Siamo ormai ad una decina di giorni dall’apertura del sipario di quella che, forse, sarà la prima stagione NBA dotata di una stagione regolare nel vero senso della parola degli ultimi tre anni. Senza bolle a Orlando, senza stagioni limate in quanto a numero di partite, senza una incosciente elevazione del rischio infortuni con una folle concentrazione del calendario di partite.

Si tratta, quindi, della stagione dei power rankings. Ordinamento delle squadre che tanto presto quanto inesorabilmente sarà sbugiardato. Ma siccome ci si diverte, immergiamoci senza ulteriori indugi in una rapida rassegna di quelli che -a mio modesto parere- sono i rapporti di forza tra le squadre della Eastern Conference.

Un solo nota bene prima di iniziare: è ovviamente un giudizio che oserei dire “campato per aria” visto che gli effettivi valori delle singole squadre saranno desumibili solo dalle prestazioni in stagione.

1- MILWAUKEE BUCKS

Ho puntato su di loro nella postseason appena terminata e non mi hanno deluso, allora, rispettando il sapere popolare che incita a non cambiare una squadra che vince, ecco i Bucks in cima ai rankings dell’Est.

La perdita di Tucker e Forbes certo non ha fatto bene ai campioni uscenti, ma -viste le ampie rotazioni che è solito fare in regular season coach Bud- i nuovi innesti (Grayson Allen, Semi Ojeleye e George Hill) avranno sicuramente spazio per crescere in un sistema già rodato e che si è finalmente dimostrato vincente. E poi un ultimo dettaglio: sarà la prima stagione senza un Giannis con la pesante scimmia sulla spalla del dover a tutti i costi vincere il titolo per affermarsi come superstar, e senza la pressione del dover dimostrare di valere fino all’ultimo dollaro del contratto più remunerativo della storia NBA. Occhio all’uragano Giannis.

 

2- BROOKLYN NETS

Who else? Ci sono ancora i tre moschettieri (con aperto però il dubbio da risolvere inerente al negazionista Irving, dibattito che è ovviamente impossibile da esaurire in un articolo di power ranking), così come Griffin, Bruce Brown e Joe Harris. A questa base vincente, aggiungiamo un coach come Nash che non è più un rookie (sebbene non abbia più al suo fianco D’Antoni) e gli arrivi di Patty Mills (acquisto sottovalutatissimo) e dei veterani James Johnson, Paul Millsap e il ritorno dal ritiro di LaMarcus Aldridge. Una squadra completa, pronta a lottare per il titolo, unico obiettivo per il quale è stato assemblato questo super-team. Unica crepa nel castello di vetro? La solita, una difesa che lascia molti grattacapi.

 

3- PHILADELPHIA 76ERS

Sono al posto 3, ma potrebbero essere al 7 come al 5. Tutto dipende dalla infinita telenovela Ben Simmons, che sembra ormai una serie a puntate di Orgoglio e Pregiudizio, con cuori spezzati e promesse non mantenute. Avere come PG titolare un emergente ma troppo acerbo Maxey non sarebbe l’ideale per Doc Rivers, sarebbe necessario quindi un rinforzo sicuramente nel reparto guardie e tiratori in una eventuale trade. Drummond come back-up di Embiid è una soluzione tutto sommato solida sotto canestro. Per il resto, se Thybulle iniziasse a giocare in NBA come gioca con la canotta dell’Australia, i Sixers aggiungerebbero un argomento per la loro legittimità come contender.

 

4- MIAMI HEAT

Lowry, Tucker (rubato ai rivali Bucks), Markieff Morris, Oladipo rifirmato al minimo salariale con imminente rientro in campo. Aggiungiamo a questi Butler e Adebayo e possiamo avere una squadra che, con Spoelstra in panchina, non ha punti deboli in difesa. Certo è che ha poche soluzioni offensive (Lowry e Butler non bastano, dovrebbero sperare nella rinascita di Adebayo e Herro come terze bocche di fuoco), e una panchina poco profonda, che ha 3 giocatori con sufficiente esperienza NBA e tutti gli altri giovanissimi e probabilmente non adatti ancora ai playoff. In tutto questo, Miami deve sperare nella continuità di rendimento di Robinson, coperto d’oro in qualità di specialista da tre punti ma punto debole in difesa.

