Nella gara del 23 aprile giocata (e vinta) dai Dallas Mavericks contro i Los Angeles Lakers i festeggiamenti dei tifosi texani sono stati macchiati da una scena di per sè niente affatto bella da vedere ma che si sta trasformando in un triste e tedioso dejà-vu.
Verso la fine del terzo quarto, nel tentativo di arrestarsi in transizione e controllare l’eventuale rimbalzo su un tiro di Luka Doncic, Kristaps Porzingis ha subito una classica quanto dolorosa storta alla caviglia sinistra.
Per l’ennesima volta, quindi, l’Unicorno lettone dovrà saltare delle partite in questa stagione che lo ha già visto in borghese per 22 delle 61 gare giocate da Dallas. Ha infatti debuttato solo alla decima gara per completare il recupero dall’operazione al menisco sinistro, per poi essere tenuto a riposo in tutti i back-to-back, saltare tre gare consecutive a febbraio per un problema muscolare e altre due a inizio aprile per fastidi al polso con cui tira.
Per un giocatore che aveva firmato a Dallas in pieno recupero dalla rottura del crociato anteriore destro è quindi arrivata inesorabile l’etichetta di injury-prone.
Nel frattempo la stagione dei Mavericks procede tra alti e bassi e comunque senza mostrare finora un vero e proprio salto di qualità, come dimostrato dal fatto che la seconda vittoria contro i Lakers del 25 aprile è stata salutata come un trionfo dai tifosi di Dallas perchè permette di salire per la prima volta dopo mesi al sesto posto.
Quello stesso sesto posto con cui Dallas aveva chiuso l’ultima regular season.
Ad essere spesso bersagliato dalle critiche è proprio Porzingis, la seconda stella della squadra al fianco di Luka Doncic. Al di là della tenuta fisica l’ex speranza di New York è uno degli imputati per la scarsa propensione difensiva dei Mavericks, per l’inconsistenza a rimbalzo della squadra e per un’intesa con Doncic ancora non ottimale.
Tralasciando queste ultime voci che lasciano il tempo che trovano (una delle prove di eventuali screzi con il fenomeno ex Real Madrid sarebbe la mancata esultanza di Porzingis all’incredibile buzzer-beater di Doncic per la vittoria contro Memphis; molto più probabile che ci si stesse chiedendo se il canestro fosse da due o tre punti) sicuramente i Mavericks hanno ancora tantissimi problemi a difendere il proprio canestro in particolare in area e altrettanto sicuramente Porzingis gioca molto spesso lontano dal ferro.
Quanta responsabilità della stagione non esaltante di Dallas è però effettivamente attribuibile al lettone?
Porzingis sta garantendo ai Mavericks 20.4 punti a partita col 36,5% da tre (percentuale peraltro abbassata dal 28% con cui ha tirato a gennaio, condizionato dal recupero per l’operazione al menisco) e 9.3 rimbalzi. Partiamo quindi da qui: non sono numeri da comprimario, men che meno da giocatore in parabola discendente essendo questo l’anno in cui tira meglio da due (54.2%) e ai liberi (85%) In più il suo fatturato a rimbalzo è salito a 9.4 nell’intero periodo di Dallas rispetto al 7.1 in quello di New York.
Le cifre per il momento dicono quindi che il contributo del lettone non è di quelli a cui si può rinunciare a cuor leggero se si vuole puntare in alto.
Veniamo ora al modo in cui il fratello di Janis (di cui ricordiamo la militanza italiana a Livorno, Pistoia, Cremona, per poche gare a Brindisi e nell’allora C2 a Roseto dove era dominatore assoluto) costruisce tali numeri.
In effetti a vedere le partite di Dallas sembrerebbe che Porzingis stia prendendo la strada di tanti, troppi lunghi dalle mani buone che finiscono per vedere l’area colorata col binocolo.
Un nibelungo di 2 metri e 21 che staziona a otto metri dal ferro può mandare in bestia qualsiasi tifoso, ma anche andando oltre i succitati quasi dieci rimbalzi a gara il punto è che sono i Mavericks stessi ad abusare del tiro da tre sfruttando in modo forse eccessivo le capacità uniche di Doncic di andare al ferro.
Di conseguenza in attacco Porzingis, che viene schierato prevalentemente da centro, fa esattamente ciò che gli si chiede, aprendosi per tirare da fuori o dai cinque metri ma anche cercando soluzioni in post che nel corso dei mesi stanno diventando sempre più frequenti e occasionalmente attaccando dal palleggio. E le medie stagionali, sia in quest’anno che nello scorso, dicono che svolge il suo compito esattamente come dovrebbe.
I problemi di Dallas però non sono certo il fatturato offensivo quanto la sofferenza a rimbalzo e in difesa. Qui, però, le cause vanno cercate in un aspetto che da vent’anni rappresenta la mancanza principale di Dallas: il centro.
