Tra esattamente sette giorni suonerà la sirena che porrà fine alla regular season 2020-2021. Di gran lunga la più strana e la più imprevedibile degli ultimi tempi, soprattutto per le questioni infortuni che, con lo zampino delle assenze per Covid, hanno senza dubbio influenzato il piazzamento di molte squadre orfane spesso delle loro stelle.
Il basket è uno sport, e come per tutti sport non c’è niente di più piacevole per un appassionato che sedersi al tavolo (o meglio al telefono) con qualche amico o conoscente e iniziare a montare su castelli d’aria su possibili vincitori della NBA, sui premi di fine stagione, su dove andrà quel giocatore piuttosto che questo.
Si inizia prima del draft e si continua ininterrottamente fino alla fine delle Finals, o forse non ci si ferma mai. Beh, credo che, per quanto riguarda i premi e i Playoffs, non ci sia momento più propizio di questa settimana per sbizzarrirsi a compilare i classici brackets che saranno come sempre da buttare dopo una sola serie di postseason. 32 squadre, solo 16 passeranno (20 quest’anno con il sistema play-in che però tocca un massimo di tre partite secche per determinare la settima e ottava di ogni Conference). La strettoia finale è ormai all’orizzonte.
Concentriamoci allora sulla parte atlantica degli Stati Uniti, quella famosissima sezione del continente americano che è dai Celtics del 2007 che non alza un Larry O’Brien Trophy con una squadra in cui non giochi LeBron James (escludendo la bellissima meteora firmata Leonard e Nurse in quel del Canada nel 2019).
Fin dall’inizio della stagione il disco è sempre stato lo stesso: guarda, la nona squadra a Ovest sarebbe quarta a Est! e così via a riempirsi le orecchie di paragoni che hanno veramente poco senso, specialmente in una stagione come questa.
Perché, e lo dico per coloro che non lo avessero ancora capito, regual season e postseason sono due universi separati, chiedere ad Antetokounmpo per credere. E i grandi fan della Conference occidentale dovrebbero almeno avere l’umiltà di ammettere che se ci saranno delle partite che guarderanno da qui al 16 maggio saranno proprio quelle per decidere i piazzamenti nella Conference sorella… perché c’è profumo di shootout.
Ma andando in ordine:
CONTENDERS
1) PHLADELPHIA 76ERS:
Terzo miglior record NBA, primo della Eastern Conference. Per quanto possa essere strano o arrogante, mi sento di dare ai Sixers la palma dei favoriti per raggiungere le finali. Sì, sopra il trio delle meraviglie alla corte di Nash. Perché?
Tredicesimo attacco della lega con un offensive rating di 112.6 di media, ma con ancora giocatori che mi sento di dire non stiano pigiando sull’acceleratore fino in fondo. Embiid sta avendo una stagione spettacolare, con 29.2 punti accompagnati con 11 rimbalzi e 3 assist in poco più di 30 minuti di gioco. Insomma, un legittimo candidato per il premio MVP.
Accanto a lui un giocatore che è rinato con Doc Rivers, come previsto per i loro trascorsi losangelini, è Tobias Harris, che viaggia addirittura a 19.5 punti a partita. Offensivamente, altri quattro giocatori sono in doppia cifra di media (Ben Simmons, che sforna anche 7 assist, Shake Milton, Seth Curry e Danny Green). Non trascurabili sono poi, in molti spezzoni di partita, gli apporti di Korkmaz e del rookie Maxey, senza poi dimenticare la presenza sotto il ferro di Howard, che consente ai Sixers di guadagnare 3 rimbalzi offensivi a partita di media.
E poi, poi c’è la difesa, che è semplicemente stratosferica. Defensive rating di 106.8, secondo migliore della lega. 5 giocatori nella top-20 della lega di defensive rating, 2 (Thybulle ed Embiid) nella top-5. Insieme a loro, il solito Ben Simmons, a cui personalmente darei il DPOY per sfinimento, visto che è mesi che martella i media con il fatto che è il migliore difensore della lega per la sua versatilità e la sua obiettiva efficienza.
Come biglietto da visita non c’è male, soprattutto se contro hai Harden, Durant e Irving contemporaneamente. E, come fermamente credo, l’attacco vince la regular season (con grande dose di fortuna in ambito infortuni), la difesa vince la post-season.
2) MILWAUKEE BUCKS
Colpo di scena! Ho messo i Bucks davanti ai Nets, già. Il motivo è sempre ed esclusivamente quello, la difesa. Hanno l’ottavo defensive rating con 111.0 punti subiti ogni 100 possessi, accompagnato però dal sesto offensive rating.
Hanno Antetokounmpo, che con una stagione da 28-11-6 e con il nono defensive rating della lega sarebbe da citare tra i papabili MVP se solo non fosse già diventata questione di routine. Possono schierare accanto a lui due “seconde stelle” del calibro di Holiday e Middleton, che contribuiscono a 38 punti, 10 rimbalzi e 11 assist nonché a 3 rubate.
