Jazz-Grizzlies, Suns-Lakers, Nuggets-Trail Blazers, Clippers-Mavericks. Questi i quattro incroci che nel lato “pacifico” (solo in riferimento all’oceano) degli Stati Uniti stanno letteralmente risucchiando su di loro tutta l’attenzione mediatica. Anche perché, diciamo la verità, eccetto il Madison Square Garden e l’improvvisata gara di sputi al suo interno, c’è ben poco per cui entusiasmarsi nelle quattro serie atlantiche.
I Playoffs a Ovest, come da pronostico, non stanno invece deludendo. È allora tempo di darsi ad un rapidissimo giudizio riguardo agli equilibri in ogni singola serie, tenendo ovviamente in conto che tutto è ancora possibile ma che, come consiglia la saggezza popolare, “chi comincia bene è a metà dell’opera”.
UTAH JAZZ (1) vs MEMPHIS GRIZZLIES (8) 2-1
Una Memphis così se l’aspettavano veramente in pochi. Un Ja Morant così ancora di meno. Sono 33.7 punti a partita, accompagnati da 6 assist e 4 rimbalzi. Insieme a lui vi è stato l’exploit di Dillon Brooks, che viaggia a 27 punti di media. Il vero problema è che, oltre a loro, sembra esserci il vuoto. Kyle Anderson e Valanciunas sembrano la brutta copia di quelli che erano stati nella regular season, il povero Jaren Jackson sta giocando discretamente ma, tornato da un infortunio che lo ha tenuto fermo più di un anno, non gli si può chiedere più di tanto.
La vera difficoltà per i Grizzlies sta nel fatto che solo tre giocatori stanno tirando da tre con più del 35%, e sono Grayson Allena, Desmond Bane e Tyus Jones, non proprio i titolarissimi. E contro una squadra come Utah che viaggia a punteggi elevatissimi non avere il tiro dalla lunga distanza ti fa partire già in svantaggio.
Utah, dalla sua, ha ritrovato il vecchio Playoff Donovan, dopo aver perso gara-1 privi di lui. Mitchell ha registrato 27 punti di media nelle ultime due partite. La vera differenza è che no è solo. Bogdanovic e un fenomenale Conley (23 punti e 12 assist di media) stanno segnando regolarmente più di venti punti. Oltre a questi tre, in doppia cifra ci sono Clarkson, Gobert (che sta compiendo addirittura 3.7 stoppate a partita, nonché 14 rimbalzi) e Ingles.
Bisogna comunque dire che è una squadra che ha subito una flessione per quanto riguarda il rendimento nel tiro da tre punti rispetto alla stagione regolare, ma questo non sembra aver influenzato troppo l’attacco, soprattutto perché hanno evidentemente trovato un modo più efficace e sicuro per andare a canestro: tirare da più vicino. Non a caso, ben 5 giocatori di Salt Lake City sono sopra il 60% da due… niente male. Sinceramente non credo che Memphis possa impensierire i Jazz ancora troppo, seppur siano partite sempre tirate fino all’ultimo. Certo è che per gli anni venturi, vista anche la gioventù del roster, dovrebbero diventare una stabile presenza nel basket che conta.
PHOENIX SUNS (2) vs LOS ANGELES LAKERS (7) 1-2
Era sicuramente la serie più attesa del primo turno della Western Conference. Aveva tutte le carte in regola per essere una serie combattuta sul filo del rasoio, dove i favoriti ovvi sembravano i gialloviola di LBJ ed AD, ma ronzava un po’ nelle teste di tutti la domanda ma sono davvero i favoriti ovvi su Booker, CP3 ed Ayton?
Beh, sfortunatamente per chiunque ami il basket, maledette circostanze, e non una superiorità dimostrata sul campo, hanno indirizzato la serie in direzione Staples Center. Quando il giocatore che più di tutti merita un anello e da cui dipendono le sorti dei Soli dopo due quarti si fa male alla spalla c’è ben poco da sperare. È commuovente lo sforzo di CP3, che si rifiuta di arrendersi davanti ad un infortunio che è evidente ne stia limitando il gioco. Ma per battere questi Lakers, o avere almeno una speranza di avvicinarsi, bisognava essere perfetti, e senza Chris Paul al massimo Phoenix fa molta fatica ad essere perfetta.
Diventa tutto ancora più difficile se poi di fronte trovi una squadra in cui giocano Anthony Davis (in 3 partite, 27 punti, 9.3 rimbalzi e 2.3 stoppate di media) e LeBron James (per lui 21 punti, 5.7 rimbalzi, 9 assist e 2 rubate). A questi si aggiunga un redivivo Dennis Schröder che si è caricato il reparto delle guardie sulle spalle, contribuendo a ben 19.2 punti a partita, e si capisce quanto sia ardua la scalata di Phoenix. Credito anche a Vogel che, dopo una Gara 1 in cui i Suns, con la loro maggiore agilità, hanno fatto penare Drummond e Harrel, è stato rapido a variare le rotazioni diminuendo il loro minutaggio e inserendo al loro posto giocatori più adatti a difendere una squadra che, al di fuori di Ayton, manca di un vero e proprio lungo di peso.
