Rieccoci. Dopo il primo appuntamento di lunedì scorso oggi tocca a me l’onore di curare la nuova rubrica di Play.it USA “Seven for Seven”, ovverosia il foto/video racconto dei principali fatti legati al mondo NBA degli ultimi sette giorni. Sperando di non abbassare troppo il livello rispetto al mio illustre collega, mettiamoci subito in marcia perchè di cose da raccontare ce ne sono parecchie.
LUNEDÌ 8 GENNAIO – ISAIAH “JBL” THOMAS
Do you see any similarities?
La settimana dei Cavaliers è iniziata con una bella scoppola ricevuta in quel di Minneapolis dai rampanti Timberwolves, squadra in decisa crescita nelle ultime settimane e meritevole di attenzione da qui alla fine della stagione. Partita mai in discussione e risultato già in ghiaccio molto presto (-41 Cavs a 3:11 dalla fine del terzo parziale), a testimonianza di una vera e propria off night come a volte può capitare nella lunga regular season NBA. In generale la prestazione dei vicecampioni NBA è stata piuttosto imbarazzante, ma il plus minus del quintetto base in oro e vinaccia è stato letteralmente tragico: -39 James (peggior dato della sua carriera), -37 Smith, -35 Crowder, -30 Love, -20 Thomas.
Ma il punto più basso della serata dei Cavs è stato raggiunto quando nel folletto ex-Celtics si è incarnato per un attimo lo spirito di John Bradshaw Layfield* per eseguire una “Clothesline from Hell” che ha steso il povero Andrew Wiggins. Thomas si è poi detto dispiaciuto per il gesto, che la NBA ha punito con una multa da 20 mila dollari, probabilmente generato dalla frustrazione per non essere ancora tornato al 100% dopo il lungo stop. Ma in caso volesse mettersi una maschera e diventare il nuovo Rey Mysterio della WWE diciamo che le basi ci sarebbero tutte.
N.d.r. Proseguendo la settimana i Cavs hanno preso poi una randellata altrettanto dura da parte dei Toronto Raptors (oltre ad una ulteriore sconfitta con i Pacers), con Thomas che ha tirato 2 su 15 e un LeBron James non molto contento. Quanto poco contento? Tipo così.
MARTEDÌ 9 GENNAIO – NOWITZKI È SEMPRE NOWITZKI
https://www.youtube.com/watch?v=Sci42h7r3jU
Io sono già disperato al pensiero che Dirk prima o poi dirà “È stato bello ma basta così, grazie.”
L’NBA forse non sarà un “paese per vecchi”, ma alcuni giocatori sembrano sentire meno di altri il trascorrere degli anni. Nel corso di questa stagione abbiamo visto, oltre ad un LeBron che pare migliorare con il passare del tempo manco fosse Benjamin Button, performance di alto livello da parte di arzilli quarantenni come Ginobili e Carter. Al gruppo dei VV (veterani ventellisti) si è aggiunto anche il tedesco di Wurzburg, che nella notte tra lunedì e martedì ha realizzato il suo massimo stagionale contribuendo alla netta affermazione di Dallas contro gli Orlando Magic.
Dirk sta viaggiando a cifre ovviamente inferiori al resto della sua straordinaria carriera (al momento siamo a 12.5 punti, 5.5 rimbalzi e 1.7 assist di media in circa 25 minuti sul parquet) ma non ha ancora saltato una partita in tutta la stagione e continua a guidare i Mavericks come ha fatto negli ultimi 20 anni. Mavericks il cui record è un po’ fuorviante, perché se le sole 15 vittorie a fronte di ben 29 sconfitte potrebbero sembrare pessime, andando un po’ più in profondità si può notare come la franchigia texana abbia vinto solo 5 delle 21 partite concluse con 5 o meno punti di scarto. Con un po’ più di attenzione down the stretch da parte della banda di Coach Carlisle forse staremmo parlando di una squadra in competizione per l’ultimo posto nei playoff. Ma, da tifoso biancoblu e vedendo un certo sloveno in maglia Real Madrid dominare l’Eurolega, mi viene da pensare che qualche pallina in più nell’urna della lottery del prossimo Giugno potrebbe non far male.
MERCOLEDÌ 10 GENNAIO – UNA NOTTE DA BRYANT
Vabbè, se basta solo masticare un po’ la maglietta per trasformarsi in Kobe..
