È successo, finalmente. Quello che tutti si aspettavano ma avevano paura accadesse. La telenovela più lunga della stagione Nba si è conclusa: James Harden è un nuovo giocatore dei Brooklyn Nets.
Dopo aver giocato, e perso, per la seconda volta di fila contro i Lakers, Harden si è lasciato scappare in conferenza stampa parole dure che già sapevano di addio (“Non siamo abbastanza forti. Amo questa città, ho letteralmente fatto tutto ciò che ho potuto. Voglio dire, questa situazione è orribile. È qualcosa che non credo possa essere sistemato”).
Pochi minuti dopo sono arrivate risposte altrettanto taglienti dai compagni – ormai ex-compagni – John Wall e DeMarcus Cousins che lo hanno accusato di codardia e di essersi disinteressato del miglioramento delle prestazioni e della sintonia nello spogliatoio. La situazione era ormai incandescente.
Nel giro di dieci ore, le voci più autorevoli in giro per la NBA (Woj e Shams) davano per vicinissimo un accordo tra i Rockets e una tra i Philadephia 76ers, che si erano decisi a mettere sul piatto Simmons ma non volevano cedere Maxey, e i Brooklyn Nets.
L’hanno spuntata questi ultimi, riuscendo a riunire Harden e Durant, compagni fino alla stagione 2011-2012 a OKC. Il prezzo da pagare è stato però salatissimo, e la trade stessa con cui è stato acquisito Il Barba è stata la più complessa degli ultimi tempi, arrivando a coinvolgere ben quattro differenti squadre.
Riassumendo nella maniera più rapida e chiara possibile, questi sono i risultati della blockbuster trade tra Houston, Brooklyn, Cleveland e Indiana:
HOUSTON riceve: Victor Oladipo (via IND), Dante Exum (via CLE), Rodion Kurucs (via BKL), 3 prime scelte da Brooklyn (2022, 2024, 2026), 1 prima scelta da Milwaukee via Cleveland (2022) e il diritto di scambiare 4 prime scelte con Brooklyn nel caso le scelte di Brooklyn siano più favorevoli di quelle di Houston (il così detto pick swap, che interessa più precisamente le prime scelte del 2021, 2023, 2025, 2027)
BROOKLYN riceve: James Harden (via HOU), una seconda scelta da Cleveland (2024)
INDIANA riceve: Caris LeVert (via BKL), una seconda scelta da Houston (2023)
CLEVELAND riceve: Jarrett Allen (via BKL), Aleksandar Vezenkov (via BKL), Taurean Prince (via BKL)
Ora, dopo aver lasciato un po’ di tempo per digerire, è tempo di valutare il guadagno e le perdite di tutte e quattro le squadre.
HOUSTON: voto 7,5
Scambiare Harden, il top scorer della lega degli ultimi tre anni, non può mai essere qualcosa che si può prendere alla leggera. Eppure, la situazione nello spogliatoio era insostenibile, e per l’economia della squadra è stato assolutamente corretto scambiare Il Barba. Rimangono molti dubbi su se davvero l’offerta di Brooklyn fosse la migliore: Philadelphia aveva offerto Simmons, Thybulle e un pacchetto di scelte pur di non rinunciare a Maxey.
Forse, con il senno di poi, per una Houston che vuole tornare subito competitiva sarebbe stata meglio questa offerta. Il front office texano, invece, ha deciso diversamente, premiando un progetto di intenso rebuilding grazie ad un sicuramente più ricco pacchetto di scelte offerto da Brooklyn.
Mentre Exum e Kurucs sono state casualità necessarie in una trade di queste dimensioni, l’ottenimento di Oladipo è stato frutto di un mirato scambio con Indiana che ha mandato LeVert, biancorosso per soli cinque minuti, ad accasarsi da Sabonis e compagni insieme a una scelta al secondo giro. Il senso di questa mossa?
Difficile comprenderlo, perché Houston ha scambiato una giovane promessa con ancora tre anni di contratto a cifre relativamente contenute (50 milioni in 3 anni) per Oladipo, reduce da un grave infortunio, con un solo anno di contratto a 21 milioni e la chiara volontà di non voler giocare a Houston.
Le spiegazioni possono essere due: la prima è che cercheranno immediatamente di girare l’ex stella dei Pacers a squadre interessate (si parla tanto di una chiara volontà di Oladipo di andare a Miami, ma per ora da parte di Riley non c’è nulla) per ulteriori scelte e giovani giocatori. La seconda è che puntano sul potere di delicata persuasione di Cousins e Wall per far venire al neo-arrivato la voglia di giocare in Texas. O forse, ancora meglio, puntano a fare dei Rockets l’infermeria della NBA, unendo Oladipo a Boogie e alla ex-stella di Washington.
Quando il quadro delle volontà di Rafael Stone, GM dei Rockets, si farà più chiaro, potremo allora comprendere l’effettivo valore dello scambio. Per ora, basti dire che quattro prime scelte, con l’opzione di swap per altre quattro, ci sembra un buon pacchetto per iniziare la ricostruzione della franchigia.
BROOKLYN: voto 8
Avrei voluto mettere un voto diverso, un bel 6, ma mi sarei lasciato troppo trasportare dalle emozioni che spesso e volentieri mi portano a dimenticarmi che giocatore sia Harden. La valutazione è un 8, che però devo dare con mille dubbi che mi frullano in testa. Sì, ai Nets è approdato Harden, proprio lui in carne ed ossa.