Per completare un quintetto solo discreto difensivamente si potrebbero buttare dentro DiVincenzo, che più lo guardo più sono estasiato dalle sue fatiche difensive, e il veterano PJ Tucker, acquisito via trade solo ed esclusivamente per difendere. Dalla panchina poi posso sopraggiungere in aiuto il navigato Brook Lopez, Connaughton, Bobby Portis (che sta viaggiando a 12 punti e 7 rimbalzi in 20 minuti!). Forse lo sbalzo dai titolari alla panchina è troppo elevato, però il valore che danno i titolari più qualche aggiunta “alla Portis” è estremamente valido.
Ah, e per la cronaca, in stagione sono 2-1 contro i Nets e 3-0 contro i Sixers. Sono caldi per la postseason, e mi sento di scommettere che Giannis sarà finalmente leader di una grande cavalcata playoff. Sono 0.5 vittorie dietro ai Nets con una partita in meno, arrivando potenzialmente a strappare loro il secondo posto.
3) BROOKLYN NETS
Finalmente… Credo che qui non ci sia molto da dire. Anzi sì, solo tre parole: Harden, Durant, Irving. Perché solo terzi? Per tre principali motivi.
Il primo è che le tre stelle sono state martoriate da infortuni (o capricci nel caso di Irving). Siccome generalmente nei playoff il livello di fisicità si alza notevolmente, quanto reggerà il loro fisico?
Il secondo è che hanno giocato solo sette partite tutti e tre assieme, circa due mesi e mezzo fa. Ora, sono fenomeni, un modo per giocare insieme lo troveranno sicuramente, certo è che trovare l’intesa con i propri compagni nel bel mezzo della postseason non è ideale nemmeno per giocatori del loro calibro. E poi, nei playoff, quando ogni punto conta, quanto mai potranno giocare con i loro compagni questi tre, che sono sempre stati abituati (eccetto KD nella sua parentesi agli Warriors) a fare da soli? Sono tutti problemi da mettere sul tavolo, e lasciare che Nash, rookie coach (forse ennesimo problema), li risolva.
Il terzo è… la difesa! Sono ventiquattresimi in defensive rating nella lega. Hanno sicuramente il primo attacco della lega, e ci mancherebbe altro con quei tre e Joe Harris a tirare la palla… ma una volta che le difese diventeranno più dure, quel numero calerà. E sinceramente io non credo che la difesa di Brooklyn possa alzare così tanto l’intensità da diventare un effettivo fattore nella postseason.
OUTSIDERS
Arriviamo ora a quelli che potremmo chiamare, non erroneamente, “gli altri”. Ci sono obiettivamente squadre che possono andare ad infastidire le tre corazzate atlantiche? La risposta, visti gli andamenti di questa stagione, sembrerebbe no, ma già anche solo l’estate scorsa ci ha insegnato che nei Playoff niente è sicuro.
Dalla quarta posizione alla settima ci sono tre partite di distanza, con quattro mancanti nella stagione, quindi tutto può ancora succedere. Chi davvero può ambire a dare fastidio alle favorite a mio parere sono le squadre solide difensivamente e che hanno talenti che hanno già dimostrato di avere a loro disposizione giocatori che innalzano il loro gioco nella postseason. Quindi New York, Miami e Boston.
Gli Atlanta Hawks sinceramente li vedo un po’ indietro sia perché con un core centrale ancora giovane e inesperto sia per una obiettiva difficoltà difensiva che spesso e volentieri li ha messi in difficoltà questa stagione… non vedo perché questo dovrebbe cambiare tra una settimana e mezzo.
Miami è nella lista semplicemente per due semplici motivi: il coach e Jimmy Butler. Erik Spoelstra nello scorso tragitto verso le finali si è dimostrato un head coach magistrale, in grado di comprendere i momenti della squadra e adattarsi a quelli, capace di cambiare da difesa a uomo a difesa a zona 2-3 e ancora a uomo per disorientare l’avversario, e con abbastanza fegato da gettare nella mischia i più giovani e lasciare che siano loro a fare la differenza (vedere Herro in gara 4 con i Celtics).
E poi c’è Jimmy… credo che Butler sia l’incarnazione di giocatore che obiettivamente ha meno talento di molti altri ma che con la grinta, la lotta, la fisicità, la furbizia trova sempre il modo di essere migliore degli altri. Zitto zitto, questa stagione viaggia a 22 punti, 7 rimbalzi e 7 assist a partita con 2.1 rubate a partita (migliore dell’intera NBA).