Che Lou Williams fosse in grado di mettere punti a tabellone lo sapevano già tutti, anche perché deve ancora trovare un pallone che non valga la pena essere tirato a canestro, ma metterne 50 contro la miglior squadra (e una delle migliori difese) della NBA è tutta un’altra storia. Nello scontro alla Oracle Arena, Williams ha condotto i suoi Clippers ad una roboante vittoria in trasferta contro la corazzata Golden State, grazie ad una stellare prestazione da 50 punti tondi con quasi il 60% dal campo, 8 triple e 10 liberi su 10 a bersaglio. Il suo career high non poteva arrivare in una notte più adatta di questa, anche perché contribuisce a tenere in scia la formazione angelina nella lotta per i playoff della Western Conference.
Con Beverly, Griffin, Gallinari, Rivers e Teodosic fino a qui protagonisti soprattutto per la serie di infortuni che hanno collezionato, i Clippers si ritrovano infatti con un record di 21 vinte e 21 perse sicuramente non in linea con le aspettative (e il monte salari) di inizio anno. Se però riusciranno a riprendersi in tempo per guadagnare l’accesso alla postseason o se decideranno di smantellare il roster cedendo DeAndre Jordan (si parla insistentemente di un forte interesse da parte di Cavs e Bucks) solo il tempo ce lo potrà dire.
GIOVEDÌ 11 GENNAIO – L’NBA SBARCA A LONDRA
Stare a bordocampo di una partita NBA con Flavio Tranquillo che ti impalla l’inquadratura: fatto.
Sono passati diversi anni dalla prima partita di regular season NBA disputata sul territorio del vecchio continente. Correva l’anno 2011 quando Toronto Raptors e New Jersey Nets si sfidarono in un back-to-back per la gioia delle oltre 37.000 persone presenti alla O2 Arena nel corso delle due serate. Da allora i campioni a stelle e strisce sono tornati per altre sei gare (mai particolarmente di cartello ad onor del vero), l’ultima delle quali proprio nella serata di giovedì: qui il nostro racconto dettagliato.
Il buon Andrea Cassini era presente sul posto come inviato di Play.it Usa e ha potuto seguire il prepartita da bordocampo, osservando da vicinissimo le routine di riscaldamento dei vari Embiid, Simmons, Irving e compagnia. Nonostante fosse rimasto un po’ traumatizzato dalla peculiare meccanica di tiro del rientrante Markelle Fultz, Andrea ha poi documentato tramite il nostro account Twitter (al quale consiglio caldamente di iscrivervi) anche la gara e le varie conferenze stampa post partita.
A tal proposito, come spesso accade in queste occasionali “gite fuori porta”, il Commissioner della Lega Adam Silver ha colto l’opportunità per rilasciare alcune interessanti dichiarazioni. In particolare, ha detto che gli piacerebbe disputare più partite al di fuori degli Stati Uniti ma i problemi logistici per un campionato in cui le squadre giocano una volta in due-tre giorni non sono da sottovalutare. Ha però svelato che ai piani alti meditano da tempo di candidare Londra come sede di un futuro All Star Game. Mica male, no?
VENERDÌ 12 GENNAIO – THE POSTER MAN
https://www.youtube.com/watch?v=DKVjm2jY5Bo
Il povero Alex Len ormai ha talmente tanti poster in camera che non si vede più la carta da parati
Finire “posterizzati” durante una partita NBA non è necessariamente qualcosa di cui vergognarsi. Primo, fa parte dei rischi congeniti nel ruolo del centro. Secondo, è indice del tentativo di voler fermare l’avversario invece di concedere una facile schiacciata, per questo capita che Gortat si becchi qualche schiacciata in testa mentre a Kanter questo accade molto meno spesso.
Alex Len è un giocatore promettente, che non ha mai ricevuto grandi minutaggi (mai più di 23 minuti di media in cinque anni di carriera NBA) ma che ha sempre avuto un buon rendimento (8.4 punti e 8.2 rimbalzi quest’anno). Semplicemente, non si è mai evoluto nel big man che i Suns desideravano quando lo hanno scelto con la quinta chiamata assoluta al draft del 2013.
Di certo, nel corso degli anni si è stabilizzato come una presenza fissa negli highlights di SportsCenter, purtroppo per lui però quasi sempre dalla parte sbagliata. Gordon Hayward, Jordan Clarkson, Brandon Ingram, Dwayne Wade, Nene, Steven Adams e Zach LaVine sono i nomi che hanno firmato negli ultimi anni schiacciate più o meno tonanti sulla testa del povero Len. C’è però un limite a tutto, perchè prendere una slam dunk in faccia da LaVine è una cosa ma prenderla da Ryan Anderson è un’altra. Speriamo che prima o poi il centro ucraino possa prendersi qualche rivincita, nell’attesa #savealexlen
SABATO 13 GENNAIO – PRONTO AL DECOLLO
A prescindere dalla squadra, quando un giocatore torna dopo un grave infortunio è sempre una bella notizia.
