Ventiquattro ore dopo la trade deadline si può affermare che i fuochi d’artificio ci sono stati, seppure in maniera differente dalle aspettative.
Chi ha seguito gli aggiornamenti del profilo twitter di Wojnarowski per tutto il pomeriggio, insomma, non è rimasto deluso; di sicuro si è ritrovato con un bel mal di testa, perché per valutare le trade dei principali attori sul mercato è necessario considerare aspetti tecnici e salariali, sia a breve che a lungo termine.
CLEVELAND CAVALIERS
Una trade da parte dei Cavs era più scontata dei divani di una nota pubblicità, ma piuttosto che un singolo affondo il GM Koby Altman ha piazzato tanti colpi ai fianchi. Nessun grande nome, tra quelli disponibili, è andato a unirsi ai pretoriani di King James: Kemba Walker resta a Charlotte, DeAndre Jordan resta ai Clippers, Marc Gasol resta ai Grizzlies.
È evidente che in Ohio non volessero separarsi dalla scelta ereditata dai Nets per il prossimo draft, conditio sine qua non per mettere le mani su uno degli All Star sopra elencati, eppure nella stanza dei bottoni sono riusciti nell’impresa: rimodellare il roster senza separarsi dall’asset più prezioso in prospettiva futura. S
ì, perché ricordiamo che Cleveland si è ritrovata a lavorare sul mercato di gennaio sotto forti pressioni di LeBron James, senza che lo stesso James si impegnasse a firmare un nuovo contratto coi Cavs. Anzi, se vogliamo interpretare i segnali più recenti, c’è l’impressione che il Prescelto intenda portare i suoi talenti altrove. Con un colpo al cerchio e uno alla botte, però, Altman ha tentato di accontentare tutti.
La prima trade è un accordo coi Lakers. Isaiah Thomas e Channing Frye prendono l’aereo per Los Angeles, insieme a una scelta al draft protetta – non quella dei Nets. In cambio Cleveland riceve Jordan Clarkson e Larry Nance Jr. Più tardi, salutano l’Ohio anche Jae Crowder e Derrick Rose, direzione Utah, e Iman Shumpert, diretto a Sacramento. Al loro posto Rodney Hood e George Hill.
L’ultima mossa è un mero pretesto, concordato con lo stesso giocatore, per permettere a Dwyane Wade di chiudere la carriera nei suoi Miami Heat. Flash torna in Florida in cambio di una misera scelta al secondo giro, ma è chiaro che non ci sarebbe stato posto per lui in un progetto fondato sul ringiovanimento del reparto esterni.
Il dato più lampante è che i Cavs si assicurano un cuscinetto in caso di abbandono di LeBron. Tre giocatori giovani e atletici, anche se il contratto di Clarkson è ingombrante, più un veterano che ha ancora qualcosa da dire, se prendiamo per buone le ultime stagioni giocate da Hill a Indiana.
Queste mosse nascondono anche una dichiarazione di fallimento: la trade estiva con Boston si è rivelata un buco nell’acqua, con Thomas e Crowder mai integrati coi compagni e principali sospettati per il clima bellicoso negli spogliatoi. Anche sulla strategia dei veterani acquistati in saldo, Wade e Rose, c’è stato un dietrfront. Ci vuole anche coraggio per fare marcia indietro, però.
L’aspetto più interessante delgli scambi di Cleveland, tuttavia, è che forniscono a LeBron e coach Lue una materia grezza tutta da plasmare, con prospettive tecniche intriganti anche nell’immediato. Manca ancora un difference maker, nello spot di 1 o 5, che possa rimpiazzare Irving come spalla del Re, ma i nuovi arrivati sono difensori migliori dei partenti, specialmente George Hill. Hood e Clarkson – quest’ultimo con la tara di un carattere duro da addomesticare – offrono versatilità sul perimetro e tiro da tre, Nance è il cambio che mancava per Thompson e Love.
Non si tratta di un quintetto che fa tremare i Warriors, ma adesso Lue ha campo libero per proporre l’inossidabile “LeBron + cinque tiratori”. Quando è circondato da giocatori ordinati, che sanno stare al proprio posto, James mostra il meglio di sé.
C’è molta curiosità per assistere alle prime esibizioni di questi nuovi Cavs, per vedere se l’aria di cambiamento basterà a risollevare le sorti di una stagione che ha preso la china sbagliata. Di sicuro, era necessario intervenire con le maniere forti per tagliare alla radice dei rapporti umani divenuti, a quanto pare, irreparabili.
Come la prenderà James? Anche questa è una bella domanda. In contrasto col proprietario Dan Gilbert, le indiscrezioni dicono che non sia stato interpellato sulle trade di ieri, e chissà se ha accettato a cuor leggero la separazione dall’amico Wade. Di sicuro non può accusare la dirigenza di scarso impegno; noi crediamo che si rimboccherà le maniche e tenterà di spremere il meglio dai compagni ancora una volta, nei mesi che restano.
LOS ANGELES LAKERS
Della trade con Cleveland si è già detto, ma soffermiamoci ad analizzare il capolavoro di Magic Johnson e Rob Pelinka. Senza toccare Ingram, Kuzma e nemmeno Randle che per mesi sembrava all’asta, i Lakers hanno liberato spazio salariale a sufficienza per firmare, nella prossima estate, ben due free agent con contratti di livello massimo, ricevendo anche una scelta al draft per il disturbo.
