Nella notte tra il 2 e il 3 giugno si sono completati i verdetti per tutte e quattro le serie del primo turno playoff nella Eastern Conference, tutte chiuse in 4 o 5 gare. Mentre Milwaukee, Brooklyn e Philadelphia erano chiaramente le favorite e hanno rispettato in pieno i pronostici della vigilia ci si poteva attendere una serie più lunga e combattuta tra i New York Knicks e gli Atlanta Hawks, rispettivamente quarta e quinta classificata del girone Est in regular season, tuttavia gli uomini di Nate McMillan hanno subito invertito il fattore campo aggiudicandosi gara-1 in un Madison Square Garden infuocato grazie al ritorno di un pubblico assetato di postseason e hanno strappato il pass per le semifinali di Conference con un sonoro 4-1.
Per quanto l’analisi sia come sempre ricca di aspetti da considerare non si può assolutamente non iniziarla scrivendo a chiare lettere che i playoff NBA 2020-21 hanno visto nascere una nuova stella: quella di Rayford Trae Young.
Il texano di Lubbock ha dominato la serie ben oltre i 29.2 punti di media con 9.8 assist messi a segno nelle cinque gare contro i Knicks. Young ha messo in mostra un repertorio offensivo ampio e variegato: può tirare da nove metri in pochi secondi come Steph Curry, suo principale riferimento, così come può infilare la difesa in transizione senza darle il tempo di piazzarsi o arrestarsi nel cuore dell’area per uno di quei floater che fa sembrare molto più semplici di quanto non siano in realtà data la regolarità con cui li mette.
La sua abilità di playmaking gli consente di gestire a suo piacimento i ritmi delle gare e non ha timore di attaccare il ferro per cercare contatti (guadagna quasi 9 tiri liberi a partita che realizza con l’88.6%, percentuale che sale a 91.9% nei playoff) o per aprire spazi sul perimetro di cui beneficiano i vari tiratori degli Hawks.
Tutto questo per un ragazzo che deve ancora compiere 23 anni.
L’aspetto più impressionante dell’eccezionale prestazione in questo turno playoff di Trae Young è però la mentalità da leader e l’assoluta mancanza di ogni tipo di timore reverenziale nei confronti dell’esordio nella postseason. Questo nonostante tale esordio sia avvenuto su un campo tra i più ostici in assoluto quando ci sono le motivazioni adeguate.
Il Garden lo ha fischiato senza pietà dal primo minuto di gara-1 includendo nella partita successiva anche un bruttissimo episodio con uno sputo di un tifoso prontamente allontanato a tempo indeterminato dallo storico palasport della Grande Mela. Addirittura si è scomodato il sindaco di New York, Bill DeBlasio, che prima di gara-2 ha catechizzato Young chiedendogli di “smetterla di cercare falli” con un video dalla sua sede ufficiale.
https://www.youtube.com/watch?v=LoQ6ANIfkC4
Ce ne sarebbe abbastanza da mettere una pressione assurda sul capo di chiunque ma Young non si è lasciato intimorire, ha segnato il canestro della vittoria di gara-1 con il classico floater dopo aver lasciato di stucco il povero Frank Ntilikina scongelato dalla panchina praticamente solo per vedere il fenomeno di Atlanta andare a vincere la partita e poi da gara-3 in poi è stato un continuo di giocate spettacolari fino alla conclusione con l’inchino al pubblico del Madison Square Garden dopo la bomba della staffa in gara-5.
Detto delle meraviglie di Trae Young non c’è ombra di dubbio che a New York la delusione sia grande per un pubblico che vedeva la propria franchigia tornare ai playoff dopo tante traversie al limite del grottesco. Lo smacco è ancora più cocente se consideriamo che malgrado l’ottima stagione dei Knicks e il vantaggio del fattore campo la squadra allenata da Tom Thibodeau non ha quasi mai dato l’impressione, dopo la sconfitta in gara-1, di poter davvero raddrizzare la situazione a suo favore.