A quasi un anno dalla rottura del crociato, il due volte vincitore della gara delle schiacciate all’All Star Game Zach LaVine ha fatto finalmente il suo ritorno sul parquet contro i Detroit Pistons, pur se con una maglia diversa rispetto a quella con cui si era infortunato lo scorso febbraio. La trade che ha portato l’ala da UCLA da Minneapolis a Chicago era stata accompagnata da pesanti critiche verso il GM dei Bulls Gar Forman, reo secondo molti di aver scambiato la stella Jimmy Butler in cambio di un giocatore rotto, un play reduce da una disastrosa prima stagione NBA e una misera scelta numero 7. Ad oggi però, la scelta concretizzatasi nel finnico Lauri Markkanen appare tutt’altro che misera, Kris Dunn ha avuto una clamorosa evoluzione che al momento lo sta portando ad essere uno dei candidati al premio di Most Improved Player e LaVine è finalmente pronto a proseguire il suo percorso di crescita, sperando che l’infortunio non abbia avuto ripercussioni sul suo straordinario atletismo.
La partita di LaVine si è chiusa con 14 punti in 19 minuti, 3 triple a segno su 4 tentativi e una buona impressione generale, pur se con un po’ di giustificata titubanza ad entrare in area. Zach ha cominciato bene la gara con una tripla in uscita dai blocchi, salutata con un ovazione della folla presente allo United Center, tentando anche, senza successo, di chiudere con una schiacciata al volo un lob di Mirotic (ad onor del vero alzato piuttosto male). La velocità e l’esplosività sugli appoggi sono sembrate quelle di un tempo, ora vedremo nel prosieguo della stagione quanto tempo ci metterà per tornare a volare come nella clamorosa gara delle schiacciate del 2016.
DOMENICA 14 GENNAIO – ANTHONY DAVIS NEGLI ANNALI DEL GARDEN
https://www.youtube.com/watch?v=FMbgpUFu3JE
Che ne dite, stavolta ci ricordiamo di invitare pure AD alla festa?
Sebbene i New York Knicks non vivano i loro anni migliori, il Madison Square Garden resta un’arena magica, magnetica. È consuetudine che tutti i più grandi giocatori disputino almeno un match eccezionale a the mecca, come una sorta di rito di passaggio per iscriversi a pieno titolo nel registro dei più forti. Nessuna delle superstar contemporanee sfugge a questa regola, con LeBron James e Stephen Curry tra gli esempi più illustri, ma spicca anche il buzzer beater di Giannis Antetokounmpo nella sfida vinta dai Bucks la stagione scorsa.
A questo giro, tocca ad Anthony Davis. Anche il monociglio ha una curiosa abitudine; periodicamente ci offre un seasonal reminder per ribadire che c’è anche lui, tra gli uomini che contano in NBA. Poi torna a nascondersi, con un carattere poco appariscente che non gioca a suo favore, tra la miriade di piccoli infortuni che lo affligge e la condotta altalenante dei suoi atipici Pelicans. Proprio nei giorni in cui le discussioni, in Louisiana, si spostavano sulla possibile permanenza di Demarcus Cousins oltre la free agency, Davis sceglie il palcoscenico migliore per il suo spettacolo. Ci vuole un supplementare per piegare i Knicks, che in questi casi fungono da volenterose vittime sacrificali. Alla sirena il tabellino è gonfio in ogni colonna: 48 punti, 17 rimbalzi, 4 rubate, 3 stoppate. Sono anche statistiche di sostanza, che comprendono il tiro del pareggio a fine quarto quarto, il rimbalzo decisivo per la vittoria, un canestro da antologia sopra le braccia protese di Porzingis.
Per questa settimana è tutto gente. Per vostra fortuna lunedì prossimo torna al timone il buon Andrea Cassini, noi ci rivediamo tra quindici giorni. Jorghes out
Ex pallavolista ma con una passione ventennale per il basket NBA e gli sport americani in generale. Tifoso dei Mavericks, di Duke e dei ’49ers, si ispira a Tranquillo e Buffa ma spera vivamente che loro non lo scoprano mai.
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