Se il buongiorno si vede dal mattino i Toronto Raptors si avviano ad essere una seria protagonista a Est nonché una vera contender nell’intero panorama NBA.
Iniziamo col dire che di per sè questa non è una novità nell’Ontario visto che l’unica squadra canadese presente nella più importante lega mondiale di basket già da qualche anno sforna eccellenti statistiche e prestazioni in regular season che le hanno permesso molti viaggi ai playoff.
Ci rifacciamo ai fasti di Chris Bosh – prima grande bandiera – e alla “DeRozan Era” grazie alla quale il team di Dwane Casey è arrivato nella fase calda della stagione tra i favoriti rimanendo però sempre a bocca asciutta e soprattutto senza mai dare l’impressione di potersi avvicinare alle Finals.
Iniziando nel 2013 e 2014 quando ancora un acerbo roster venne eliminato al primo round contro i Nets dell’ultimo Pierce e dai Wizards dei già leader John Wall e Bradley Beal.
Dall’anno successivo la franchigia nordamericana iniziò ad avere pretese da titolo dopo un ottimo secondo record di 56-26 sconfiggendo tra le mura amiche in gara 7 Paul George ed i Pacers in una bellissima ed indimenticabile serie; con lo stesso score si imposero nelle semifinals battendo un ottimo roster formato fra gli altri da Dwade-Dragic-Bosh-JJohnson e Luol Deng: i Miami Heat già da un anno orfani di LeBron James!!
E proprio il prescelto sarà il vero incubo per i Raptors in postseason rivelandosi anche negli anni a venire un ostacolo insormontabile per la loro difesa. Verranno infatti sconfitti dai suoi Cavs per ben tre anni consecutivi e senza storia: 4-2 in finale di conference nel 2015 e due perentori ed umilianti 4-0 nella semi dei due anni successivi.
In particolar modo cocente ed indigesta è stata la sconfitta dello scorso anno che ha aperto gli occhi di una franchigia arrivata probabilmente ad un momento decisivo della sua pur breve storia (1995). E’ stato un anno in cui sono arrivati quasi ad ottenere il primo seeding di tutta la lega prima di ripiegare in un comunque eccellente secondo spot generale dietro solo ai Rockets e addirittura davanti ai futuri ed ineguagliabili campioni Warriors con un sorprendente 72% di vittorie.
L’assenza di un “outstanding team” nella Eastern Conference spartisce le percentuali di arrivo alle Finals tra 4/5 squadre ad inizio di ogni anno, compagini quasi sempre ricche di ottimi giocatori e talento ma prive della necessaria esperienza per arrivare fino in fondo, ragion per cui da anni la parte est è un feudo di LBJ.
Si è provato dunque a rivoluzionare l’ambiente. Il primo scossone stagionale è arrivato promuovendo Nick Nurse a capo allenatore. Il secondo dalla California dove James è sbarcato nella LaLaLand ed il terzo dal fatto che in rossonero è giunto Kawhi Leonard.
Ciò significa avere in meno un antagonista nella lotta al titolo (Cleveland) e in più un giocatore forte in attacco tanto quanto il suo predecessore (DeRozan) ma decisivo allo stesso modo nella fase difensiva. Un campione capace di “indottrinarsi” nel più selettivo e disciplinato stile di gioco e di squadra mai visto forse in tutta la storia sportiva a stelle e strisce: il sistema Spurs di Gregg Popovich e Tim Duncan!!
Inutile ricordare quel che successe lo scorso anno, la telenovela infinita sul suo infortunio e l’assenza prolungata che lo ha escluso da quasi tutta la stagione regolare impedendo agli eroi di Alamo di essere ancora competitivi nel win or go home della scorsa primavera.
Non ha nemmeno senso immaginare se tutto ciò sia stato preparato a tavolino in modo da allontanarsi dal Texas, giungere momentaneamente in una forte squadra ma di passaggio ed attendere la free agency con la quale accasarsi nella natia Los Angeles.
E’ anche vero che nell’Atlantic Division oltre a Toronto quest’anno ci sono i Celtics che nella passata stagione disgraziata (Hayward out tutta la stagione ed Irving da fine Marzo) hanno trovato in rosa giocatori da subito pronti per il grande salto come Jaylen Brown, Marcus Smart ed il rookie Jayson Tatum uniti agli esperti lunghi Horford e Morris. Quest’anno se rimarranno tutti sani faranno paura e saranno loro quelli a dover essere messi nel mirino per arrivare a giocarsi l’anello.
L’impensabile record iniziale non permette di tirare le somme a lungo termine ma fa capire il tipo di impatto che il ventisettenne californiano ha avuto sul resto della squadra. Fermo restando che nella difficile gara on the road a Washington Lowry & Co se la sono sbrigata da soli, nella sfida d’elite proprio coi Celtics e contro i Timberwolves si è capito quali siano le intenzioni di Leonard in questa annata.