 

5- ATLANTA HAWKS

Squadra giovane, guidata dalla stella Trae Young, con un esercito al suo seguito che può vantare Collins, Bogdanovic, Okongwu, Hunter, Reddish, Huerter, Capela, Gallinari e Okafor e due interessantissimi giovani rookie come Cooper e Jalen Johnson. Il futuro è luminosissimo in Georgia, l’unico dubbio rimane se sia una squadra pronta a ripetersi sui livelli dello scorso anno partendo però già con i fari puntati su di lei come possibile contender al trono dell’Est.

 

6- BOSTON CELTICS

Udoka come coach, Stevens come GM, e inevitabilmente molti cambi anche a livello di roster (primo su tutti l’addio di Thompson) senza andare però a sconvolgere l’ossatura base Smart-Tatum-Brown-Williams III e continuando a puntare sulla crescita di giovani come Pritchard e Nesmith. Il ritorno di Horford (finalmente un lungo che sappia portare palla!) e Kanter, l’aggiunta di Hernangomez e Richardson nonché Schroder, colpo a bassissimo prezzo sono andati a rattoppare proprio quei reparti dove Boston era carente. Una panchina lunga, il che favorisce l’affronto di una stagione da 82 gare, ma che deve dimostrarsi all’altezza di essere gregari di Tatum e Brown, soprattutto da un punto di vista realizzativo. Per la metà campo difensiva, è ancora troppo presto per azzardare, ma sicuramente sul mercato si sono mossi anche per migliorare quel fondamentale.

 

7- CHARLOTTE HORNETS

Sulle spalle dei giovani, l’anno scorso ci hanno entusiasmati. Sulle spalle dei giovani quest’anno devono affermarsi. Sono coperti in tutte le posizioni dai soliti noti (Ball, Washington, Bridges, Rozier, Hayward), con anche seconde opzioni del livello di Oubre Jr e l’interessantissimo rookie Bouknight. L’unica grande carenza mi sembra quella di un 5 di ruolo, anche perché l’aggiunta di Plumlee non credo possa far salire il livello della squadra. In questa direzione è anche stata fatta, probabilmente, la scelta al draft di Kai Jones, giocatore dotato di un atletismo a dir poco impressionante e che bene si integrerà in un basket frizzante e spettacolare come quello di Charlotte.

 

8- NEW YORK KNICKS

Reduci da una stagione fantastica, si troveranno davanti enormi difficoltà. Innanzitutto, l’anno scorso avevano basato il loro successo sulla difesa e su Randle. Quest’anno sul mercato hanno aggiunto due anelli debolissimi in difesa (Fournier e soprattutto Kemba Walker), e proprio a causa dell’aggiunta di queste due guardie Randle avrà meno palla in mano, incidendo sicuramente in maniera meno evidente nel gioco di coach Thibodeau. In compenso, l’estensione di Rose, la crescita di Barrett e Quickley (e forse di Toppin) e l’aggiunta di giovani come Sims e McBride contribuiscono a far ben sperare i tifosi della Grande Mela. Rimane, come già nella stagione scorsa, la grande incognita del centro, che dubito sarà risolta da Robinson e Noel.

 

9- CHICAGO BULLS

Tante mosse di mercato, che hanno contribuito a portare alla corte di Donovan giocatori del calibro di Vucevic (già nella stagione scorsa), DeRozan, Lonzo Ball e Caruso. Rimane il fatto che molta parte dello sperato successo dei rossi dipenderà dallo sviluppo di un Patrick Williams che l’anno scorso non ha brillato particolarmente, e da una difesa che ormai sono anni che non sembra esistente. Tanti dollari spesi per convincere LaVine a restare, ma basteranno?

 

10- WASHINGTON WIZARDS

Squadra che, se gli ingranaggi funzionano, potrebbe essere la sorpresa, come i Knicks dello scorso anno. Ha aggiunto giocatori che hanno fame di dimostrarsi ai loro più alti livelli (Kuzma, sottovalutato pur essendo troppo discontinuo, Harrell, Dinwiddie), e accanto a loro veterani affermati ma non ancora marci (Holiday e Caldwell-Pope). Tutto questo, in un clima che permette a parer mio una crescita esponenziale ai vari Hachimura, Gafford, Avdija e al necessarissimo tiratore Kispert, rookie da Gonzaga. Una squadra che sembra aver preso la più giusta direzione nel post-Wall e Westbrook, se si conta anche il ritorno dall’infortunio di Thomas Bryant. Certo è che la palla a spicchi sarà sempre nelle mani di quel fenomeno che ha nome Bradley Emmanuel e cognome Beal.

