A meno di 48 ore dall’eliminazione di OKC, Utah torna in campo, al Toyota Center di Houston, Texas, per provare a dare filo da torcere a James Harden e compagni, in una affascinante riedizione della vecchia rivalità tra queste due franchigie, che ha vissuto momenti altissimi ai tempi di Karl Malone, John Stockton e Hakeem Olajuwon. Houston si è sbarazzata senza troppi problemi (in 5 partite) dei T-Wolves, ed è una squadra in missione, attesa ad una grande serie contro una versione dei Jazz della quale ha certamente il numero, ma che non va sottovaluta.
L’ANALISI DELLA SERIE
In stagione regolare gli uomini di Mike D’Antoni hanno rifilato il cappotto (4-0 con scarto medio di 17.5 punti) a quelli di coach Quin Snyder, e ovviamente i razzi texani restano favoriti anche in questo secondo turno di Playoffs, che vedrà a confronto un grande attacco contro una grande difesa, ma che non si esaurisce certo lì. I rosso-bianchi dovranno essere molto bravi a raffreddare subito gli entusiasmi della squadra capitanata da Donovan Mitchell e Rudy Gobert per evitare di trasformare la serie in una tonnara a basso punteggio, ma il divario qualitativo e di esperienza tra i due roster è netto, e dubitiamo che il parquet possa restituire un responso sorprendente, sebbene Utah sia una formazione allenata splendidamente e con qualche freccia in faretra per provare a complicare la vita a una Houston che dovesse sottovalutare i Jazz e le loro indubbie qualità, a partire da una difesa di tutto rispetto (101.6 punti per 100 possessi) dotata di stazza e di principi tecnici estremamente solidi, tanto da aver limitato le opportunità di Paul George e persino di Westbrook in avvicinamento (e quindi le riaperture sul perimetro), dato questo, che avrà attirato l’attenzione di D’Antoni, il cui efficientissimo playbook è predicato sulla capacità del Barba di attirare il raddoppio.
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LO STATO DI FORMA
I Jazz hanno dalla loro l’entusiasmo per aver ribaltato il pronostico contro OKC, mentre Houston ha faticato più del previsto nei primi tre episodi della serie contro Minnesota, ma ha anche avuto qualche giorno in più per riposarsi dopo aver eliminato i T-Wolves. Come se non bastasse, Ricky Rubio perderà Gara 1 per un infortunio al quadricipite sinistro che lo ha estromesso da gran parte della splendida Gara 6 con cui i Jazz hanno prevalso su un Russell Westbrook da 46 punti, ultimo dei Big Three (veri o presunti) ad ammainare la bandiera. Quella del catalano è un’assenza che potrebbe pesare moltissimo, anche perché Rubio, eccellente playmaker, sarebbe un’importante pedina per provare a limitare Chris Paul. Joe Ingles giocherà di conseguenza tanti minuti da point-forward per togliere un po’ di pressione dalle spalle di Mitchell, ma l’assenza di Rubio (che potrebbe tornare tra una decina di giorni) rischia di pesare moltissimo su una sfida complicata già in partenza. Houston, dal canto suo, potrebbe ritrovare il suo unico infortunato, Luc Mbah-a-Moute, rimasto in infermeria nel corso della serie contro i Timberwolves a causa di una spalla dislocata nell’ultima partita di Regular Season.
