Nel pomeriggio di ieri, grazie alla disponibilità di NBA e Connexia, abbiamo avuto la possibilità di partecipare alla conference call con Nicolò Melli, all’interno della quale l’ala azzurra ha risposto con la consueta cortesia alle domande dei giornalisti presenti.
Melli e i suoi Pelicans stanno attraversando un periodo non semplice legato anche all’infortunio di Zion Williamson, ma hanno un nucleo di giovani di talento che avrà ampie possibilità di rifarsi più avanti. Per Nicolò al momento latitano un po’ i minuti a disposizione per mettersi in mostra, la speranza per noi italiani è quella di poterlo rivedere presto (anche in diretta grazie al programma NBA Primetime Games che quest’anno prevede un numero record di 48 partite in programma nella prima serata europea), ripetere le brillanti prestazioni del suo inizio di stagione.
D: Qual è il tuo bilancio personale dopo le prime 20 partite?
NM: Il bilancio attualmente è positivo, anche se sono stato molto altalenante. Sapevo che le prime 20 partite sarebbero state strane, con alti e bassi, ma so anche che fa parte di un processo.
D: Chi è il giocatore che ti ha impressionato di più finora?
NM: Lebron è quello che mi ha impressionato di più, per come ha giocato contro di noi, quando hanno vinto. Ha gestito la partita in maniera impressionante, mi ha davvero colpito.
D: Giocherete per la terza volta in prima serata in Europa: è una cosa di cui si parla in spogliatoio? Si ha una percezione diverse di queste partite?
NM: Sì assolutamente. Si parla tanto di giocare in prima serata nazionale o anche internazionale. Io sono contento perché i miei familiari hanno la possibilità di guardarmi senza fare levatacce!
D: Toni Kukoc, nel suo anno da rookie, ha sempre parlato del fatto che i giocatori andassero ad una velocità differente, soprattutto in difesa: sei d’accordo con lui? E pensi di esserti già abituato ai loro ritmi?
NM: Sicuramente è molto difficile perché il ritmo è diverso, le spaziature sono diverse e devo imparare ancora tanto e abituarmi. È un processo e devo abituarmi.
D: Come vedi i giocatori europei in NBA? sembra che adesso riescano ad arrivare più pronti in NBA: pensi sia anche grazie al cambio di format dell’Eurolega? Segui ancora il Fenerbahce?
NM: Ci sono dei giocatori europei che fanno la differenza perché sono fenomeni. Non credo che il format dell’Eurolega abbia davvero influenzato. Credo invece che vengano date molto più opportunità agli europei, sicuramente c’è un cambio di punti di vista e adesso vengono date più chance. Seguo tanto il Fener, mi sento quotidianamente con Gigi (Datome, ndi), ma non me la sento di giudicare il loro momento perché sono fuori dal gruppo, ma la stagione è ancora lunga, e spero possano raggiungere gli obbiettivi che si erano prefissati.
D: Che differenza c’è nel ruolo che avevi al Fener e quello che hai oggi? Trovi tante differenze nel modo di giocare, nelle spaziature…
NM: Non ho ancora un ruolo ben definito, ho bisogno sicuramente di un’altra ventina di partite per definire meglio il ruolo. Si apre di più il campo e si corre di più, tra virgolette è meno fisico perché lasciano correre meno gli arbitri ma i giocatori sono più atletici. Sicuramente c’è da adattarsi a questo nuovo sistema.
D: Come vieni considerato dai tuoi compagni, un rookie o un veterano?
NM: Sono un po’ un misto, perché vengo chiamato in causa per le attività da rookie e le incombenze a cui un rookie deve sopperire, ma ho giocato tante partite, lo sanno e quindi mi chiedono anche consigli.
D: Se fossi arrivato prima in NBA sarebbe cambiato qualcosa? Ci sei arrivato a 28 anni, magari se fossi stato più giovane avresti avuto un percorso diverso.
NM: Non mi sono mai posto il problema o dubbio del “se fossi arrivato” prima perché le prime offerte le ho ricevute un paio di anni fa. Poi io non sono un tipo che si guarda tanto indietro e sono molto contento del percorso che ho fatto perché mi dà una serenità, una tranquillità che magari non avrei avuto se fossi arrivato prima. Ma non posso saperlo, non ho la controprova ma sono molto contento della scelta che ho fatto.
D: Brandon Ingram sta avendo un’ottima stagione, giocando ad altissimi livelli. Pensi abbia un potenziale da super star e quale compagno ha legato di più con te e ti ha aiutato di più finora?
NM: Ingram è un talento notevole e ha tanto potenziale. È ancora giovane, quello che sta facendo è impressionante e spero per lui e per noi che continui a fare così. Darius Miller è quello con cui più ho legato perché eravamo compagni in Germania, ma il gruppo è molto unito e ho sempre ricevuto aiuto e risposte tra tutti. Soprattutto dai veterani come JJ Redick, tutti molto disponibili.
D: Avete già giocato qualche back-to-back. Quanto è difficile per voi giocatori performare bene due notti in fila?
NM: In tutta onestà, non sto giocando tanto quindi non è particolarmente provante per me, purtroppo. La cosa che mi sorprende è la loro organizzazione perché riesci comunque a performare bene per l’attenzione che mettono in tutti i dettagli. Per quanto riguarda il mio stress fisico-mentale dobbiamo riparlarne più tardi in attesa di avere un ruolo più chiaro e definito.
D: Parlando di nazionale, secondo te la tua presenza al mondiale avrebbe cambiato qualcosa? E per il preolimpico invece, hai già dato la tua disponibilità?
NM: No, non avrebbe cambiato assolutamente niente. I ragazzi hanno fatto un ottimo percorso considerato i gruppi e sinceramente non penso che sarebbe cambiato nulla, non sarei stato il salvatore della patria, e dobbiamo essere orgogliosi di quello che hanno fatto.
Ho dato la disponibilità per il preolimpico, tutto dipenderà soltanto dalla mia condizione fisica: le uniche volte che non sono andato è perché mi sono infortunato o mi sono operato. Quindi la mia disponibilità c’è e dipenderà soltanto dal mio stato fisico.
Ex pallavolista ma con una passione ventennale per il basket NBA e gli sport americani in generale. Tifoso dei Mavericks, di Duke e dei ’49ers, si ispira a Tranquillo e Buffa ma spera vivamente che loro non lo scoprano mai.