Poi però si può anche fare attenzione al fatto che Brooklyn per Irving (28 anni), Durant (32 anni) e Harden (31 anni) paga, solo nel 2021, 115 milioni di dollari, cifra che nel 2023 salirà fino a 126 milioni. Si potrebbe, poi, guardare al fatto che i Nets pagano 87 milioni di multa annui per aver sforato la Luxury Tax di una cifra attorno ai 30 milioni del monte stipendi. Infine, ci si potrebbe ricordare del fatto che hanno perso giovani stelle come Allen, di soli 22 anni, e LeVert, di 6 anni ma con un talento tutto da sfoggiare.
Potrei fermarmi qui, eppure i dubbi continuano a nascere, sempre nuovi. I Nets, finito questo ciclo di Big Three, come faranno a ripartire da un rebuild di successo avendo perso una innumerevole quantità di scelte?
Ma prima ancora, questo nuovo Big Three troverà mai un amalgama tale da poter seriamente ambire a strappare l’anello ai Lakers di LeBron e AD? Si tratta in fondo di tre giocatori – Irving, Harden e Durant – che amano avere il pallone in mano, e che non hanno peli sulla lingua. Si può disquisire sul fatto che la miglior versione di Harden sia stata quella che lasciava le responsabilità di playmaking a Chris Paul, ma quando in squadra hai Irving e Durant le cose cambiano. E se poi unisci due teste calde come Il Barba e Kyrie, rischi di fare da due scintille un incendio.
Il quintetto base sarebbe Irving, Harden, Harris, Durant, Jordan: un attacco devastante, se riusciranno a trovare l’intesa senza creare frizioni di squadra, e invece la difesa, che era già prima punto debole della squadra? Ma soprattutto, una delle domande più frequenti degli ultimi tempi: dov’è di preciso ora Irving? In quale sperduta località dell’America, se è ancora in America, si trova? E di conseguenza, l’acquisizione di Harden è prodromo di una separazione tra Nets e Irving?
Insomma, tanti dubbi da sciogliere. Quel 6 mi tenta davvero molto, ma quando si pensa alla migliore delle ipotesi, cioè a un perfetto incastro tra le tre star, allora l’8 è di obbligo, anzi mi sembra quasi di fare un torto a Brooklyn. Anche perchè, che l’esperimento funzioni o meno, per i Nets è championship or bust.
INDIANA: voto 9
Indiana è, come da ormai molto tempo, pragmatica. Oladipo è unrestricted free agent a fine stagione, torna a giocare un basket di livello dopo un grave infortunio e per di più il GM Chad Buchanan non ha la minima intenzione di soddisfare le richieste salariali del ventottenne? Trade. E non poco vantaggiosa, per giunta, avendo scambiato un giocatore in scadenza che richiede un rinnovo al massimo salariale per un giocatore di due anni più giovane, con un contratto di ancora 3 anni a 16,5 milioni medi annui e con abilità cestistiche quasi identiche a Oladipo. Indiana, what else?
CLEVELAND: voto 9,5
Il 9,5 è un voto insopportabile, questo è indubbio. E un’altra cosa certa è che il GM dei Cavs, Koby Altman, meriterebbe un prolungato applauso per ciò che è riuscito a fare: portare alla corte di coach Bickerstaff uno dei migliori giovani centri emergenti in Allen, e un giocatore di esperienza come Prince per solamente due scelte al draft, una al primo e una al secondo giro.
Sarebbe davvero un 10 tondo tondo, se non fosse che nella categoria “lunghi” i Cavs hanno Drummond, McGee, Nance Jr. e Love. Una mossa, vista a questa luce, che fa sollevare molti sopraccigli, ma che probabilmente è data dalla volontà di scambiare Drummond, in scadenza, prima della trade deadline e mandare avanti un progetto di ricostruzione fondato sui giovanissimi Sexton, Garland, Okoro e Allen.
Insomma, uno scambio dalle mille facce, alcune scure, molte altre piene di promesse. Una lezione su tutte credo che però sia necessario trattenere da tutto questo drammatizzato remake de Il segreto: quanto sia brutto vedere uno sport come il basket dominato dai capricci dei giocatori, quanto sia deplorevole vedere le franchigie sottostare a minacce e ricatti di giocatori che guadagnano fior fior di quattrini.
Quanto sia tristemente comprensibile e umano vedere una completa mancanza di rispetto e attaccamento alla maglia alla ricerca disperata delle vie più facili e remunerative per mettersi anelli al dito. Lo sport di squadra è sempre più egoistico. Ma, d’altronde, non possiamo portare sul banco degli imputati i giocatori, che, come dice la parola, giocano: a dispetto di quanto disse Pierre de Coubertin, nei giochi l’unica cosa che conta, in fondo, è vincere. L’amaro in bocca per chi come me è un romanticone, però, rimane.
23 anni, folgorato fin da bambino dal mondo americano dei giganti NBA e dei mostri NFL, tifoso scatenato dei Miami Heat e – vien male a dirlo – dei Cincinnati Bengals. Molto desideroso di assomigliare a un Giannis, basterebbe anche un Herro, ma condannato da madre natura ad essere un Muggsy Bogues, per di più scarso.
Il barba è ottimo per rimpiazzare quello psicotico di Irving che ha dei seri problemi di testa e si avvia a diventare presto un ex giocatore. Pessima idea prenderlo ma cosa non si fa pur di vendere magliette. Ora sbolognarlo diventa assai difficile. Peccato per LeVert, ma la stagione di Brooklyn è affondata nel momento del crack di Dinwiddie.
In compenso leggere DeMarcus Cousins che parla di rispetto è spassoso.