundy non ha prodotto i risultati sperati e i Pels hanno mancato i playoff.
Il nuovo coach Willie Green allenerà una squadra ricca di novità: via Lonzo Ball, al suo posto Devonte Graham che affiancato a Josh Hart formerà una coppia di play dall’indubbio potenziale ma ancora da verificare ad alti livelli.
Sotto canestro il deludente Steven Adams è stato sostituito da un altro senatore del pitturato NBA come Valanciunas che erediterà il compito di supportare Zion col lavoro sporco sotto canestro. I tentativi di migliorare ci sono quindi indubbiamente stati: basteranno per una lotta playoff quanto mai serrata?
10. MEMPHIS GRIZZLIES
A proposito di possibili squadre-sorpresa ecco il turno dei ragazzi terribili di Memphis capitanati da Ja Morant e Jaren Jackson Jr. che prima di intavolare le trattative per i rispettivi rinnovi hanno di fronte una nuova possibilità di riportare i Grizzlies alla postseason dai tempi di Marc Gasol e Mike Conley.
La squadra allenata da Taylor Jenkins offrirà sicuramente spettacolo ma la concorrenza quest’anno è ancora più agguerrita dello scorso e dal canto suo Memphis ha avuto come innesto principale dalla offseason uno Steven Adams non proprio convincente lo scorso anno ai Pelicans al posto di Jonas Valanciunas che appariva più importante negli equilibri di Jenkins.
Certo, ci si augura che Jackson quest’anno sia meno perseguitato dagli infortuni, ma a meno di un innalzamento pesante del contributo dei vari Brooks, Anderson e Adams stesso la lotta playoff dei Grizzlies non li vede certo tra i favoriti, ma comunque se la giocheranno fino alla fine.
11. MINNESOTA TIMBERWOLVES
Ormai sono anni che i Minnesota Timberwolves sono attesi come la sorpresa della Western Conference, più o meno da quando, ceduto Kevin Love, hanno cominciato a collezionare prospettoni dal Draft. Tante belle parole, tante prospettive allettanti per i fans ma i fatti dicono impietosi che dal 2004, epoca Kevin Garnett, i Twolves hanno visto i playoffs una sola volta.
Le cose non sembrano cambiare troppo nemmeno quest’anno: i punti nelle mani saranno sicuramente tantissimi tra Karl-Anthony Towns, D’Angelo Russell e il sophomore ex prima scelta Anthony Edwards, ma quest’ultimo deve crescere ancora per prendersi a tutti gli effetti il ruolo di leader della squadra e la soluzione del cronico problema della difesa è in mano a un Patrick Beverley apparso in netta parabola discendente.
Probabile quindi che vada come gli scorsi anni: giocando a farne uno in più, magari lottando pure per l’ottavo posto, ma senza riuscirci.
12. SAN ANTONIO SPURS
Probabile ultimo anno per Gregg Popovich sulla panchina di una San Antonio ormai da un po’ di tempo fuori dal giro che conta e che quest’anno è libera dai contrattoni di Rudy Gay e DeMar DeRozan (oltre che di LaMarcus Aldridge già dallo scorso inverno) per iniziare ufficialmente a pianificare il futuro.
Rispetto ai cugini texani dei Rockets gli Spurs partono da qualche certezza in più rappresentata soprattutto da Dejounte Murray che lo scorso anno ha messo su le cifre migliori in carriera con 15.7 punti, 7.1 rimbalzi e 5.4 assist. Al suo fianco San Antonio punterà sulla voglia di emergere di Zach Collins e Derrick White e sull’uomo d’esperienza di turno Thad Young, ma il payroll degli Spurs è pieno soprattutto di contratti in scadenza (tra cui lo stesso Young) il che la dice lunga sulle intenzioni della franchigia nonchè sulle possibilità di Popovich di chiudere la carriera, se davvero andrà così, con una qualificazione alla postseason.
13. HOUSTON ROCKETS
Il ciclo James Harden-Daryl Morey è ufficialmente concluso e anche gli Houston Rockets hanno avviato con vigore il rebuild mode. Certo, c’è ancora da avere a che fare coi contratti di John Wall ed Eric Gordon, ma il mercato texano ha visto un chiarissimo all-in sulle scelte al draft, prima fra tutte Jalen Green.
Il diciannovenne ex Ignite Team, passato direttamente dal liceo alla G-League e seconda scelta assoluta del 2021, ha subito una grande occasione per mettersi in mostra con una franchigia blasonata ma senza bisogno di risultati nell’immediato ed è pronto a formare con Christian Wood l’ossatura dei Rockets che verranno.
I vari Alperen Sengun, Josh Christopher e Usman Garuba arricchiscono ulteriormente la quota rookies di Houston che guidata da un head coach a sua volta solo al secondo anno in tale ruolo come Stephen Silas non riusciranno probabilmente a lottare per i playoff, ma vivranno un anno comunque fondamentale per il percorso verso il ritorno tra le grandi.
14. SACRAMENTO KINGS
Ancora una volta i Kings non sembrano avere affatto le idee chiare per un qualsiasi progetto tecnico e appaiono all’ennesimo anno caratterizzato più da dubbi che da certezze per una franchigia che manca ai playoff dal 2006.
La mossa principale in estate è stata il rinnovo di Richaun Holmes a 33 milioni abbondanti in cinque anni a cui si aggiungono il contratto in scadenza di Tristan Thompson e la scelta di Davion Mitchell alla numero 9 pur avendo già De’Aaron Fox.
Non sembra comunque essere stato risolto il cronico problema della difesa che l’anno scorso era la peggiore della lega con ampio distacco sui Blazers penultimi, pertanto è fin troppo probabile l’ennesimo anno senza postseason per i capitolini californiani.
15. OKLAHOMA CITY THUNDER
In casa Thunder la parola d’ordine è un sonoro “rifondazione” e quindi i tifosi di Oklahoma City avranno ancora una volta come attrattiva principale l’evoluzione di Shai Gilgeous-Alexander, autoproclamatosi “lo Steve Nash nero” e che si presenta ai blocchi di partenza con i 23.5 punti e 5.9 assist messi su nelle 35 gare giocate lo scorso anno.
Shai darà sicuramente spettacolo ed è atteso alla maturazione definitiva, ma dietro il play abbiamo il classico roster giovane (unici elementi negli “enta” Mike Muscala e un Derrick Favors alla terza squadra negli ultimi tre anni) destinato più a una crescita volta a portare risultati sul lungo periodo che a competere per la postseason già quest’anno.
Sotto la copertura di un tranquillo (si fa per dire) insegnante di matematica si cela un pazzo fanatico di tutto ciò che gira intorno alla spicchia, NBA in testa. Supporter della nazionale di Taiwan prima di scoprire che il videogioco Street Hoop mentiva malamente, in seguito adepto della setta Mavericks Fan For Life.