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I PROTAGONISTI
Sotto canestro si sfideranno due giovani rim-protector di ultima generazione, Clint Capela e Rudy Gobert; nessuno dei due è un grande attaccante ed entrambi danno il meglio quando possono pattugliare il verniciato per alterare tiri e direttrici di penetrazione, per cui il confronto non sarà tanto in marcatura diretta, quanto nell’apporto complessivo che porteranno alle rispettive squadre. Da quando Gobert è tornato a disposizione, i Jazz sono 30-5, e solo Houston ha fatto meglio, motivo in più per pensare che questo sia un duello tutt’altro che scontato. Protagonista però, è una parola che quest’anno fa spesso rima con James Harden; il papabile MVP è il motore di una squadra che vive dei suoi ritmi sincopati, delle triple senza ritmo e della sua creatività dal palleggio. Utah alternerà su di lui giocatori dotati di taglia come l’australiano Joe Ingles e (soprattutto) Jae Crowder, nel tentativo di rallentarne le penetrazioni e l’efficienza in P&R; a quel puntò, starà al Barba trovare le contromisure giuste nel suo formidabile arsenale tecnico. Dal lato Jazz, il protagonista sarà per forza il rookie Donovan Mitchell (primo rookie dai tempi di Kareem a segnare almeno 20 punti in tutte le prime sei partite di postseason, 28.5 di media!), atteso ad una prova del fuoco estremamente impegnativa, dopo aver superato con lode la marcatura di Paul George. I Rockets gli incolleranno addosso Paul, e potremo goderci lo spettacolo del confronto tra il veterano da Wake Forest e la sorprendente maturità del ventunenne da Louisville.
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LE POSSIBILI SORPRESE
Il Sesto Uomo dell’Anno Eric Gordon viene da una stagione travagliata, ma resta un elemento importantissimo per rompere gli equilibri uscendo dalla panchina (e dopo l’All-Star sta tirando col 43% da dietro l’arco); dovesse trovare ritmo e continuità nel corso della serie, potrebbe contribuire ad indirizzarla nella direzione voluta da D’Antoni, dando un po’ di riposo alle sue due superstar senza ritrovarsi un attacco sterile. Joe Ingles, con quel fisico da lanciatore di coriandoli e l’espressione da triglia, è diventato un personaggio di culto e un giocatore incisivo in un contesto cestistico ritagliato su misura per uno come lui; è soprattutto in attacco che il grande Joe dovrà far pesare la sua intelligenza tattica, facendo girare l’attacco e segnando quando se ne presenterà l’opportunità. Difficile pensare a lui come ad una “sorpresa”, ma Chris Paul si è calato benissimo nel ruolo di secondo in carica: se Utah riuscirà a bagnare le polveri ad Harden, spetterà a lui armare i tiratori e prendersi responsabilità cercando conclusioni dal mid-range per togliere il tempo a Gobert. Non dimentichiamo infine Derrick Favors; giocatore per tanti versi old-school, potrebbe rivelarsi il perfetto barometro della serie: dovesse imporsi lo stile di Houston, potrebbe trovarsi in difficoltà nel lavoro di close-out, ma se invece dovesse prevalere il basket dei Jazz, la sua presenza potrebbe aprire spazi in verniciato e contribuire a controllare i rimbalzi.
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IL PRONOSTICO
Houston (65-17) è l’ovvia favorita della vigilia, ma la squadra di Salt Lake City (48-34) è un avversario pericoloso, soprattutto per la monotematicità dell’impianto offensivo di Chris Paul e compagni. Se i tiratori continueranno a trovare il bersaglio (e qui dovranno farsi valere soprattutto Ariza e Green), i Rockets sbrigheranno la pratica senza troppi problemi, ma se il cinquantunenne coach Quin Snyder dovesse riuscire a trovare l’aggiustamento giusto per frenare Harden, non è così scontato che D’Antoni e Bzdelik abbiano la flessibilità necessaria o le risorse per cambiare in corsa il loro sistema di gioco, che si basa su molto pick-and-roll, situazione nella quale Utah concede appena 0.8 punti per possesso. Al netto di clamorose sorprese, ci aspettiamo un combattuto 4-2 per Houston, e attenzione, perché le uniche altre due volte in cui i Rockets hanno eliminato i Jazz, hanno poi vinto i loro due titoli NBA…
Seguo la NBA dal lontano 1997, quando rimasi stregato dalla narrazione di Tranquillo & Buffa, e poi dall’ASB di Limardi e Gotta.
Una volta mi chiesero: “Ma come fai a saperne così tante?” Un amico rispose per me: “Se le inventa”.