Se contro i verdi di Stevens ed Ainge si è “limitato” a 31 punti e 10 rimbalzi è contro Minnesota che ha giocato di gran lunga la sua miglior partita contro l’avversario più complicato da marcare in questo primo spezzone di stagione: Jimmy Butler! Nonostante sia riuscito a limitarlo al tiro con 15 tentativi in 37 minuti dall’altro lato del campo ha concluso la partita con 35 punti e 15/23.
E qui sembra stare il vero salto di qualità in casa Raptors: disporre per 40 minuti ogni notte sul parquet di uno dei migliori difensori della Lega, che all’occorrenza (cioè sempre) mette lo zampino e trascina la squadra anche in attacco (vedere i 12 assists coi Mavs). Un impatto paragonabile a quello di LeBron, un potenziale MVP di cui avevamo dimenticato troppo in fretta la forza.
Anche Danny Green, giunto in Canada nella stessa trade, si è subito inserito negli schemi e nel quintetto titolare come fosse un veterano dell’Air Canada Center. C’è però da dire che il sistema messo in piedi da Nurse va oliato per bene con due difensori di questo calibro: i Raptors hanno infatti concesso almeno 100 punti agli avversari in ogni partita anche se una volta in garbage time.
La forza per ora è nella fase offensiva: al momento Toronto ha il secondo miglior offensive rating in NBA e terzi per percentuale effettiva dal campo. Non una tendenza significativa dopo quasi solo quindici giorni.
Quel che Leonard e Green stanno dando è un impatto emotivo e di aggressività che non si era visto nelle precedenti starts di stagione: sembrano poi essere nati per giocare nel sistema disegnato dai Raptors. Se per KL era scontato un suo innesto immediato, con Green la decisione è stata quella di aggiungere esperienza al quintetto composto da Lowry, Ibaka e Siakam, l’agile power forward cameroonense schierato per la terza volta consecutiva con Dallas.
Con Jonas Valanciunas spesso in panchina, pronto a essere utilizzato per periodi ridotti sul parquet, si sta provando ad aumentarne l’efficacia (il lituano ha finito con 16 punti e 7/11 al tiro contro Minnesota nei 20 minuti in cui è rimasto in campo). Toronto così può rendere più perimetrale il proprio attacco, con anche l’opzione VanVleet o l’ancor ottimo C.J. Miles come sesto uomo, cambiando all’occorrenza sistema di gioco e approccio alla gara.
Nei momenti delicati di partita però i possessi e le responsabilità sembrano oggi appartenere a pochi eletti. Con un quintetto più piccolo si concedono centimetri, rimbalzi, seconde occasioni e come detto più punti; è anche vero però che gli abili e leggeri difensori possono coprire in rapidità e dinamismo lontano da canestro pronti poi a ripartire dall’altro lato e sfruttare l’enorme capacità nel tiro da fuori e in sospensione. Una sorta di “Golden State Mode 2.0”!!
Questo ha permesso a Kawhi di liberare il suo enorme talento offensivo in passato forse un po’ troppo spesso imprigionato nei rigidi ed ortodossi schemi dei “capo speroni” e dai diktat del Boss Pop!! Sembra quasi sia più lui ad aver giovato di una squadra un po’ anarchica come Toronto che i Raptors stessi di un fenomenale ragioniere difensivo. Ma è presto per dare giudizi, aspettiamo a parlare.
Ciò che risalta è l’atteggiamento di KL2: è tornato a divertirsi e a motivarsi. E’ un giocatore diverso rispetto allo scorso anno, in cui non è praticamente mai sceso in campo, anno in cui non sembrava inserito nel contesto di San Antonio.
A Toronto è cambiata la musica, a partire dalle risate nella presentazione fino alla apparente serenità che coinvolge anche i compagni, con giovani che crescono a vista d’occhio e veterani ancora vogliosi di stupirsi. Sembra quasi voglia distinguersi rispetto ad un sistema “tutti per uno” della sua vecchia squadra; qui finora ha avuto il palcoscenico da primo violino giocando l’attacco in post, step back, tirando da tre e penetrando mentre lontano dalla palla è riuscito egregiamente ad occuparsi di forti giocatori offensivi (Butler in particolare) ostacolandone le transizioni e la temibile hesitation.
Non ci rimane che aspettare ed attendere una ventina di partite per vedere se gli infortuni si saranno rifatti vivi, se Nurse riuscirà a sistemare i blocchi difensivi abbassando la media punti avversaria e se i Raptors rimarranno in scia dei primi posti per diventare dei veri contenders scavalcando nei pronostici iniziali Celtics e Sixers.
La costante e unica cosa certa finora Toronto l’ha trovata in Leonard, sperando che anche dopo la prossima free agency rimanga tale.
“Malato” di sport a stelle e strisce dagli anni 80! Folgorato dai Bills di Thurman Thomas e Jim Kelly, dal Run TMC e Kevin Johnson, dai lanci di Fernando Valenzuela e dal “fulmine finlandese”. Sfegatato Yankees, Packers, Ravens, Spurs e della tradizione canadese dell’hockey.