Il titolo del 2011 è arrivato in una delle poche annate in cui la franchigia di Mark Cuban aveva sotto il proprio canestro ciò che serviva incarnato in Tyson Chandler che spazzava via senza pietà qualsiasi cosa si avvicinasse al suo ferro. Negli anni lo staff tecnico guidato da Rick Carlisle ha fatto di tutto per costruire un nuovo Chandler puntando su giocatori con le stesse caratteristiche: fisico longilineo, atletismo strabordante, capacità di giocare il pickandroll alt(issim)o.
Chiaro che Porzingis non potrà mai fare ciò che faceva Chandler, ma altrettanto chiaro è che non è stato preso per questo (o almeno così ci si augura) e infatti il ruolo che fu dell’ex Hornets è attualmente ricoperto da due giocatori: Dwight Powell e Willie Cauley-Stein.
Cifre dei due: Cauley-Stein porta alla causa il misero contributo di 5.6 punti a gara, frutto di soli 3.6 tentativi dal campo (quasi tutti a pochi centimetri dal ferro e in situazione di pick and roll alto) ma soprattutto 4.3 rimbalzi. Powell fa ancora peggio fermandosi a 3.4 palloni tirati giù a partita, per non parlare del contributo offensivo di 5.2 punti a gara anche qui tirando poco più di tre volte.
I due, messi insieme, prendono meno rimbalzi a partita di Porzingis da solo.
Questo significa che la squadra non è del tutto costruita per esaltare le caratteristiche migliori dell’Unicorno. Del resto non si è fatto abbastanza in offseason o nella finestra di febbraio per il settore lunghi texano; di fatto si è deciso di scommettere principalmente sulla ripresa di Powell, lo scorso anno rollante preferito di Doncic, dall’infortunio al tendine d’Achille ma ottenendo un giocatore che ha dimezzato le sue medie di 9.4 punti e 5.6 rimbalzi nell’anno pre-stop.
Riguardo alla condizione fisica è indubbio che le gare saltate da Porzingis siano tante. Senza addentrarsi troppo in valutazioni mediche che non spettano agli analisti sportivi possiamo però rimarcare che il fisico del lettone è sicuramente particolare (parliamo di un 2.21 longilineo) ed è quindi fisiologico che dopo due operazioni ad entrambe le ginocchia i tempi di recupero si allunghino, come è comprensibile la cautela dello staff medico di Dallas.
Da questo punto di vista quindi è presto per bollare come sprecati i 94 milioni che l’Unicorno guadagnerà fino al 2024; l’operazione Porzingis era da subito evidente come progetto sul lungo termine e il suo arrivo a Dallas ha già riportato la squadra ai playoff dopo un’assenza che durava dal 2014.
Dallas ha deciso di puntare su un potenziale erede di Dirk Nowitzki scommettendo sulla sua condizione fisica e nonostante Porzingis non sia ancora al top ha già portato dei risultati concreti alla società che lo paga lautamente.
Non è ancora il momento di smettere di credere nell’Unicorno; ci sarà tempo per cambiare idea, ma per adesso i Mavericks faranno bene a puntare ancora su di lui.
Sotto la copertura di un tranquillo (si fa per dire) insegnante di matematica si cela un pazzo fanatico di tutto ciò che gira intorno alla spicchia, NBA in testa. Supporter della nazionale di Taiwan prima di scoprire che il videogioco Street Hoop mentiva malamente, in seguito adepto della setta Mavericks Fan For Life.
Penso anche io che Dallas, oggi, non possa fare a meno del Lettone, il reparto lunghi ha armi spuntate(buoni giocatori come C-S e Powell ma non di quelli che ti possono portare avanti nei p.o e Kleber praticamente è una falsa guardia in attacco e in difesa rende centimetri a troppi). Il fatto è che, per infortuni e soprattutto perchè C.P.non ha mai dato segno di essere un giocatore sul quale costruire per il titolo. Cioè vederlo giocare è uno spettacolo: mani da pianista, tira dal parcheggio, sa stoppare, rimbalzista tutto sommato passabile, ma non sembra mai il giocatore al quale affideresti i possessi decisivi o, meno ancora, lui che si alza durante il timeout e si impone per ricevere quei palloni. A mio parere a Dallas manca 1 giocatore veramente tosto e affidabile che faccia da spalla a Luka, Chandler rimane ancora un modello. Vorrei però ricordare che la trade che ha portato C.P. ai Mavs, ad oggi, rimane una trade tutta a favore dei texani: Smith jr è sparito, Jordan è rimasto quello che era: grosso, rimbalzista, schiacciatore, ecc., ma, ricordiamoci, faceva la riserva a Allen spedito poi ai Cavs, giocatore baciato da un fisico inferiore a DeAndre, ma più utile alla squadra mentre i Mavs portarono a casa, oltre al lettone, Hardway jr: solido, continuo, esperto. Mica male…