Due vittorie a testa, e si riavvolge il nastro. Gara 5 ha un andamento simile alla prima partita della serie, coi Celtics sempre in controllo fino a un vantaggio massimo di 18 punti. Una risposta di carattere, che strappa l’inerzia dalle mani dei Cavs, il seme della quale si poteva già intuire da terzo e ultimo periodo di gara 4 alla Quicken Loans Arena. Il tentativo di rimonta di Boston non andò a buon fine, ma i ragazzi di Stevens erano riusciti comunque a limitare i danni, riappropriandosi dei propri fondamenti tattici e tornando a casa con preziose once di fiducia nel bagaglio.
Dicevamo che, esaurita quell’esplosione di energia nelle prime due gare – e tirato il fiato con due sconfitte in trasferta, ai Celtics sarebbero servite forze mentali fresche. Il sempre caloroso Garden (che ha preso in simpatia JR Smith con un coro la cui citazione richiederebbe un paio di asterischi) si dà da fare fin dalla palla a due e Boston esce dagli spogliatoi concentratissima. I primi possessi sono emblematici di quanto visto finora, una schermaglia tra i due coach. I Cavs cercano il blocco in punta per LeBron James, in modo da isolarlo contro Terry Rozier, ma i Celtics hanno riallargato le maglie della difesa per recuperare rapidamente sui mismatch – quelli che Cleveland dettava a piacimento in Ohio. LeBron ha già letto il finale del libro e con un paio di assist dei suoi taglia a fette il pitturato dei Celtics; sa già quale dei suoi compagni avrà guadagnato due metri di spazio, tra una rotazione e l’altra, con Aron Baynes che per ovvi motivi fisici è il più lento a scalare di posizione. Per praticare questa soluzione a ogni possesso, però, contro una difesa Celtics particolarmente ordinata, servono lucidità e un costante movimento delle pedine in fase offensiva; entrambe le cose andranno scemando nella partita di Cleveland, perché LeBron stanotte indossava gli occhiali di Clark Kent al posto del mantello di Superman. Parliamo pur sempre di 26 punti, 10 rimbalzi e 5 assist, ma si contano anche 6 palle perse insieme ad allarmanti segnali di fatica; più muscoli che testa, insomma, per LeBron questa sera, con penetrazioni a canestro meno esplosive del solito e uno scarso controllo sul ritmo della partita. Il resto dei Cavs, specialmente quando gioca fuori casa, poggia tutto sulle spalle di James e perde subito fiducia quando le cose vanno per il verso sbagliato. Solo Kevin Love ci prova, 14 punti e 7 rimbalzi, mentre JR Smith torna a sparare a salve e il duo Hill-Thompson, preziosissimo in casa, è impalpabile. A conferma del fatto, lo stint migliore della partita i Cavs lo vivono con Clarkson e Nance in campo, a metterci una rrobusta dose di energia.
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Quando la difesa di Boston può dettare legge, l’attacco gira con fluidità. Stevens accetta il quintetto lungo di Tyronn Lue – facile, quando Thompson gioca così male – e schiera Baynes per 29 minuti. Grazie al suo supporto Al Horford si riavvicina ai livelli a cui ci ha abituato in questi playoff, e si riserva qualche possesso per attaccare Kevin Love in 1 contro 1. Boston non tira bene dal campo, 31-85 complessivo, ma qualche tripla di Smart li aiuta nel gioco dalla distanza e in generale le azioni sono ben costruite. Al resto ci pensa Jayson Tatum, autentica scintilla che ha innescato la vittoria dei Celtics. Tatum interpreta la partita da star consumata, non c’è altro modo di definire i suoi 40 minuti sul parquet. È attivo in ogni possesso, molto aggressivo anche in difesa con un paio di interventi chirurgici sulle linee di passaggio e tiene pure testa a LeBron che finora l’aveva bullizzato nel pitturato. In attacco, Stevens gli dà licenza di uccidere: sfida in 1 contro 1 qualsiasi difensore gli si pari davanti e totalizza 24 punti in 15 tentativi, con tutto il repertorio in bella mostra. Quantomeno in attacco, Tatum non sembra avere punti deboli: quando gioca con questa convinzione, anche gli avversari sono costretti ad accorgersene. A costo di ripeterci, quanta maturità mostra in campo? A fine partita, al microfono di Doris Burke, è significativo che ponga l’accento proprio sulla parola che meglio descrive il suo stile, per individuare le ragioni della vittoria Celtics: poise.
Cosa aspettarsi per gara 6? Tutto lascia intendere che il fattore campo verrà rispettato, perché i Celtics in questi playoff sono 10-0 al Garden ma faticano a esibirsi in trasferta, e sicuramente James vorrà riscattarsi a costo di finire la benzina in vista della decisiva gara 7. L’evidente stanchezza di LeBron è il dato che più dovrebbe far preoccupare coach Lue, insieme a un dato emblematico: George Hill e JR Smith in 2 gare in casa accumulano 46 punti, 8 assists e 15 rimbalzi, mentre nelle tre in trasferta si fermano a 21 punti, 6 assists, 7 rimbalzi. Con simili presupposti, da estendere anche a Thompson e in parte a Kyle Korver, un singolo passo falso tra le mure amiche diventa fatale. Boston invece si assicura due match point, scopre in Tatum il più incoraggiante dei valori aggiunti e non ha paura di affrontare partite fisiche e a basso punteggio, come quella di stanotte, potendo contare su un maestro del grit ‘n grind come Marcus Smart. Uno che, per dirla con Jaylen Brown, “è nato con le mani sporche”.
Scrittore e giornalista in erba – nel senso che la mia carriera è fumosa -, seguo la NBA dall’ultimo All Star Game di Michael Jordan. Ci ho messo lo stesso tempo a imparare metà delle regole del football.
Yessssss… Boston Pride!🍀👍🏻
Se Lebbros arriva stanco a gara-7 i cavallerizzi non hanno speranze: 3 viaggi al Garden, 3 mazzolate (una peggio dell’altra).
Scelta ai Celtics se impegnarsi a far piangere il pubblico di Cleveland o festeggiare un nuovo pezzo di storia a Boston.
Comunque vada, i verdi sono una squadra meravigliosa (e piena di difetti: possono solo migliorare ancora).