New York si è vista battuta sul proprio territorio dato che Atlanta ha accettato la sfida di giocare ai ritmi bassi prediletti dagli avversari e ha vinto le ultime 3 gare infliggendo una media di 14 punti di scarto a una delle migliori difese della stagione regolare.
Di fatto si può dire che gli Hawks abbiano fatto a pezzi le certezze su cui si basava il gioco degli uomini di Thibo che hanno subito soprattutto in area, dove invece in regular season la difesa dei Knicks si chiudeva sistematicamente mettendo quindi pressione ai tiratori da tre punti avversari. In particolare durante la serie Clint Capela ha fatto ciò che voleva: 13.4 rimbalzi e 66.7% da due nella serie per lo svizzero ex Rockets che ha messo su questa percentuale soprattutto con poderose schiacciate approfittando dei difensori che uscivano per marcare Young.
Tolta quindi l’arma principale, la difesa, alla squadra di Thibodeau non è rimasto che affidarsi in attacco a un Julius Randle nettamente ridimensionato da questa esperienza playoff nelle vesti di giocatore di punta della squadra.
Reduce dalla vittoria del premio come Most Improved Player, l’ex giocatore dei Lakers e dei Pelicans ha peggiorato le sue medie sotto quasi tutti gli aspetti rispetto alla sua stellare stagione regolare: se i rimbalzi sono saliti da 10.2 a 11.6, i punti sono crollati da 24.1 a 18 ma soprattutto la percentuale dal campo è passata dal 45% della regular season a un inguardabile 29.8% nato soprattutto dalle frequenti forzature al tiro da fuori che lasciavano peraltro New York scoperta a rimbalzo.
https://www.youtube.com/watch?v=5CH8BlnmJL4&ab_channel=Z.HighlightsZ.Highlights
Sicuramente Randle non è stato aiutato da un gioco offensivo che raramente ha costruito qualcosa per lui, costringendolo a partire in palleggio da fuori l’arco per cercare i più classici degli “hero balls”. Dal punto di vista del playmaking New York si è rivelata nettamente insufficiente sia a causa della mancanza di risorse umane, con Elfrid Payton uscito dalle rotazioni di Thibodeau, sia per il calo netto di Immanuel Quickley, le cui palle perse (1.2) hanno superato gli assist (1.0).
Così l’unico motivo di consolazione per i New York Knicks, nonchè una bellissima notizia per tutti gli appassionati, è stato il ritorno al ruolo di trascinatore di Derrick Rose.
Arrivato a febbraio dai Detroit Pistons col ruolo di uomo d’esperienza che parte da riserva, l’ex MVP della NBA con la maglia di Chicago (prima dell’avvento di una serie di disgrazie, più che problemi fisici) ha dimostrato di essere l’unico tra i giocatori di New York a sapere davvero cosa voglia dire giocare i playoff NBA. Tra gli esterni di punta (oltre al succitato calo di Quickley segnaliamo anche un RJ Barrett che passa da 17.6 punti col 40% da tre a 14.4 con solo il 28.6% da dietro l’arco) solo lui ha migliorato le sue medie portandole a 19.4 punti col 100% ai liberi e 47.1% da tre. Ma oltre le cifre c’è un Rose vero trascinatore dei suoi, uomo cardine della rimonta che ha portato all’unica vittoria Knicks in gara-2 e unico a tentare di opporsi alla sontuosa prestazione di Trae Young.
Come rilevato anche nell’analisi generale della Eastern Conference però il fatto che il leader dei New York Knicks sia diventato quello che doveva essere oggettivamente una riserva di esperienza (e che partendo in quintetto ha quindi tolto qualità alle riserve newyorkesi) è senza dubbio una delle chiavi della brutta eliminazione dei Knickerboxers.