 

11- TORONTO RAPTORS

Veterani, stelle, giovani: un mix di tutto questo, che porta all’undicesimo posto a Est. Le crepe dimostrate dell’anno scorso non sono state curate, ma anzi si è aperta una ferita maggiore, quella di Lowry. Rimane però la squadra con il maggior numero di possibilità alle posizioni 3, 4 e 5: Siakam, Anunoby, Birch, l’interessante rookie Barnes, Boucher, Achiwua. Insomma, agilità, potenza, dolcezza di polso in abbondanza. Nel backfield VanVleet, Dragic (se rimarrà) e Trent Jr danno ben poca protezione nella propia metà campo ma possono potenzialmente scatenare l’inferno nella metà offensiva del parquet.  Tutto bello, però Nurse sarà davvero capace di gestire uno spogliatoio che già nella stagione scorsa sembrava cadere a brandelli.

 

12- INDIANA PACERS

Sarà forse per pregiudizio personale, ma sinceramente è una squadra che non mi piace per nulla, e l’assunzione di Carlisle è compresa. Sono sempre i soliti noti, con forse un po’ più di energia data da LeVert, che paradossalmente è l’unico nome di cui si vocifera in una possibile trade con… Ben Simmons. Ecco, un arrivo di Simmons a Indiana sarebbe la fine del basket gialloblu, che rimarrebbe con pochissimi ball-handler e tiratori. Ovviamente, nella speranza che torni un Warren ai livelli di un anno fa, e nel frattempo affidandosi al rookie Duarte. McConnel, Lamb e Wanamaker non possono essere alternative adatte ad una squadra che punti ai playoff.

 

13- CLEVELAND CAVALIERS

Love che non vuole giocare, Sexton (la stella della squadra) che non rinnova e andrà via da free agent l’anno prossimo, un rinnovo da 100 milioni per Allen salvo poi portare in Ohio Markkanen e Mobley (che non ho ancora capito con quale minutaggio potrà crescere). Rimane comunque una squadra con più esperienza rispetto a Orlando e Detroit, ma è la prima del gruppetto tanking. Salvate il soldato Rubio.

N.B. se per qualche fortuito caso, Mobley troverà spazio (forse addirittura da 4), vi chiederei di guardarlo attentamente, perchè diventerà un lungo di qualità eccelsa.

 

14- DETROIT PISTONS

Cunningham è arrivato, e si spera funzioni insieme a Hayes, che l’anno scorso ha a dir poco deluso. Jerami Grant sarà ancora il trascinatore della baracca, con un aiuto sicuramente più corposo da parte di Isaiah Stewart e Saddiq Bey, così come un veterano alla Olynyk, che in squadre di piccolo mercato si avvicina al ruolo di perno della squadra offensivamente parlando (vedere Houston l’anno scorso per credere).

Detto questo, non cercate altro quest’anno che minuti per fare crescere i giovani e un sanissimo tanking per puntare ad una scelta nel top-5 del prossimo draft.

 

15- ORLANDO MAGIC

La tentazione di porli addirittura alla posizione 13 era tanta, perché, non posso negarlo, è una squadra che mi gasa. Con il ritorno di Fultz e Isaac si contano 9 dei primi 11 giocatori a roster sotto i 24 anni, compresi i fenomenali Suggs e Anthony. Aspettatevi un anno di crescita per Wendell Carter Jr e Chuma Okeke. Per quanto riguarda il rookie Suggs, credo che se la giocherà con Jalen Green per il rookie of the year, in quanto (e probabilmente sono uno dei pochissimi a dirlo) Cunningham non mi convince ancora a pieno, ho paura di un primo anno alla Wiseman per intenderci. Ma per i premi ci sarà tempo di essere sbugiardati, anche perchè è stata una draft class piena di talento (se si pensa a Davion Mitchell, per dirne uno).

Perché allora solo quindicesimi? Perché è appena iniziato il processo di rebuild, e devono monetizzare al meglio le scelte ricevute per Vucevic e Gordon lo scorso anno. Quindi la parola d’ordine di quest’anno sarà tanking, tanking, tanking. Non farlo sarebbe tanto assurdo quanto rischioso per il futuro potenzialmente di elevato livello della franchigia della Florida.

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