DENVER NUGGETS (3) vs PORTLAND TRAIL BLAZERS (6) 2-2
Jokic contro Lillard. Dovrebbe bastare così per farci amare questa serie. Non hanno contribuito solo loro. Si tratta, infatti, di una serie combattuta in ogni statistica. Sei giocatori delle Pepite d’oro stabilmente in doppia cifra contro le cinque di Portland. Un apporto pazzesco delle due star: Jokic che segna 31 punti a partita, insieme con 11 rimbalzi e 3 assist; Lillard che segna 31 punti a partita, insieme con 4 rimbalzi e 9 assist.
Un apporto notevolissimo dalle seconde stelle: Porter Jr. che registra 16 punti e 6 rimbalzi a partita, CJ McCollum che ne segna 21 con 6 rimbalzi e 4 assist. Per quanto riguarda le statistiche sembra che Portland alla lunga possa uscire, soprattutto perché nella gara della passata notte l’accorgimento difensivo di Stotts di mettere stabilmente Nurkic su Jokic ha pagato e se i Blazers riuscissero a tenere a bada il futuro MVP per Denver le cose si metterebbero malino. Se poi Norman Powell prende fuoco, come sembra aver fatto, il trio Lillard, McCollum e Powell ha davvero le potenzialità di mettersi subito dietro a Durant, Harden e Irving in qualità di fire-power.
Bisogna però dire tutta la storia: è una Denver che sta giocando senza la sua effettiva seconda stella (che poi in realtà è una seconda prima stella) in Jamal Murray. Sta giocando anche senza i suoi due più naturali sostituti in Dozier e in un riadattato Barton. Sta giocando con Austin Rivers titolare, che, seppur preso dal mercato dei buyouts, si sta dimostrando un’ottima aggiunta, e Facundo Campazzo, che più lo vedo più mi innamoro della sua garra sudamericana. Certo è che nessuno di questi due può pensare di impensierire le difese quanto lo faceva e lo fa Murray. Quindi se questi sono i Denver di adesso, con una buona chance di fare un ottimo percorso playoffs, per l’anno prossimo auguri a tutti.
Certo è che questa serie ci regala spettacolo su spettacolo, e ci regalerà almeno altre due partite di basket meraviglioso, forse (speriamo) anche tre.
LOS ANGELES CLIPPERS (4) vs DALLAS MAVERICKS (5) 1-2
I fantasmi erano tornati nella sponda della City of Angels che veste rossoblu. Anzi, i fantasmi sono ancora belli che vivi. Dopo essere usciti l’anno scorso subendo una ignobile rimonta da 1-3 a 4-3 e da +27 in gara-7 contro Denver, ecco che l’angelo della morte miete ancora vittime in casa Clippers. Questa volta è sloveno, ha 22 anni e si chiama Luka Doncic.
Partiamo dando a Cesare quel che è di Cesare… Luka ha letteralmente ucciso i Clippers nelle prime tre partite, forzando su di sé il cambio con Zubac e trovandosi quindi uno contro uno contro un centro più alto e non atletico, il gioco quindi è fatto. Non è un caso che Luka Magic stia viaggiando a 38 punti di media tirando con il 46% da tre. 38 punti, di media!
Colpa va anche data ovviamente ad una difesa Clipper che continua ad accettare lo switch senza minimamente cercare di mantenere gli accoppiamenti difensivi originari. L’unico problema, in casa Mavs, sono i minuti senza Luka. Lì l’offensive rating precipita da 130 a 100 e, come ha dimostrato gara 3 che è stata vinta dai losangelini proprio sfruttando il riposo del fenomeno sloveno, quello è probabilmente l’unico momento che può essere sfruttato da Leonard e compagni per scavare un solco tra sé e i Mavs. Certo, avranno bisogno dei migliori George e Leonard e di un maggior coinvolgimento (ti prego coach Lue) di Rondo al posto di Beverley.
Anche per quanto riguarda i Mavs non è tutto rose e fiori… Porzingis (pagato ben 29 milioni a stagione, nonché alto 2 metri e 21) segna 14 punti e prende 3 rimbalzi a partita, uno in meno della pepita d’oro Campazzo, alto però 1 metro e 78. Certo è che Luka non è totalmente solo, ma aiutato da un tiro dall’arco formidabile da parte di Hardaway e Kleber (entrambi sopra il 63%) e anche di Brunson (circa 58%).
Per i Mavs si tratterà di continuare a sfruttare il matchup Luka-Zubac, limitare i danni nei momenti in cui giocano senza la loro star e tenere duro. Per i Clippers si tratterà di fare di tutto pur di rendere la vita scomodissima al talento sloveno, per il resto con George, Rondo e Leonard le vittorie dovrebbero arrivare da sé.
23 anni, folgorato fin da bambino dal mondo americano dei giganti NBA e dei mostri NFL, tifoso scatenato dei Miami Heat e – vien male a dirlo – dei Cincinnati Bengals. Molto desideroso di assomigliare a un Giannis, basterebbe anche un Herro, ma condannato da madre natura ad essere un Muggsy Bogues, per di più scarso.