La franchigia ora si trova di fronte a una offseason che la vede con moltissimi contratti in scadenza; facile che si riparta dal contratto da rookie di Barrett (circa 19 milioni fino al 2023, ultimo anno team option) e dal parzialmente garantito di Randle che potrebbe essere rinnovato così come Rose, ma per il resto i contratti in essere sono solo quelli di Quickley (in scadenza nel 2024 con New York che potrà uscire dall’accordo la prossima estate) dell’idolo del Garden Obi Toppin e di giocatori fuori o quasi dai piani di Thibodeau come Kevin Knox, Norvel Pelle, Luca Vildoza e Mitchell Robinson (per non parlare degli ultimi 6 milioni e mezzo da versare sul conto corrente di Joakim Noah)
La squadra sarà quindi per gran parte nuova rispetto a quella di quest’anno e vedremo se i Knicks sapranno ripartire dalle cose buone viste in regular season quest’anno per costruire una squadra stabilmente da playoff.
Atlanta si gode il passaggio del turno e il ritorno alla semifinale di Conference dopo 5 anni (nel 2015-16 eliminati al secondo turno con un 4-0 dai Cleveland Cavaliers di LeBron James, Kyrie Irving e Kevin Love) e si prepara alla proibitiva sfida che la vedrà opposta ai Philadelphia 76ers primi classificati a Est che hanno regolato 4-1 i Washington Wizards. Sicuramente gli Hawks non partono coi favori del pronostico anche se sui Sixers grava l’incognita dell’infortunio di Joel Embiid che non si sa quando esordirà nella serie che partirà il 6 giugno alle 19 italiane; ad ogni modo affinchè Atlanta possa giocarsela servirà molto di più soprattutto da John Collins.
Se Trae Young ha dimostrato di essere assolutamente pronto alla sfida dei playoff, Collins ha pagato di più lo scotto dell’esordio non riuscendo ad essere incisivo come in regular season e abbassando la sua media punti da 17.6 in stagione a 12.2 nella serie contro i Knicks, con l’aggravante dello zero nella sconfitta di gara-2 in cui è stato messo fuori combattimento dal foul trouble.
Il confronto con il terribile Embiid dovrà quindi essere uno stimolo più che un ostacolo per il 23enne lungo ex Wake Forest sia per il bene della squadra che per lui stesso, dato che come tutti sanno Collins sarà restricted free agent in estate e potrà cercare il primo vero contratto importante della sua carriera. Una performance inconsistente nei playoff da questo punto di vista sarebbe una brutta macchia per il curriculum di Collins.
Inoltre il resto della squadra dovrà continuare a fornire allo stellare Young della postseason l’ottimo apporto visto nel primo turno playoff, con Bogdan Bogdanovic e Kevin Huerter a sfruttare gli spazi creati dal play, Clint Capela a svolgere il prezioso lavoro di rim protection et dulcis in fundo l’esperienza di Lou Williams e Danilo Gallinari per non lasciare solo Young nei momenti più caldi. L’impresa è sicuramente ostica, ma gli Atlanta Hawks ci sono e Trae Young è pronto a continuare a stupire e incantare gli appassionati.
Sotto la copertura di un tranquillo (si fa per dire) insegnante di matematica si cela un pazzo fanatico di tutto ciò che gira intorno alla spicchia, NBA in testa. Supporter della nazionale di Taiwan prima di scoprire che il videogioco Street Hoop mentiva malamente, in seguito adepto della setta Mavericks Fan For Life.
Figuraccia clamorosa il Most Improved a Randle e fesso pure io a cascarci.
Un Rose clamoroso (bellissima notizia) non basta a una squadra che ha spento l’interruttore al momento del dunque.
Gallinari sarà seccatissimo per il dover rimandare le vacanze.
Proprio così. Adesso staremo a vedere New York che squadra costruirà.
In teoria per Gallinari ci sarebbe il preolimpico… in teoria