Il ruolo di Isaiah Thomas nella faccenda, tristemente, è marginale. È plausibile che non giochi nemmeno un minuto per i Lakers, che non hanno alcuna intenzione di rinnovargli il contratto in scadenza, e lui si è già opposto all’idea di partire dalla panchina.
E pensare che solo un anno fa scrivevamo su queste pagine del suo straordinario rendimento alla corte di Brad Stevens, lodandone il talento e la determinazione. Non le ha certo smarrite nel giro di pochi mesi, ma l’infortunio all’anca sembra condizionarlo ancora, come nelle ipotesi più pessimiste. Le logiche del business non hanno rispetto nemmeno per una parabola poetica come quella di Thomas, e col senno di poi l’arrivo di Kyrie Irving a Boston assomiglia sempre più a un furto perpetrato da Danny Ainge. Ora al piccolo grande Thomas toccherà aggiungere un altro capitolo di redenzione alla sua storia – se il fisico tornerà dalla sua parte.
Come si muoveranno ora i Lakers? Di certo la stagione attuale subisce un reset. Se ne riparla a luglio, con un prevedibile corteggiamento spietato a LeBron James e Paul George. Prima di gridare al super-team, ci sono dubbi da sciogliere.
Un’offerta incentrata sulla visibilità del mercato losangelino e sul prestigio della franchigia potrebbe non bastare, perché a livello cestistico il roster al servizio di coach Luke Walton non è attrezzato per vincere. Magic e Pelinka hanno l’opzione di attendere il 2019, oppure di operare da subito un restyling massiccio scambiando risorse future per un pacchetto con cui ingolosire i free agent.
ALLA FINESTRA
Tra gli scambi minori, tutti di poco conto, spicca la trade imbastita tra Denver, Dallas e New York. I Nuggets ricevono Devin Harris, i Mavericks Doug McDermott e i Knicks Emmanuel Mudiay. In Colorado hanno deciso di chiudere l’esperimento con il congolese, che tuttavia è giovane e si metterà alla prova in un ambiente nuovo – dove però la concorrenza nella sua posizione è agguerrita.
Da notare anche Elfrid Payton, che si trasferisce a Phoenix per una scelta al secondo giro. Deludente coi Magic, al punto di scaricarlo in un pacchetto regalo, Payton andrà a riempire l’annoso vuoto nello spot di 1 per Phoenix. Buona anche la mossa dei Milwaukee Bucks, che si assicurano un rinforzo d’esperienza nel pitturato ottenendo Tyler Zeller da Brooklyn.
I movimenti di mercato non si esauriscono qui, perché ci sono alcuni buy out in attesa di trovare una casa, con diversi team alla finestra. Joe Johnson, subito svincolatosi da Sacramento dopo la trade con Utah e Cleveland, è il più appetibile per una contender: Celtics e Rockets sono in pole position.
Anche Derrick Rose non è mai salito sull’aereo per Salt Lake City. A un ritorno di fiamma con l’idea del ritiro, già maturata nel corso della stagione, le voci di corridoio rispondono con un interessamento di Minnesota, per un revival con coach Tom Thibodeau.
Tra i free agent potrebbe trovarsi a breve anche il nostro Marco Belinelli, offerto da Atlanta in giro per la lega ma senza risultati.
I DELUSI
Sembrava che i Clippers fossero alle prese con le pulizie di primavera, invece Lou Williams ha firmato un nuovo contratto e DeAndre Jordan è rimasto a Los Angeles. Per ora raccoglie i lob di Teodosic, ma è verosimile che cambierà aria in estate, senza che Steve Ballmer ne guadagni niente.
Memphis ha completato qualche scambio di secondo piano, ma si è rifiutata di trattare Marc Gasol e ha tirato indietro la mano anche con Tyreke Evans, le cui quotazioni sono forse al massimo storico: anche l’ex Rookie of the Year resterà ai Grizzlies per il resto della stagione, in attesa del mercato estivo.
Discorso simile vale per gli Hornets, che insistevano per inserire Nicolas Batum in qualsiasi proposta incentrata sul partente Kemba Walker, chiedendo in cambio almeno una prima scelta. Come ha notato Wojnarowski, mai come quest’anno i team si sono tenuti stretti le proprie draft picks: Walker, fresco di convocazione all’All Star Game, rappresenterà ancora Charlotte nella partita di Los Angeles.
Boston, come detto, è alla finestra per qualche buy out di lusso ma non ha trovato compratori per Marcus Smart, che sarà restricted free agent a luglio e sul quale non sembra che Ainge voglia investire un contratto oneroso. Anche i Toronto Raptors, in diretta competizione per il primo posto nella Eastern Conference, si sono visti chiudere la porta in faccia dai Clippers per DeAndre Jordan, ottimo complemento al duo Lowry-Derozan. Stesso discorso per i Portland Trail Blazers, che si sono accontentati di liberare spazio spedendo Noah Vonleh a Chicago.
Scrittore e giornalista in erba – nel senso che la mia carriera è fumosa -, seguo la NBA dall’ultimo All Star Game di Michael Jordan. Ci ho messo lo stesso tempo a imparare metà delle regole del football.
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