E se uno come lui dice “tranquilli, quest’anno arriviamo alle Finals ma questa volta le vinciamo” non dico che gli creda, ma un po’ di paura mi viene. Soprattutto se a dirlo è lui, che obiettivamente avrebbe meritato di vincere l’MVP delle scorse finali se solo non si dovesse dare ad un membro della squadra vincente. E poi comunque Miami ha anche Adebayo, Dragic, Robinson, Herro, Oladipo (se mai si rifarà vivo) e vari veterani con enorme esperienza nei playoff.
Boston, dalla sua, al momento giocherebbe i play-in contro Charlotte. Lungo tutto l’anno, è stata una vera incognita, e lo hanno dimostrato con due rimonte clamorose, dopo essere stati trenta punti sotto, contro San Antonio e Denver, seguite da due sconfitte di fila contro i Bulls privi di LaVine. Stevens credo che a fine anno sarà abbastanza traballante su quel posto, soprattutto perché non ha dimostrato saggezza nel gestire i cambi e perché deve ancora spiegare a tutto il mondo per quale motivo Tristan Thompson gioca 25-30 minuti e Robert Williams 15 se prega in ginocchio. Devo dire la verità, Boston non gioca bene: muove poco la palla, gioca di isolamento, e ha una difesa che fa acqua (130 punti da Miami, decimo peggiore attacco della lega, possono essere un esempio). Credo, però, che meritino un posto in questa lista perché hanno Brown e hanno Tatum, due dei talenti under 25 più cristallini della NBA, e poi hanno anche Kemba Walker – quando si accorge di essere in campo. E attenti a sottovalutare anche l’apporto di Marcus Smart, giocatore “alla Butler”, e di Fournier, che potrebbe rivelarsi chiave. Mai dare per morti Tatum e Brown!
E poi c’è lei, New York. Io credo, e lo dico fin da subito, che l’unico modo che ha New York di passare il primo turno sia incontrare Atlanta, per il resto la vedo sfavorita sia contro Miami sia contro Boston. Ma che bello è vedere i Knicks finalmente nel loro posto, come “outsider delle outsiders”.
Nessuno si aspettava a inizio stagione di trovare gli arancio-blu quarti a Est. Chapeau a Thibodeau che è arrivato in punta di piedi, ha cambiato la cosiddetta culture, ha trasformato i newyorkesi nella quarta difesa della lega facendo fare il definitivo salto di qualità a RJ Barrett. Chapeau a Julius Randle, sbattuto ai margini della lega e tornato alla ribalta con una stagione memorabile da 24 punti, 11 rimbalzi e 6 assist e che sta trascinando New York lì dove deve stare.
Chapeau alla dirigenza che ha portato un pezzo mancante come Derrick Rose, che ha fornito esperienza e playmaking di elevatissimo livello, e che ha scelto al draft una steal assoluta come Immanuel Quickley, il cui floater è veramente morbido come pochi. I Knicks sono pronti al grande palcoscenico, ma non ancora per il più grande. Manca una stella da affiancare a Randle, e il gioco è fatto. La Grande Mela è tornata.
MENZIONE D’ONORE
Gli Washington Wizards potrebbero essere la sorpresa delle sorprese. Partiti in modo orrendo, ora sono saldamente nei posti da play-in e non dico nulla di nuovo se scrivo che nessuno vorrebbe incontrare Westbrook e Beal in 7 gare da dentro o fuori. Beal è semplicemente il secondo top-scorer della lega dietro a Curry con 31 punti a partita.
Per quanto riguarda Brodie Westbrook invece non credo ci siano più parole. Ha raggiunto le 181 triple doppie in carriera, pareggiando il record assoluto di oscar Robertson. Nel mese di maggio sta viaggiando a medie mostruose: 26.2 punti, 15.8 rimbalzi e 16.4 assist. A PARTITA! Ok, credo basti così per Washington.
23 anni, folgorato fin da bambino dal mondo americano dei giganti NBA e dei mostri NFL, tifoso scatenato dei Miami Heat e – vien male a dirlo – dei Cincinnati Bengals. Molto desideroso di assomigliare a un Giannis, basterebbe anche un Herro, ma condannato da madre natura ad essere un Muggsy Bogues, per di più scarso.
Complimenti per la gufata, Brown ringrazia. Meglio che si riposi, tanto Boston non va da nessuna parte (come negli ultimi 10 anni, ma almeno nei primi 4/5 aveva la scusa della ricostruzione…).
Possibile sorpresa New York, possibile contender Miami, le altre ciao (Atlanta una pena finchè non si libera del pensionato italiano e recupera una star come si deve – Sabonis?). I Nets se la giocano con Philadelphia perchè: 1) prima o poi Embiid si infortuna – comunque l’MVP è Jokic 2) i 3 fenomeni NON devono giocare insieme, ma 2 su 3 contemporaneamente in campo – e hanno pure Griffin a dare una mano una volta levata la ruggine